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Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 2374 (ore 15,45).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 2374)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 2374 sezione 4).
Avverto che è in distribuzione la nuova formulazione dell'ordine del giorno Tolotti n. 9/2374/1.
L'onorevole Gioacchino Alfano ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/16.

GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, ieri ci siamo soffermati a lungo sulle nostre richieste di modifica dell'articolo 1 del provvedimento in esame. Già durante l'esame dei singoli emendamenti avevamo preannunciato che avremmo trasfuso il contenuto di alcuni di essi negli ordini del giorno. Inoltre, avendo la facoltà di presentare un solo ordine del giorno, ho cercato di fare in modo che le diverse questioni affrontate potessero essere oggetto di ordini del giorno presentati anche da altri colleghi. Procederò, quindi, ad illustrare il mio ordine del giorno n. 9/2374/16, riservandomi di intervenire anche su altri ordini del giorno.
Il mio ordine del giorno n. 9/2374/16 riguarda le società che saranno sottoposte al pagamento delle imposte riferite a un periodo durante il quale originariamente erano esenti. Si tratta di quelle società nate dalla trasformazione delle aziende municipalizzate.
Ieri, in più occasioni, ho messo in evidenza la difficoltà di questi soggetti giuridici a reperire le risorse necessarie per il pagamento e la mia valutazione andava al di là dell'ingiustizia perpetrata. Infatti, le aziende municipalizzate si sono trasformate in società per azioni in vista di un beneficio previsto dalle leggi dello Stato italiano, quale l'esenzione dalle imposte. Dopodiché, è stata avviata una procedura di infrazione comunitaria.
Oggi, per evitare che lo Stato italiano paghi la sanzione, chiediamo a queste imprese di corrispondere l'imposta per quegli anni. Ciò avendo anche puntualizzato che allora i soggetti avevano beneficiato di un reddito lordo. Infatti, i proprietari delle quote di allora, qualora fossero stati distribuiti degli utili, hanno beneficiato del reddito senza l'imposta. Peraltro, in questa fase risulta difficile individuare i legittimi destinatari di quegli utili.
Il problema è che le società che oggi sono chiamate al pagamento possono incontrare diverse difficoltà. In primo luogo, possono non avere le risorse finanziarie con cui far fronte al pagamento (tra l'altro gli uffici impositori hanno già emesso i documenti per la riscossione). In secondo luogo, si incontrano molte difficoltà a chiedere ai legittimi destinatari degli utili le quote pagate.
Allora, il mio ordine del giorno impegna il Governo a creare un meccanismo di recupero nei confronti di tali società. In realtà, il testo predisposto in Commissione e riproposto in Assemblea non era quello riportato nel fascicolo degli ordini del giorno: era più dettagliato e più impegnativo per il Governo. Ho ritirato il mio emendamento per evitare che la questione venisse abbandonata. In questa fase, con la collaborazione del Governo, ho evitato di utilizzare una formula troppo impegnativa che avrebbe portato al non accoglimento del mio ordine del giorno e, quindi, alla ratifica di questa ingiustizia.
Si suggerisce per il futuro una soluzione per il recupero degli aiuti di Stato rispetto agli anni 1996/1999 (ossia gli anni Pag. 48assoggettati all'imposta): mantenendo questo impegno, lasciamo aperta una possibilità.
Mi auguro che il Governo tenga presente le richieste contenute nel mio ordine del giorno. Un'eventuale approvazione dello stesso dovrà indurre il Governo stesso a dare applicazione, nell'ambito di un provvedimento compatibile con questa materia (ve ne sono molti prossimi all'approvazione), ad una norma indispensabile.
Ci siamo convinti tutti, forse, del fatto che i comuni, e quindi gli enti locali, poiché le società interessate dal provvedimento derivano da aziende municipalizzate, hanno le risorse per effettuare i pagamenti. Non immaginiamo che, paradossalmente, la sentenza della Corte di giustizia, pur volendo rimarcare il principio della concorrenza, di fatto oggi lo mette in discussione; se infatti è vero che l'Unione europea ha voluto riportare una sorta di eguaglianza tra i soggetti interessati stabilendo il principio...

PRESIDENTE. Deve concludere...

GIOACCHINO ALFANO. ... che le aziende devono essere tutte quante tassate - concludo, Presidente -, oggi, tuttavia, «carica» queste società, rispetto alle concorrenti, di una spesa talora insopportabile.

PRESIDENTE. L'onorevole Germontani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/10.

MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, ho presentato questo ordine del giorno dopo avere ritirato uno specifico emendamento; con questo atto di indirizzo si vuole impegnare il Governo a prevedere la possibilità di una riscossione frazionata e graduale di quanto dovuto dalle società ex municipalizzate nell'ambito dell'applicazione della decisione dell'Unione europea che prevede il recupero degli aiuti di Stato in forma di esenzioni fiscali e prestiti agevolati.
Infatti, il secondo comma dell'articolo 1 del decreto-legge in esame stabilisce espressamente che «(...) Non sono applicabili gli istituti della dilazione dei pagamenti e della sospensione in sede amministrativa (...)». Per regola comunitaria di carattere generale, peraltro espressamente riportata anche nella decisione de qua, l'attività di recupero è disciplinata dalle procedure del diritto nazionale; ciò in particolare con riferimento alle garanzie apprestate dall'ordinamento per tutelare le posizioni giuridiche dei soggetti privati.
Rileviamo nelle premesse dell'ordine del giorno che la non applicabilità di una dilazione dei pagamenti e della sospensione in sede amministrativa avrebbe conseguenze particolarmente critiche e preoccupanti sui bilanci delle società partecipate dai comuni (molte delle quali sono quotate in borsa) e quindi sui bilanci degli stessi comuni.
Con l'ordine del giorno a mia prima firma chiediamo che il Governo effettui un monitoraggio sugli effetti applicativi delle disposizioni citate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative finalizzate alla riscossione frazionata e graduale; ciò per rendere meno gravi gli effetti sui bilanci delle società partecipate dei comuni e quindi, come già detto, sui bilanci dei comuni stessi.

PRESIDENTE. L'onorevole Baiamonte ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/44.

GIACOMO BAIAMONTE. Signor Presidente, l'articolo 5-bis del decreto-legge reca disposizioni relative all'attuazione degli adempimenti previsti dal regolamento CE concernente le sostanze chimiche. L'autorità competente per il nostro Paese dovrebbe essere - anzi, è senz'altro - il Ministero della salute; a quest'ultimo, dunque, fanno capo determinati e importanti compiti. Il Ministero, infatti, nomina le autorità competenti che devono effettuare controlli e agire di conseguenza nell'interesse del cittadino. Tuttavia, le risorse destinate all'espletamento di tali compiti sono molto esigue. Chiediamo dunque, con questo ordine del giorno, che il Governo si impegni a destinare risorse necessarie e Pag. 49sufficienti affinché il Ministero della salute possa realmente creare una rete di controlli efficienti ed efficaci in maniera da potersi coordinare dal punto di vista esecutivo con l'agenzia chimica europea. Quindi, chiediamo al Governo di impegnarsi a destinare adeguate risorse a tale scopo.

PRESIDENTE. L'onorevole Fedele ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/23.

LUIGI FEDELE. Intervengo per illustrare il mio ordine del giorno, ma anche per ribadire che in questi giorni abbiamo assistito ad un dibattito inutile in quest'aula, dal momento che ci è stato impedito di apportare qualsiasi modifica al provvedimento in esame. Pertanto, abbiamo discusso senza recare alcuna utilità non certo a noi, ma alle categorie interessate.
Infatti, sono stati presentati tanti emendamenti da parte dei colleghi della maggioranza - ma anche da noi dell'opposizione - che avrebbero migliorato il testo. Visto che è stato impossibile farlo, abbiamo parlato del nulla.
Adesso stiamo cercando di rimediare con qualche ordine del giorno - come quelli già illustrati da altri colleghi, ma anche come quello di cui mi accingo a parlare ora - pur rendendoci conto che gli ordini del giorno lasciano il tempo che trovano.
Ricordo che l'articolo 1 prevede il recupero degli aiuti equivalenti alle imposte non corrisposte e dei relativi interessi calcolati ai sensi dell'articolo 3, terzo comma, della decisione. 2003/193/CE della Commissione, del 5 giugno del 2002, in esecuzione della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, resa in data 1o giugno 2006 nella causa C/207/05; l'Agenzia delle entrate, sulla base delle comunicazioni trasmesse dagli enti locali e delle dichiarazioni dei redditi presentate dalle società beneficiarie (ai sensi rispettivamente dei punti 2) e 3) del provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate 1o giugno del 2005) liquida le imposte con i relativi interessi. Tuttavia, nei casi di mancata presentazione delle dichiarazioni, l'Agenzia delle entrate liquida ugualmente le somme dovute sulla base di elementi direttamente acquisiti. L'Agenzia delle entrate, pertanto, provvede al recupero degli aiuti notificando entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto apposita comunicazione, in relazione a ciascuna annualità interessata dal regime agevolativo.
Questo è in effetti ciò che prevede il decreto-legge. Noi vorremmo impegnare il Governo a valutare l'opportunità - e non mi sembra di richiedere qualcosa di strano - di adottare iniziative normative volte ad ampliare i termini del rinvio delle notifiche e, più in generale, tutti i termini di restituzione delle imposte non corrisposte di cui all'articolo 1. Questo certamente è nell'interesse delle aziende e degli enti che vantano questi crediti. In questo modo, essi troverebbero maggiore soddisfazione nel poterli recuperare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. L'onorevole Lussana ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/4.

CAROLINA LUSSANA. Presidente, il mio ordine del giorno insiste sull'articolo 5 del disegno di legge di conversione del decreto-legge e, ancora una volta, stigmatizza l'atteggiamento di questa maggioranza e quello del Governo. Infatti, con riferimento alla materia dell'immigrazione si sta cercando, mediante l'utilizzo del sistema «a macchia di leopardo», vale a dire intervenendo su singoli provvedimenti legislativi, di smantellare completamente il Testo unico in materia di immigrazione, vale a dire la legge voluta e approvata dal Governo della Casa delle libertà, la Bossi-Fini.
Allora, ancora volta, stigmatizziamo l'atteggiamento di chi rifiuta il confronto aperto nelle aule parlamentari e decide di intervenire in maniera parcellizzata. Magari, in questo modo, l'opinione pubblica si accorgerà di meno dei disastri che state facendo e del fatto che ormai interpretate Pag. 50la politica in materia di immigrazione nel nostro paese come un «colabrodo». Si tratta di una politica delle frontiere aperte e del «tutti qua, tutti dentro».
Allora, è chiaro che questo atteggiamento si accosta alle anticipazioni che leggiamo dalla stampa e agli intendimenti del ministro Ferrero.
Quest'ultimo ha dichiarato di voler smantellare completamento la legge Bossi-Fini. Lo sta facendo con piccoli provvedimenti ad hoc e, anche per quanto riguarda la disciplina più organica, vediamo un atteggiamento simile, in quanto non ci si confronta apertamente in Parlamento, ma si sceglie la via del disegno di legge delega. Noi su questo faremo le barricate perché, se volete smantellare la legge Bossi-Fini, se volete smantellare il sacrosanto diritto che sul nostro paese si entra e si ha un permesso di soggiorno solo se si possiede un contratto di lavoro, troverete sicuramente la Lega Nord sulla vostra strada: su questo sicuramente non faremo sconti a nessuno ed attiveremo una dura opposizione.
Anche l'articolo 5 del presente decreto è in perfetta tendenza con le indicazioni del ministro Ferrero, il quale vuole abrogare il contratto di lavoro: quindi, alla fine le quote annuali non serviranno più, tutti saranno liberi di entrare nel nostro paese con un permesso di soggiorno ed avranno un anno di tempo per trovarsi un lavoro. Ma se in questo lasso di tempo non riusciranno a trovare un lavoro, che cosa faranno? Graveranno ancora una volta sulla collettività. Allora, ci sembrano molto stonate le parole del ministro Ferrero quando dice che gli immigrati sono una risorsa o, addirittura, un risparmio per lo Stato, perché forse si dimentica degli enormi costi sociali dell'immigrazione.
Quindi, si elimina il permesso di soggiorno legato al contratto di lavoro e per venire nel nostro paese basterà la sponsorizzazione del datore di lavoro, ma, siccome questo sarebbe stato eccessivamente gravoso, pensiamo ad un'autosponsorizzazione, alla solita autocertificazione. Con l'articolo 5, con la scusa di semplificare la procedura, si vuole eludere e sostituire in maniera pericolosa ed errata (con una soluzione di cui non sarà poi facile prevedere le conseguenze) l'attuale sistema del nulla osta - previsto dall'articolo 22 del Testo unico in materia di immigrazione, che occorre ai lavoratori stranieri che siano dipendenti da datori di lavoro residenti o aventi sede in uno Stato membro dell'Unione europea - con una semplice comunicazione da effettuarsi da parte del committente, da presentare allo sportello unico della prefettura, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno.
Questo vuol dire che, in barba alla disciplina attuale per quanto riguarda le quote, in Italia potranno entrare lavoratori extracomunitari alle dipendenze di imprenditori comunitari e, quindi, al di fuori delle «maglie» previste dal nostro ordinamento giuridico. Alla fine, non so di quanta manodopera straniera continueremo ad avere bisogno e, quindi, chiediamo chiarezza al Governo. Voi in questo modo smantellate completamente il regime delle quote annuali, che non sono state stabilite a caso, che non vengono ipotizzate sul fabbisogno ideale degli immigrati, ma sulla base di richieste concrete, di una domanda effettiva di lavoro. Adesso voi non valuterete più la domanda di lavoro ed attuerete, invece, il principio secondo cui chiunque potrà entrare e cercare lavoro nel nostro paese, anche se non ce ne sarà bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Segnalo che assistono ai nostri lavori gli studenti e i docenti dell'istituto di istruzione superiore Primo Levi di Vignola (Modena). La Presidenza e l'Assemblea vi salutano (Applausi).
L'onorevole Grimoldi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/5.

PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, il mio intervento è sempre inerente a quanto contemplato nell'articolo 5 del presente decreto, il quale prevede che i lavoratori stranieri che siano dipendenti da datori di lavoro residenti o aventi sede in uno Stato membro dell'Unione europea Pag. 51potranno semplicemente sostituire il nulla osta con una comunicazione effettuata dal committente, da presentare presso lo sportello unico della prefettura.
La norma citata, nell'intento dichiarato di rimuovere gli ostacoli all'erogazione di servizi da parte di imprenditori comunitari nel territorio italiano, potrebbe avere l'effetto opposto di porre gli imprenditori italiani in una condizione di svantaggio, in virtù della disciplina dei contratti di lavoro assai più vincolistica alla quale essi sono soggetti secondo la normativa italiana.
Questo ordine del giorno, quindi, mette in evidenza che i nostri imprenditori, i quali devono subire una pressione fiscale superiore, una maggiore burocrazia, la mancanza decennale di infrastrutture e l'inefficienza della stragrande maggioranza degli enti pubblici, comprovata quasi quotidianamente, dovranno anche fare fronte ad una concorrenza sleale da parte di imprenditori provenienti da altre zone di Europa, che potranno gestire contratti di lavoro sicuramente meno vincolanti.
Riteniamo ancora più grave e vogliamo denunciare il fatto che i lavoratori subiranno le conseguenze maggiori, perché, se teniamo ai diritti dei nostri lavoratori e ai contratti di lavoro nazionali che vigono nel nostro paese, dobbiamo considerare che la normativa degli altri paesi europei, per certi versi, è sicuramente più snella e meno burocratica ma, per altri versi, dà molti meno diritti e molte meno garanzie ai lavoratori.
Si fa finta di non capire questo aspetto e di non pensarci. Si tratta, invece, del più becero sfruttamento del lavoro dell'uomo. Fa specie che proprio dall'estrema sinistra non ci sia nessuno che si alzi in piedi a denunciarlo. Nessuno si ricorda della direttiva Bolkestein, se non quando c'è da recepire certe questioni che, evidentemente, per «marchette politiche» in altri ambiti, fa comodo non denunciare. Ne pagheranno le conseguenze i nostri datori di lavoro, le nostre imprese e i nostri lavoratori.
Con questo ordine del giorno si chiede quanto meno di impegnare il Governo a monitorare e a riferire periodicamente al Parlamento sugli effetti della norma citata, sul piano della garanzia della concorrenza nell'erogazione di servizi all'interno del sistema economico nazionale, affinché si possa avere una «cartina di tornasole» per correre eventualmente ai ripari prima che sia troppo tardi, tutelare le nostre aziende e, soprattutto, il mercato del lavoro e i nostri lavoratori.

PRESIDENTE. L'onorevole Leone ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/25.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, il mio ordine del giorno pone un problema che ormai è sotto gli occhi di tutti sin dagli albori di questa legislatura. Basta aver preso cognizione, anche solo superficialmente, di questo provvedimento per capire come le norme in esso contenute siano di una eterogeneità spaventosa, il che pone tutta una serie di problemi.
Il problema principale è legato alla non rispondenza dei requisiti previsti dall'articolo 77 della Costituzione per l'emanazione di un decreto-legge. Tra l'altro, possiamo puntare il dito su questo provvedimento e sulla sua architettura perché mai come in questa occasione l'attuale maggioranza non ci può dire che lo abbiamo fatto anche noi nella scorsa legislatura. Noi, infatti, non abbiamo mai usato la decretazione d'urgenza per il recepimento di obblighi comunitari. Ciò è sempre stato fatto attraverso l'emanazione di una legge comunitaria, magari anche all'ultimo momento o inserendo una serie di argomenti che tra loro erano sicuramente estranei, ma non si trattava di un decreto-legge. Si trattava della famosa legge comunitaria, che viene adottata da tanti anni e raccoglie tutte le necessità di recepimento di direttive comunitarie.
Tutto questo non può essere realizzato attraverso due decreti-legge. Infatti, tra l'altro, questo è il secondo decreto-legge con il quale affrontiamo la questione. Ciò significa che, evidentemente, non solo c'è un ritardo, ma siamo anche di fronte ad una incapacità di governo in questa materia. Si aspetta di adottare un decreto-legge, Pag. 52evitando di portare all'attenzione del Parlamento una «tranquilla» legge comunitaria, per infilarci tutta una serie di argomenti che potrebbero anche non essere in discussione presso questo ramo del Parlamento se non esistesse il Senato.
Questo è l'altro problema che vorrei sottoporre all'attenzione dell'Assemblea con questo ordine del giorno.
In questo provvedimento, infatti, da parte del Senato sono stati aggiunti ben cinque articoli che qui non sarebbero mai stati approvati, perché non sarebbero stati considerati ammissibili. Ciò non perché noi siamo più cattivi rispetto al Senato, ma perché in questo ramo del Parlamento, evidentemente, si osservano con maggiore attenzione i principi di costituzionalità che sono alla base di un decreto-legge.
Dunque, con quest'ordine del giorno si impegna il Governo ad utilizzare, per il futuro, una normalissima e tranquillissima legge comunitaria per dare attuazione agli obblighi comunitari, senza fare ricorso, in modo difforme dal dettato costituzionale, allo strumento del decreto-legge.
Non dimentichiamo, inoltre (per la verità, ciò risulta anche da un altro ordine del giorno presentato dal gruppo di Forza Italia), che lo stesso Comitato per la legislazione ha espresso numerosi rilievi e critiche all'impianto di questo eterogeneo provvedimento. È emerso un problema (ecco perché andrebbe valutata attentamente tale possibilità e mi rivolgo, in particolare, a chi sta seguendo i lavori in sede di Giunta per il regolamento, al fine di uniformare le nostre decisioni con quelle del Senato) che è sotto gli occhi di tutti, anche della Presidenza della Camera dei deputati. Del resto, non basta la buona volontà della Presidente Bertinotti; bisogna mettere mano, in modo definitivo, a strumenti logico-normativi, regolamentari al fine di allineare le decisioni del Senato con quelle della Camera. Infatti, mai come in questo provvedimento si è verificato il fenomeno per cui proposte emendative di cui alla Camera sarebbe stata dichiarata l'inammissibilità al Senato sono state ritenute ammissibili e sono entrate nel corpo del testo.
Con quest'ordine del giorno (e sono sicuro che il sottosegretario Grandi, che è molto attento a ciò che sto affermando, è favorevole all'accoglimento di questo impegno), si invita il Governo a legiferare in materia di recepimento degli obblighi comunitari non più attraverso la decretazione d'urgenza, ma, serenamente, attraverso la legislazione che definirei «obbligata», vale a dire la legge comunitaria.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Fava: s'intende che abbia rinunciato all'illustrazione del suo ordine del giorno n. 9/2374/6.
L'onorevole Fugatti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/7.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, l'ordine del giorno in oggetto verte su un argomento che è stato ampiamente discusso in sede di esame delle singole proposte emendative presentate al provvedimento.
L'articolo 1 del decreto-legge in esame, riguardante il recupero degli aiuti di Stato, stabilisce che le esenzioni fiscali e i prestiti agevolati (che poi sono stati dichiarati, appunto, aiuti di Stato da parte della Comunità europea) siano risarciti dalle aziende ex municipalizzate che ne abbiano usufruito nel corso del triennio 1997-1999.
Tali aziende, a suo tempo, non pagarono l'IRPEG (oggi IRES) non per propria iniziativa: lo stabiliva la legislazione allora vigente. Quindi, non hanno fatto altro che attenersi a quanto previsto dalla normativa allora vigente.
A seguito dell'orientamento comunitario, il provvedimento prevede il recupero di tali somme dalle aziende in questione. Nella relazione tecnica, si parla di circa 60 milioni di euro che devono essere recuperati da queste aziende. Si parla di circa quaranta, cinquanta società (almeno questo è stato dichiarato nel corso delle audizioni svoltesi in sede di Commissioni riunite), tuttavia, altre quaranta, cinquanta società (piccole e medie), ad oggi, sono all'oscuro del fatto che debbano pagare. Questo fatto è stato denunciato durante le audizioni ed è ritenuto molto negativo.Pag. 53
Il provvedimento in esame prevede che queste società, oltre a pagare le imposte non versate, debbano anche rimborsare gli interessi su quanto non pagato. In altri termini, alle società che, in base alla normativa vigente, avevano usufruito di esenzioni fiscali oggi chiediamo di pagare anche gli interessi su somme che non erano dovute. In sede emendativa abbiamo cercato di intervenire al riguardo, ritenendo giusto far pagare le imposte, se sono dovute. Tuttavia, imporre alle società che avevano usufruito dei benefici previsti dalla legislazione allora vigente il pagamento degli interessi su imposte non dovute ci pare sbagliato.
Per tale ragione avevamo presentato alcune proposte emendative che, però, sono state respinte. Le avevamo presentate anche perché, dalle dichiarazioni dei responsabili di quelle società, pubblicate su vari giornali di settore nelle ultime settimane, si profilano già oggi alcuni ipotetici ricorsi a motivo del fatto che esse ritengono non dovuti gli interessi sulle imposte non versate. Le nostre proposte emendative tendevano, appunto, ad evitare i ricorsi già annunciati, sgravando dette società dell'onere del pagamento degli interessi. La cifra di circa 60 o 70 milioni di euro, riferita alle imposte che dovranno essere versate, ci sembra almeno in parte sottostimata, in base a quanto ci è stato riferito nelle Commissioni riunite in sede di audizioni. Ad esempio, nella regione da cui provengo, il Trentino, le società interessate sono tre e solo per queste ultime già si parla di un rimborso che ammonta a 5 milioni di euro. Perciò, la cifra di 60 milioni di euro, ragionando «a spanne», ci sembra sottostimata.
Dobbiamo anche dire che molte società sono all'oscuro di tutto questo. Ci hanno riferito, infatti, i rappresentanti della Confservizi che ci sono società che non sanno che dovranno pagare e per loro sarà una sorpresa. Per lo più, sono ubicate nel centro-nord e, in particolare, in Padania.

PRESIDENTE. Onorevole Fugatti...

MAURIZIO FUGATTI. Per questi motivi abbiamo presentato un ordine del giorno che impegna il Governo a porre allo studio tutte le misure compatibili con la normativa europea per limitare l'esposizione finanziaria e agevolare l'accesso al credito delle società colpite da questa decisione, prevedendo la possibilità di non applicare gli interessi sulle somme da restituire.

PRESIDENTE. L'onorevole Pini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/8.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, ci ritroviamo per l'ennesima volta a sviscerare un decreto-legge che, quale strumento legislativo volto al recepimento di obblighi comunitari, ci lascia alquanto perplessi. Allo stesso modo, ci ha lasciato perplessi l'assegnazione di questo provvedimento non alla Commissione politiche dell'Unione europea ma ad altre Commissioni. Questi provvedimenti solo a livello di facciata possono risultare in qualche modo funzionali ad una maggiore competitività dei mercati. Infatti, la formulazione originaria dell'articolo 4, comma 3, del decreto-legge prevedeva l'abrogazione del divieto per le aziende operanti nei settori dell'energia elettrica e del gas naturale che abbiano in concessione o in affidamento la gestione di servizi pubblici locali di esercitare attività nel settore dei servizi post-contatore. Si tratta di servizi, quali la manutenzione delle caldaie e degli impianti elettrici e di illuminazione, che sono successivi all'erogazione e sono prestati a beneficio sia di privati, sia di enti pubblici. Abrogando totalmente questo divieto, si apriva un baratro soprattutto per quei piccoli artigiani che esercitano la loro attività professionale prevalentemente nel settore della manutenzione degli impianti di riscaldamento. Come sappiamo bene, ogni tanto in questa Assemblea ci si alza in piedi per ricordare qualche morte avvenuta a causa della esplosione di una caldaia o di una fuga di gas, puntando sempre il dito sulla scarsa manutenzione e sulla scarsa professionalità.
È vero che il comma 3 dell'articolo 4 è stato riformulato e che questa completa Pag. 54deregolamentazione dei servizi post-contatore è stata, se non proprio sterilizzata, quantomeno limitata, tuttavia, è altrettanto vero che una questione resta tuttora irrisolta. Infatti, nel mercato del gas per riscaldamento chi garantisce sul fatto che i fornitori - che traggono profitto dalla vendita del combustibile - rendano efficienti al massimo grado gli impianti di riscaldamento al fine di consumare il meno possibile? Dal momento che i fornitori sono anche i gestori dei servizi post-contatore, essi possono (non dico in maniera fraudolenta, anche se il dubbio potrebbe effettivamente sorgere) tarare il consumo del gas affinché esso sia maggiore, lucrando conseguentemente introiti sempre più elevati.
Lo stesso discorso va ripetuto per l'energia elettrica, soprattutto laddove i servizi post-contatore vengano svolti nei confronti degli enti locali. Stiamo parlando di quei servizi post-contatore che potranno rientrare tra le attività dell'Enel, azienda che, con la sua società controllata Enel Sole, realizza gli impianti di illuminazione all'interno degli enti locali. Quindi, siamo un po' preoccupati sia per la sicurezza che per la riduzione dei consumi. Si parla tanto del Protocollo di Kyoto, ma non esistono garanzie sul fatto che chi vende il servizio - e in qualche modo controlla anche la reale efficienza degli impianti - vigili sul risparmio energetico e quindi sulla salvaguardia dell'ambiente.
Pertanto, abbiamo presentato l'ordine del giorno in oggetto e ci auguriamo che il Governo intenda accettarlo. Infatti, esso è ispirato a criteri di esclusivo buonsenso e non certo di contrapposizione a carattere ideologico e riguarda la sicurezza degli impianti, il risparmio energetico e la tutela dell'ambiente. In conclusione, nella parte dispositiva impegniamo il Governo a porre allo studio tutte le misure compatibili con la normativa europea in tema di libertà di stabilimento e di prestazione di servizi, per non penalizzare le piccole aziende artigiane attive nel settore dei servizi e per vigilare sulla corretta applicazione del comma 3 dell'articolo 4 del decreto-legge in esame.

PRESIDENTE. L'onorevole Garavaglia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/9.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, l'ordine del giorno in oggetto concerne la lettera a) del primo comma dell'articolo 5-ter. Secondo l'attuale formulazione questa disposizione consentirà ai centri di elaborazione dati di fornire assistenza con il contributo di un solo consulente del lavoro. Rispetto alla normativa precedente, secondo la quale i CED erano obbligati a prevedere al loro interno almeno un consulente del lavoro, in futuro sarà sufficiente la consulenza esterna fornita da un professionista iscritto all'albo.
La nostra preoccupazione in merito a questo articolo consiste nel fatto che temiamo possa verificarsi una diminuzione della qualità del servizio. Ricordiamo che tale servizio è molto importante perché attiene alla gestione del personale. La formulazione della norma in oggetto è molto generica e, pertanto, nella parte dispositiva dell'ordine del giorno impegniamo il Governo a chiarire con circolari o con opportuni decreti le modalità concrete di assistenza che il consulente esterno dovrà fornire ai CED, i centri di elaborazione dati, allo scopo di garantire la massima qualità del servizio verso le piccole imprese ed anche verso i lavoratori.
Spieghiamo allora nel dettaglio l'ordine del giorno che ho testé letto. Innanzitutto, si tratta di una materia complessa e delicata. Chi ha un minimo di dimestichezza sa quanti e quali sono gli errori che si riscontrano nella stesura dei cedolini delle paghe; errori ed omissioni spesso involontari, anzi sicuramente involontari nella stragrande maggioranza dei casi, che comportano però delle penalizzazioni, se non corretti, nella retribuzione dei dipendenti, nella assegnazione delle ferie o nel conteggio delle malattie. Oltre a questo compito Pag. 55i centri elaborazione dati svolgono anche un ruolo di assistenza più generale molto importante per i datori di lavoro e anche per i dipendenti, qualora lo richiedano. Ad esempio, ciò può verificarsi in materia di contrattazione e di rapporti con le parti sindacali. Anche in questo caso la preparazione della società che fornisce questo servizio è fondamentale.
Vediamo di entrare più nel dettaglio in quanto la complessità della materia è sotto gli occhi di tutti, anche perché vi sono continue e caotiche modifiche della normativa in materia di lavoro. Che cosa dovranno fare questi consulenti esterni nel loro rapporto con i nuovi CED così configurati? Dovranno, ad esempio, vistare le singole pratiche? Dovranno fare dei controlli a campione sui cedolini per vedere se sono stati compilati correttamente? Oppure dovranno semplicemente rispondere a quesiti «spot» fatti da chi materialmente svolge il lavoro? In questo caso vi è il rischio che, se colui che svolge materialmente il lavoro non è sufficientemente aggiornato, la domanda non la faccia; perché se uno non si aggiorna quotidianamente in tema di normative riguardanti il lavoro può prendere delle cantonate. Ebbene, vi è il rischio che uno non aggiornato non faccia neanche la domanda al consulente esterno. Oppure, semplicemente, questi consulenti daranno delle indicazioni di carattere generale ai dipendenti dei CED? O, ancora, niente di tutto questo, in quanto si limiteranno ad un'azione di consulenza pro-forma per rispettare la normativa che richiede questa consulenza esterna?
Spero di avere esemplificato la materia; mi auguro, comunque, che il Governo vada ad esplicitare questa consulenza almeno nelle sue componenti essenziali.

PRESIDENTE. L'onorevole Bernardo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/19.

MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, il mio ordine del giorno riguarda un tema particolarmente delicato, quello del settore energetico. Come sappiamo, nel corso di questa legislatura, sono stati adottati diversi provvedimenti che hanno parcellizzato - si tratta di iniziative che io definirei tampone - la soluzione di un problema che riguarda da vicino le nostre famiglie, con il cosiddetto caro bolletta, ed il mondo delle imprese.
Noi sappiamo che su questo argomento si gioca la partita estremamente importante della competitività del sistema Italia e siamo in attesa che da una parte il disegno di legge del ministro Bersani sul riordino del settore elettrico, dall'altra il disegno di legge in materia di servizi pubblici - che credo stia causando momenti di conflitto tra i membri dell'attuale maggioranza - riescano, forse, a dare risposte compiute ad un argomento così delicato.
Nel presente ordine del giorno vengono considerate quelle aziende che operano nel settore dell'energia elettrica e del gas e che hanno in concessione o in affidamento la gestione dei servizi pubblici locali. Ecco perché facevo riferimento anche alla cosiddetta riforma Lanzillotta sui servizi pubblici, che non so se registrerà un vero momento di discussione a partire dal Senato.
Come sapete, la legge di riferimento entrava anche nel merito di ciò che significhi per queste realtà esercitare attività indirette nel settore dei servizi post-contatore, al di là delle formule giuridiche adottate a seconda delle aree geografiche.
Inoltre, per quanto concerne la libera concorrenza, sapete che l'Unione europea in diverse occasioni si è espressa anche nei confronti del nostro paese e da lì sono derivate le diverse iniziative che abbiamo dovuto adottare, a cominciare dalle competenti Commissioni fino all'Assemblea, per rispondere a chiari inviti contenuti in direttive che avremmo dovuto recepire nel corso di questi ultimi anni e, in particolare, di questi ultimi mesi.
Pertanto, se da una parte si va incontro alle esigenze della libera concorrenza e del libero mercato relativamente ad imprese pubbliche, ex municipalizzate ed imprese private che operano nei settori cui facevo Pag. 56riferimento in precedenza, dall'altra, occorre considerare la ricaduta che potrebbe avere un atteggiamento poco consono rispetto alle liberalizzazioni, alle tariffe e, dunque, al ruolo che gioca il sistema Italia nel settore elettrico ed energetico.
L'ordine del giorno in esame - che ritengo debba essere accettato dal Governo, anche perché rientra nelle sue competenze - invita a segnalare all'Autorità per l'energia elettrica e il gas le direttive che questo organismo dovrebbe emanare, anche al fine di sanzionare quelle procedure che appaiono incompatibili con la parità di condizioni sul mercato e che nel merito toccano nervi scoperti dei nostri concittadini. Infatti, ciò potrebbe determinare un innalzamento delle bollette elettriche e del gas, incidendo sul più ampio aspetto della competitività nel campo delle politiche energetiche.
Per tale motivo ritengo che il Governo non possa non condividere questo ordine del giorno, segnalando all'autorità di competenza l'opportunità di emanare le direttive delle quali siamo in attesa da diverso tempo.

PRESIDENTE. L'onorevole Misuraca ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/31.

FILIPPO MISURACA. Signor Presente, colleghi, con riferimento al presente decreto-legge, si sono svolti diversi interventi sull'articolo 4-bis. Abbiamo cercato di indurre il Governo a rivedere la sua posizione, ma non ci siamo riusciti, pertanto abbiamo presentato diversi ordini del giorno, tra i quali quello in esame, che può considerarsi riassuntivo degli emendamenti presentati. Infatti, siamo estremamente preoccupati in ordine all'applicazione del suddetto articolo 4-bis.
La nostra preoccupazione deriva da diversi motivi. In primo luogo perché l'AGEA può non aver ancora predisposto il collegamento telematico con l'INPS e inoltre per quanto riguarda la verifica con l'Unione europea. Per tale motivo impegniamo il Governo a valutare l'opportunità di gestire l'applicazione di questo articolo 4-bis.
Signor Presidente, signor rappresentante del Governo - magari ciò che affermo resta agli atti e qualcuno leggerà -, può anche capitare che, dopo la conversione di questo decreto-legge, l'AGEA possa avere ancora in corso i pagamenti dei contributi comunitari. Allora, verrebbe inferto un vulnus, nel senso che l'AGEA, in assenza di indicazioni ben precise, non saprebbe come agire, e potrebbe perfino giungere a bloccare l'erogazione dei contributi comunitari. Tutto ciò, evidentemente, getterebbe nel panico gli imprenditori agricoli. Erano questi, dunque, i motivi per cui le nostre proposte emendative proponevamo di differire i termini di applicazione della normativa in questione.
Non ci siamo riusciti, e quindi, con il mio ordine del giorno n. 9/2374/31, chiediamo il differimento dell'applicazione dell'articolo 4-bis del decreto quantomeno al 1o gennaio 2009. Infatti, occorre indubbiamente del tempo per effettuare le opportune verifiche, nonché per concedere ai soggetti interessati la possibilità di proporre contestazioni, anche se ciò non è riportato nel testo. Sono certo, tuttavia (e non potrà essere diversamente), che alle imprese agricole verrà indicato un termine per poter verificare, eventualmente, se la contestazione dell'INPS sia reale o meno.
Sono queste, dunque, le ragioni per cui abbiamo chiesto di differire i termini di applicazione della citata disposizione. Ci riusciremo? Auspico che il rappresentante del Governo accetti il mio ordine del giorno, anche perché le procedure informatiche per lo scambio di informazioni tra l'INPS e l'AGEA - e, come già detto, si tratta dell'aspetto che mi preoccupa di più - sono ancora da attivare.
Ecco perché vorremmo che venisse effettuata un'ulteriore verifica. Infatti, in sede di pagamento degli aiuti relativi alla PAC, gli organismi erogatori, dovendo procedere alla compensazione, devono anche compiere una valutazione circa la compatibilità con la normativa comunitaria. Pertanto, signor Presidente e signor rappresentante Pag. 57del Governo, mi auguro che il mio ordine del giorno n. 9/2374/31 venga accettato.
Vede, sottosegretario Grandi, credo intimamente che ciò accontenterebbe ogni deputato sia della maggioranza, sia di opposizione, poiché concederemmo, con serenità, la possibilità di applicare tale norma (visto che, ormai, il decreto-legge sarà convertito tra breve) consentendo, altresì, alle aziende agricole di prepararsi non dico economicamente - perché si tratta di un altro problema -, ma almeno «psicologicamente». È questo il motivo per cui auspico, in conclusione, che il Governo accetti il presente ordine del giorno.

PRESIDENTE. L'onorevole Falomi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/50.

ANTONELLO FALOMI. Signor Presidente, chiedo innanzitutto di considerare l'ordine del giorno in esame sottoscritto dall'intero gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea.
Il documento di indirizzo presentato dal nostro gruppo, a mio avviso, rende chiara l'insussistenza, nonché la strumentalità delle polemiche scatenate dal gruppo Lega Nord Padania a proposito dell'articolo 5 del decreto-legge in esame.
Ciò perché le comunicazioni di cui è tenuto il datore di lavoro, ai sensi della lettera b) del comma 1 dell'articolo 5 del provvedimento, non rappresentano la versione «italiana», come in questa sede si è cercato di far credere, del principio del «paese di origine» contenuto della cosiddetta direttiva Bolkestein. Tale direttiva, infatti, contemplava il principio del paese di origine, ma essa, anche grazie alle battaglie che il gruppo cui appartengo ha condotto nel Parlamento europeo, nel paese ed anche nel Parlamento italiano, è stata profondamente modificata, anche se tale modificazione non ci soddisfa.
Infatti, questa modifica non è andata nella direzione che avremmo auspicato, tuttavia ha sicuramente eliminato il principio del paese di origine. Quindi, se tale principio non è previsto, non sussiste nemmeno il pericolo, paventato per tutta la mattina in questa sede, che possa esservi l'applicazione, a livello italiano, dei contratti di lavoro e della legislazione vigenti in un paese dell'Unione europea.
L'ordine del giorno di cui sono primo firmatario, pertanto, serve a chiarire che la disposizione recata dal decreto-legge in esame è semplicemente tesa ad eliminare quella sorta di «corsa ad ostacoli», predisposta dalla cosiddetta legge Bossi-Fini, volta ad impedire ad un lavoratore straniero di poter operare in Italia: niente di più e niente di meno!
Il presente ordine del giorno, quindi, rende chiaro sia all'Assemblea, sia anche al Governo che le comunicazioni cui è tenuto il datore di lavoro, concernenti la regolarità delle condizioni di residenza e di lavoro del cittadino che viene fatto venire a lavorare nel nostro paese, non esimono lo stesso datore di lavoro dal rispetto della legislazione e dei contratti vigenti in Italia.
Ciò per rendere chiari i termini di una questione che è stata molto agitata, ma sulla quale si è fatta molta confusione.

PRESIDENTE. L'onorevole Antonio Pepe ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/13.

ANTONIO PEPE. Signor Presidente, intervengo molto brevemente solo per invitare il Governo a valutare positivamente l'ordine del giorno di cui sono primo firmatario.
L'articolo 87 del Trattato della Comunità europea vieta agli Stati membri di concedere aiuti che possano falsare la concorrenza tra gli Stati membri stessi. A questo principio generale vi è una deroga che riguarda gli aiuti minimi, esigui, quelli che vengono definitivamente indicati come aiuti de minimis.
Il decreto-legge che stiamo oggi esaminando, all'articolo 1, interviene, in esecuzione della sentenza della Corte di giustizia del giugno 2006, sugli aiuti comunitari e disciplina le modalità per accedere al recupero di questi aiuti equivalenti ad Pag. 58imposte non corrisposte, recupero cui viene delegata l'Agenzia delle entrate, e di cui vengono individuati i termini, i tempi, i modi. È chiaro che tale recupero non potrà interessare quelli che abbiamo definito aiuti de minimis, perché tali aiuti non sono vietati dall'articolo 87 del Trattato CE.
L'articolo 1 del decreto-legge in esame affronta il problema, prevedendo che non occorre l'iscrizione a ruolo definitiva per tali aiuti, ma impone alle società interessate di presentare all'Agenzia delle entrate una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, nella quale deve indicare i motivi per cui l'Agenzia non dovrà procedere al recupero. Alla società viene però dato un termine molto breve per presentare tale dichiarazione sostitutiva: solo quindici giorni, compresi anche quelli festivi; e penso, ad esempio, ad una società il cui rappresentante legale è fuori sede e non può quindi preparare tale dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà.
È questo il motivo per cui presentiamo il nostro ordine del giorno, che invita il Governo ad ampliare il termine di quindici giorni previsto dall'articolo 1 del decreto-legge in esame, oppure a individuare altre iniziative normative per non danneggiare le società, che, altrimenti, si vedrebbero costrette a rimborsare imposte delle quali, invece, anche alla luce del diritto comunitario, avrebbero potuto beneficiare.
Invito, dunque, il Governo ad esaminare attentamente l'ordine del giorno in questione, ricordando che avevamo presentato alcuni emendamenti che andavano verso questa direzione e che non sono stati accolti. Spero che almeno con l'accoglimento dell'ordine del giorno si possa dare una risposta, anche se attenuata, considerando l'importanza e la funzione dell'ordine del giorno, a tali società (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. L'onorevole Cota ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/3.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, l'ordine del giorno da me presentato riprende una problematica che è già stata sollevata durante il dibattito sul provvedimento in esame con riferimento all'articolo 5: l'uso di strumenti di carattere eterogeneo per disciplinare una materia molto delicata, quale quella dell'immigrazione e del diritto di asilo.
Noi riteniamo che, con riferimento a tale materia, debba predisporsi un testo organico (presentato dal Governo, se lo ritiene), da sottoporre poi all'esame del Parlamento, e non utilizzare strumenti diversi, quali il decreto legislativo, come è già stato annunciato, cioè con la predisposizione di criteri generali da parte del Parlamento e di una attività di normazione che il Governo andrà poi a svolgere successivamente.
Ciò dico perché - lo ripeto - la materia dell'immigrazione e del diritto d'asilo è molto importante, e, se affrontata in un determinato modo, potrà preservarci in futuro da una immigrazione schiacciante ed incontrollata. Viceversa, se verrà gestita come fino ad oggi hanno fatto il Governo e questa maggioranza, gli scenari non saranno certo incoraggianti.
Come dicevo stamani, sono aumentati gli sbarchi e le presenze di immigrati clandestini sul nostro territorio ed anche dal punto di vista della sicurezza la situazione è peggiorata, perché, a seguito dell'indulto approvato da questa maggioranza, molti extracomunitari pericolosi sono usciti dalle carceri. Insomma, serve una politica organica improntata ad esigenze di rigore con le quali non appare sintonizzata, oggi, questa maggioranza.
Per questo motivo, intendiamo impegnare il Governo, dal punto di vista tecnico, a non utilizzare più lo strumento del decreto-legge - nel caso di specie addirittura quello volto a dare attuazione agli obblighi comunitari - per innovare in una materia così importante.

PRESIDENTE. L'onorevole Romagnoli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/29.

MASSIMO ROMAGNOLI. Signor Presidente, signori del Governo, colleghe e Pag. 59colleghi, nell'ordine del giorno che ho presentato insieme ad altri colleghi faccio presente, innanzitutto, che l'articolo 2-bis del provvedimento in esame istituisce il registro nazionale delle «varietà da conservazione» e consente agli agricoltori il libero scambio delle sementi su base locale, al fine di garantire tutela alle varietà da conservazione e creare le condizioni per preservare le sementi tradizionali, che altrimenti rischiano l'estinzione.
Signor Presidente, signori del Governo, da più parti si segnalano, oltre a questo, i pericoli della brevettabilità della vita e si ritiene opportuno escludere le specie iscritte nel registro nazionale in quanto tipiche del nostro paese.
Signor Presidente, il mio ordine del giorno impegna il Governo a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a stabilire che il patrimonio genetico delle varietà iscritte nel registro di cui all'articolo 2-bis, comma 1, del provvedimento in esame non è brevettabile e che la sua fruizione deve essere libera.
Signori del Governo, è assurdo che, nel 2007, la fruizione del patrimonio genetico di cui trattasi incontri ostacoli; vi invito a leggere con attenzione il mio ordine del giorno n. 9/2374/29: vi renderete conto che può essere accettato.

PRESIDENTE. L'onorevole Mazzaracchio ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/42.

SALVATORE MAZZARACCHIO. Signor Presidente, il mio ordine del giorno ha lo scopo di coinvolgere maggiormente le regioni, pressoché ignorate in quanto non incluse tra gli organismi chiamati ad esercitare le funzioni di tutela e di vigilanza concernenti la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche. Infatti, oltre al capofila Ministero della salute, l'articolo 5-bis del decreto-legge menziona il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'economia e delle finanze e la Presidenza del consiglio: c'è di tutto, tranne le regioni!
Orbene, noi abbiamo votato a favore del provvedimento in Commissione, ma con la raccomandazione che fossero coinvolte anche le regioni. Peraltro, è all'attenzione del Governo una risoluzione volta al potenziamento dei predetti organismi (sarà data maggiore valenza anche al comitato scientifico, che diventerà consiglio scientifico, con un conseguente potenziamento anche dal punto di vista numerico). Se tutto questo è il quadro sul quale possiamo trovarci d'accordo, non possiamo ignorare le regioni!
Ho presentato l'ordine del giorno n. 9/2374/42 proprio per ottenere un coinvolgimento anche delle regioni: credo che ciò possa essere accettato da tutti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. L'onorevole Romele ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/40.

GIUSEPPE ROMELE. Vorrei richiamare il Governo e l'Assemblea sulla necessità di tornare su quella che io definirei una iattura, che il Governo ha provocato nell'equilibrio delicatissimo dell'economia dei piccoli imprenditori agricoli. Voglio sottolineare che si tratta di piccoli imprenditori agricoli, perché quelli grandi se la vedono comunque da soli e non hanno problemi di versamenti all'INPS e neanche magari problemi di dovere incassare in tempi veloci i supporti AGEA.
Pertanto, visto che il Governo e la maggioranza non hanno voluto trovare una via d'uscita in sede emendativa, vorrei riproporre la necessità, direi quasi l'urgenza, di trovare in sede di applicazione di questo decreto degli escamotage tecnico-giuridici, affinché anche se non si riesce ad eliminare in toto la compensazione tra contributi AGEA e contributi INPS, almeno non si vada oltre il 30 per cento dell'importo dovuto nell'effettuare questa compensazione.

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 16,50)

GIUSEPPE ROMELE. Ciò affinché il grosso dei finanziamenti AGEA sia comunque ancora disponibile per i piccoli imprenditori agricoli, in modo tale che essi possano, essendo appunto i soggetti più deboli e più fragili, farne motivo di supporto e di sostegno ulteriore alla loro attività.
Chiedo dunque uno sforzo al Governo e in particolare al Ministero dell'agricoltura, che non vedo però rappresentato sui banchi del Governo, affinché su questo argomento essi non siano soltanto spettatori, bensì siano attenti veramente, perché 560 mila imprenditori agricoli non sono un numero da poco: sono un forte motore economico, tramite il quale l'economia primaria, ammesso che l'attività agricola si possa ancora così definire, potrebbe rimettersi in moto adeguatamente (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. La deputata Milanato ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/26.

LORENA MILANATO. Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un provvedimento che non rispetta minimamente quei presupposti di necessità ed urgenza previsti dall'articolo 77 della Costituzione. Ancora una volta abbiamo visto come al Senato siano state introdotte modifiche sostanziali che non hanno questi presupposti di necessità ed urgenza. Sulla materia del presente decreto-legge avevamo la possibilità di intervenire mediante la legge comunitaria, ma non si capisce perché ciò non sia stato possibile e si sia dovuti arrivare al provvedimento in esame, che peraltro non è certamente eccezionale per questo Governo, visto che ormai ci ha abituato al fatto di intervenire per decreto-legge anche in assenza di necessità ed urgenza e che dunque per l'attuale Governo questa è diventata ormai una consuetudine consolidata.
Noi lo abbiamo più volte denunciato, ma le nostre parole non hanno trovato ascolto. In questo modo, colleghi, si finisce per spogliare le Commissioni competenti del loro lavoro e si svilisce il lavoro del Parlamento. Siamo costretti ancora una volta a sottolineare come nell'esaminare il provvedimento siano stati usati criteri decisamente difformi tra Camera e Senato. È noto come questi criteri difformi abbiano già creato situazioni di imbarazzo a questo ramo del Parlamento, con provvedimenti assolutamente modificati dal Senato: ne cito uno per tutti, il cosiddetto decreto «mille proroghe», che è arrivato alla Camera completamente stravolto.
Con questo ordine del giorno, quindi, vogliamo porre in evidenza come sia assolutamente necessario arrivare urgentemente ad un'intesa tra i Presidenti della Camera e del Senato, affinché venga attuata una tecnica di legislazione conforme nei due rami del Parlamento. È per questo che chiediamo al Governo di impegnarsi, proprio per il rispetto che è dovuto al ruolo dei due rami del Parlamento. Auspichiamo quindi che il Governo, accogliendo la nostra richiesta, si impegni a rispettare i criteri di omogeneità dei decreti-legge, a presentare provvedimenti urgenti e necessari nel rigoroso rispetto dell'articolo 77 della Costituzione e soprattutto a non introdurre «in corso d'opera», come è avvenuto con questo provvedimento, modifiche emendative che non rispettino i criteri costituzionali (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Il deputato Marinello ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/37.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, con l'ordine del giorno a mia prima firma riproponiamo una questione già posta all'attenzione dell'Assemblea con due emendamenti, uno dei quali è stato ritirato proprio per avere la possibilità di utilizzare lo strumento dell'ordine del giorno.
Il comma 3 dell'articolo 4 del provvedimento in questione, sopprimendo il comma 34 dell'articolo 1 della legge n. 239 del 2004, sembra dare la possibilità che si Pag. 61creino nel nostro paese, al di là delle sbandierate liberalizzazioni, fenomeni di concentrazione soprattutto nel mercato delle aziende concessionarie di energia elettrica e di gas, escludendo dal mercato le piccole e medie aziende e, addirittura, almeno per quanto riguarda i servizi cosiddetti post-contatore, le imprese artigiane.
Riteniamo che non possa essere questa la reale volontà del Parlamento, perché se fosse così, sarebbe estremamente grave. Infatti, qual è la ratio di un atteggiamento che intende ridurre continuamente lo spazio di manovra delle piccole e medie aziende italiane? Quale può essere la ratio di un provvedimento che vuole escludere concretamente dal mercato le imprese artigiane, che hanno realizzato la storia d'Italia e che, con la loro struttura, continuano ad arricchire il tessuto economico e produttivo del nostro paese?
Nelle settimane appena trascorse abbiamo ascoltato le organizzazioni di categoria e il mondo del lavoro e ci siamo convinti della bontà delle loro argomentazioni, di cui ci siamo fatti carico. Abbiamo posto all'attenzione dell'Assemblea un emendamento, sul quale si è articolato un interessante dibattito. Oggi, con l'ordine del giorno a mia firma ripropongo appieno la questione che è, a nostro avviso, meritevole di attenzione e, soprattutto, di una risposta positiva che deve andare bene al di là del merito della questione posta, perché non sarebbe soltanto una risposta positiva alle aziende artigiane che si occupano dei servizi post-contatore, ma un segnale di attenzione verso il mondo delle partite IVA e dell'artigianato da voi così tanto misconosciuto, pressato e vessato, soprattutto in momenti importanti come durante l'esame della legge finanziaria o del collegato fiscale o dei provvedimenti delle cosiddette liberalizzazioni, che rappresentano il classico esempio di chi vuole essere forte con i deboli e, invece, è debole, anzi debolissimo, con chi è veramente forte nel nostro paese.
Nel riproporre tali argomentazioni, invito il Governo a dare una positiva soluzione alla questione e, comunque, ad un benevolo accoglimento dell'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Il deputato Martinello ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Delfino n. 9/2374/41, di cui è cofirmatario.

LEONARDO MARTINELLO. Signor Presidente, intendo illustrare l'ordine del giorno Delfino n. 9/2374/41. Esso prende il via dalla legge n. 248 del 2005, che ha esteso al settore agricolo l'obbligo di presentare il documento unico di regolarità contributiva per accedere ai benefici ed alle sovvenzioni comunitarie. Conseguentemente a ciò è stato definito un accordo nel settore agricolo tra istituti bancari e la società titolare dei crediti cartolarizzati per regolarizzare la posizione contributiva di oltre 500 mila aziende agricole.
Al riguardo, vi è anche un accordo dell'INPS volto a normalizzare la situazione.
L'articolo 4-bis del provvedimento in esame prevede la compensazione degli aiuti comunitari con i contributi previdenziali che gli agricoltori debbono allo Stato. Tale norma crea qualche problema e rende necessaria la definizione dell'ambito attuativo di intervento, che non è molto chiaro.
Come UDC con questo ordine del giorno impegniamo il Governo a valutare l'esigenza di adottare le necessarie disposizioni affinché l'applicazione della normativa prevista dal provvedimento in esame sia coerente e rispettosa con gli accordi richiamati nella premessa - ossia gli accordi tra Istituti bancari e la società titolare dei crediti cartolarizzati -, condivisi anche dalle organizzazioni professionali agricole, che rispondono alla necessità di un'equa soluzione del gravoso problema riguardante i contributi previdenziali. Come UDC da tempo chiediamo che tale questione venga definitivamente risolta, ma essa ancora langue nelle pieghe delle leggi e, soprattutto, tra i problemi del mondo agricolo.

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PRESIDENTE. Il deputato Turco ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/46.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, il mio ordine del giorno riguarda espressamente la questione della politica agricola comune. Abbiamo votato secondo le indicazioni del collega Franci che è stato puntualissimo nell'illustrare il merito del provvedimento. Egli, però, ha dato anche il senso delle analisi svolte dai colleghi Marinello, Romele e Misuraca sulla situazione dei piccoli imprenditori agricoli. Mi sarei aspettato che il collega Romele presentasse un ordine del giorno volto a dare una risposta strutturale a tale problema. Invece, ancora una volta, si ricorre a degli escamotage che portano il nostro paese e gli agricoltori a dover affrontare problemi enormi, come è avvenuto, ad esempio, rispetto alle quote latte.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 17)

MAURIZIO TURCO. Abbiamo presentato un ordine del giorno con il quale impegniamo il Governo a farsi promotore presso il Consiglio dell'Unione europea di una proposta di riforma che, progressivamente, porti alla soppressione degli aiuti all'esportazione. Tali aiuti, infatti, sono causa di distorsioni sul mercato internazionale dei prodotti agricoli. Con essi si svolge un'azione di concorrenza sleale, in particolare nei confronti dei paesi in via di sviluppo ai quali l'Unione europea destina ingenti risorse per cercare di contenere i danni procurati a seguito dei pesanti interventi volti a favorire l'agricoltura europea.
In secondo luogo, con il nostro ordine del giorno impegniamo il Governo a sostenere unicamente ma adeguatamente gli agricoltori che svolgano la propria attività direttamente ed in via esclusiva o la cui azienda sia ubicata in zone disagiate o a rischio di dissesto idrogeologico o ambientale.
È infatti vero che il 90 per cento delle risorse comunitarie destinate agli agricoltori è intercettato dall'1 per cento degli agricoltori stessi. Non a caso, i maggiori beneficiari della politica agricola comune sono il principe Carlo D'Inghilterra e la regina Beatrice d'Olanda. In Italia, il 70 per cento degli agricoltori riesce ad intercettare solo il 10 per cento delle risorse e riceve al massimo 1.250 euro l'anno. È di tutta evidenza la sussistenza di un problema strutturale; problema che deve essere affrontato non in questa sede ma in quella europea, dove si decide della politica agricola comune.
So che il Governo non potrà accettare questo ordine del giorno; mi auguro, però, che sia almeno disposto a trasmettere al Consiglio dell'Unione europea l'atto se eventualmente questa Camera dovesse approvarlo. Chiederò, dunque, all'Assemblea di esprimere un voto favorevole su questo ordine del giorno.

PRESIDENTE. L'onorevole Boscetto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/20.

GABRIELE BOSCETTO. Presidente, colleghi, l'ordine del giorno a mia prima firma prende in considerazione le violazioni degli obblighi di tecnica legislativa già evidenziate dal Comitato per la legislazione; questo provvedimento, infatti, non è corredato né della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN) né di quella sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR). Quindi, mancano entrambe; ci chiediamo per quale ragione vengano scritte disposizioni che recano tali norme se poi questo Governo non le rispetta mai. Come possiamo chiedere ai cittadini di adeguarsi alle leggi quando il Governo per primo non le rispetta? Sono questioni che noi stiamo portando avanti da mesi; mi riferisco alla normativa che, in materia di decreti-legge, pone il divieto di conferire deleghe legislative sia con decreti-legge sia con provvedimenti di conversione degli stessi e che disciplina i caratteri dell'oggetto dei decreti-legge e dei relativi emendamenti, nonché la coerenza Pag. 63di materia. A tale ultimo proposito, ad esempio, accade che, pur facendo riferimento il titolo del decreto-legge a determinate materie, poi il decreto-legge ne disciplini altre del tutto diverse. Tutto ciò continua ad accadere dai tempi del provvedimento sullo «spacchettamento» dei ministeri, quando si cominciò a violare tutto il violabile; ma ancora oggi si continua a porre in essere siffatti interventi.
Noi chiediamo al Governo - e al sottosegretario presente, cui va tutta la nostra stima - perché si perseveri in un tale spregio di tutte le norme vigenti in materia di formazione delle leggi (Una voce dai banchi dei deputati del gruppo Forza Italia: Vergogna!) Possiamo anche comprendere, caro sottosegretario, che non si possa rispondere ad una tale questione, neppure da parte di chi ha una favella illuminata come la sua; la questione, infatti, non riguarda l'oggetto specifico di un provvedimento ma concerne invece un sistema. Voi vi siete sempre riempiti la bocca di moralità e di aderenza alla legge; da quando siete al Governo, tuttavia, non avete rispettato in alcun modo questi canoni. D'altro canto, il fatto che lei, dei cento sottosegretari di questo Governo, sia qui da solo ad affrontare le tante e diverse materie in esame, ci fa domandare dove siano gli altri sottosegretari (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia). Cosa fanno? Il provvedimento tratta di pubblico impiego, di immigrazione, di agricoltura e di altre varie e diverse materie. Però, è presente solo lei - con la sua competenza, grande ma specifica -, per rispondere alle questioni che noi stiamo ponendo o, meglio, se mi permette, signor sottosegretario, per non rispondere, perché noi abbiamo posto in essere una serie analitica di confutazioni delle vostre posizioni.
Se qualche risposta - pur rarissima - è arrivata, l'abbiamo ottenuta dai banchi dell'opposizione, da qualche parlamentare di quelle file, che ringraziamo. Non abbiamo avuto da lei, e cioè dal Governo, nessuna risposta a tutti i nostri interventi. Il Governo, nella sua persona, è rimasto silente. Quando su un problema che lei stesso condivideva noi abbiamo chiesto al Governo di accogliere al riguardo un ordine del giorno, ha detto che non sarebbe stato certamente lei ha suggerircene la formulazione e che ce li saremmo dovuti preparare da soli. Ma da dove nasce un'impostazione arrogante di questo genere?
Il Governo, quando l'opposizione prospetta un problema serio, si fa in quattro per suggerire la redazione di un ordine del giorno. Noi li abbiamo redatti e depositati comunque, perché di certo non abbiamo bisogno del vostro aiuto. Tuttavia, questo fa capire quanto sia poca la vostra collaborazione...

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole.

GABRIELE BOSCETTO. Vi lamentate di un ostruzionismo dell'opposizione che non c'è! Noi facciamo soltanto opposizione costruttiva in una situazione nella quale questo provvedimento non potrà essere cambiato per una questione di tempi!

PRESIDENTE. Onorevole, per favore!

GABRIELE BOSCETTO. Dobbiamo lavorare senza poter ottenere alcun risultato! Io vi dico ancora una volta: abbiate il coraggio di proporre una modifica della Costituzione per cui la conversione dei decreti-legge (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)...

PRESIDENTE. Onorevole Boscetto, per favore!

GABRIELE BOSCETTO. ... avviene in 90 giorni! Se non la cambierete, non potrete (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo - Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole. Andiamo avanti.Pag. 64
L'onorevole Baldelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2374/47.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, credo di poter continuare il ragionamento del collega Boscetto, in ordine alla curiosa interpretazione del nostro bicameralismo perfetto. Infatti, come diceva giustamente il collega Boscetto, anche con la presenza di un solo sottosegretario - seppur preparato - dei tanti che sono stati nominati, assistiamo a questo curioso meccanismo per cui una sola delle due Camere ha la facoltà di modificare ed intervenire su provvedimenti spesso molto importanti (pensiamo a quello sulle liberalizzazioni o su altre materie di grande interesse generale).
L'ordine del giorno di cui ho l'onore di essere primo firmatario attiene ad una questione che probabilmente il sottosegretario Grandi non conosce bene, ma è conosciuta bene dal collega Pagliarini, presidente della Commissione lavoro pubblico e privato di questa Camera. Oltre al presidente, altri colleghi della Commissione lavoro, di maggioranza e di opposizione, stavano esaminando una proposta di legge a sua firma, di cui è relatore il collega Burgio, il giorno 14 marzo. In tale giorno, nello stesso momento, presso l'altro ramo della Camera, il Senato della Repubblica, veniva depositato da parte del Governo un emendamento che ricalcava interamente il testo della proposta di legge Pagliarini era attinente alla nuova normativa, inserita all'interno dell'articolo 5 del decreto-legge attualmente in fase di conversione, relativa alla disciplina dei consulenti del lavoro e dell'esercizio di tale professione.
È evidente, colleghi della maggioranza, esponenti del Governo e onorevole Presidente della Camera, che ci si trova di fronte ad una grande anomalia.
Infatti, da un lato il Governo utilizza lo strumento della decretazione d'urgenza per andare incontro ad esigenze che ci vengono poste con una certa forza, con procedure di infrazione e sanzioni, dall'Unione europea, utilizza cioè non il meccanismo proprio della legge comunitaria annuale, ma un provvedimento d'urgenza, con tutte le incognite legate a tale modo di legiferare, come la frettolosità e via dicendo; dall'altro lato, onorevoli colleghi, noi rileviamo - anche al netto dell'eventuale necessità di rivedere il meccanismo della legge comunitaria - una sostanziale sovrapposizione tra i ruoli del Parlamento e del Governo.
Quando, ed è già successo con un'iniziativa legislativa del collega Capezzone della Rosa nel Pugno, un presidente di Commissione, un collega della maggioranza o dell'opposizione - ma in questo caso, stranamente, parliamo di due colleghi della maggioranza e di due presidenti di opposizione - avviano un'iniziativa normativa appetibile, il Governo automaticamente inserisce tale normativa, facendola propria, all'interno di un decreto o di un disegno di legge. In questo modo, si fanno lavorare a vuoto le Commissioni e i commissari, che magari affronterebbero quel provvedimento in sede referente o in sede legislativa, mentre debbono affrontarlo in sede consultiva, perché, tra l'altro, questa normativa viene affidata solo in sede consultiva alla Commissione lavoro e in sede referente alle Commissioni finanze ed agricoltura.
Quindi, noi vorremmo che il Governo rivedesse questo meccanismo per evitare di sovrapporsi e che vi fosse maggior coordinamento tra i propri membri, anche perché - come molti di voi sanno - i sottosegretari nascono nell'ordinamento inglese con la funzione di collegare le aule parlamentari al Governo, poiché i ministri non avevano facoltà di accesso nelle aule delle Commissioni parlamentari.
Se i singoli sottosegretari non hanno contezza di quello che fanno gli altri sottosegretari o il Governo sulla stessa materia negli altri rami del Parlamento, che cosa ci vengono a fare nelle Commissioni parlamentari? Perché non si rispetta l'iniziativa legislativa, non solo dei presidenti di Commissione della maggioranza, ma di tutti i deputati ? A maggior ragione noi diciamo dei presidenti di Commissioni della maggioranza, dei quali forse, amici del Governo, dovreste avere ancora più Pag. 65rispetto per una questione di coordinamento politico, di rapporti interni alla maggioranza. Con questo atteggiamento avete dato prova non solo di fregarvene del Parlamento, ma dei vostri stessi compagni di strada, di partito, di quelli che vi fanno approvare le leggi in Commissione, e troppo spesso stanno zitti - come in questa Camera - anche quando avrebbero delle modifiche da apportare, perché sanno che le modifiche in questa Camera non si possono fare: questo è il vostro bicameralismo perfetto e di questo bicameralismo dovreste vergognarvi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!

PRESIDENTE. È così esaurita l'illustrazione degli ordini del giorno.
Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il Governo accetta gli ordini del giorno Tolotti n. 9/2374/1 (Nuova formulazione), e Vichi n. 9/2374/2, mentre accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Cota n. 9/2374/3. Il Governo accetta gli ordini del giorno Lussana n. 9/2374/4 e Grimoldi n. 9/2374/5, mentre non accetta l'ordine del giorno Fava n. 9/2374/6.
Il Governo accetta altresì l'ordine del giorno Fugatti n. 9/2374/7, purché venga riformulato nella parte dispositiva sopprimendo alla fine le parole: «prevedendo la possibilità di non applicare gli interessi sulle somme da restituire». In sostanza, l'ordine del giorno Fugatti n. 9/2374/7 dovrebbe essere riformulato nel senso di mantenere soltanto il primo periodo della premessa e la parte dispositiva senza la parte finale di cui ho dato lettura.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Pini n. 9/2374/8 ed accetta l'ordine del giorno Garavaglia n. 9/2374/9. Il Governo accetta altresì l'ordine del giorno Germontani n. 9/2374/10, purché venga riformulato sostituendo nella parte dispositiva le parole: «al fine di adottare» con le seguenti: «al fine di valutare la possibilità di adottare» e, nella riga successiva, aggiungendo alle parole: «ulteriori iniziative normative», le seguenti: «compatibilmente con le disposizioni comunitarie,».
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Leo n. 9/2374/11, mentre accetta l'ordine del giorno Mungo n. 9/2374/12. Accetta inoltre l'ordine del giorno Antonio Pepe n. 9/2374/13, purché venga riformulato nel dispositivo, aggiungendo, dopo le parole: «tempo congruo», le seguenti: «subordinatamente al rispetto dei tempi per le procedure di recupero fissati dalla Commissione europea». Il Governo accetta gli ordini del giorno Frias n. 9/2374/14, Stradella n. 9/2374/15 e Gioacchino Alfano n. 9/2374/16.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Fundarò n. 9/2374/17, se riformulato nel senso di sopprimere, nell'ultima parte del dispositivo, le parole da: « in particolare» fino alla fine del periodo.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Quartiani n. 9/2374/18, se viene accolta dai presentatori la riformulazione che il Governo riproporrà anche rispetto all'ordine del giorno Marinello n. 9/2374/37. In particolare, il dispositivo risulterebbe del seguente tenore: «nell'ambito della discussione dei provvedimenti di riordino e liberalizzazione dei settori dell'energia elettrica e del gas naturale e per il rilancio del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili a confermare ed a rafforzare, nel rispetto della normativa comunitaria, provvedimenti atti alla salvaguardia del mercato per tutti i soggetti economici, con particolare attenzione alle imprese artigiane ed alle piccole e medie imprese del settore del cosiddetto postcontatore, evitando che soggetti che godono di posizione dominante nel settore della distribuzione e vendita di energia utilizzino tale situazione di monopolio, ad ogni livello territoriale, a danno del tessuto imprenditoriale artigiano, realizzando, in ogni caso, l'obiettivo di garantire un'effettiva parità di opportunità sul mercato». Ho letto per intero il dispositivo per rendere in modo chiaro la riformulazione proposta.
Il Governo accetta gli ordini del giorno Bernardo n. 9/ 2374/19, Boscetto Pag. 66n. 9/2374/20 e Carfagna n. 9/2374/21; accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Della Vedova n. 9/2374/22; accetta l'ordine del giorno Fedele n. 9/2374/23 (di contenuto analogo all'ordine del giorno Antonio Pepe n. 9/2374/13). Accetta altresì l'ordine del giorno Lazzari n. 9/2374/24, se riformulato nel senso di sostituire dalle parole: «regio decreto» fino alla fine del dispositivo, con le seguenti: «decreto legislativo n. 22 del 2007 che recepisce la direttiva 2004/22». Il Governo accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Leone n. 9/2374/25, Milanato n. 9/2374/26, limitatamente al dispositivo, e Minardo n. 9/2374/27; non accetta l'ordine del giorno Napoli n. 9/2374/28; accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Romagnoli n. 9/2374/29 e non accetta l'ordine del giorno Fabbri n. 9/2374/30.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Misuraca n. 9/2374/31, se il dispositivo è riformulato nel modo seguente: «a valutare l'opportunità di gestire con flessibilità i tempi ed i modi di applicazione della norma di cui all'articolo 4-bis del decreto-legge n. 10 del 2007, fermi restando gli obblighi comunitari e verificando le esigenze connesse con la predisposizione delle opportune e concordate procedure - a tutela delle aziende agricole - nello scambio di informazioni tra INPS e AGEA».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Santelli n. 9/2374/32; non accetta l'ordine del giorno Verdini n. 9/2374/33; accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Bertolini n. 9/2374/34; non accetta l'ordine del giorno Fontana n. 9/2374/35, mentre accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Nan n. 9/2374/36. Il Governo accetta l'ordine del giorno Marinello n. 9/2374/37, con la stessa riformulazione indicata con riferimento all'ordine del giorno Quartiani n. 9/2374/18, eliminando anche la premessa. Il Governo non accetta l'ordine del giorno Giuseppe Fini n. 9/2374/38, mentre accetta l'ordine del giorno Licastro Scardino n. 9/2374/39, a condizione di sopprimere l'ultimo capoverso del dispositivo.
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Romele n. 9/2374/40, mentre accetta l'ordine del giorno Delfino n. 9/2374/41, se nel dispositivo le parole: «a valutare l'esigenza di adottare le necessarie disposizioni» sono sostituite dalle seguenti: «a valutare l'opportunità di adottare disposizioni». Il Governo accetta l'ordine del giorno Mazzaracchio n. 9/2374/42 e accetta l'ordine del giorno Borghesi n. 9/2374/43, a condizione che nella premessa vengano soppressi gli ultimi due capoversi e che il dispositivo sia sostituito dal seguente: «a controllare le procedure di concessione del visto di ingresso, in particolare attraverso adeguati accertamenti in ordine alla esistenza delle condizioni previste». Il Governo accetta l'ordine del giorno Baiamonte n. 9/2374/44, se riformulato nel senso di aggiungere, nel dispositivo, dopo le parole: «ulteriori finanziamenti» le seguenti: «, compatibilmente con le esigenze di bilancio,». Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Ceccuzzi n. 9/2374/45, che persegue le stesse finalità dell'ordine del giorno Leo n. 9/2374/11, nella formulazione in distribuzione, con il seguente dispositivo: «a valutare la possibilità di opportune iniziative legislative volte a dare piena attuazione alla decisione della Commissione europea 2003/193/CE del 5 giugno 2002, per prevedere le opportune soluzioni dei problemi eventualmente creati dalle procedure di recupero, come previsto dal paragrafo 126 e, in particolar modo, per le cosiddette "società in house"».
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Turco n. 9/2374/46; accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Baldelli n. 9/2374/47 e Campa n. 9/2374/48; non accetta l'ordine del giorno Elio Vito n. 9/2374/49; infine, accetta l'ordine del giorno Falomi n. 9/2374/50, nella formulazione in distribuzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto sul complesso degli ordini del giorno l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.

GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, certamente, il gruppo di Forza Pag. 67Italia non potrà esprimere voto favorevole su questo provvedimento, per tutte le ragioni che abbiano illustrato. D'altro canto, l'accoglimento di quasi tutti gli ordini del giorno da parte del Governo ci fa comprendere quanto fossero e siano fondate le nostre ragioni. A sua volta, il Governo ha compreso, nella sostanza, che questo provvedimento sta arrivando al voto definitivo senza che siano state tenute in considerazione le importantissime modifiche suggerite dall'opposizione, ma anche dalla maggioranza. Nel contenuto degli ordini del giorno presentati, ci sono ragioni espresse dall'opposizione, ma anche ragioni espresse dalla maggioranza. Si è compreso che si sta arrivando alla definitiva approvazione di un provvedimento che contiene tutte le pecche legislative delle quali abbiamo parlato, che è imperfetto e che non è nell'interesse dei cittadini, i quali dovranno dolersi della gran parte di esso.
Bisogna ricordare che la parabola legislativa, in un sistema democratico come il nostro, che prevede un bicameralismo perfetto, deve avere compiutezza nell'uno come nell'altro ramo del Parlamento. Invece, noi ci siamo trovati, per troppe volte, a subire da parte vostra la posizione della questione di fiducia in un solo ramo del Parlamento e, per troppe volte, a causa di tempi ormai ristretti siamo stati impediti nell'affrontare il procedimento legislativo con la pienezza dei poteri che competono a ciascun ramo del Parlamento. Purtroppo, ciò è avvenuto, quasi sempre e troppo spesso, alla Camera dei deputati, in quella Camera che, in base ai progetti di riforma della Costituzione, dovrebbe essere la più importante, quella che dovrà accordare la fiducia al Governo, lasciandosi al Senato delle regioni la possibilità di intervenire sulle materie di competenza regionale e locale. Il rispetto per la Camera dei deputati è assolutamente limitato e questo ci fa preoccupare per la nostra democrazia! È possibile che questa Assemblea debba ridiventare, prevedibilmente, un luogo nel quale non si realizza la libera e totale discussione? 630 parlamentari con le briglie e con la cavezza, alcuni dei quali costretti a esprimere voto favorevole su proposte emendative provenienti dal Senato e già dichiarate inammissibili - a mio avviso giustamente - dalla Presidenza della Camera dei deputati! Non si può continuare così. Non si può proseguire in questa attività di presentazione di testi legislativi sostenendo che si tenterà di regolamentare in modo univoco l'attività della Camere e del Senato, senza farlo mai. Ma è così difficile modificare un regolamento parlamentare?
È così difficile riuscire a rendere omologhi i due regolamenti parlamentari? Facciamoci carico di queste problematiche, non continuiamo a sostenere che non bisogna intervenire sulla Costituzione, se non per alcune sue parti.
Riguardo alla norma sui decreti-legge specifichiamo i limiti, che debbono divenire costituzionali, relativi all'ammissibilità degli emendamenti.
Se un decreto-legge deve rispondere a requisiti di necessità e di urgenza in via straordinaria, anche gli emendamenti relativi alla legge di conversione debbono essere costituzionalmente tutelati; in caso contrario, si realizzano spregi legislativi di tutti i generi, causati dal disequilibrio fra deputati e senatori e dalla mancata rappresentanza del nostro popolo. Cosa veniamo a fare in questa storica Camera se non possiamo sostenere le nostre ragioni e quelle dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)?

PRESIDENTE. Onorevole Boscetto, la invito a concludere il suo intervento.

GABRIELE BOSCETTO. Noi siamo coloro che portano avanti le loro istanze e i loro bisogni (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Boscetto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baiamonte. Ne ha facoltà.

Pag. 68

GIACOMO BAIAMONTE. Signor Presidente, mi rivolgo in maniera molto sommessa e pacata al rappresentante del Governo affinché riveda la sua posizione. Infatti, il sottosegretario ha detto che avrebbe accettato l'ordine del giorno n. 9/2374/44 da me presentato, se riformulato aggiungendo la frase «compatibilmente con i fondi a disposizione».
Signor sottosegretario, lo ripeto in maniera molto pacata: la prego di rivedere il suo giudizio perché questo ordine del giorno contempla un argomento molto delicato per la salute pubblica. Questo Governo ha a cuore i problemi ambientali, si occupa delle conseguenze sui cittadini legate all'uso di prodotti agricoli trattati chimicamente?
Signor sottosegretario, in questo ordine del giorno, riferito all'articolo 5-bis del provvedimento, si suggerisce di adeguarsi al regolamento CE concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche. Il compito del controllo è affidato al Ministero della salute poiché sul territorio è presente un'organizzazione che deve essere collegata con l'Agenzia chimica europea.
Signor sottosegretario, si tratta di problemi molto delicati perché se non vengono considerati la registrazione, il controllo e la restrizione dei prodotti chimici, questi andranno ad inquinare le acque, l'ambiente, i prodotti agricoli: si tratta di tutta una serie di problemi che non possono essere accantonati, soprattutto dal Ministero della salute.
Quindi, signor sottosegretario, la ringrazio di aver preso in considerazione il mio ordine del giorno, ma la pregherei di accettarlo così come è stato presentato, senza l'aggiunta della frase «compatibilmente con i fondi a disposizione».
Signor sottosegretario, mi scusi ma questi fondi bisogna trovarli perché ciò rappresenterebbe una garanzia per noi cittadini e per la Comunità europea.
La ringrazio e la invito di nuovo a rivedere la sua posizione, in ogni caso la ringrazio per aver preso in considerazione il mio ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 17,35)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzaracchio. Ne ha facoltà.

SALVATORE MAZZARACCHIO. Signor Presidente, intervengo per ringraziare il Governo per aver accettato il mio ordine del giorno n. 9/2374/42, che lo impegna a rafforzare il ruolo di vigilanza delle regioni, assieme ai Ministeri della salute dell'ambiente, dell'economia e delle finanze, e alla Presidenza del Consiglio. Ciò significa che finalmente si ha una vera presa di coscienza dei problemi provocati dalla trascuratezza registrata in passato, quando si è messo in disparte un argomento così importante, causando, lo ripeto, seri problemi. Si pensi, infatti, che la mancata vigilanza dei bacini chimici - nell'etichetta non era specificato se il mangime fosse di origine animale o vegetale - ha provocato il fenomeno della cosiddetta «mucca pazza», che ha determinato le conseguenze che tutti conosciamo: la «mucca pazza» ha causato nell'uomo conseguenze gravissime, sino alla morte, come è stato testimoniato dal mondo scientifico. Il Parlamento ha preso oggi coscienza di tale problema ed il Governo si è dimostrato sensibile nell'affiancare a tutti gli organismi preposti le regioni che, come è noto, hanno comunque una valenza nel campo sanitario e dell'ambiente. Credo pertanto che oggi abbiamo compiuto un buon lavoro tutti insieme, maggioranza ed opposizione, al servizio dei cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Intervengo in merito agli ordini del giorno che sono stati Pag. 69sottoposti all'attenzione dell'Assemblea in precedenza e su cui è stato successivamente espresso il parere da parte del Governo. Molti di tali ordini del giorno sono stati accolti, soprattutto - e fortunatamente - quelli presentati dal nostro gruppo, perché forse il Governo li ha letti e si è reso conto che erano sensati ed apportavano alcuni miglioramenti al provvedimento in esame.
Mi volevo soffermare sull'ordine del giorno n. 9/2374/6, dell'onorevole Fava, della cui amicizia mi onoro, che si riferisce all'articolo 2 del provvedimento in esame: «Promozione della candidatura della città di Milano all'Esposizione universale 2015». Faccio una premessa: da buon torinese avrei gradito di più che fosse stata Torino ad ospitare tale manifestazione, ma considerando che il nostro «amatissimo» sindaco Chiamparino non ha - ingiustamente - lottato per riuscire ad ottenere almeno la candidatura per la ricordata esposizione internazionale, siamo in questa sede a discutere sull'Expo Milano 2015, cosa buona, perché si svolgerebbe sempre in Padania e si tratterebbe di finanziamenti di cui beneficerebbe il territorio padano. Mi meraviglio, tuttavia, delle modalità con le quali è stato scritto l'articolo in questione, perché mi ricordo che, sia in campagna elettorale, sia nei primi giorni di questo Governo, nel territorio torinese la sinistra ha fatto campagna propagandistica contro il provvedimento adottato nel 2001 dal Governo Berlusconi, sull'Agenzia Torino 2006, con cui si esautoravano tutti gli enti pubblici, per attuare tutte le infrastrutture e le strutture necessarie alle Olimpiadi che si sono svolte nel 2006 in provincia di Torino ed in Piemonte.
In questo caso, si sta facendo una cosa analoga: nei primi giorni di Governo avete approvato una legge per cancellare totalmente l'Agenzia Torino 2006.
A seguito di ciò si è creato lo scompiglio nella provincia di Torino e in Piemonte, in quanto si è scoperto che dietro questa Agenzia vi erano buchi miliardari. Noi della Lega Nord possiamo denunciarlo tranquillamente perché non abbiamo mai avuto a che fare né con l'Agenzia 2006 né con il Toroc. Anche in questa occasione state esautorando gli enti locali attribuendo competenze all'ente Expo-Milano 2015.
L'ordine del giorno Fava n. 9/2374/6 impegnava il Governo a fare in modo che tra l'ente e la regione Lombardia, la provincia di Milano e il comune di Milano, interessati a questa esposizione, vi fosse collaborazione. Non avendo accettato questo ordine del giorno riproponete quanto accaduto con riferimento all'Agenzia Torino 2006 proposta dal Governo Berlusconi nel 2001 per sviluppare le Olimpiadi a Torino.
In realtà, vi dovrebbe essere un po' di coerenza; infatti, se l'Agenzia 2006 non era proponibile in quanto non coinvolgeva gli enti locali, lo stesso dovrebbe valere per l'ente Expo-Milano 2015. Pertanto, avremo materiale a sufficienza per fare campagna elettorale sul nostro territorio!
Non costituiscono un problema le riformulazioni proposte dal Governo sugli altri ordini del giorno presentati dalla Lega, infatti sappiamo bene qual è la sorte degli ordini del giorno, a cui quasi sicuramente non viene dato seguito.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Allasia.

STEFANO ALLASIA. La maggioranza dovrebbe leggere con maggiore attenzione gli articoli e gli emendamenti e non seguire pedissequamente quanto viene affermato dai relatori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, occorre evidenziare che con questo decreto-legge, che dovrebbe dare attuazione ad obblighi comunitari, si approfitta ancora una volta per innovare la disciplina nazionale in materia di immigrazione, lanciando il sasso e nascondendo poi la mano e, in particolare, esautorando il Parlamento Pag. 70delle proprie competenze. In tal modo il Governo dimostra di avere la coda di paglia, in quanto si sottrae alla sua responsabilità di proporre al Parlamento uno specifico provvedimento in materia di immigrazione e di asilo politico, cercando di risolvere la questione attraverso piccoli aggiustamenti inseriti in diversi decreti-legge.
Occorre ricordare che siamo in un Parlamento! Probabilmente, la sinistra crede che siamo tutti ingenui e che pensiamo che, in questa sede, si debba soltanto parlare! Vorrei ricordare, invece, che il Parlamento, oltre a «parlare» (come dice il nome stesso), deve anche legiferare, perché è questo il suo compito. Non possiamo farci prendere in giro! Quindi, sono qui a denunciare, ancora una volta, questa presa in giro da parte della sinistra e del Governo.
D'altra parte, vorrei sottolineare che, in tal modo, si vuole subdolamente «svuotare» la cosiddetta legge Bossi-Fini. È chiaro, tuttavia, che abbiamo gli occhi ben aperti e che ci accorgiamo di tali azioni, che oserei definire anche sleali! Ancora una volta, infatti, si vuole determinare, per l'appunto in modo surrettizio, l'aumento indiscriminato della presenza dei lavoratori stranieri all'interno della nostra penisola; ciò, naturalmente, al di fuori delle quote previste dalla citata legge Bossi-Fini.
Abbiamo già visto quali sono stati i risultati di queste azioni: immigrati che continuano ad arrivare in modo indiscriminato e le cosiddette carrette del mare! Vorrei evidenziare che questa sinistra, nonché una parte di questo Parlamento, ha contribuito anche ad aggravare ulteriormente la situazione, facendo passare, all'interno di un altro decreto-legge, il principio dell'asilo politico. In base a tale principio, dunque, tutti coloro che hanno problemi, di qualunque natura, in giro per il mondo sanno che possono venire da noi e che qui troveranno «braccia aperte» per potersi rifugiare. D'altra parte, con l'indulto abbiamo visto una marea di extracomunitari uscire dalle carceri e tornare ancora a delinquere; naturalmente, la metà di loro vi è già rientrata!
Voglio tuttavia sottolineare un altro aspetto. Con il decreto-legge in esame, infatti, si è voluto anche mettere in una condizione di svantaggio i nostri imprenditori, i quali già si trovano vessati da una tassazione vergognosa. Ricordo che, ultimamente, abbiamo visto nelle nostre città negozi e bar chiudere, essere esposti alla «gogna mediatica» - addirittura con cartelli fuori dai loro esercizi - ed essere accusati di aver eluso tre scontrini fiscali; perché sappiamo che anche tali norme sono state approvate da questa sinistra!
La mancata emissione di tre scontrini fiscali, infatti, fa chiudere i negozi per tre, quattro o cinque mesi e mette addirittura alla «gogna mediatica» gli esercenti. Non credo si tratti di un atteggiamento che faccia onore a questa maggioranza ed a questo Governo!
Gli imprenditori del nostro paese vengono posti in condizione di svantaggio perché è chiaro che i vincoli della normativa italiana in materia di lavoro sono molto più cogenti e duri, come abbiamo appena detto. Al contrario, i lavoratori stranieri possono venire tranquillamente in Italia, sono chiaramente pagati in nero e vengono anche a «illuminare» il nostro ministro Ferrero, il quale ha affermato che i lavoratori stranieri costano la metà rispetto a quelli italiani: è questo il motivo per cui dobbiamo farli venire da noi!
Tuttavia, come ho già avuto modo di affermare nella parte antimeridiana dell'odierna seduta, tale atteggiamento è doppiamente grave, perché anche questi lavoratori vengono sfruttati. Pertanto, vengono portati qui da noi non certo per amore o per solidarietà; anzi, direi che vengono fatti venire per una solidarietà «pelosa», poiché si tratta di una solidarietà falsa...

PRESIDENTE. Si avvii a concludere...!

PAOLA GOISIS. ...che, in realtà, li pone in una condizione di sfruttamento.Pag. 71
È chiaro, allora, che non possiamo accettare tutto ciò: dunque, vogliamo garanzie anche sul piano della concorrenza!

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Goisis!

PAOLA GOISIS. Concludo subito, Presidente.
I nostri imprenditori, infatti, risultano essere svantaggiati anche su tale piano, a fronte di altri, i quali sono legittimati, invece, a far lavorare...

PRESIDENTE. Grazie...!

PAOLA GOISIS. ...i loro operai «in nero»!

PRESIDENTE. La ringrazio!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bodega. Ne ha facoltà.

LORENZO BODEGA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervenendo anch'io per dichiarazione di voto sul complesso degli ordini del giorno presentati, ricordo che la maggior parte di essi è stata accettata dal Governo, è stata accolta parzialmente oppure ne è stata proposta una riformulazione o una modifica.
Nel prendere atto positivamente dell'accoglimento di molti ordini del giorno, mi viene però da pensare al motivo per cui gli emendamenti che proponevano gli argomenti trattati - e sono stati tanti quelli trattati in questa giornata sulla materia in discussione - siano stati respinti, nonostante in alcuni casi vi fosse anche un consenso trasversale, mentre sotto forma di ordine del giorno le stesse materie e gli stessi argomenti sono stati accolti. Capisco bene che un ordine del giorno è meno restrittivo e vincolante rispetto ad un emendamento, anche perché poi bisognerebbe, dal punto di vista procedurale, ripercorrere un determinato iter burocratico.
Tuttavia, penso che una riflessione debba essere fatta e che questo sistema abbia urgente bisogno di essere rivisitato, ridefinito e ridisegnato, in modo tale che le procedure che vengono poste in atto in questa Assemblea, come pure al Senato, possano essere molto più snelle, semplici e utili per l'intero paese.
Fatta questa prima riflessione, vorrei ricordare brevemente come tanti siano stati gli argomenti trattati negli ordini del giorno in esame e come, in modo particolare in quelli presentati dalla Lega, si sia invitato il Governo a valutare l'opportunità di non utilizzare in futuro - so bene che non è una cosa semplice da attuare - lo strumento del decreto-legge per attuare gli obblighi comunitari.
Sappiamo bene che, quando si parla di attuazione di obblighi comunitari, di infrazioni, di sentenze della Corte di giustizia, di procedure avviate per la mancata attuazione da parte dell'Italia di determinati adempimenti, si registra un atteggiamento sul quale qualche volta manca una certa criticità da parte della maggioranza stessa.
Naturalmente, la minoranza, facendo il proprio dovere, assume una posizione molto critica nei confronti di questo provvedimento e noi ci troviamo di fronte ad un secondo intervento legislativo dal carattere urgente in materia comunitaria.
Quindi, a mio giudizio, occorre riflettere e verificare come mai vi siano e si registrino questi ritardi e se essi siano dovuti ad inghippi, o a questioni di carattere legislativo interno, o siano imputabili agli uffici che istruiscono le pratiche o allo scarso coordinamento fra lo Stato italiano e l'Unione europea, la quale, fra l'altro, ci contesta di infrazioni comunitarie rispetto alle quali alcune delle norme presenti nel decreto-legge in esame mirano a porre riparo: ma non è detto che la Commissione europea abbia sempre ragione.
Gli ordini del giorno nel loro complesso favoriscono, se così vogliamo dire, un diverso atteggiamento nei confronti della collettività, dei cittadini italiani, affinché possano comunque usufruire positivamente di quello che l'Assemblea delibera.
Dunque, oltre a valutare la possibilità di non utilizzare più la formula del Pag. 72decreto-legge per questa materia, vogliamo invitare il Governo e chi per esso, nonché chi ha il potere di controllo, a monitorare tutto questo affinché si possa anche riferire periodicamente al Parlamento. In particolare, sapete bene a cosa ci riferiamo noi della Lega: il riferimento è ai lavoratori extracomunitari che, venendo assunti da ditte che poi realizzeranno opere nel nostro paese, potrebbero essere «agevolati» nel rilascio del permesso di soggiorno.

PRESIDENTE. Onorevole, la prego di concludere!

LORENZO BODEGA. Concludendo, Presidente, nel prendere atto che la maggior parte degli ordini del giorno è stata accolta, il nostro atteggiamento resta comunque fortemente critico nei confronti del progetto di legge in esame.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Fedele, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Romagnoli. Ne ha facoltà.

MASSIMO ROMAGNOLI. Signor Presidente, ho presentato un ordine del giorno che riguarda un particolare aspetto disciplinato da una direttiva della Comunità europea in materia di «varietà da conservazione», onde consentire agli agricoltori il libero scambio delle sementi su base locale. La direttiva europea intende per «varietà da conservazione» le varietà, le popolazioni, gli ecotipi, i cloni e le coltivazioni di interesse agricolo relativi alle seguenti specie di piante: 1) autoctone e non autoctone, mai iscritte in altri registri nazionali, purché integratesi da almeno cinquanta anni negli agroecosistemi locali; 2) non più iscritte in alcun registro, purché minacciate da erosione genetica; 3) non più coltivate sul territorio nazionale e conservate presso orti botanici, istituti sperimentali, banche del germoplasma pubbliche o private e centri di ricerca, per le quali sussiste un interesse economico, scientifico, culturale o paesaggistico a favorirne la reintroduzione.
In particolare, il mio ordine del giorno n. 9/2374/29 vuole chiarire la non brevettabilità del patrimonio genetico delle «varietà da conservazione» che ho appena elencato, iscritte nel registro nazionale. Infatti, la logica brevettale ha permesso alle aziende agrochimiche e farmaceutiche di ottenere il diritto di brevettare anche organismi viventi ed ogni loro parte, compresi tessuti, cellule e geni, come se qualunque essere vivente o una sua parte fosse un'invenzione di qualche ricercatore o di qualche azienda. Su questi aspetti ha espresso più volte perplessità anche il Comitato nazionale per la bioetica.
Con la locuzione «brevetto biotecnologico» si intende la protezione commerciale sia di un organismo geneticamente modificato, comprese le tecniche per ottenerlo e riprodurlo, sia di geni, cellule o tessuti di qualunque organismo utilizzati per scopi commerciali.
Il concetto di brevetto, caro Presidente, si applicava un tempo soltanto ad oggetti inventati, non ad organismi viventi o a scoperte, dato che un organismo, anche se geneticamente modificato, come del resto ogni sua parte ed ogni suo gene, non è un'invenzione ma, tutt'al più, una scoperta. Gli organismi non sono né macchine né oggetti inventati; tuttavia, la loro equiparazione agli utensili permette una loro più vasta mercificazione.
Le multinazionali hanno già brevettato, e stanno brevettando, non solo geni di piante utilizzate nella medicina e nell'agricoltura tradizionali, senza coinvolgere i popoli che per secoli hanno utilizzato queste piante con una vera azione di bioterapia, ma anche geni e cellule umani. La logica brevettale sta diventando, dunque, la strumento per privatizzare la vita del pianeta in favore di chi possiede i soldi per trasformare un bene comune in profitti privati senza alcuna attenzione ai diritti umani ed alla difesa della salute e dell'ambiente. Chi possiede i brevetti detiene Pag. 73un enorme potere non soltanto economico, grazie a condizioni di monopolio, ma anche di ricatto a livello politico e sociale.
Pertanto, chiedo che il mio ordine del giorno n. 9/2374/29 sia accettato, non semplicemente accolto come raccomandazione, affinché il Governo si impegni a stabilire che il patrimonio genetico delle «varietà da conservazione» iscritte nel registro nazionale non è brevettabile e, quindi, la sua funzione deve essere del tutto libera. A meno che il registro nazionale non nasconda, signor Presidente, un altro emendamento a favore di qualche cooperativa...!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marinello. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, è importante intervenire in fase di dichiarazione di voto sugli ordini del giorno perché stiamo assistendo ad uno spettacolo che in questo Parlamento si ripete da mesi e mesi.
È al nostro esame un disegno di legge di conversione di un decreto-legge che, esaminato ed approvato dal Senato, è giunto all'esame della Camera a tempo quasi scaduto. Peraltro, mi sembra che si faccia volutamente passare il tempo per avvicinarsi alla scadenza: la maggioranza non ha voglia di accelerare i lavori perché i decreti legge devono essere approvati, qui alla Camera, con il sistema del voto blindato! Il motivo di ciò è ovvio: questa maggioranza teme eventuali ulteriori letture, anche migliorative, al Senato proprio per la sua debolezza intrinseca, per quella sorta di grande male che sta avvelenando non soltanto la legislatura, ma anche e soprattutto la democrazia nel nostro paese. Insomma, avete difficoltà a ritornare al Senato a causa delle divisioni e delle contraddizioni che contraddistinguono la vostra maggioranza!
Lo abbiamo visto. Ancora una volta si è presentato questo scenario davanti a noi. Questo decreto-legge contiene una serie di norme assolutamente non omogenee tra loro e spesso contraddittorie. Sono state poi inserite, come catapultate all'interno del provvedimento, specie all'articolo 4, una serie di norme che entrano a gamba tesa su alcune questioni: mi riferisco alle norme che hanno riguardato l'agricoltura, l'ormai famigerato DURC (documento unico di regolarità contributiva), nonché tutta una serie di norme che hanno inciso sul provvedimento nella sua interezza.
Abbiamo assistito alla chiusura più assoluta della maggioranza, rispetto alle questioni da noi sollevate. E non mi si dica che nessuna delle nostre proposte emendative fosse assolutamente non meritevole di accoglimento! Addirittura, abbiamo ricontrollato il resoconto stenografico, dove autorevoli esponenti della maggioranza - mi riferisco anche all'onorevole Realacci, tra l'altro presidente di una Commissione - su specifici punti da noi sollevati hanno colto la serietà e la bontà delle nostre osservazioni: per esempio, con riferimento al mio emendamento che riguardava i cosiddetti servizi «post contatore», si riconosce la bontà dell'argomentazione, al punto che uno dei rappresentanti de L'Ulivo, facente parte del direttivo di tale gruppo, riconosce la bontà delle mie argomentazioni e si aggancia alle stesse attraverso il meccanismo della presentazione degli ordini del giorno.
Allora è inutile nascondersi dietro un dito! Tra le nostre proposte c'erano sicuramente delle proposte buone, di buonsenso, accoglibili. Si tratta semplicemente di un vostro «no» pregiudiziale e pregiudizievole, ma soprattutto è questa vostra paura ad affrontare il nocciolo delle questioni, per paura di dover tornare nell'altro ramo del Parlamento, a mettervi in questa condizione di assoluto e continuo diniego. Ecco il perché, dunque, di questo dell'ordine del giorno.
Abbiamo anche notato la seria difficoltà del sottosegretario Grandi - una difficoltà innanzitutto dovuta al fatto di dover seguire da solo i lavori, in perfetta solitudine, quando parecchi sottosegretari Pag. 74ed anche qualche ministro (lo dico, perché ci risulta) sono già in vacanza, addirittura già all'estero - di dover seguire un provvedimento così complesso e di dover tra l'altro prestare attenzione ad una serie di questioni non di propria competenza. Abbiamo visto le sue difficoltà anche nel dover valutare e accettare gli ordini del giorno.

PRESIDENTE. Onorevole Marinello, la invito a concludere.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. A questo punto, non mi resta che sollecitare al sottosegretario un'ulteriore attenzione per il benevolo accoglimento di una serie di questioni.
Infine, Presidente - questo non è un intervento nel merito, ma quasi un intervento sull'ordine dei lavori -, non mi resta altro che sollecitare la Presidenza della Camera ad avere un'attenzione particolare nei confronti del Governo e del ministro per i rapporti con il Parlamento, affinché questi ordini del giorno, specie se accolti o se votati, abbiano poi un seguito, perché fino ad ora, per quanto riguarda la nostra esperienza, così non è stato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giuseppe Fini. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi. Mi rivolgo a lei, signor Presidente, perché anche in questa occasione un mio ordine del giorno è stato «bocciato» dal Governo. Al di là del fatto che si vogliano abrogare con un decreto-legge, in particolare con l'articolo 4-ter del decreto, delle norme precise sulla vitivinicoltura, questo è un vero danno, perché siamo reduci da una vetrina internazionale, quale quella del Vinitaly, cioè la vetrina più importante al mondo, dove noi esibiamo i nostri prodotti e dove noi non vendiamo solo una bottiglia di vino, ma vendiamo un'etichetta, che è una cultura, che è una storia, che è un pezzo del nostro territorio.
Stiamo discutendo in Commissione agricoltura il nuovo OCM vino. E mi chiedo per quale motivo si intervenga oggi, quando siamo alla scadenza del precedente OCM vino, mettendo dei paletti. È un vero controsenso, qualcosa di innaturale.
Nel settore primario vi sono problemi climatici (abbiamo parlato di emergenza idrica), ma anche questioni riguardanti la globalizzazione, con nazioni come la Nuova Zelanda, l'Africa del sud, il Cile e l'Australia che cominciano a produrre vini che ci fanno concorrenza. Presto, arriverà anche la Cina con i propri vini. Si tratta di uno dei prodotti più importanti, un prodotto principe nel paniere delle qualità italiane, insieme all'olio con le sue 300 varietà e ai nostri formaggi. Dietro questi prodotti vi è l'Italia, la sua eccellenza. I ristoratori e i ristoranti italiani sono riconosciuti in tutto il mondo, da Pechino a New York, da Londra a San Paolo. Per non parlare dei formaggi.
Ebbene, l'ordine del giorno n. 9/2374/38 a mia firma non è stato accettato senza alcuna spiegazione, solo perché, forse, nella fretta della predisposizione del decreto-legge presentato al Senato, nell'articolo 4-ter, sono state inserite alcune norme che inficiano le buone pratiche per lo svolgimento della viticoltura italiana. Ora, non si può più emendare il testo mancando i tempi, ma la fretta è incomprensibile su questioni riguardanti questo settore.
Era il caso di fare valutazioni più attente. Pochi, forse, mi ascoltano, ma si tratta di questioni importanti. Ho cercato di porvi l'accento. Con l'ordine del giorno a mia firma chiedevo soltanto che il Governo facesse una ricognizione più attenta della situazione, ma neanche questa sollecitazione è stata accettata. Ringrazio il Presidente per la sua cortese attenzione.

PRESIDENTE. È doverosa...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Milanato. Ne ha facoltà.

LORENA MILANATO. Signor Presidente, ci troviamo nella fase finale dell'esame Pag. 75di un provvedimento di conversione di un decreto-legge e, ancora una volta, l'iter seguito è un cliché al quale la maggioranza e il Governo ci hanno, purtroppo, abituati.
Se, come avvenuto, si propone un provvedimento che, già di per sé, è discutibile per la sussistenza dei requisiti di necessità e urgenza che dovrebbe contenere e se, come avvenuto, ci viene detto che per mancanza di tempo non sarà possibile emendare il testo e ci viene suggerito di presentare ordini del giorno, ci saremmo aspettati da parte del Governo una maggiore attenzione per gli ordini del giorno presentati, mentre alcuni sono stati soltanto accolti come raccomandazione.
A pochi minuti dal voto finale, non ci rimane che rivendicare il ruolo della Camera che, nell'iter del provvedimento, ha visto ancora una volta spogliare le Commissioni e la stessa Assemblea del proprio ruolo.
Pertanto, signor rappresentante del Governo vorrei insistere con lei affinché riprenda in considerazione la possibilità di accettare l'ordine del giorno a mia firma n. 9/2374/26. Con esso si chiede l'impegno del Governo per risolvere un problema più volte affrontato dall'Assemblea, essendo stato sollevato dall'opposizione - e non solo da essa - anche al di fuori di quest'aula. Tale ordine del giorno impegna il Governo a rispettare in futuro i criteri di omogeneità dei decreti-legge esaminati dai due rami del Parlamento, il Senato e la Camera dei deputati.
Come è stato sottolineato da alcuni colleghi - lo vorrei ricordare ancora una volta al rappresentate del Governo - nel nostro sistema le due Camere contano allo stesso modo e il bicameralismo dovrebbe essere perfetto. La parola «dovrebbe» è d'obbligo, perché in questo momento ciò non sta accadendo.
Pertanto, signor sottosegretario, insisto perché voglia prendere in considerazione un serio impegno del Governo, rivedendo il parere espresso sul mio ordine del giorno n. 9/2374/26.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.

GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, nel corso di questa valutazione riassuntiva degli ordini del giorno presentati, molti colleghi hanno messo in evidenza come il Governo abbia accettato molti di essi, quasi a dire che le proposte emendative che avevamo presentato già in sede di Commissioni riunite erano volte al miglioramento del testo. Purtroppo, lo abbiamo detto diverse volte: il Senato non sarebbe riuscito ad approvare il testo così come avremmo voluto modificarlo.
Il collega Giuseppe Fini ha svolto una valutazione che andava al di là di questa considerazione, con riferimento al comportamento del Governo in ordine agli impegni assunti. Al riguardo, nel breve tempo che mi è concesso vorrei invitare ad evitare il continuo ricorso ai decreti-legge per dare attuazione alle norme comunitarie.
La nostra nazione con orgoglio è protagonista dell'attività svolta in seno all'Unione europea e spesso le questioni oggetto delle procedure di infrazione non sono di questi giorni, ma risultano abbastanza datate nel tempo.
Abbiamo approvato la legge comunitaria e siamo intervenuti sulla materia comunitaria già altre quattro volte. È quindi opportuno che, una volta per tutte, cerchiamo di mantenere un equilibrio fra le disposizioni europee ed il comportamento dello Stato italiano.
Nei nostri ordini del giorno, per la maggior parte dei casi, abbiamo fatto riferimento alle materie trattate, anche se all'interno del provvedimento sono state inserite questioni che non erano così urgenti. Peraltro, questa è un'altra valutazione che abbiamo svolto in merito agli ordini del giorno.
È imbarazzante assumere una posizione di contrarietà rispetto a richieste che sembrerebbero automatiche. In altri termini, da due giorni stiamo avanzando richieste di modifica rispetto ad una normativa che dovrebbe essere adottata automaticamente. Pag. 76Non interveniamo con una legge ordinaria, attraverso il percorso previsto; interveniamo, oltre che con la legge comunitaria, con decreti-legge, con provvedimentidichiarati urgenti. Inoltre, all'interno di questi provvedimenti aggiungiamo materie - quelle richiamate negli ordini del giorno - che fra loro non sono omogenee.
Il Senato ha deliberato questo provvedimento in poche ore perché sembrerebbe abbiano trovato un accordo sulla eliminazione di una parte della normativa. Mi viene da pensare che è pericoloso usare l'infrazione come pretesto per attivare una procedura d'urgenza, ricorrere ad un decreto-legge, disciplinare con esso materie complesse ed eterogenee per poi convertire quel provvedimento ed eliminare le norme introdotte, sapendo di doverlo fare.
Con questa tattica arriviamo a svolgere sedute - come quella di oggi e quella di ieri - in cui non sfugge a nessuno che vi è uno sforzo di denuncia, senza alcuna speranza di modifica.
Come membro della Commissione finanze, che ha lavorato congiuntamente con la Commissione agricoltura, posso testimoniare che, nel poco tempo che abbiamo avuto a disposizione, abbiamo svolto un buon lavoro: era un lavoro di principio su materie anche condivise, che poi, anziché essere inserite nel testo, sono state riportate negli ordini del giorno.
Per questo motivo, nei pochi minuti a mia disposizione, vorrei cogliere l'occasione per raccomandare al Governo di impegnarsi per evitare di ritrovarci tra breve (non si parla di un tempo molto lontano) ad esaminare altri decreti-legge che seguono una corsia preferenziale (in quanto atti dovuti) e che disciplinano materie che potrebbero benissimo essere valutate ed inserite in provvedimenti autonomi.
Commettiamo quindi due errori: anzitutto, diamo, degli obblighi scaturenti dal nostro rapporto con l'Europa, un'attuazione disordinata che non segue ad un adeguato approfondimento; inoltre, inseriamo all'improvviso in tali provvedimenti disposizioni che meriterebbero di essere tempestivamente discusse ma dopo una più ampia riflessione; disposizioni, soprattutto, che meriterebbero un attento esame in sede di Commissione di merito. Peraltro, anche se nel caso di specie il provvedimento è stato assegnato alla competenza di due Commissioni (le Commissioni finanze e agricoltura), sapevamo benissimo che le questioni affrontate dal decreto investivano anche le competenze di altre Commissioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bernardo. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi rivolgo anche al sottosegretario, che ha seguito il dibattito nel corso di questi due giorni. Purtroppo - ahinoi! -, ci «tocca», come opposizione, intervenire, deputato dopo deputato, per ribadire alcuni principi. Ciò significa certamente, in un'Assemblea come questa, mettere in risalto quanto avvenuto nel corso di questi dieci mesi con gli interventi di carattere legislativo a mezzo di decretazione d'urgenza. Sappiamo le difficoltà della maggioranza nel passaggio dell'esame dei provvedimenti da una Camera all'altra e nell'immaginare di dovere alimentare un dibattito che, ovviamente, comincia in Commissione ma poi prosegue in Assemblea, dove, se si tratta di provvedimenti di urgenza, finisce spesso per arenarsi. Un dibattito, dunque, che legittimamente dovrebbe svolgersi anzitutto nelle singole Commissioni di merito per poi, successivamente, continuare in Assemblea.
In occasioni come questa, si devono però ribadire concetti fondamentali per la vita del paese; ritengo sia opportuno rivolgere al Governo ed ai ministri competenti la raccomandazione che il nostro sistema paese possa giovarsi della particolare attenzione che la Comunità europea ha sempre dedicato ai paesi membri. Basti pensare a materie delicate per l'Italia quali il sistema agroalimentare o l'iniziativa di candidare Milano a sede dell'Expo 2015. Talune iniziative sono state promosse anche Pag. 77con alcuni ordini del giorno importanti, in parte accettati dal Governo. Per quanto mi riguarda più direttamente, anzi, colgo l'occasione per ringraziare il sottosegretario presente oggi. Peraltro, era forse naturale accettare un ordine del giorno che non poteva essere che condiviso riguardando temi estremamente delicati che «toccano» in generale la sensibilità dei nostri concittadini e del mondo delle imprese.
In più occasioni abbiamo sentito affermare che la presentazione di ordini del giorno o anche di emendamenti importanti e salienti rappresenterebbe, in un'Assemblea come questa, una forma di ostruzionismo; ma, dal momento che, purtroppo, come sappiamo bene, in Commissione l'esame subisce un'accelerazione, quale allora, se non l'Assemblea, è il luogo in cui il dibattito su argomenti estremamente delicati, con ricadute importanti sul sistema delle categorie e delle singole famiglie, deve alimentarsi? Ci si ritrova, quindi, a doversi confrontare in Assemblea sul merito dei provvedimenti.
Ecco poi perché, purtroppo, la stragrande maggioranza degli emendamenti non vengono approvati; sono comprensibili le ragioni vere e reali di tale reiezione: il timore di dover trasmettere nuovamente i testi al Senato mettendo così a rischio la tenuta del Governo. Così però si blocca l'esame e si perde un po' la vera legittimazione che i singoli parlamentari hanno e vorrebbero esprimere; voi stessi, forse, vorreste esprimerla come maggioranza.
Si arriva così agli ordini del giorno; se ne sono presentati tanti, in parte accolti e in parte no. Ciò mette in evidenza come probabilmente, se fossero stati approvati gli emendamenti più caratterizzanti per un decreto-legge di questo tipo, ci si sarebbe adeguati agli obblighi comunitari. È per questo che all'inizio del mio intervento sottolineavo un aspetto importante che mi auguro il Governo possa recepire affinché il nostro paese possa giocare un proprio ruolo, all'interno del contraddittorio con gli Stati membri, come del resto avviene al di là dei nostri confini, su un argomento come questo, mettendo in evidenza quanto importante sia la difesa del sistema paese.
Ecco perché ormai da mesi ci siamo abituati ad un contraddittorio che poi si esaurisce in poco tempo; la sensazione che noi diamo è che non si riesca a raggiungere l'obiettivo di mettere assieme, al di là delle appartenenze e delle esperienze culturali, momenti salienti che caratterizzano provvedimenti legislativi importanti. Quindi, assistiamo ad un rincorrersi in questa direzione. Per questo - e concludo, Presidente - vi è l'esigenza di un dibattito nuovo e rinnovato tra maggioranza ed opposizione su argomenti delicati come questo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, interveniamo per dichiarazione di voto sugli ordini del giorno presentati, partendo da quello a mia firma n. 9/2374/7, che il Governo ha dichiarato di accettare con una riformulazione, sopprimendo l'ultima parte del dispositivo, che prevede il seguente impegno: «prevedendo la possibilità di non applicare gli interessi sulle somme da restituire».
La motivazione di questo ordine del giorno risiede nel fatto di avere imposto alle ex municipalizzate di pagare taluni tributi - prevalentemente IRPEG - che nel triennio 1997-1999 erano state esentate grazie a specifiche agevolazioni fiscali. Oggi, infatti, a seguito di una direttiva comunitaria, queste imposte devono essere restituite in quanto considerate aiuti di Stato. Sulle stesse imposte, inoltre, vengono applicati gli interessi.
Noi lo abbiamo detto varie volte, anche in fase emendativa nella quale abbiamo predisposto emendamenti ad hoc per criticare il fatto che vengano richiesti interessi su imposte non pagate non tanto perché le imprese contribuenti non le abbiano voluto pagare, bensì perché la legge, a quell'epoca, ne garantiva l'esenzione. Per tale motivo, appare non corretto imporre anche il pagamento degli interessi su tali imposte.Pag. 78
Inoltre, da varie dichiarazioni rese dai soggetti interessati, già da oggi si profilano numerosi ricorsi, considerato altresì il fatto che si chiede il pagamento di imposte all'epoca non dovute, oltre agli interessi - ed è questo il punto più controverso - sulle medesime imposte.
Pertanto, l'ordine del giorno che abbiamo predisposto punta ad impegnare il Governo a prevedere tutta una serie di misure per facilitare il pagamento delle imposte da parte delle imprese interessate dal provvedimento in esame. Inoltre, si impegna il Governo a prevedere la possibilità di non applicare gli interessi su tali imposte.
Ci è stato comunicato che il nostro ordine del giorno verrebbe approvato, qualora venisse riformulata la parte dell'impegno nella quale si prevede la non applicabilità degli interessi. Chiaramente, ciò non ci trova d'accordo e valuteremo in un successivo momento se accettare la riformulazione o meno. Tuttavia, il continuo ricorso agli ordini del giorno, come altri colleghi hanno ribadito, svilisce la portata del ruolo legislativo che dovrebbe avere quest'Assemblea.
Molte volte in Commissione abbiamo sentito colleghi della maggioranza non essere d'accordo su alcuni punti di questo provvedimento, ma di fronte al «muro» e alla mancanza di volontà di trattare alcune modifiche di questa legge da parte del Governo, abbiamo dovuto rassegnarci a presentare degli ordini del giorno. È vero che questi ultimi sono importanti, ma sappiamo che si tratta di cosa ben diversa dal prevedere analoghe disposizioni all'interno di proposte emendative.
Pertanto, alcuni aspetti che si sarebbero voluti modificare in questo provvedimento e rispetto ai quali sono stati presentati emendamenti non solo da parte dell'opposizione, ma anche della maggioranza, non sono stati accolti. Assistiamo pertanto a questo grande numero di ordini del giorno e alla corsa a presentarne i più disparati, sapendo che anche qualora venissero accettati sono comunque cosa ben diversa da una previsione di legge che entra in vigore.
Questo svilisce in maniera importante il ruolo di ogni singolo parlamentare, delle Commissioni e di questa Assemblea. Tutto ciò svilisce il ruolo dell'opposizione - ma noi non abbiamo i vostri numeri all'interno di questo ramo del Parlamento, non abbiamo un numero di deputati tale da poter incidere sulle scelte importanti di questo Governo all'interno della Camera dei deputati -, però credo che, vedersi ogni volta preclusa la possibilità di emendare e di intervenire in maniera costruttiva e di critica positiva sui vari provvedimenti, sia uno svilimento anche per i colleghi della maggioranza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grimoldi. Ne ha facoltà.

PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, il mio ordine del giorno n. 9/2374/5, che è stato accettato dal Governo, chiede che l'Esecutivo si impegni a monitorare e a riferire periodicamente al Parlamento sugli effetti della norma contemplata nell'articolo 5 del presente decreto, sul piano della garanzia della concorrenza nell'erogazione di servizi all'interno del sistema economico nazionale. Vista la lunga serie di ordini del giorno presentati, tanti dei quali accolti, spero che soprattutto quelli accettati non restino sulla carta, ma che quanto garantito dalla maggioranza trovi corrispondenza nei fatti.
Tuttavia, credo vada denunciata la ragione della presentazione di così tanti ordini del giorno anche da parte di esponenti della maggioranza: il provvedimento in esame è tornato alla Camera assolutamente «blindato». Sapete benissimo che ogni modifica costringerebbe il provvedimento a tornare all'esame del Senato e duole constatare che il nostro lavoro è solo quello di ratificare provvedimenti che arrivano dall'altro ramo del Parlamento.
A mio avviso, ciò è dovuto a due motivazioni. In primo luogo, al Senato della Repubblica le elezioni politiche voi le avete perse per 300 mila voti circa e, quindi, una maggioranza vera non può sussistere; in secondo luogo, le divisioni Pag. 79all'interno della stessa maggioranza, evidenziate anche dagli ordini del giorno presentati da alcuni suoi esponenti, sottolineano che il provvedimento non è condiviso in toto da tutta la compagine di Governo.
Inoltre, noi registriamo un dato di fatto del provvedimento all'interno della legge comunitaria, cioè come surrettiziamente si sia aggirata, almeno in parte, la legge sull'immigrazione vigente nel nostro paese (la legge Bossi-Fini), normativa che crediamo di buonsenso, che è stata anche «copiata» in ampie parti d'Europa e che lega il permesso di soggiorno al contratto di lavoro.
Non ci preoccupa quello che creerete quando avrete il coraggio di modificare alla radice la legge sull'immigrazione, ma ci spaventa maggiormente la constatazione dei segnali che state dando all'esterno del nostro paese, con le quote di ingresso e con i provvedimenti che, sostanzialmente, dicono: «venite nel nostro paese, le porte sono aperte, è cambiata la maggioranza di Governo, noi siamo buoni, belli e bravi, e vi accogliamo tutti». Peccato però che, alla prova dei fatti, sappiamo bene di non poter garantire un lavoro a tutta questa gente. Non si risolve il problema della clandestinità mandando messaggi, dicendo di venire perché le porte sono aperte e abolendo - come avete intenzione di fare - il reato di clandestinità. Noi crediamo che l'immigrazione vada regolata, che occorra dare delle certezze e che, soprattutto, aprire le porte indiscriminatamente, significhi soltanto favorire la criminalità organizzata, perché, chi è senza un lavoro, inevitabilmente qualche via, legale o meno, per procurarsi da vivere dovrà trovarla anche a casa nostra.
Tra l'altro, su questo aspetto richiamiamo le cifre e le statistiche che ci danno obiettivamente ragione su tutti i punti di vista. Basta farsi un giro nelle nostre carceri per constatare quanto l'immigrazione non regolamentata produca problemi di ordine pubblico e di criminalità sul nostro territorio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, abbiamo ascoltato i pareri del Governo sui nostri ordini del giorno e su quelli dei colleghi della Lega e di Alleanza nazionale, nonché il parere contrario sull'ordine del giorno Turco n. 9/2374/46, della Rosa nel Pugno.
Ci sorprende - forse non più di tanto, ma crediamo che in questa sede sia necessario stigmatizzarlo - il fatto che ancora un volta ci troviamo a poter discutere soltanto gli ordini del giorno. La disponibilità del Governo in questo senso è lodevole, ma assai riduttiva, perché il dibattito, che pure c'è stato nel corso dell'esame di questo decreto-legge, non è stato finalizzato ad alcuna modifica del testo da parte di quest'Assemblea e, tanto meno, da parte delle Commissioni. Si tratta di un testo che origina da un decreto-legge e che è mirato a compensare alcune sanzioni che l'Unione europea ha comminato all'Italia, oltre ad affrontare alcune procedure di infrazione in ordine alla violazione di direttive europee.
Noi crediamo che il ruolo di un Parlamento sia più alto e nobile di quello di una semplice assemblea in cui si può dibattere su ordini del giorno di varia natura e su diverse materie. Crediamo che il Parlamento abbia il diritto di intervenire per modificare le leggi e che debba permettere ai propri componenti di esprimere la loro opinione e quella dei propri gruppi e delle coalizioni cui appartengono, che pure si dividono su tanti argomenti nell'ambito di una delle due Camere.
Crediamo anche che il Parlamento abbia tutto il diritto di modificare questo provvedimento, come dicevamo precedentemente in sede di illustrazione degli ordini del giorno. Se ci fosse stata anche solo la disponibilità a cambiare mezza virgola, il Governo in questa sede, offrendo la propria disponibilità, avrebbe smentito quanti tra di noi paventavano questa situazione sin dalla discussione sulle linee generali e sul complesso degli emendamenti Pag. 80e, successivamente, nell'esame dei singoli emendamenti che sono stati posti all'attenzione dell'Assemblea, sui quali è sempre stato espresso un parere contrario da parte dei relatori e del Governo, che aveva sostenuto giustamente la teoria secondo la quale era impossibile modificare in questa sede il decreto-legge.
Il fatto di non essere smentiti non è per noi un elemento positivo. Ci piacerebbe ogni tanto che questo Governo ci offrisse un guizzo, un colpo d'ala, e che ci desse una speranza di essere smentiti ogni qual volta, di fronte ad un provvedimento che giunge al nostro esame, facciamo previsioni negative e vediamo nubi nere all'orizzonte.
Non si tratta di assenza di confronto, perché nel confronto crediamo si riesca a crescere, sia noi, opposizione in Parlamento e maggioranza nel paese, sia voi, maggioranza in Parlamento e minoranza nel paese. Una riprova di questo fatto è costituita dal decreto Bersani, rispetto al quale avete avuto la capacità di compiere un'ottima operazione di marketing elettorale, ormai poco credibile rispetto al vecchio decreto Bersani, perché già smentito nei fatti da una finanziaria ricca di tasse.
Anche durante l'esame del decreto Bersani il relatore e il Governo dimostrarono che ci poteva essere una certa sensibilità nell'accogliere alcune iniziative emendative motivate da parte dell'opposizione. Ciò perché era comodo per la maggioranza affrontare più lungamente in questa Camera l'esame del provvedimento e poi «blindarlo» al Senato, magari attraverso la posizione della questione di fiducia, così come si è verificato.
In questo caso, il meccanismo è diametralmente opposto.

PRESIDENTE. Onorevole Baldelli...

SIMONE BALDELLI. Concludo, signor Presidente.
Questo provvedimento è stato affrontato con una certa pigrizia e con tempi molto lunghi al Senato mentre in questa Camera è stato reso immodificabile. Pertanto, credo si debba riflettere a lungo anche sui pareri che sono stati espressi dal Governo sugli ordini del giorno, benché in larga parte siano stati piuttosto favorevoli su questioni sollevate a pieno titolo e legittimamente dai colleghi dell'opposizione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, se non ricordo male, il Governo ha accolto come raccomandazione il mio ordine del giorno n. 9/2374/25.

ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Sì, è accolto come raccomandazione.

ANTONIO LEONE. Stando così le cose, chiedo al signor sottosegretario di spiegarmi, quanto meno, il motivo della scelta compiuta tra l'accoglimento come raccomandazione e l'accettazione. Conosco la lealtà e la trasparenza del sottosegretario Grandi e quindi credo non abbia timore, nel momento in cui addivenisse all'idea di accettare questo ordine del giorno, di considerarla quasi un riconoscimento di colpa. Vorrei ricordarle, signor sottosegretario, che nel dispositivo si chiede al Governo un impegno ad utilizzare per il futuro la legge comunitaria annuale per dare attuazione agli obblighi comunitari e si esprime l'auspicio di non utilizzare in materia lo strumento del decreto-legge, in modo difforme dal dettato costituzionale. In altri termini, il mio ordine del giorno è di grande linearità, non incolpa il Governo di aver fatto quello che non poteva fare e non chiede, per il futuro, un adeguamento al suo dispositivo. Si esprime solo un auspicio e non vedo, quindi, perché il Governo non debba accettare un impegno così trasparente e così attinente ad una corretta maniera di legiferare, al rispetto delle norme costituzionali e alla prassi, secondo la quale il recepimento degli obblighi comunitari avviene sempre con il ricorso ad una legge ordinaria e non ad Pag. 81un decreto-legge. Non comprendo, al riguardo, la differenza tra accettazione e accoglimento come raccomandazione. Vorrei ricordare al signor sottosegretario che con questo ordine del giorno non si chiede e non si afferma che non è possibile usare lo strumento della decretazione d'urgenza per il recepimento di direttive comunitarie. Non è assolutamente così anche perché, in passato, il decreto-legge già è stato utilizzato. Tuttavia, ciò è avvenuto quando si stava per incorrere in procedure di infrazione comunitaria e quando per sette o otto anni sono rimasti nei nostri cassetti adempimenti cui eravamo obbligati nei confronti della Comunità europea. In quel caso, si è fatto ricorso alla decretazione d'urgenza ed è chiaro che in quel caso nessuno avrebbe potuto puntare il dito sulla scelta dello strumento del decreto-legge. Non vedo perché, invece, avendo tempo, serenità e tranquillità, non si possano recepire le direttive comunitarie per mezzo dello strumento principe, cioè la legge comunitaria, che è una legge ordinaria. Per quale motivo ricorrere alla decretazione d'urgenza, se non si è in ritardo e non si teme che discutendo una legge ordinaria il Parlamento possa interferire? Tra l'altro, ciò è avvenuto ugualmente perché al Senato ben 5 articoli sono stati aggiunti al provvedimento che il Consiglio dei ministri aveva emanato. Se ne evince, evidentemente, che il Governo vuole blindare anche questo tipo di norme e farle passare attraverso un decreto-legge, non attraverso una legge ordinaria. Non comprendo ancora il motivo per cui, con tutta tranquillità e trasparenza, il signor sottosegretario non si alzi - per la verità è in piedi da due giorni, per ragioni fisiche che capisco benissimo - e non dichiari di accettare questo ordine del giorno, dato che così deve essere. Non avete colpe e nessuno ve le vuole addebitare, ma il nostro auspicio riteniamo che sia in linea con quello di un buon Governo e di una buona legiferazione. Attendo un chiarimento, seppur breve, da parte del Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazioni di voto l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, come al solito ci troviamo a discutere di ordini del giorno per tentare, attraverso di essi, di modificare un provvedimento che, in realtà, sappiamo non più modificabile.
A questo punto, sorge spontanea una domanda: siamo ancora in una democrazia parlamentare? Il Parlamento è nato - ricordiamo gli Stati nazione - per la necessità di approvare il bilancio dello Stato, di decidere assieme quante tasse applicare e come utilizzarne il ricavato; si cercava cioè di spendere al meglio i soldi prelevati ai cittadini.
Già negli ultimi anni, riguardo alla legge di bilancio, si è verificata la ricorrente distorsione del voto di fiducia. Quest'anno vi è stata un'esagerazione in questo senso poiché si è raggiunto un tale livello di forzatura della norma tanto che tutti ormai concordano sul fatto di dover ovviare a questa tendenza; tra l'altro, bisognerà anche capire le modalità, i tempi, i modi e gli obbiettivi di questi interventi.
Prassi costante di questo Governo, di questa pseudomaggioranza, è di decidere non attraverso il Parlamento, ma attraverso altre modalità.
L'indulto si è rivelato un'operazione assurda e demenziale, portata avanti da molte forze politiche in Parlamento tranne, ovviamente, la Lega Nord e Alleanza Nazionale. Invece, tutti gli altri provvedimenti dotati di una qualche rilevanza sono stati approvati attraverso la forzatura rappresentata dalla questione di fiducia e dal decreto-legge. In particolare, l'utilizzo della decretazione d'urgenza dà alquanto fastidio poiché, al di là dell'urgenza, che non sussiste, non si intravede un modo di agire razionale. Non è neanche il Governo a decidere - anche se, attraverso i suoi 103 componenti, potrebbe essere paragonato ad un piccolo parlamentino, un surrogato della democrazia parlamentare, una sorta di oligarchia abbastanza Pag. 82numerosa -, ma sono i segretari di partito a stabilire il contenuto dei decreti-legge. Questo modo di agire segna la fine della democrazia parlamentare, anche se dispiace doverlo ammettere; non solo si contrattano gli articoli dei provvedimenti, ma si agisce anche per mezzo di bizantinismi per consentirne l'approvazione. Infatti, quando un articolo dà fastidio, casualmente lo si mette in fondo; in questo modo, poiché l'opposizione, brutale e cattiva, fa il suo mestiere attraverso un po' di ostruzionismo, gli articoli finali non si discutono mai, si arriva al voto di fiducia e, con buona pace della democrazia parlamentare, è l'oligarchia delle segreterie di partito a decidere sulla testa dei deputati dell'opposizione e su quella di alcuni deputati della maggioranza che trovano tutta la mia solidarietà anche se, onestamente, sono in Parlamento solo per scaldare le loro sedie.
L'esempio lo abbiamo avuto grazie all'ultimo decreto sulle liberalizzazioni: sugli spinosi articoli 12 e 13, sulla riforma della scuola e sul ritiro delle concessioni relative alla TAV non vi è stata discussione poiché non vi era tempo, quindi, con questo ricatto, è stata posta la questione di fiducia e il provvedimento è stato approvato cosi com'era.
Ebbene, la Lega Nord ha è stanca di questo modo di agire, assolutamente antidemocratico, contrario non solo alla Padania, ma, a questo punto, a tutto il paese. Faremo di tutto per farvi smettere (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, vorrei ritornare brevemente sull'intervento svolto in precedenza dal collega Allasia sul mio ordine del giorno n. 9/2374/6. Torno su questo tema perché mi aspetto perlomeno che il Governo abbia il buon gusto di motivare la mancata accettazione di un ordine del giorno che probabilmente non è stato letto. Infatti, non accettare un ordine del giorno di tale natura rischia di configurarsi come l'ennesimo precedente che dà il senso e la misura di quale sia l'atteggiamento di questa maggioranza nei confronti delle autonomie. Credo che quando, in un paese come il nostro, si cerca di interpretare un sentimento diffuso - ad onor del vero, un sentimento molto diffuso soprattutto nei territori dai quali provengo, anziché in altre parti del paese, ma sicuramente ormai un sentimento comune -, ossia quello delle autonomie locali, del desiderio di rilancio delle funzioni delle stesse autonomie, del coinvolgimento delle medesime nel processo, sia decisionale sia gestionale, si devono avere ben presenti le azioni conseguenti. Mi auguro che il sottosegretario Grandi abbia la volontà, nel prosieguo della discussione, di leggersi il mio ordine del giorno n. 9/2374/6, con il quale chiedo semplicemente di impegnare il Governo, badate bene, «a valutare l'opportunità (...)». Quindi, credo che già il tono ed il modo con cui il quale è stato scritto tale ordine del giorno sia di natura assolutamente possibilista. Conosciamo, infatti, i vostri usuali pretesti e non abbiamo voluto darvi la possibilità di proporre una riformulazione di tale ordine del giorno, perché ormai si è arrivati al punto in cui non si vuole dare soddisfazione ad alcuno, in quest'aula. Dicevo che tale ordine del giorno voleva impegnare il Governo a valutare l'opportunità di coinvolgere, nel modo più ampio possibile, ed anche al riguardo la discrezionalità è ampia...
Gradirei che il sottosegretario ascoltasse per un attimo, ma constato che è più impegnato a dibattere di qualcos'altro. Sappiamo che i congressi de L'Ulivo incombono, in particolare quello dei DS e comprendiamo che vi siano altri interessi che catalizzano maggiormente l'attenzione degli esponenti del Governo in questa fase, ma, quantomeno per onorare l'impegno preso nei confronti dei cittadini, sarebbe opportuno dare anche un minimo di contributo in termini formali, e pertanto mi auguro che il Presidente voglia richiamare il Governo a prestare attenzione. Stavo dicendo che l'ordine del giorno in questione Pag. 83voleva impegnare il Governo a valutare l'opportunità, lo ripeto ancora, di coinvolgere nel modo più ampio possibile, nell'attuazione delle iniziative di promozione della candidatura di Milano all'Expo 2015 la regione Lombardia, la provincia di Milano ed il comune di Milano, nell'ambito dei principi federalisti e della corresponsabilità e collaborazione tra Stato ed enti locali. Vorrei capire cos'è contenuto in un ordine del giorno di questo tipo che configuri un atteggiamento negativo da parte del Governo. Non so: forse si dovrebbe dire, una volta per tutte, che si vogliono ripristinare, di fatto, uno Stato centrale ed un Governo centrale e centralista, e che si vuole, in tutti i modi, ostacolare un processo di decentramento in atto, che se non sarà assecondato dal Governo in carica, prima o poi, sarà realizzato direttamente dai cittadini, a dispetto di voi e delle vostre scelte politiche sbagliate! Non si vuole ammettere, in questa sede, che vi è una necessità politica, nel paese, di dare rappresentanza ai territori ed alle autonomie locali e che la politica deve interpretare tale necessità nel migliore dei modi, ossia ascoltando le istanze territoriali e coinvolgendo i soggetti sul territorio.

PRESIDENTE. Onorevole Fava, la invito a concludere.

GIOVANNI FAVA. Ebbene, se ci si dice che, in questo momento, tutto ciò non solo non è importante per questo Governo, ma è suscettibile di essere respinto dallo stesso anche se proposto attraverso un ordine del giorno, allora si dica chiaramente ai cittadini che, da parte di questo Esecutivo, non esiste nessuna volontà di decentramento, di autonomia, di federalismo.
Tutto questo ricorre in modo strumentale durante le campagne elettorali...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Fava.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Jannone. Ne ha facoltà.

GIORGIO JANNONE. Signor Presidente, ancora una volta siamo costretti a ricorrere a meri strumenti di indirizzo, come gli ordini del giorno, per richiamare l'attenzione dell'Assemblea e del Governo su un vulnus che ormai sta divenendo costante.
In questi giorni al Senato si tratta della violenza negli stadi e ciò avviene in poche ore, in quanto la maggioranza non ha i numeri sufficienti e, sempre più spesso, in entrambi i rami del Parlamento si fa ricorso alla decretazione d'urgenza, non rispettando il ruolo delle Camere, perché questo Governo è in difficoltà su ogni materia. Pertanto, uno strumento poco importante come quello degli ordini del giorno diventa l'unico momento di ipotetico confronto in aula.
Signor Presidente, intendo richiamare l'attenzione su un atteggiamento che vanifica il ruolo di questa Camera ormai in maniera sistematica. Infatti, su ogni provvedimento, le proposte dell'opposizione - e anche di una parte considerevole della maggioranza - non assumono alcun significato, né pratico, né tecnico, né politico, perché il Governo ritiene che non vi debba essere nessun momento di confronto reale e che i provvedimenti debbano essere accettati tout court senza apportare alcuna modifica, pur nella consapevolezza che le modifiche proposte hanno una loro precisa ragion d'essere.
Abbiamo presentato una serie di emendamenti, nelle Commissioni riunite e in Assemblea, riferiti in particolare agli aspetti di matrice fiscale contenuti nell'articolo 1, volti ad attenuare gli effetti negativi per le imprese municipalizzate.
Anche in questo caso non si è ritenuto opportuno prendere in considerazione modifiche normative che avevano una ratio ben precisa. Tra l'altro, non si comprende perché si sia utilizzato lo strumento del decreto-legge su una materia di carattere comunitario che aveva scadenze già conosciute dal Governo e dalla maggioranza.
Detto ciò, anche in questo caso, è evidente la volontà di saltare a piè pari le nostre proposte. Avevamo presentato proposte emendative non aventi carattere ostruzionistico, ma dirette a migliorare Pag. 84l'intero articolato e, in particolare, gli articoli 1 e 2... Presidente, chiedo se sia possibile avere l'attenzione del sottosegretario!

PRESIDENTE. Onorevole Jannone, lei si rivolga al Presidente, che la sta seguendo con molta attenzione.

GIORGIO JANNONE. Infatti, Presidente, mi sono rivolto a lei!

PRESIDENTE. Il Governo è presente; prosegua pure il suo intervento, onorevole Jannone (Commenti dei deputati del gruppo Forza Italia).

GIORGIO JANNONE. Nel merito ribadisco le mie perplessità in ordine all'utilizzo dello strumento del decreto-legge su un argomento che era ben conosciuto, anche nella tempistica, da parte della maggioranza e che quindi non richiedeva questa tipologia di intervento.
Nel metodo, non si comprende egualmente perché tutto ciò che viene proposto da questi banchi diventi mera materia di discussione, senza che tuttavia vi sia alcuna possibilità di interloquire con il Governo.
Riteniamo dunque, signor Presidente, di dover sottoporre alla sua attenzione, a quella dell'Ufficio di Presidenza ed alla rappresentanza più alta degli organi costituzionali questo sistema di legiferare davvero iniquo, il quale svilisce, in ogni atto...

PRESIDENTE. La prego di concludere...

GIORGIO JANNONE. ...il nostro ruolo!
Detto questo, signor Presidente, la ringrazio, ritenendo tuttavia opportuno un intervento serio da parte sua (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Casero.
Invito i colleghi a fare silenzio. Prego, onorevole Casero, ha facoltà di parlare.

LUIGI CASERO. Signor Presidente, oggi, con il provvedimento in esame, il Governo riesce a concludere in modo molto casuale quel percorso sulle privatizzazioni iniziato negli anni Novanta. Devo riconoscere che, proprio in questi giorni, si evidenziano due aspetti relativi al fallimento di tale politica. La politica di privatizzazione, infatti, avrebbe potuto essere molto importante per il futuro del paese, poiché sarebbe dovuta servire non solo a «far cassa» - vale a dire, a garantire risorse al Ministero dell'economia e delle finanze -, ma anche ad intraprendere una politica industriale diversa, capace di favorire lo sviluppo del paese verso la fine degli anni Novanta e nel decennio successivo.
Ho detto «in modo molto casuale» perché, come avete visto, la vicenda Telecom di questi ultimi giorni - quindi, il definitivo fallimento della privatizzazione di tale impresa -, da una parte, e il provvedimento concernente l'imposizione fiscale sugli utili delle ex aziende municipalizzate, dall'altra, fanno sì che le azioni intraprese verso la metà degli anni Novanta si siano dimostrate vane e fallimentari.
Ciò, in primo luogo, perché, come avete potuto riscontrare, non è sorto un sistema industriale più forte; in secondo luogo, perché le aziende municipalizzate, che avevano privatizzato sperando di beneficiare di una politica fiscale più favorevole (quindi, godendo di un regime di esenzione di imposta), a fronte di un intervento dell'Antitrust comunitaria, nonché del decreto-legge in esame, si vedranno costrette a restituire tali utili, realizzati, come detto, in esenzione di imposta. In tal modo, dunque, si andrà a vanificare un'azione cominciata circa un decennio fa.
Devo riconoscere che, su tale argomento, l'Esecutivo, che ricordo essere sostenuto dalla stessa maggioranza che aveva avviato tale politica alla fine degli anni Novanta (forse si trattava del primo Governo Prodi), avrebbe potuto agire prima dell'adozione di questo intervento comunitario, ponendo a carico dello Stato le Pag. 85imposte non pagate; invece, ha pensato bene di scaricare sulle ex aziende municipalizzate tali oneri, facendo pagare loro anche i relativi interessi.
Ricordo che, su tale questione, abbiamo cercato di presentare una serie di proposte emendative, che tentassero perlomeno di non far pagare tali interessi alle aziende, ponendo il relativo onere a carico dello Stato, che prima aveva varato la norma in oggetto, ma che adesso, a fronte di un intervento comunitario, la cambia completamente.
Forse si sarebbe potuta contestare meglio la decisione comunitaria. A tale riguardo, infatti, vorrei ricordare che altri paesi membri dell'Unione europea possiedono aziende di Stato che «scorrazzano» sui mercati comunitari, ma che sicuramente non rispondono ai dettami sulla concorrenza stabiliti dall'Antitrust europea, che anziché colpire le «pesanti» imprese pubbliche di altri paesi, pensa di toccare queste ex aziende municipalizzate. Tali imprese, grazie alla fiscalità di vantaggio sugli utili realizzati, possono sicuramente aver ottenuto dei benefici ed aver distorto la concorrenza, ma osservo che ciò è avvenuto nell'ambito di un mercato che di concorrenziale ha ben poco!
Pertanto, le proposte emendative e gli ordini del giorno presentati hanno cercato e tentano tuttora di limitare un po' il danno che il provvedimento in esame potrà arrecare a tali ex aziende municipalizzate, anche se abbiamo visto che il Governo non ha accettato alcun emendamento. Spero che l'Esecutivo sia disposto almeno ad accogliere i nostri ordini del giorno, i quali vanno nella direzione di sostenere tali imprese, nonché lo sviluppo dell'intero paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Verro. Ne ha facoltà.

ANTONIO GIUSEPPE MARIA VERRO. Signor Presidente, vorrei innanzitutto unirmi alle argomentazioni svolte dai colleghi negli interventi precedenti in ordine alle perplessità, che già sono emerse nel dibattito generale, sul ricorso allo strumento della decretazione d'urgenza, circostanza - a mio modo di vedere - ancora più grave in una occasione come questa, cioè di recepimento degli obblighi comunitari.
Vorrei soffermarmi anch'io sugli emendamenti e sugli ordini del giorno presentati, in particolare da Forza Italia, volti ad attenuare gli effetti maggiormente negativi per le imprese, effetti che, a mio modo di vedere, traggono origine da falsi e sbagliati processi di liberalizzazione che il centrosinistra iniziò a metà degli anni Novanta e di cui ancora oggi si pagano le conseguenze.
L'obiettivo fondamentale della presentazione degli emendamenti era quello di attenuare per le imprese municipalizzate gli effetti negativi derivanti, in particolare, dall'obbligo di restituzione delle agevolazioni fiscali sancito dall'articolo 1 del presente provvedimento.
Gli emendamenti presentati da Forza Italia non avevano assolutamente carattere ostruzionistico, ma, come dicevo, si ponevano l'obiettivo di migliorare il testo sotto alcuni profili: in primo luogo, erano volti a modificare il meccanismo di recupero degli aiuti previsto dal comma 2 e a tener conto delle eventuali distribuzioni di utili operate dalle imprese municipalizzate; inoltre, le nostre proposte emendative miravano ad ampliare i termini per la notificazione delle ingiunzioni di pagamento da parte dell'Agenzia delle entrate, nonché il termine entro il quale i soggetti interessati sono chiamati a inviare all'Agenzia la documentazione contenente le informazioni relative agli aiuti de minimis.
Voi siete stati sordi rispetto a tutte queste proposte emendative e a questi ordini del giorno, perché ci avete accusato di ostruzionismo e vi siete rifiutati di entrare nel merito, dileggiando in tal modo il Parlamento e gli sforzi dell'opposizione che, come hanno cercato di dimostrare gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, sono stati rivolti all merito dei singoli articoli e dei singoli emendamenti, presentati al solo scopo, Pag. 86purtroppo vano per la vostra rigidità, di cercare di contribuire al miglioramento del provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, ovviamente vogliamo anche noi dare un contributo sugli ordini del giorno e ringraziare i colleghi che li hanno presentati, che, per così dire, hanno attenuato, mitigandola, la conversione in legge del decreto-legge 15 febbraio 2007, n. 10, recante disposizioni volte a dare attuazione ad obblighi comunitari ed internazionali, che era un decreto-legge, ancorché urgente, molto pesante.
Credo sia questo il motivo per cui il sottosegretario Grandi sta in piedi, perché talmente pesante è quella conversione che, se si sedesse, non si alzerebbe più: quindi, credo che faccia benissimo a stare in piedi data - ripeto - la pesantezza di questa decretazione.
Ovviamente, noi non condividiamo il continuo ricorso alla decretazione d'urgenza: è la seconda volta che il Governo ricorre ad essa per garantire l'adempimento di obblighi comunitari, oltreché internazionali, sebbene disponesse dello strumento della legge comunitaria con cui avrebbe potuto benissimo ottemperare agli obblighi che gli derivavano dai vari richiami della Commissione europea e della Corte di giustizia. Fra l'altro, la legge comunitaria l'abbiamo approvata in questa Camera poche settimane fa e quindi vi si poteva ben ricomprendere anche quanto stiamo discutendo adesso, senza ricorrere, appunto, alla decretazione d'urgenza.
L'urgenza è stata artatamente creata - così crediamo noi - dal Governo e dal Senato. Diciamoci chiaramente, colleghi deputati, che non esiste il bicameralismo; vi è un'unica Camera che decide: il Senato della Repubblica! Noi siamo qui a dare «sostegno» a quello che i nostri colleghi del Senato decidono di fare o disfare. Approvando alcune proposte emendative, al Senato si sono permessi di aggiungere cinque nuovi articoli che cambiano completamente il provvedimento d'urgenza e che pongono nel nulla l'attività svolta da due Commissioni (i cui presidenti, espressione della maggioranza, hanno la solidarietà mia e di tutti gli altri componenti): dopo che avevano discusso per mesi, dopo che avevano tenuto numerose audizioni, le Commissioni agricoltura ed attività produttive hanno visto ricomprendere le tematiche che stavano approfondendo in un decreto-legge! Un senatore di cui non conosco il nome ha presentato un emendamento, dopo di che, a seguito delle pressioni del Governo e della maggioranza, il Senato ha operato un blitz e noi siamo rimasti con un palmo di naso! Quindi, la dittatura del Senato prevarica il bicameralismo costituzionale: non c'è rispetto per la Costituzione!
Il Governo ha accolto alcuni ordini del giorno che hanno contenuto eterogeneo ed il cui elemento unificante è rappresentato esclusivamente dalla finalità di adempiere ad obblighi comunitari che risalgono agli anni 2003, 2004 e 2005 e che, quindi, potevano già essere assolti. A tale proposito, mi viene in mente - concedetemelo, onorevoli colleghi - la famosa scena di un film che vede protagonisti Totò e Peppino: nel dettargli una lettera, Totò invita Peppino ad abbondare con la punteggiatura ed a chiudere una frase con il punto, con il punto e virgola, con un secondo punto e con un secondo punto e virgola. Sembra di assistere alla stessa scena: con gli ordini del giorno accolti si vuole modificare la «punteggiatura» di un decreto-legge che è stato già modificato dal Senato; un'abiura che va contro qualsiasi logica e qualsiasi aspettativa e contro l'interesse del paese.
È per questi motivi che noi, ovviamente, voteremo contro il provvedimento...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUCIO BARANI. ... proprio perché non ha le caratteristiche...

PRESIDENTE. Grazie!Pag. 87
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.

ALBERTO GIORGETTI. Signor Presidente, anche noi di Alleanza Nazionale siamo assolutamente insoddisfatti per il metodo adottato dal Governo relativamente a materie che, come hanno sottolineato i colleghi, hanno a che fare con adempimenti nei confronti dell'Unione europea che potevano e dovevano essere gestiti in modo diverso. Quindi, anche il riferimento che il Governo ha fatto, in qualche passaggio, ad una politica ostruzionistica dell'opposizione viene assolutamente rigettato. Comportandosi in maniera corretta, Alleanza Nazionale ha chiaramente ribadito in Commissione, attraverso gli interventi e le iniziative di Maria Ida Germontani, che alcuni emendamenti migliorativi avrebbero ridato dignità al Parlamento, a questa Camera, avrebbero dato un ruolo significativo, com'è giusto in un sistema bicamerale, a questo ramo del Parlamento, consentendogli di migliorare il testo.
Allora, cari colleghi, anche per quanto riguarda gli ordini del giorno nei quali è stato trasfuso il contenuto di emendamenti ritirati, come richiesto dal Governo, voglio sottolineare che quest'ultimo non ha dimostrato adesione e disponibilità piene, ma si è limitato all'accoglimento come raccomandazione.
È evidente che, su questo tema, constatiamo una chiusura completa dell'Esecutivo davanti alle nostre proposte, una chiusura che rende manifeste, signor Presidente, caro sottosegretario Grandi, le contraddizioni, in generale, sulle politiche di liberalizzazione e di privatizzazione.
Come è stato detto da più colleghi, in questi anni si sono succedute normative attorno al tema del futuro delle municipalizzate: aziende che storicamente appartengono al territorio, che hanno determinato ricchezza e che producono servizi importanti nei confronti dei cittadini, ma che da parte dei Governi di centrosinistra precedenti sono state...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, consentite all'onorevole Grandi di ascoltare l'oratore! Prego, onorevole Giorgetti.

ALBERTO GIORGETTI. ...sono state portate avanti con logiche di palese contraddizione.
Oggi abbiamo una discussione all'interno della maggioranza e del Governo sul tema Telecom. Al tempo stesso si aggravano i bilanci delle municipalizzate, che si sono avvalse comunque degli strumenti di intervento di agevolazione fiscale - per adempiere a percorsi di trasformazione e di crescita aziendale, per cercare di dare risposte più efficienti ai cittadini -, senza avvalersi di quella che poteva essere una trattativa e una normativa legata ad un percorso di possibile rateizzazione o a strumenti che comunque avrebbero potuto alleggerire l'impatto sui bilanci di queste aziende.
Quindi, da una parte si tende a dire che Telecom non deve poter andare in mani estere, e così dicendo non si rispettano le leggi del libero mercato; dall'altra parte, si scarica sulle aziende municipalizzate degli enti locali una problematica che poteva essere gestita in modo molto diverso.
Vi è poi una contraddizione palese anche nei confronti del dibattito legato al tema più generale del cosiddetto «tesoretto»: le risorse create grazie alla buona condotta e al sostegno all'economia sviluppato dal Governo di centrodestra, di cui ha beneficiato oggi questo Governo e i conti pubblici nel loro complesso e che più volte si è dichiarato, a livello di intenti da parte di questa maggioranza, di volerle destinare al sostegno dell'economia e delle famiglie.
Ebbene, se si dice che si vuole sostenere l'economia, bisogna tenere conto che le aziende municipalizzate e le attività di servizi ad esse connessi sono sicuramente strumenti importanti di crescita per il nostro territorio, di crescita per l'economia, oltre che risposte concrete in termini di servizi. Invece questo decreto potrebbe portare ad un inasprimento delle tariffe, cari colleghi della maggioranza, voi che richiamate più volte la necessità di interventi Pag. 88per ridare potere d'acquisto alle famiglie! Penso anche alle posizioni assunte dal Governo dell'allora opposizione, durante i cinque anni di Governo di centrodestra, attorno per esempio al tema dell'articolo 35, con riferimento al quale nella prima legge finanziaria il centrodestra aveva sviluppato politiche che prevedevano percorsi responsabili di privatizzazione, in capo comunque a un territorio che aveva i tempi e i modi per valutare i percorsi di aggregazione, mantenendo comunque la responsabilità delle scelte in capo al territorio stesso.
Concludendo, Presidente, questo atteggiamento sugli ordini del giorno e più in generale sugli emendamenti presentati da parte di Alleanza Nazionale è un atteggiamento che osteggiamo perché ribadiamo con forza che questo provvedimento d'urgenza va in spregio del territorio, degli enti locali, del travagliato percorso di privatizzazione dei servizi legati alle utenze dei cittadini, tema che interessa la nostra forza politica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, devo innanzitutto fare mie le lagnanze già portate avanti dall'onorevole Maria Ida Germontani, che ci ha rappresentato così bene nel Comitato dei nove. Esse riguardano preliminarmente la palese violazione posta in essere...
Presidente, non si può parlare...!

PRESIDENTE. Chiedo ai colleghi di smobilitare i drappelli che hanno formato e di lasciar parlare l'onorevole Consolo nell'attenzione del rappresentante del Governo, sottosegretario Grandi, che è molto interessato e deve essere messo in condizione di poter ascoltare.
Prego, onorevole Consolo, prosegua pure.

GIUSEPPE CONSOLO. Il Governo è palesemente responsabile della violazione dell'articolo 77 della Costituzione. Non si può andare avanti a colpi di decreti-legge quando non ci sono quei presupposti di necessità ed urgenza, più volte richiamati dal Capo dello Stato e dal giudice delle leggi, cioè dalla Corte costituzionale.
Il punto che ci sta a cuore riguarda la decisione dell'Unione europea che, come noto, ha dichiarato illegittime l'esenzione triennale del pagamento dell'IRPEF e dell'IRES, così come le agevolazioni e la possibilità di stipulare prestiti a tassi agevolati con la Cassa depositi e prestiti, che erano state concesse dallo Stato italiano alle cosiddette aziende municipalizzate.
La Commissione europea, infatti, ha giudicato questi interventi come aiuti di Stato considerati illegittimi all'articolo 87 paragrafo 1 del Trattato istitutivo della Comunità europea, proprio per tutelare un principio sacrosanto di libera concorrenza, quella libera concorrenza che con i vostri provvedimenti economici avete agevolato solo a parole, in quanto incompatibili con il mercato comune e in violazione del principio comunitario.
L'Italia deve recuperare queste agevolazioni e su ciò, colleghi, non vi è problema. Siamo d'accordo che le agevolazioni devono essere restituite, ma bisogna restituirle nei tempi e nei modi compatibili con il conto economico delle aziende che non possono, tout court, restituire gli aiuti di Stato. Anche il buonsenso porterebbe a considerare realizzabili dilazioni nel pagamento degli importi o la sospensione degli importi stessi in via amministrativa.
Il decreto-legge vieta la rateizzazione in materia di tributi e, addirittura, la sospensione cautelare. Dovremmo, quindi, consentire che le aziende paghino immediatamente, salvo poi (fatto veramente singolare) rivalersi, ad eccezione dei due casi classici previsti dall'articolo 700 del codice di procedura civile, cioè in presenza dei due presupposti richiamati dall'onorevole Germontani nel suo intervento, il fumus bonis juris e il periculum in mora.
La dizione del pagare senza indugio non mi sembra che metta un «cappio al Pag. 89collo». È uno degli altri motivi per cui voteremo contro la conversione del decreto-legge.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mancuso. Ne ha facoltà.

GIANNI MANCUSO. Signor Presidente intervengo per unire la mia voce a quella dei colleghi del gruppo di Alleanza Nazionale e degli altri colleghi dei gruppi della Casa delle libertà che hanno evidenziato alcune anomalie nel percorso del provvedimento in esame. Esso, infatti, non rispetta i presupposti di necessità e di urgenza previsti dall'articolo 77 della Costituzione e va sottolineato, inoltre, che al Senato sono state introdotte modifiche sostanziali che non hanno tali presupposti.
Si evince, dunque, che i due rami del Parlamento nell'esame delle modifiche emendative si comportano in modo dissimile, attuando criteri di ammissibilità degli emendamenti assolutamente difformi tra loro.
È nota, peraltro, la propensione e facilità del Senato di ammettere emendamenti, ma non può essere accettata una prassi di questo tipo nel provvedimento in esame. È necessario evocare il rispetto dei criteri di omogeneità dei decreti-legge e l'obbligo di presentare provvedimenti urgenti e necessari nel rigoroso e assoluto rispetto dell'articolo 77 della Costituzione.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Giorgio Conte che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbia rinunziato.
Prendo atto che gli onorevoli Misuraca, D'Ippolito Vitale e Bellotti rinunciano ad intervenire.
Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sugli ordini del giorno presentati. Passiamo, dunque, ai voti.
Secondo la prassi e ove i presentatori non insistano, gli ordini del giorno accettati dal Governo non saranno posti in votazione.
Invito i colleghi a prendere posto. Mi sembra che l'onorevole Marinello abbia raggiunto il suo posto e, quindi, possiamo procedere...
Ricordo che gli ordini del giorno Tolotti n. 9/2374/1 (Nuova formulazione) e Vichi n. 9/2374/2 sono stati accettati dal Governo.
Prendo atto che l'onorevole Cota non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2374/3, accolto come raccomandazione dal Governo. Ricordo che gli ordini del giorno Lussana n. 9/2374/4 e Grimoldi n. 9/2374/5 sono stati accettati dal Governo.
Prendo atto che l'onorevole Fava insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2374/6, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Fava n. 9/2374/6, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 460
Votanti 443
Astenuti 17
Maggioranza 222
Hanno votato
188
Hanno votato
no 255).

Prendo atto che l'onorevole Fugatti accetta la riformulazione proposta e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2374/7.
Prendo atto che l'onorevole Pini non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2374/8, accolto come raccomandazione dal Governo.
Ricordo che l'ordine del giorno Garavaglia n. 9/2374/9 è stato accettato dal Governo.
Prendo atto che l'onorevole Germontani accetta la riformulazione proposta e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2374/10.Pag. 90
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Leo n. 9/2374/11, accolto come raccomandazione dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Leo n. 9/2374/11.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 460
Maggioranza 231
Hanno votato
205
Hanno votato
no 255).

Ricordo che l'ordine del giorno Mungo n. 9/2374/12 è stato accettato dal Governo.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione proposta dal Governo dell'ordine del giorno Antonio Pepe n. 9/2374/13.

ANTONIO PEPE. Sì, signor Presidente, e non insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Ricordo che gli ordini del giorno Frias n. 9/2374/14, Stradella n. 9/2374/15 e Gioacchino Alfano n. 9/2374/16 sono stati accettati dal Governo.
Prendo atto che l'onorevole Fundarò accetta la riformulazione proposta e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2374/17. Prendo atto, altresì, che l'onorevole Quartiani accetta la riformulazione proposta e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2374/18.
Ricordo che gli ordini del giorno Bernardo n. 9/2374/19, Boscetto n. 9/2374/20 e Carfagna n. 9/2374/21 sono stati accettati dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Della Vedova n. 9/2374/22, accolto come raccomandazione dal Governo. Ricordo altresì che l'ordine del giorno Fedele n. 9/2374/23 è stato accettato dal Governo.
Onorevole Lazzari, accetta la riformulazione proposta dal Governo del suo ordine del giorno n. 9/2374/24?

LUIGI LAZZARI. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.

ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, mi rivolgo all'onorevole Leone: lei ha sollevato dei problemi rispetto ai quali non posso dare una risposta positiva, se non confermando l'accoglimento del suo ordine del giorno n. 9/2374/25 come raccomandazione. Per mutare il mio parere le dovrei chiedere alcune modifiche talmente rilevanti che, per ragioni di rispetto nei confronti del ruolo che lei riveste in Assemblea, francamente non ritengo di poter pretendere. Pertanto, la inviterei a non insistere per la votazione del suo ordine del giorno, accolto dal Governo come raccomandazione.

PRESIDENTE. Onorevole Leone, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2374/25, accolto come raccomandazione dal Governo?

ANTONIO LEONE. Non insisto, Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Milanato n. 9/2374/26, accolto come raccomandazione limitatamente al dispositivo.
Prendo altresì atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Minardo n. 9/2374/27, accolto come raccomandazione.Pag. 91
Prendo inoltre atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Osvaldo Napoli n. 9/2374/28, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Osvaldo Napoli n. 9/2374/28, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 464
Votanti 463
Astenuti 1
Maggioranza 232
Hanno votato
202
Hanno votato
no 261).

Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Romagnoli n. 9/2374/29, accolto come raccomandazione.
Prendo atto altresì che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Fabbri n. 9/2374/30, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Fabbri n. 9/2374/30, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 463
Votanti 462
Astenuti 1
Maggioranza 232
Hanno votato
205
Hanno votato
no 257).

Prendo atto che l'onorevole Misuraca accetta la riformulazione proposta e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2374/31.
Ricordo che l'ordine del giorno Santelli n. 9/2374/32 è stato accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Verdini n. 9/2374/33, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Verdini n. 9/2374/33, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 470
Votanti 467
Astenuti 3
Maggioranza 234
Hanno votato
207
Hanno votato
no 260).

Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Bertolini n. 9/2374/34, accolto come raccomandazione.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Fontana n. 9/2374/35, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Fontana n. 9/2374/35, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 462
Votanti 461
Astenuti 1
Maggioranza 231
Hanno votato
203
Hanno votato
no 258).Pag. 92

Prendo atto che la deputata Mondello non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Prendo atto, altresì, che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Nan n. 9/2374/36, accolto come raccomandazione.
Onorevole Marinello, accetta la riformulazione proposta dal Governo del suo ordine del giorno n. 9/2374/37?

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Sì, signor Presidente, accetto la riformulazione proposta dal Governo. Gradirei tuttavia che l'impegno del Governo venisse comunque sottoposto al voto dell'Assemblea per dare maggiore forza al dispositivo dell'ordine del giorno che comunque il Governo stesso accetterebbe nel testo riformulato. Insisto, pertanto, per la votazione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. In via eccezionale, la Presidenza lo consente, essendoci precedenti in tal senso.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Marinello n. 9/2374/37, nel testo riformulato, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni - Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

(Presenti 453
Votanti 430
Astenuti 23
Maggioranza 216
Hanno votato
318
Hanno votato
no 112).

Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Giuseppe Fini n. 9/2374/38, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Giuseppe Fini n. 9/2374/38, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 468
Maggioranza 235
Hanno votato
214
Hanno votato
no 254).

Prendo atto che l'onorevole Licastro Scardino accetta la riformulazione proposta e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2374/39.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Romele n. 9/2374/40, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Romele n. 9/2374/40, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 471
Votanti 470
Astenuti 1
Maggioranza 236
Hanno votato
192
Hanno votato
no 278).

Prendo atto che l'onorevole Delfino accetta la riformulazione proposta e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2374/41.
Ricordo che l'ordine del giorno Mazzaracchio n. 9/2374/42 è stato accettato dal Governo.
Onorevole Borghesi, accetta la riformulazione proposta dal Governo del suo ordine del giorno n. 9/2374/43?

Pag. 93

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intervengo solo per osservare che avevamo predisposto un testo maggiormente vincolante per il Governo in quanto anche noi nutriamo qualche preoccupazione in ordine a quanto potrebbe succedere. Potrebbe capitare infatti di non riuscire più a trovare chi, entrato nel nostro paese, dichiarasse di restare per trenta giorni; mi pare tuttavia che la formulazione proposta dal Governo vada comunque nel senso giusto e perciò accettiamo la riformulazione e non insistiamo per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Onorevole Baiamonte, accetta la riformulazione proposta dal Governo del suo ordine del giorno n. 9/2374/44?

GIACOMO BAIAMONTE. Sì, signor Presidente, e non insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che l'onorevole Ceccuzzi non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2374/45, accolto come raccomandazione.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Turco n. 9/2374/46, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Turco n. 9/2374/46, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 468
Votanti 464
Astenuti 4
Maggioranza 233
Hanno votato
216
Hanno votato
no 248).

Prendo atto che gli onorevoli Baldelli e Campa insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno n. 9/2374/47 e n. 9/2374/48, accolti dal Governo come raccomandazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Baldelli n. 9/2374/47.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 465
Maggioranza 233
Hanno votato
205
Hanno votato
no 260).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Campa n. 9/2374/48.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 411
Votanti 408
Astenuti 3
Maggioranza 205
Hanno votato
184
Hanno votato
no 224).

Prendo atto che i deputati Lenzi, Tenaglia, D'Ippolito Vitale e Laratta non sono riusciti a votare e che quest'ultimo avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Elio Vito n. 9/2374/49, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Elio Vito n. 9/2374/49, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Pag. 94

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 465
Votanti 462
Astenuti 3
Maggioranza 232
Hanno votato
203
Hanno votato
no 259).

Prendo atto che il deputato Galletti non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Ricordo che l'ordine del giorno Falomi n. 9/2374/50 è stato accettato dal Governo.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.



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