Interventi non legislativi in Assemblea

On. Maurizio Turco

Seduta n. 20 di giovedì 19 giugno 2008

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, intervengo solo per alcuni secondi in ordine ad una questione molto importante che magari potremmo riprendere, anche con toni diversi, all'inizio della prossima seduta. Vorrei farle premura di sollecitare il Presidente della Camera di non dimenticare che il Parlamento deve eleggere ancora un membro della Corte costituzionale. Le affido tale messaggio, tenendo presente che abbiamo atteso anche troppo rispetto all'importanza di tale funzione e pertanto mi auguro che già dalla prossima seduta sia calendarizzata l'elezione del membro della Corte costituzionale.

Seduta n. 22 di martedì 24 giugno 2008

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Sull'ordine dei lavori, signor Presidente.

Maurizio Turco: Signor Presidente, esiste un dovere costituzionale del Parlamento di cui non stiamo nemmeno simulando il rispetto: dobbiamo eleggere un membro della Corte costituzionale. Ho già posto la questione nella seduta di giovedì e il Vicepresidente Buttiglione ha affermato che il problema è presente. Si tratta di un nostro diritto-dovere che dobbiamo esercitare.

Seduta n. 32 di giovedì 10 luglio 2008

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, torno a porle la questione dell'elezione del membro della Corte costituzionale di competenza di questo Parlamento. Lei ci ha annunciato che aveva scritto una settimana fa al Presidente del Senato per organizzare l'elezione. Sono passati quindici mesi, un tempo congruo, nella lentezza e anche un po' nella «geografia» della nostra democrazia che va perdendo anche quei connotati formali per cui non siamo neanche in grado di simulare che abbiamo il dovere di eleggere un giudice della Corte costituzionale. Abbiamo apprezzato l'altra volta la sua risposta e la sua buona volontà, però non possiamo continuare ad andare avanti così e non ci possiamo limitare che, a fine di seduta e a fine settimana, ci sia questo richiamo costante senza che succeda qualcosa d'altro che possa anche consentirle ed aiutarla ad essere più incisivo nei confronti del Presidente del Senato (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 52 di giovedì 18 settembre 2008

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, intervengo per ringraziare i colleghi Farina Coscioni e Mario Pepe che ci hanno invitato il 20 settembre, alle ore 16, a manifestare a Porta Pia. Ognuno lo farà con le proprie convinzioni e con il proprio credo, e penso che il credo che alcuni di noi porteranno quel giorno è il credo nello Stato di diritto, nella democrazia, nella libertà di pensiero, coscienza e religione. Libertà di pensiero, coscienza e religione che oggi è negata, in questo Paese, nel momento in cui una confessione religiosa viene trattata in modo diverso, e quindi discriminante, rispetto alle altre confessioni religiose. Il 20 settembre 1870 era un giorno di festa per i laici, per gli anticlericali, per i cattolici liberali, ed era il giorno di festa per Alessandro Manzoni, che da malato compie un viaggio faticosissimo per recarsi da Milano a Roma e per votare, da senatore del Regno, per Roma capitale, lui, cattolico liberale, nonostante il divieto del Vaticano. Vedremo il 20 settembre, sabato, quanta gente, quanti cattolici liberali di questo Parlamento saranno presenti a Porta Pia. Intanto, registriamo che nel corso dei decenni, dal 1929 in poi, il voto, sia in un regime non democratico sia nel regime democratico - o cosiddetto democratico - ha avuto una sua continuità. È il voto del Concordato, della commistione tra fede e potere, della simonia che caratterizza oggi le gerarchie vaticane, di cui sono maestre, di un disvalore che hanno sempre predicato in quanto tale ma che oggi praticano ed è il loro connotato [Applausi del deputato Mario Pepe (PdL)].

Seduta n. 53 di martedì 23 settembre 2008

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, vorrei ringraziare i colleghi che già stamattina sono intervenuti sulla vicenda della celebrazione del 20 settembre: il collega Mario Pepe del Popolo della Libertà, il collega Giachetti del Partito Democratico e per ultima la collega Farina Coscioni dei radicali. Noi da radicali riteniamo che ci sia un grosso equivoco. Molto probabilmente è meglio che le celebrazioni del comune di Roma non ci siano più se devono continuare ad essere l'equivoco per il quale il 20 settembre è una piccola cosa nella storia non solo della Repubblica italiana, non solo dell'unità d'Italia, ma della Chiesa cattolica. È strano il silenzio dei cattolici liberali: evidentemente è un settore che si è esaurito. Chi oggi, in questo Parlamento, tra coloro che antepongono il loro essere cattolico al loro essere deputato, avrebbe il coraggio di un Alessandro Manzoni? Ma, probabilmente, chi avrebbe oggi il coraggio di un Paolo VI che disse che quella data, il 20 settembre 1870, che segnò la fine del potere temporale della Chiesa, fu provvidenziale per la Chiesa stessa? Chi oggi in quest'Aula avrebbe il coraggio di chiedere per questo Paese delle leggi di spoliazione, come quelle che vennero varate in Francia nel 1905 e che sono state giudicate provvidenziali dal cardinale Ratzinger per il bene della Chiesa? Vi è un equivoco di fondo. Noi continuiamo, anzi, voi continuate a celebrare l'11 febbraio, la data di quel Concordato con l'uomo della provvidenza, che per Pio IX non aveva quelle brutte influenze liberali che fino a quel momento non avevano permesso, con i Governi liberali, di poter sottoscrivere un Concordato. Finalmente arrivò l'uomo della provvidenza che mise a tacere i fermenti di libertà che erano presenti in quel momento anche nella Chiesa cattolica e che furono messi a tacere allora, e anche successivamente, quando bisognava approvare in concorso tra i reazionari dell'una e dell'altra parte l'articolo 7 del Concordato. Non sarà qua il caso oggi della rievocazione storica del De Gasperi, uomo di Stato e di Chiesa, non di gerarchia vaticana, dell'Aldo Moro, uomo di Stato e di Chiesa, non della gerarchia vaticana. Ebbene, forse questa storia andrebbe almeno studiata, letta, insegnata; invece, l'unica cosa che riusciamo ad avere da questo Paese è che la storia venga censurata. Noi crediamo che in questo modo si faccia un danno alla democrazia, allo Stato di diritto, ma anche alla libertà di coscienza e di religione, di pensiero e di azione. Questi saranno costi che qualcuno dovrà pagare; noi riteniamo che sicuramente non potranno essere accollati alla libertà dei cittadini della Repubblica italiana. La ringrazio, signor Presidente.

Seduta n. 55 di giovedì 25 settembre 2008

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, sarò breve.

Maurizio Turco: So che fra poco inizierà la farsa dell'elezione del giudice della Corte costituzionale...

Maurizio Turco: È una farsa: l'elezione del giudice della Corte costituzionale, a seguito delle dimissioni del professor Vaccarella del 4 maggio 2007, è ormai oggettivamente una farsa. Ho qui una lettera del Presidente della Repubblica Napolitano del 30 ottobre 2007, un anno fa: «Posso assicurarvi - scriveva ai deputati radicali - che continuerò a sollecitare ogni utile iniziativa che consenta al Parlamento di adempiere al dovere di assicurare la piena funzionalità della Corte costituzionale». Un anno fa! Dopo che erano già passati sei mesi, in una Corte costituzionale in cui il professor Vaccarella era l'unico penalista! Era l'unico penalista della Corte costituzionale e da diciotto mesi la Corte costituzionale continua a deliberare senza il plenum previsto dalla Costituzione e senza alcun penalista. Signor Presidente, la questione è molto semplice: noi intanto a questa farsa, da questa seduta, non parteciperemo più. I nove parlamentari radicali non parteciperanno più a queste votazioni e sollecitiamo per l'ennesima volta (avevamo avuto l'attenzione del Presidente Fini) che il Parlamento venga convocato fino a voto utile; altrimenti questo vorrà dire che la farsa non è dei partiti, ma anche degli organi istituzionali.

Seduta n. 59 di giovedì 2 ottobre 2008

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, da circa ottantacinque ore Marco Pannella è in sciopero della fame e ha preannunciato un inizio dello sciopero della sete per gravi mancanze di questo Parlamento ad un obbligo costituzionale. L'ordine del giorno su cui dobbiamo essere convocati costituisce l'adempimento dell'obbligo dovuto dalla Costituzione. L'ordine del giorno deve essere l'adempimento di quell'obbligo, vale a dire eleggere e dare pienezza costituzionale - direi anche - morale a due istituzioni essenziali: il collegio della Corte costituzionale e il presidente della Commissione per l'indirizzo generale e la vigilanza sui servizi radiotelevisivi. A chi oggi ancora insiste nel proporci e nel chiederci di essere disponibili a contribuire alla simulazione, alla farsa di un Parlamento che - si dice - deve dare contezza ad un suo Regolamento e, quindi, con continue convocazioni finalizzate adisobbedire a quell'obbligo costituzionale, replico che il Presidente della Camera ha l'obbligo costituzionale di convocarci per l'elezione del presidente della Commissione per l'indirizzo generale e la vigilanza sui servizi radiotelevisivi e per l'elezione del giudice della Corte costituzionale. Continuiamo a far finta di non sapere che da un anno e mezzo abbiamo l'obbligo costituzionale di eleggere quel giudice; continuiamo a far finta che sia un obbligo della politica: non è così, è un obbligo che abbiamo nei confronti della Costituzione. Il Presidente della Repubblica un anno fa disse che era passato troppo tempo: un anno fa! Ormai sono due anni che aspettiamo di poter essere convocati dal Presidente della Camera per rispondere a quell'obbligo costituzionale. Continuate a far finta di non vedere che quello è un obbligo costituzionale e credete, invece, che sia solo una nostra facoltà. Abbiamo il dovere di essere convocati per adempiere a un obbligo costituzionale. Il dovere del Presidente della Camera è quello di convocare le Camere per adempiere alla Costituzione. La prego, signora Presidente, di far arrivare questo nostro appello al Presidente della Camera perché comprenda che non gli si sta chiedendo un favore, ma gli si sta chiedendo di adempiere anche lui ad un obbligo del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 60 di venerdì 3 ottobre 2008

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, prendo la parola sull'ordine dei lavori per richiamare la persistente mancata elezione di un giudice della Corte costituzionale e del presidente della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. Sappiamo che si tratta di obblighi a cui il Parlamento non può ulteriormente sottrarsi, in quanto questi organi toccano la funzionalità di importanti istituti di garanzia. A questo proposito vorrei dare lettura di una dichiarazione che ha rilasciato in giornata il Presidente della Repubblica. Spero che queste parole del Capo dello Stato siano utili alla soluzione di queste controversie, che di fatto vedono da una parte coloro che pensano che il nostro sia quasi un dovere morale e non invece un obbligo a cui il Parlamento non può ulteriormente sottrarsi. Il Presidente Napolitano ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Ho avuto un cordiale colloquio telefonico con l'onorevole Marco Pannella, in relazione alla lettera inviatami dalla segretaria dei Radicali Italiani e allo sciopero della fame del leader radicale, per la persistente mancata elezione di un giudice costituzionale e del presidente della Commissione di vigilanza sulla RAI. A Marco Pannella, di cui ben conosco il disinteressato rigore nell'esigere il rispetto di adempimenti costituzionali, ho fatto presente la preoccupazione e l'impegno con cui da tempo seguo queste vicende. Lo sanno bene i Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati. Si tratta di obblighi» - dice il Presidente della Repubblica - «a cui il Parlamento non può ulteriormente sottrarsi, in quanto toccano la funzionalità di importanti istituti di garanzia. Le norme e le prassi vigenti prevedono per fondati motivi di equilibrio, a tutela del pluralismo e a presidio dello Stato di diritto, l'espressione di maggioranze qualificate e la realizzazione di ampie intese in Parlamento per perfezionare gli adempimenti di cui oggi si lamenta la violazione. Tali norme non hanno però impedito, in anni recenti, e segnatamente all'inizio della XV legislatura, il rispetto di scadenze e vacanze delicate. È indispensabile che su ogni pur comprensibile diversità di valutazioni politiche prevalga la consapevolezza dell'inderogabile dovere costituzionale da adempiere». Signor Presidente, il Presidente della Camera, d'intesa con il Presidente del Senato, deve convocare il Parlamento per adempiere ad un obbligo costituzionale: questo deve essere l'ordine del giorno! Dobbiamo essere convocati in una seduta fino a voto utile, ma se il Parlamento non è in grado di compiere il proprio dovere morale e l'obbligo costituzionale, c'è sempre l'articolo 88 della Costituzione (se questo Parlamento non è in grado di compiere il proprio obbligo costituzionale). Noi continuiamo, continueremo - e naturalmente in questa settimana continueremo ancora di più - a sollecitare ilPresidente della Camera e del Senato perché alle parole del Presidente della Repubblica facciano seguito conseguenze chiare. Si tratta di obblighi a cui il Parlamento non può ulteriormente sottrarsi. Spero che sia chiaro il messaggio anche del Presidente della Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 85 di giovedì 13 novembre 2008

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Sì, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Maurizio Turco: Signor Presidente, signor sottosegretario la sua motivazione non regge: il parere negativo è un diritto del Governo, non c'è dubbio. Peraltro alle ore 15,30 il Consiglio dei ministri è riunito per approvare la nota di variazione al bilancio dello Stato. Credo che ci sia un profondo equivoco in quello che lei ha detto per giustificare il parere negativo. Stiamo parlando della gestione della quota annuale a diretta gestione statale. Avete appena distolto 60 milioni di euro da questa quota...

Maurizio Turco: Come grazie?

Maurizio Turco: Ma non mi sembra che sia uguale per tutti. Abbiamo appena sentito interventi che duravano tre minuti!

Seduta n. 164 di mercoledì 22 aprile 2009

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Relatore di minoranza. Signor Presidente, mi rimetto naturalmente alla relazione scritta che sono stato costretto in qualche modo a presentare in virtù di quello che mi è parso un sommario pregiudizio che ho avvertito durante l'esame presso la Giunta. Però, voglio comunque sottolineare tre aspetti. In primo luogo, l'Assemblea si trova oggi ad esaminare una domanda di autorizzazione all'arresto che è pervenuta il 4 febbraio, quasi tre mesi fa. Mi domando se questo ritardo sia una consapevole e sorda ostruzione del corso della giustizia o se sia un modo delicato per dissentire dall'ipotesi accusatoria. Credo, comunque, che abbia poco senso rispondere a domande dell'autorità giudiziaria con questo ritardo. Ne approfitto per ricordare che ancora il mese scorso, per l'ennesima volta, il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa ha richiamato il nostro Paese perché, sin dagli anni Ottanta, a causa delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo, la lentezza delle procedure giudiziarie civili, penali ed amministrative mette in serio pericolo lo Stato di diritto. Oggi, noi alla lentezza delle procedure dell'intero sistema diamo il nostro piccolo contributo. In secondo luogo, quando parlavo di un certo pregiudizio, mi riferivo ad alcune prese di posizione che sono state assunte anche senza leggere gli atti depositati presso la Giunta. Dal registro delle consultazioni è possibile constatare che, a parte la relatrice Bernini, siamo stati in ben pochi a consultare quegli atti. Forse occorrerebbe, prima di parlare di inesistente fumus persecutionis, farsi un'idea autonoma nella lettura delle carte. Per quanto riguarda la terza osservazione, sono d'accordo con tutte le premesse della relatrice Bernini, che ha riconosciuto essere contenute anche nella mia relazione. Io mi sono fatto un'idea leggendo quelle carte e non so dirvi se il collega Angelucci sia o meno colpevole dei reati che gli vengono ascritti, né evidentemente sono in grado di dirlo a proposito degli altri indagati, ma d'altronde, come è stato ricordato, non spetta al Parlamento formulare giudizi di colpevolezza. È vero, però, che per denegare l'autorizzazione all'arresto bisognerebbe essere convinti della totale e pretestuosa infondatezza della richiesta autorizzatoria. Questo requisito non mi pare sussistente: dagli atti dell'inchiesta emerge che le irregolarità presso la clinica San Raffaele di Velletri sono molteplici, mentre non è vero, come è stato sostenuto, che il collega Angelucci si disinteressasse della gestione concreta della clinica. A mio avviso, nessun fumus persecutionis è rintracciabile nella domanda che perviene dal tribunale di Velletri e nessuna esigenza di mettere l'autonomia del Parlamento al riparo da iniziative pretestuose risulta emergere. Opporre la prassi del diniego, salvo i fatti di sangue, è oggi del tutto in contrasto con la lettera dell'articolo 68, secondo comma, della Costituzione, la quale semplicemente rimette alla Camera di appartenenza un giudizio di bilanciamento in concreto fra le esigenze investigative nel quadro del principio di legalità e giurisdizione e quelle dell'indipendenza del legislativo e dell'integrità del suo plenum. L'inchiesta di Velletri, dalla lettura degli atti, in nessun modo è connotata politicamente, né è affetta da vizi o incongruenze tali da farla ritenere intrinsecamente ingiusta o invasiva della sfera del potere legislativo. Il diniego proposto dalla maggioranza è quindi irragionevole e in contrasto con i principi desumibili dalle sentenze della Corte costituzionale nn. 462, 463 e 464 del 1993. Propongo, quindi, di respingere la proposta della Giunta (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 172 di mercoledì 6 maggio 2009

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

Maurizio Turco: Signor presidente, quando ho sentito la collega Capitanio Santolini dire che la nostra mozione rappresenta una visione superata, pensavo che sul tabellone sarebbe apparsa la scritta «Sorridi, sei su scherzi a parte!», perché non è possibile. Apprezzo molto la collega Goisis, perché è stata chiarissima e corretta. Non condivido quanto ha detto, però lo ha detto con chiarezza: la Lega rigetta l'interpretazione prevalente dell'articolo 33 della Costituzione. È una posizione chiara: non la condivido, ma è una posizione chiara. Una posizione peraltro diffusa in Parlamento, perché è da qui che parte la peste italiana: quella che è dovuta alla prevalenza delle prassi sulla lettera di regolamenti, di leggi e della stessa Costituzione. Non capisco la posizione del Governo: la settimana scorsa, quando le mozioni erano tre, mi hanno chiamato dal Gabinetto del Ministro Gelmini per chiedermi se ero disposto ad aspettare un'altra settimana, perché il Ministro voleva qui intervenire ritenendo molto importante il tema. Si sono moltiplicate le mozioni, e il Governo viene qui e dice: mozione Turco ed altri n. 1-00156, no. Come no? La mozione in esame è fatta di due premesse: la prima è la trascrizione letterale dell'articolo 33 della Costituzione, la seconda è la trascrizione letterale dell'articolo 34 della Costituzione. L'impegno è chiarissimo: rispettare i dettami costituzionali! Possono essere dei dettami superati, come dice la collega Santolini, possono essere dei dettami che la collega Goisis rigetta: va tutto bene, ma ad oggi questa è la Costituzione. Peraltro, non è questo Governo che apre la campagna di violazione del dettame costituzionale: sono decenni che, non solo sulla politica della scuola, vi è violazione del dettame costituzionale. Ma cosa vuol dire «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato»? Il Governo ce lo vuole spiegare, cosa vuol dire senza oneri per lo Stato (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico)? Vogliono dire quei miliardi che voi date alle scuole paritarie, senza fare alcun controllo? La collega Santolini richiamava la formazione professionale: il 90 per cento della formazione professionale si trova iscritto nei registri dei tribunali, in quanto truffa l'Unione europea! Altro che formazione professionale! Quali risposte date ai docenti delle materie diverse da quella della religione cattolica, che dal 1960, a differenza dei loro colleghi, si vedono negare gli scatti biennali previsti dalle vostre leggi (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)? A questo voi dovete dare risposta! Altro che «no» alla mozione in esame! Voi dite «no» a quello che c'è scritto nella Costituzione, nelle vostre leggi, nei vostri regolamenti (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico)!

Seduta n. 182 di martedì 26 maggio 2009

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Sull'intervento del presidente della Giunta per le autorizzazioni.

Maurizio Turco: Sì.

Maurizio Turco: Signor Presidente, personalmente non sono contrario alla soluzione stragiudiziale di questo tipo di controversia e sono anche un fautore del dibattito politico più ampio e se serve più aspro possibile. Ciò che non trovo tollerabile è che quando si partecipa alla contesa politica e mediatica lo si faccia senza assumersi dei rischi. Chi polemizza e chi sostiene le proprie convinzioni deve sapere sia che vi è un limite alle espressioni che può usare, sia che si corrono dei rischi a oltrepassarlo. Non è possibile che membri del Parlamento si rifugino (spesso sistematicamente) dietro lo scudo dell'immunità. Voglio che rimanga agli atti che la Giunta per le autorizzazioni, sia pure con qualche incertezza e qualche distinguo, sta finalmente percorrendo il cammino della responsabilità e del rigore così come stabilito dalla Costituzione. Credo che dovrebbe essere l'Assemblea a decidere, così come ha già fatto la Giunta. C'era il tempo per la soluzione stragiudiziale, non c'è un problema di costi sopravvenuti o che potrebbero sopravvenire. La Giunta si è espressa e noi siamo nelle condizioni di decidere di votare. In un secondo tempo si potrà sempre tranquillamente giungere ad una soluzione stragiudiziale (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 242 di lunedì 9 novembre 2009

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, proprio nel giorno in cui ci sono i primi indagati per l'omicidio di Stefano Cucchi, che - lo voglio ricordare - è morto nel reparto detenuti dell'ospedale Pertini di Roma, il sottosegretario Giovanardi attribuisce questa morte ad anoressia, tossicodipendenza, sieropositività, epilessia e quant'altro. Le parole del sottosegretario Giovanardi possono essere considerate sotto diversi punti di vista: uno può essere quello di un tentativo di depistaggio, viste le prime risultanze della magistratura, che hanno portato a degli indagati per omicidio. Sotto altro profilo, come ha ricordato il collega Roberto Giachetti, le parole del sottosegretario Giovanardi stanno a significare una violazione della dignità e del rispetto per le istituzioni, rispetto che sinora, diversamente dal sottosegretario Giovanardi, la famiglia ha dimostrato. Le parole del sottosegretario Giovanardi evidenziano una disarmante leggerezza, un'inquietante superficialità ed una vergognosa rozzezza di giudizio. Crediamo, signora Presidente, che, così come il Ministro Alfano si è impegnato ad assicurare la massima rapidità delle indagini, di cui oggi raccogliamo i primi frutti, nello stesso modo il Governo debba in qualche modo censurare le parole del sottosegretario Giovanardi, che non sono state delle semplici opinioni. Sono state delle accuse ben precise riferite ad uno stato di salute di Stefano Cucchi che nulla hanno a che vedere con la sua morte, visto che parliamo di lesioni fisiche gravissime, ad oggi anche sancite da questi primi indagati per omicidio, per quanto preterintenzionale. Come non siamo stati zitti sull'evidenza delle violenze perpetrate anche nei confronti di Stefano Cucchi e dei tanti che muoiono nelle carceri del nostro Paese, spesso con modalità di cui non si sa nulla, crediamo che, così come si sta cercando di far luce, e crediamo si debba continuare a far luce, sulla morte di Stefano Cucchi, sia necessario far luce anche sulle ragioni per le quali il sottosegretario Giovanardi parla in questo modo. Vorrei chiudere con quella che potrebbe apparire solo una battuta: il sottosegretario Giovanardi ha invitato tutti i parlamentari ad effettuare il test antidroga sulla base della motivazione «faccio il legislatore, devo essere una persona equilibrata».  Credo che, di fronte alle parole del sottosegretario Giovanardi, anche un test antidroga negativo non sia garanzia dell'equilibrio di una persona (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 245 di giovedì 12 novembre 2009

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 12,05)

Maurizio Turco: Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

Maurizio Turco: Signor Presidente, stamattina, militanti di Lotta Studentesca, movimento vicino a Forza Nuova, si sono recati in diverse scuole romane per affiggere dei crocifissi. Nell'ambito di questa iniziativa si sono recati presso la sede del Partito Radicale non violento e di Radicali Italiani - di cui oggi tra l'altro inizia proprio il congresso nazionale a Chianciano - anche lì ad affiggere crocifissi. Crediamo che, così come uno Stato laico debba vigilare sulle ingerenze delle istituzioni religiose nella vita politica, a maggior ragione più vigilanza sia necessaria quando l'uso della religione viene fatto a fini politici. Decideremo, nell'ambito di quelle che sono le nostre responsabilità all'interno del partito, quali iniziative prendere, ma credo che rispetto a queste scelte e a questo tipo di iniziative portate avanti da Lotta Studentesca forse il Ministro dell'interno possa essere chiamato non dico a rispondere nell'Aula, ma comunque a dare conto anche di questo, visto peraltro che sin da ieri sul sito di Lotta Studentesca queste manifestazioni erano state annunciate (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 251 di martedì 24 novembre 2009

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, intervengo per richiamare una vicenda che già è stata sollevata in quest'Aula, e per la quale dal 6 novembre alcuni malati di sclerosi laterale amiotrofica hanno intrapreso uno sciopero - al quale dal 7 novembre ci siamo associati insieme alla collega Farina Coscioni, a centinaia di malati, e a diversi parlamentari di un po' tutti i gruppi politici - per chiedere alcune cose dovute. Gli obiettivi che citava prima il collega Duilio rappresentano un qualcosa di davvero increscioso e incredibile: è possibile che il Governo non senta il dovere di rendere pubblici dei dati relativi a delle spese autorizzate dal Parlamento per gli anni 2007 e 2008? È possibile che il Parlamento non si renda conto cosa vogliano dire questi comunicatori per delle persone che sono praticamente rese mute dalla malattia? Abbiamo visto il caso di quella signora di Brindisi che per 15 anni è rimasta chiusa in una struttura senza poter comunicare, se non dicendo sì o no con gli occhi, e che stava rifiutando la tracheotomia, rischiando di morire da lì a poco. Ebbene, è arrivato il perito del tribunale, portando la macchinetta per poter parlare con gli occhi. Quando la signora ha scoperto che poteva comunicare con il mondo ha detto: voglio vivere. Perché queste questioni non possono trovare una risposta del Governo in termini chiari e urgenti? Dobbiamo continuare questa lotta non violenta per delle cose così scontate e dovute? Malgrado che i soldi sono stati versati, che il Parlamento è d'accordo, che siamo tutti d'accordo (immagino anche il Governo), abbiamo silenzio, omertà. Noi non vorremmo che poi i soldi destinati agli ammalati venissero, invece, utilizzati da coloro che vendono macchinette, da coloro che devono decidere che questi malati possono avere macchinette, per fare convegni: ne abbiamo fatti abbastanza, ce ne sono anche troppi. La questione è già risolta di per sé. Si continua a tenere un elenco di macchinari aggiornati al 1990, quando questi apparecchi ancora non esistevano. Quindi, anche quelle malattie sono diventate delle malattie di classe: se hai i soldi puoi continuare a comunicare col mondo esterno, e quindi a vivere, se non ha i soldi, non puoi avere quell'apparecchiatura, e sei costretto a cercare delle scorciatoie. Vorremmo che quanta più gente possibile potesse evitare la scorciatoia di restare rinchiusa in qualche reparto di terapia intensiva per 10 o 15 anni, per poi decidere sostanzialmente di suicidarsi perché non ha alternative (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 256 di giovedì 10 dicembre 2009

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Maurizio Turco: Signor Presidente, possiamo dirci sommessamente che quegli imprenditori che adesso diamo per scontato essere imprenditori legati alla camorra, quando accadevano quei fatti, erano imprenditori dotati di prefettizio certificato antimafia? Di Cosentino si parla da molti anni nel contesto delle inchieste campane, sin dagli inizi degli anni Novanta, e sono proprio i tempi e i modi relativi all'iscrizione del deputato Cosentino nel registro degli indagati: è dai tempi dalla domanda di arresto che mettiamo irrimediabilmente in discussione la credibilità dell'inchiesta. I riscontri sulle dichiarazioni dei pentiti in ordine al coinvolgimento di Cosentino, nonostante l'amplissimo arco di tempo a disposizione degli inquirenti, sono sempre e solo riscontri indiretti e totalmente insoddisfacenti (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà); non arrivano mai, ripeto, non arrivano mai a fatti connotati dall'attualità. Si tratta di riscontri che, però, oltre ad essere flebili e indiretti, non arrivano - come dice lo stesso GIP nell'ordinanza - al di là dell'anno 2004. La procura di Napoli, negli ultimi cinque anni, sul sottosegretario Cosentino nulla ha trovato, tanto che, con la consapevolezza della debolezza degli elementi posti a base della richiesta di arresto, il procuratore della Repubblica di Napoli, Giandomenico Lepore - e mi rivolgo al signor Ministro della giustizia - appresa la decisione della Giunta per le autorizzazioni di questa Camera, ha dichiarato: la richiesta di arresto respinta non è un blocco alle indagini; se troveremo elementi, bene, se non ne troveremo, allora ci fermeremo. Intanto, le indagini continuano. Certo, la legge impone la continuazione delle indagini, anche se, a nostro avviso, a leggere quelle carte, le indagini forse inizieranno all'indomani di una nostra decisione; ma allora, posto che lo stesso procuratore afferma che se non verranno trovati elementi, l'indagine si fermerà, su che cosa è realmente basata questa richiesta di arresto? Si chiede di arrestare un sottosegretario con la consapevolezza che le indagini, se non viene fuori nulla di nuovo, sono destinate all'archiviazione e, secondo il procuratore, in questo tempo il sottosegretario Cosentino dovrebbe stare in carcere (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico)! La delegazione Radicale può anche nutrire dubbi, seri dubbi sulla tesi della persecuzione giudiziaria, ma il contesto descritto, il metodo e il merito che in quel contesto diventano testo della richiesta di arresto, non giustificano comunque, a nostro avviso, la richiesta di arresto di una qualsiasi persona, anche se si chiama Nicola Cosentino, anche se è nato a Casal di Principe (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud)! Noi voteremo contro questa richiesta, ma non possiamo fare a meno di ricordarvi, cari colleghi, che a norma dell'articolo 110 del codice penale e dell'articolo 416-bis, centinaia, se non migliaia di cittadini sono detenuti nelle carceri italiane in attesa che i magistrati facciano le loro dovute indagini! È necessario agire subito, è necessario togliere alla giurisprudenza la possibilità di legiferare al posto nostro. Siamo noi che dobbiamo subito legiferare sul concorso esterno in associazione mafiosa. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente, poiché le chiederò di poter consegnare il testo del mio intervento. La magistratura di rito napoletano, che ci aveva abituato ai maxiprocessi come quello di Enzo Tortora, oggi ci vuole abituare allo «spezzatino giudiziario» per non contestare a Cosentino, che ha riconosciuto le sue responsabilità politiche, l'associazione a delinquere di stampo partitocratico: si tratta di ciò che nel 1992 contestammo all'onorevole Di Pietro. Sono tutti delinquenti, ma mai a nessuno è stata riconosciuta l'associazione a delinquere (Applausi di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).

Maurizio Turco: Signor Presidente, sono queste le ragioni che porteranno la delegazione radicale in questo Parlamento a votare contro la richiesta di autorizzazione all'arresto in carcere (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico, Popolo della Libertà e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).  Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

Maurizio Turco: Onorevoli colleghi, in un Parlamento normale e in un Paese normale, cioè democratici, questa relazione non sarebbe necessaria. Noi non ci troveremmo dinanzi alla paradossale situazione di dover discutere dell'arresto di un membro del Governo, colpito da gravissime accuse, che tuttavia non è oggetto di critiche per come fa il sottosegretario ma perché intende candidarsi alla guida di una regione che ha più di 5 milioni di abitanti. Chi scrive - inoltre - potrebbe serenamente aderire a una delle relazioni che già sono state preannunziate ed evitarsi lo scrupolo e il fastidio di redigerne un'altra. Purtroppo la situazione non lo consente e mi vedo costretto a lasciare agli atti dell'Assemblea un mio scritto per mettere in luce l'assurdo di questa vicenda. Do per noti i contenuti della domanda di autorizzazione e le considerazioni della relazione di maggioranza. I rifiuti: un settore di interesse della camorra. Che quello del ciclo dei rifiuti sia un settore merceologico d'interesse per la criminalità non è un segreto per nessuno. È dalla XII legislatura che le Camere costituiscono puntualmente apposite inchieste parlamentari e rintracciano interessi, descrivono condotte e profitti malavitosi nel sistema dei rifiuti (nelle legislature XIV e XV i presidenti della commissione d'inchiesta sono stati proprio parlamentari della Campania, Paolo Russo e Roberto Barbieri). Si sono scritti fiumi d'inchiostro e sono innumerevoli le inchieste giudiziarie, i servizi giornalistici e - con la magistrale penna di Roberto Saviano - capitoli di «romanzi». È altresì noto che l'intreccio tra camorra e rifiuti è strategico per la prima: pochi servizi pubblici incidono sul quotidiano delle famiglie e del territorio come la nettezza urbana. Se la mafia s'infiltra nel traffico della droga, la grande maggioranza di cittadini che non si drogano non se ne accorge; se si infila nel riciclaggio del danaro, proprio perché il danaro non puzza, i frequentatori dei supermercati non necessariamente se ne accorgono. Ma se la camorra brucia o ruba i camion della raccolta e impedisce la nettezza di strade e quartieri; se i cassonetti non possono essere svuotati perché le scelte amministrative sull'ubicazione di discariche e inceneritori sono di fatto ostacolate, l'impatto sulla popolazione è immediato. Nel settore dei rifiuti, quindi, si combinano molti aspetti dell'ingordigia camorristica: la voglia di acquisire e di gestire finanziamenti per gli impianti; la necessità di controllare il territorio; la possibilità di interloquire con il potere pubblico e di condizionare le scelte della politica sia con il voto di scambio sia con l'aggressione a chi non vuole scendere a patti.  Una politica malata. In questo senso non è discutibile che il deputato Cosentino sia immerso nella realtà territoriale della Campania e che se ne nutra. Non è discutibile perché egli stesso lo rivendica. Che egli sia il referente politico di quell'humus è dunque assodato. Egli non ha smentito le accuse dei magistrati circa la sua influenza sulla vita della ECO4: ha solo detto che il consorzio di Caserta non era gestito diversamente da altri, condotti sotto l'egida del centro-sinistra. Non ha detto di essere contrario ai metodi e ai sistemi in vigore: ha sottolineato che tutte le forze politiche della Campania sono coinvolte. Per noi non è certo un'attenuante, ma è vero esattamente il contrario: trattasi di aggravante per Cosentino e per il centro-destra ma anche per il centro-sinistra. Cosentino è certamente insensibile alle ragioni della buona amministrazione e a quelle di un mercato concorrenziale ed efficiente, ma non avrebbe potuto fare tutta la strada che ha fatto senza l'incredibile inerzia della gestione commissariale (vale a dire di Antonio Bassolino) e l'interessato strabismo di consistenti pezzi dei partiti di centro-sinistra. Nella situazione di cui s'interessa l'inchiesta all'attenzione della Camera, si staglia non solo la figura di Nicola Cosentino ma anche quella del consigliere regionale Angelo Brancaccio, eletto nel 2005 con i Democratici di sinistra. Costui viene arrestato nella primavera del 2007 per gravissime accuse di connivenza con la camorra e in particolare proprio con quei fratelli Michele e Sergio Orsi, che l'inchiesta vuole soci di fatto di Cosentino. Costoro addirittura si tesserano per qualche tempo con i DS, senza che in quel partito nessuno si scandalizzi, si ribelli al fatto che due presunti camorristi casalesi sono stati ammessi al laticlavio della politica militante. Appena arrestato Angelo Brancaccio viene espulso dai DS, passa al gruppo regionale dei Popolari-UDEUR e diviene il Segretario provinciale di Caserta di quel partito. In regione è attualmente membro della «Commissione speciale di trasparenza», un organo consiliare di controllo sulle attività della regione e degli enti collegati e sull'utilizzo di tutti i fondi. Dopo le elezioni regionali del 2005, Bassolino aveva un potere quasi incontrastato: era già commissario straordinario, poteva ripulire la Campania nel volgere di poche settimane. Cosentino a Casal di Principe e Landolfi a Mondragone erano suoi nemici e a Casal di Principe e Mondragone si facevano blocchi stradali e si incendiavano i rifiuti, ma Bassolino aveva la forza ed i poteri dalla sua: che bisogno c'era di servirsi dei metodi e degli ammiccamenti alla malavita di uno come Brancaccio? Non sarebbe stato meglio andare dalla magistratura e chiedere un'inchiesta vera, senza sconti per nessuno? E dal punto di vista amministrativo, non era meglio scegliersi persone di fiducia e non l'ambiguo Facchi da Milano? E sul caso della discarica di Pianura e dell'assessore Nugnes - suicidatosi poco più di anno fa - che cosa si deve concludere? Che il voto di scambio di cui si è avvalso Cosentino giovasse anche a qualcuno nel centro-sinistra? Perché un galantuomo come Lorenzo Diana da San Cipriano d'Aversa (spesso minacciato e oggetto di tutela di pubblica sicurezza) invece non è stato ricandidato? Perché la politica campana si rigira sempre nei miasmi che la rendono irrespirabile da decenni con i suoi De Mita, Di Donato, Mastella - la cui consorte è stata onorata proprio da Bassolino della presidenza del consiglio regionale? Come mai le nuove leve sono forse peggiori delle vecchie? E tuttavia la politica campana ha i suoi epigoni e cantori nel Parlamento nazionale: ho letto incredulo gli interventi dei senatori del Popolo della libertà nell'aula dell'altro ramo del Parlamento del 25 novembre 2009, in ordine alle mozioni su Cosentino: non una parola sui rifiuti; non un cenno all'inchiesta, alla situazione di grave dissesto civico e istituzionale di quella zona, tra il confine con il Lazio e la periferia settentrionale di Napoli; non un mea culpa sui morti, che non sono solo morti ammazzati con armi da fuoco ma anche da neoplasie cagionate dall'irrimediabile insalubrità dell'ambiente. Il caso Cosentino, emblematico del corto circuito del sistema partitocratico e correntizio. A fronte della politica malata, della politica localmente contigua alla criminalità, la politica nazionale cosa fa? Nulla. Io voglio che questo rimanga agli atti di questa legislatura: una denunzia di quanto il sistema abbia già fatto corto circuito ed il caso del sottosegretario Cosentino sta qui a dimostrarlo. Le mafie, le camorre, le associazioni criminali che dominano il Sud e non solo, nel corso degli anni, dei decenni, hanno mutato il loro essere, si sono evolute, sociologicamente intendo dire e hanno assunto forme diverse e maggiore dinamismo. In un altro paese questo mutamento della fisionomia, essendo già esso stesso storia, sarebbe stato da tempo oggetto di analisi e di iniziative adeguate da parte del legislatore; un legislatore che da tempo, per contrastare efficacemente il fenomeno mafioso, avrebbe dovuto adeguare le fattispecie penali tipiche - nel rigoroso rispetto dei principi costituzionali di legalità e di tassatività delle fattispecie penali - alla mutata realtà. E invece no, niente da fare, così legittimando interventi 'creativi' della giurisprudenza e della magistratura che, senza alcuna investitura popolare, si è sentita necessitata a far argine alla nuova dinamica fisionomia delle mafie attraverso l'individuazione della strada del «concorso esterno in associazione mafiosa», attraverso, cioè l'utilizzazione del 'moltiplicatore' di reati, il 110 del codice penale, anche per una fattispecie già di per sé, necessariamente plurisoggettiva. Strada bizzarra, all'origine di un animato dibattito dottrinario circa l'ammissibilità del concorso eventuale in fattispecie plurisoggettive o reati a concorso necessario. Per il vero la stessa Corte di cassazione, investita più volte del problema, si è pronunciata, nel tempo, in modo difforme, ora escludendo ora ammettendo la configurabilità del concorso eventuale nel reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, fino ad arrivare ai decisivi, ma irresponsabili, pronunciamenti delle Sezioni Unite. Pronunciamenti irresponsabili, non perché non vi sia il bisogno di contrastare le mafie anche o soprattutto su questo terreno, che è proprio quello che sosteniamo, ma perché il prodotto dell'inerzia del legislatore, è stato quello di conferire, volenti o nolenti, il potere legislativo, il potere di individuare una nuova fattispecie a dei magistrati che per quanto di elevatissimo spessore, sono pur sempre sforniti del mandato politico dei cittadini e ad essi non rispondono. E l'individuazione di questa nuova figura di reato, essendosi verificata attraverso gli strumenti del tecnicismo giurisprudenziale, gli unici di cui può legittimamente disporre la magistratura, ha finito per conferire al concorso esterno confini labili ed incerti; il che significa rimandare la determinazione del fatto punibile alla mera discrezionalità dei giudici. Il corto circuito, dicevo: da un lato la partitocrazia sul punto immobile perché essa stessa corrotta e corruttrice, che priva i cittadini degli strumenti di conoscenza necessari per poter esprimere una condanna politica dell'inerzia legislativa finalizzata a contrastare le mafie nelle sue nuove forme; dall'altro una magistratura che sul punto fattasi legislatore si tiene ben stretto il fortino conquistato del 'concorso esterno in associazione mafiosa', lasciando le dispute teoriche, sul non senso logico giuridico del concorso esterno nei reati associativi e sulla non conformità a Costituzione di un diritto penale siffatto, ai libri universitari. In un altro paese un legislatore inerte per almeno quindici anni sul punto del contrasto alle mafie sarebbe, per ciò solo, stato mandato a casa; in un altro paese un tema del genere avrebbe monopolizzato le campagne elettorali, la magistratura sarebbe stata al proprio posto ed il legislatore sarebbe stato costretto, dal corpo elettorale non dalle richieste di arresto, ad intervenire.  Noi non ci stiamo più a questo gioco al massacro condotto da bande, sempre e solo basato, come in una giungla, sulla legge del più forte. Noi vogliamo reati disegnati da un legislatore politicamente responsabile, vogliamo che i cittadini informati come la legge prevede, siano messi in grado di mandare a casa democraticamente un legislatore colluso, corrotto e corruttore, vogliamo una magistratura professionalmente responsabile, credibile ed indipendente che si muove nell'ambito dei confini per essa disegnata dai costituenti; siamo stufi di inchieste ad orologeria e siamo stufi che questa magistratura, quella romana in particolare, non faccia nulla per riportare alla legalità lo scempio, civile prima ancora che penale, della lottizzazione della concessionaria del servizio pubblico dell'informazione radiotelevisiva che, in mano ai partiti corrotti e corruttori, almeno quanto la ECO4 è in mano a Cosentino, tutto questo impedisce. I dettagli sull'inchiesta. Di Cosentino si parla da molti anni nel contesto delle inchieste campane. La procura (e di conseguenza il GIP) non dice però perché per almeno 10 anni non si è voluto andare a fondo sulle ipotesi che riguardano il deputato Cosentino. Le prime deposizioni dei pentiti sono di Carmine Schiavone, a metà anni Novanta, mentre Domenico Bidognetti, Emilio Di Caterina e Michele Orsi parlano già da due o più anni del deputato Cosentino. È dunque la credibilità dell'inchiesta, in ordine al coinvolgimento del deputato Cosentino, che viene irrimediabilmente messa in discussione dai tempi e dai modi relativi all'iscrizione del deputato nel registro degli indagati e dai tempi della domanda di arresto. Perché solo ora? Troppo lavoro da dieci anni a questa parte per la Procura di Napoli? Occorreva vedere quanto cresceva politicamente il Cosentino, prima di intervenire? I riscontri sulle dichiarazioni dei pentiti, in ordine al coinvolgimento di Cosentino e nonostante l'amplissimo arco di tempo a disposizione degli inquirenti sono sempre e solo riscontri indiretti e totalmente insoddisfacenti, non arrivano mai a fatti connotati dall'attualità, tutto pare improvvisamente fermarsi all'anno 2004. Pur con i limiti investigativi di cui all'articolo 68 della Costituzione, potevano ben essere condotte indagini patrimoniali, potevano ben essere intercettati gli interlocutori più vicini al deputato Cosentino, potevano essere effettuati servizi di osservazione e controllo. Nulla è stato fatto e la Procura che non ha voluto neanche sentire Cosentino presunto innocente e tacciato di essere un potenziale criminale che pure si era reso disponibile, ci chiede oggi di fidarci dei pentiti, sicuri criminali, e di riscontri indiretti. Riscontri che però, oltre ad essere flebili ed indiretti, non arrivano - come detto e come scrive lo stesso GIP nell'ordinanza - al di là dell'anno 2004. La Procura di Napoli sul sottosegretario Cosentino negli ultimi cinque anni nulla ha trovato, tanto che, con la consapevolezza della debolezza degli elementi posti a base della richiesta di arresto, il Procuratore della Repubblica di Napoli, Giandomenico Lepore, appreso della decisione della Giunta delle autorizzazioni di questa Camera, ha dichiarato all'ANSA il 25 Novembre «la richiesta d'arresto respinta non è un blocco alle indagini. Se troveremo elementi bene, se non ne troveremo allora ci fermeremo. Intanto le indagini continuano». Ma allora, posto che lo stesso Procuratore afferma che se non verranno trovati elementi l'indagine si fermerà, su che cosa è realmente basata la richiesta di arresto? Si chiede di arrestare un sottosegretario con la consapevolezza che l'indagine, se non viene fuori nulla di nuovo, è destinata all'archiviazione? Succedono cose strane alla Procura di Napoli. Procura nella quale accade che il Procuratore Generale della Corte d'Appello, Vincenzo Galgano, istituzionalmente deputato al controllo delle iniziative e delle inerzie degli uffici dei PM, afferma, dalle colonne del Corriere del Mezzogiorno in un'intervista del 15 ottobre 2009 che vi sono a Napoli PM fanatici che danneggiano le persone e provocano sofferenze, che su Cosentino non gli risulta sussistano elementi e che a quanto gli consta è una persona per bene; che la qualità professionale in Procura è scadente e che la dotazione organica non è di «cento cavallucci», ma di «dieci stalloni e 90 asini». In Procura a Napoli succede però che 72 PM ed un aggiunto firmino un documento contro Galgano per quell'intervista, e richiedano l'apertura di una pratica a tutela presso il CSM e succede ancora che il Presidente della I Commissione del medesimo consiglio, Fiorella Pilato, guarda caso di Magistratura Democratica, non escluda il trasferimento di Galgano da Napoli per incompatibilità ambientale. Succede così, che ascoltato in una velocissima pre-istruttoria Vincenzo Galgano, evidentemente memore delle limpide decisioni di questo CSM sui magistrati De Magistris e Forleo, faccia rapida marcia indietro e dica che, no, non si riferiva alla situazione di Napoli, ma alla situazione in generale della giustizia in questo nostro disgraziato paese. Personalmente posso anche nutrire seri dubbi sulla tesi della persecuzione giudiziaria, motivo per il quale non condivido la proposta della maggioranza della Giunta, ma il contesto appena descritto, il metodo ed il merito, che in quel contesto diventano testo della richiesta di arresto, non giustificano comunque, a mio avviso, la richiesta di arresto di una persona, anche se si chiama Nicola Cosentino, nato a Casal di Principe.

Seduta n. 260 di giovedì 17 dicembre 2009

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, intendo intervenire, seppur brevemente, su un emendamento presentato all'articolo 3 e su di un altro all'articolo 4.

Maurizio Turco: Signor Presidente, non voglio rovinare il clima che si è creato, però ci sono alcune cose che vanno dette (poi ritirerò anche tutti gli emendamenti, visto come andrà a finire). Abbiamo presentato questi emendamenti che sono tutti finalizzati ad evitare che questa Assemblea si renda complice di un atto palesemente incostituzionale. Il comma 7 dell'articolo 3 proroga fino al 30 luglio del 2011 i mandati dei consigli della rappresentanza militare, privando circa 400 mila cittadini in divisa del loro diritto di eleggere democraticamente i propri rappresentanti alla scadenza naturale dell'attuale mandato che avverrà tra pochi mesi, nell'aprile del 2010. Ma la cosa grave, nella gravità di questa proroga, è il contesto. Vogliamo far finta che non vi siano diversi delegati dell'esercito che, pur essendo sottoposti ad indagini o essendo addirittura imputati in procedimenti penali presso il tribunale militare di Napoli, continuerebbero in proroga a svolgere questo delicato compito. Vogliamo far finta che non siano state concesse onorificenze della Repubblica a delegati imputati in procedimenti penali. Voi sapete che vi sono membri dei consigli della rappresentanza militare dei carabinieri che non hanno esitato ad aggredire e picchiare selvaggiamente un loro collega rappresentante di un organismo di base colpevole, secondo i suoi aggressori, di aver denunciato l'esistenza di illeciti riguardanti fogli di viaggio di alcuni delegati dell'attuale rappresentanza militare che voi tutti volete prorogare. Proprio su questa denuncia il pubblico ministero della procura militare presso il tribunale di Roma ha chiesto di procedere per il reato continuato di minaccia e violenza ad inferiore nei confronti di un carabiniere membro della rappresentanza. Vorrei dare atto a qualcuno che in passato è stato facilmente dimenticato da quest'Assemblea: il maresciallo capo Ruggiero Piccinni, l'appuntato scelto Giuseppe La Fortuna, il vicebrigadiere Antonio Tarallo e tutti gli altri che nel 2002 fecero una meritoria lotta ed ottennero la sospensione della proroga che allora, nel 2002, il Governo aveva concesso. Proprio coloro che, a quel tempo, fecero un ricorso, che naturalmente dopo la vostra approvazione agevoleremo, e lo vinsero contro il Governo oggi sperano nella vostra complicità. Sono proprio loro quelli che lo scorso 28 ottobre, giorno in cui il Governo ha inserito il comma 7 nell'articolo 3 del presente provvedimento, hanno detto e scritto che il Governo ha concesso loro la proroga nel timore che potessero scendere in piazza per manifestare a fianco degli appartenenti alle forze di polizia di Stato.  La rappresentanza militare per noi radicali rappresenta oggi uno strumento al servizio di pochi e questi pochi, con il silenzio informato dei vertici militari e con il trascorrere del tempo, finiscono per non rappresentare più il personale. Vorremmo sapere una cosa: qual è la necessità ed urgenza di inserire questo provvedimento nel decreto-legge riguardante le missioni?

Maurizio Turco: Noi vorremmo votare il decreto-legge sulle missioni mentre voi ce lo impedite (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico) perché vi inserite una norma anticostituzionale. Signor Presidente, ritiriamo tutti gli emendamenti: non vogliamo essere complici nemmeno in questo (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Maurizio Turco: Signor Presidente, gli emendamenti che abbiamo presentato all'articolo 4 sono tutti finalizzati ad evitare che quest'Aula modifichi il codice penale militare di pace. Tale modifica ha molto poco a che fare, peraltro, con le disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace. Queste norme, se convertite in legge, renderanno poco credibile, a nostro avviso, il senso e lo scopo delle missioni militari, che non potremo più definire di pace. Il Governo vuole evitare che si compiano accurate indagini sulle cause della morte dei numerosi militari che sono deceduti, ad esempio, in Afghanistan per l'inadeguatezza dei mezzi e delle dotazioni in uso alle nostre Forze armate. Non a caso, all'indomani del sequestro di alcuni mezzi Lince su cui hanno trovato la morte alcuni nostri giovani militari, il Ministro della difesa ne chiedeva la restituzione per riutilizzarli come pezzi di ricambio. Questo, a nostro avviso, è stato un astuto modo ed un astuto tentativo per sottrarre quelle che sono oggettive prove alla magistratura inquirente. Gli emendamenti che noi abbiamo proposto non solo vogliono impedire che ai militari sia concessa l'impunità o l'immunità per eventuali reati che potrebbero essere commessi solo in azioni di guerra. Perché volete modificare il codice penale militare di pace per reati che potrebbero essere commessi solo in azioni di guerra, quando l'Italia non solo non è in guerra, ma non può neanche entrarci in guerra? Quindi, non vi è alcuna ragione di procedere alla modifica del codice penale militare, se non quella di impedire alla magistratura oggi, per restare nell'attualità, di trovare i colpevoli per la morte del caporalmaggiore Alessandro Di Lisio, del tenente Antonio Fortunato, del primo caporalmaggiore Matteo Mureddu, del primo caporalmaggiore Davide Ricchiuto, del primo caporalmaggiore Massimiliano Randino, del sergente maggiore Roberto Valente, del primo caporalmaggiore Giandomenico Pistonami e di tutti coloro che hanno sacrificato la propria vita non in guerra ma in pace a causa dell'inadeguatezza dei mezzi e delle dotazioni che i vertici militari hanno ritenuto di far loro adoperare. Per queste considerazioni anche in questo caso non sottoporremo le nostre proposte emendative all'onta di un voto che la stragrande maggioranza di quest'Aula darebbe in senso contrario e, quindi, ritiriamo anche su questo punto i nostri emendamenti (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 310 di mercoledì 21 aprile 2010

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, in un minuto riuscirò a dire ben poco. Vorrei semplicemente ricordare che sono in corso delle discussioni tra la Repubblica turca e la Repubblica armena rispetto a fatti storici, con riferimento ai quali, già nel mese di ottobre, è stato raggiunto un accordo tra le due Repubbliche. Ritengo che inserire in questo modo un dibattito fittizio sulla vicenda del genocidio armeno, non solo non serva a noi, né alle discussioni e ai rapporti in corso tra la Repubblica armena e la Repubblica turca, ma non serva nemmeno ai cittadini armeni residenti in Italia. Credo che vi sia un distacco profondo tra le necessità diplomatiche e la necessità di fare giustizia.

Maurizio Turco: Pertanto, se dobbiamo affrontare un dibattito su questo tema, è bene che sia fatto nella sede più appropriata: se riteniamo che tale sede debba essere l'Aula, è bene che sia un dibattito organizzato.

Seduta n. 318 di giovedì 6 maggio 2010

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

Maurizio Turco: Signor Presidente, intanto ci riteniamo molto soddisfatti del fatto che risponderà a questa interpellanza urgente la sottosegretaria, onorevole Craxi. Secondo informazioni raccolte da organizzazioni non governative internazionali, dall'International campaign for Tibet, dal Partito Radicale Nonviolento transnazionale e transpartito, dal Governo e dal Parlamento tibetano in esilio, nonché da organi d'informazione, il terremoto che il 14 aprile 2010 ha sconvolto la contea di Yushu, nella regione tibetana del Qinghai, avrebbe causato diverse decine di migliaia di morti contro le duemila dichiarate finora dalle autorità cinesi. Uno dei rari reportage dalla zona, l'unico per quello che noi sappiamo pubblicato in Italia dal quotidiano la Repubblica mercoledì 28 aprile 2010, a firma di Giampaolo Visetti, riporta che nella strada statale che collega la contea con il capoluogo ci sarebbero diversi posti di blocco per impedire a centinaia di monaci tibetani di partecipare ai soccorsi, vietando anche l'accesso ai giornalisti internazionali per verificare la reale situazione della regione. In base a tali riscontri decine di villaggi e di quartieri cittadini, dopo due settimane, non sono ancora stati ancora raggiunti dai soccorritori. A ciò si aggiunga il fatto che lo scrittore Tra Gyal, intellettuale di riferimento tra i tibetani del Qinghai, è stato arrestato a Xining dopo aver scritto una lettera aperta in cui denunciava le falsificazioni sulla reale portata della catastrofe umanitaria da parte delle autorità. Va anche detto che, dopo questo arresto accertato, non si hanno più notizie di dove sia oggi lo scrittore Tra Gyal. Come ricordato all'inizio, il Governo di Pechino ha affermato che il terremoto avrebbe causato 2.223 morti, 90 scomparsi, 12 mila feriti e circa 100 mila senzatetto. Tuttavia, il conteggio dei monaci e di fonti tibetane, confermato da diverse organizzazioni non governative internazionali presenti sul posto, parla di 6 mila morti identificati, mentre i sopravvissuti della regione, affermano che la cifra reale oscilla tra i 15 e i 20 mila morti. Vogliamo sapere se il Governo italiano sia a conoscenza delle informazioni raccolte dalle organizzazioni non governative internazionali riguardo alla reale situazione venutasi a creare in Tibet a seguito del grave terremoto e se le ritenga attendibili. Vorremo, inoltre, sapere quali interventi umanitari di aiuto siano stati messi dal Governo italiano a disposizione delle autorità cinesi, se tali aiuti siano stati accettati e se il nostro Governo non ritenga urgente intervenire, anche con l'invio di osservatori internazionali ed in accordo con l'Unione europea e l'ONU, per verificare la reale situazione determinatasi in Tibet. In conclusione, vorremo sapere se il Governo italiano non ritenga di intervenire in tutti gli ambiti internazionali, nonché a livello bilaterale con il Governo cinese, riguardo alla necessità di far giungere nel più breve tempo possibile aiuti e sostegno alla popolazione dell'area tibetana colpita dal terremoto. Chiediamo anche al Governo se impedire alla stampa internazionale di giungere nei luoghi colpiti dal terremoto non violi le più elementari regole relative alla libertà di informazione. Quindi, chiediamo quello che intende fare, se può farlo, nei confronti delle autorità cinesi per rendere libero l'accesso in tali aree. Non stiamo parlando dei diritti umani fondamentali gravemente compressi nei confronti sia dei cittadini cinesi sia dei cittadini tibetani; stiamo parlando di un diritto di assistenza umanitaria: a nostro avviso la negazione di questo diritto è volta a fare strage di vite umane attraverso la strage di legalità, di democrazia e di informazione.

Seduta n. 329 di giovedì 27 maggio 2010

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Signor Presidente, con questo emendamento noi intendiamo proporre l'introduzione della tipizzazione del concorso esterno in associazione mafiosa. A differenza dei colleghi dell'Unione di Centro noi lasciamo al Governo la delega per decidere quale può essere la migliore formulazione. È noto che il concorso esterno è una fattispecie creata dalla giurisprudenza attraverso l'utilizzo degli articoli 110 e 416-bis. Vorrei partire proprio dal 416-bis, lasciando la parola ad un magistrato, il sostituto procuratore di Barcellona Pozzo di Gotto, il dottor Olindo Canali, che nel maxiprocesso d'appello Mare nostrum ha visto un suo memoriale dove lui diceva: mi arresteranno - su questo non ho dubbi - e non so quale sarà l'imputazione; escludo omicidi, droga, rapine, pedofilia, estorsioni, usura, falsi, escludo quasi tutto il codice penale tranne il 416-bis; è in fondo il reato più facile - è un paradosso - da contestare; sarò senza difesa, questo è certo; conosco le regole del gioco, quando ti accusano di qualcosa che non hai fatto, quando i tuoi comportamenti sono letti in una visione che tutti li organizza secondo ipotesi di lettura non puoi difenderti; ho lavorato anch'io da pubblico ministero così, ci lavoriamo tutti così, toccherà anche a me come è toccato a molti, quasi tutti giustamente arrestati, e anche al mio arresto sembrerà giusto, sacrosanto, provato e fondato; non credo neppure ricorrerò mai al tribunale del riesame (a che serve?); se un pubblico ministero chiede ad GIP la concessione di una misura cautelare è il segno che la lettura delle carte è convincente; un tribunale del riesame su certi tipi di indagine può poco o nulla; starò in galera fin quando sarà il tempo per uscire; questo è il rispetto per le regole e per i principi dello Stato di diritto. Noi crediamo che questo non è il rispetto per le regole e per i principi dello Stato di diritto; questa è la negazione delle regole, la negazione della legalità, la negazione dello Stato di diritto. E cos'è il concorso esterno? Ce lo dice la Direzione nazionale antimafia che, sulla base di una rilevazione informatica, ha stabilito che su 7.190 casi di indagati per concorso esterno, appena 542 hanno potuto avere e godere del diritto di una sentenza e la maggioranza di questi 542, su 7.190, sono stati assolti. Non potete rinviare l'assunzione di una vostra responsabilità. Tocca al Parlamento legiferare, non alla magistratura (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, intervengo solo per ricordare che il 18 maggio 1988 moriva Enzo Tortora, arrestato nel giugno del 1983, condannato a 10 anni di carcere sulla base delle parole di alcuni pentiti e assolto tra il 1986 e il 1987. Oggi il principale dei suoi accusatori, Melluso, dichiara, una volta per tutte, che il presentatore Tortora era innocente e che non c'entrava con la camorra, la droga o qualsiasi forma di malavita organizzata. Dichiara, inoltre, che era stato indotto a fare queste dichiarazioni da due suoi complici nella caserma Pastrengo di Napoli.  È quello che abbiamo inutilmente cercato, ormai da decenni, di far accertare. Tutta la vicenda di Tortora si è sviluppata all'interno della caserma dei carabinieri Pastrengo di Napoli attraverso una gestione di alcuni pentiti. Speriamo che, dopo le scuse che vengono oggi da uno di questi pentiti, lo Stato, questo Paese e coloro che lottano per lo Stato di diritto, la democrazia e la legalità vogliano fare ammenda anche nel momento di massima responsabilità, che è quello legislativo (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Seduta n. 331 di giovedì 3 giugno 2010

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, intervengo in relazione ad un fatto a dir poco incredibile che è accaduto nella giornata di ieri, festa della Repubblica italiana. Il 12 aprile, insieme al partito per la tutela di militari e forze di polizia, avevamo chiesto di poter deporre una corona di alloro al Sacello del Milite Ignoto per ricordare le vittime del dovere, del servizio e dello Stato. Il 3 maggio, dal Ministro della difesa, mi si comunica che ciò potrà avvenire alle 13. Solo il 29 maggio ci viene comunicato che, per intervenute modifiche al programma, la manifestazione viene spostata alle ore 15,15, ma si dà il caso che ieri, già alle ore 12,30, sull'Altare della Patria e nelle immediate vicinanze non vi fosse alcun tipo di attività. Anche alla questura di Roma, che era stata sollecitata dal Ministero della difesa a non permettere alcuna attività intorno alle ore 13, nonostante vi fosse la piena disponibilità di poter salire sull'Altare della Patria, è stato impedito di poter avviare alcuna trattativa con gli organizzatori. Credo che delegare la gestione dell'ordine pubblico a coloro che si dovrebbero occupare unicamente di politiche aventi a che fare con la difesa (delegare cioè la gestione dell'ordine pubblico al potere militare, che in quel momento ha praticamente cancellato qualsiasi facoltà dei funzionari di pubblica sicurezza) rappresenti qualcosa di davvero molto grave. Per non dire del fatto che il Ministero della difesa ha preso una decisione politica che non aveva in alcun modo relazione con problemi di ordine pubblico, al solo scopo di evitare che vi fosse una manifestazione pubblica nel giorno della festa della Repubblica (e a differenza di altre manifestazioni, come quelle delle feste delle Forze armate quando all'Altare della Patria c'è la fila, per la festa della Repubblica ci sarebbero stati solo il Presidente della Repubblica e noi). Anche in considerazione del fatto che ciò è accaduto nel momento in cui la manifestazione era stata organizzata da diversi membri di questo Parlamento, chiedo che la Presidenza si informi presso il Ministero della difesa per sapere quali sono state le motivazioni che hanno portato il Ministero della difesa a negare qualsiasi attività alle ore 12,30 di ieri all'Altare della Patria e quali sono state le motivazioni che hanno portato il Ministero della difesa a sostituirsi alle forze di polizia (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 348 di martedì 6 luglio 2010

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, giovedì in Aula ci sarà la discussione di una interpellanza urgente a prima firma della collega Maria Antonietta Farina Coscioni. La collega dal 20 giugno è in digiuno per chiedere una cosa banale: è da due anni che il Ministro Tremonti non si fa vedere in XII Commissione (Affari sociali). Da molti più anni parliamo di livelli essenziali di assistenza. Chiediamo alla Presidenza di sollecitare il Governo affinché giovedì in Aula il Ministro venga a spiegare la situazione. Chiediamo solo che dica una parola di chiarezza, che sia chiaro nei suoi intendimenti per poter rassicurare i malati, soprattutto coloro colpiti da malattie neurologiche, se possono contare su livelli minimi essenziali di assistenza o se, invece, debbano insieme alle loro famiglie, come attualmente ancora accade, arrangiarsi. Questa parola può venire solo dal Ministro. Il silenzio del Ministro e il fatto che egli si sottragga ed eviti di incontrare i parlamentari su questo tema e che, quindi, lasci i malati e le loro famiglie abbandonati a se stessi, a nostro avviso, è davvero grave. Quindi, giovedì prossimo non sarà una normale discussione di una normale interpellanza urgente. Stiamo attendendo da troppo tempo insieme ai malati e alle loro famiglie. In questa occasione, proprio nel momento, nel quale il Paese, il Governo e il Parlamento devono decidere quali sono le spese indispensabili, abbiamo bisogno e vogliamo sapere se i malati e le loro famiglie sono considerati da questo Governo un problema da mettere nell'agenda politica, parlamentare e del bilancio o se, invece, con queste famiglie i malati devono considerarsi cittadini non di «serie B», ma che debbono arrangiarsi da soli e di cui lo Stato non vuole sapere nulla (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 350 di giovedì 8 luglio 2010

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, intervengo per sollecitare il Governo a fornire una risposta ad una mia interrogazione presentata il 6 maggio scorso, anche alla luce di un comunicato del Consiglio dei ministri che recita: il dottor Pasquale De Lise, presidente aggiunto del Consiglio di Stato, e già presidente del TAR Lazio, è stato nominato presidente del Consiglio di Stato al posto di Paolo Salvatore; la nomina è stata deliberata il 18 giugno dal Consiglio dei ministri su proposta del Presidente Berlusconi. In passato il dottor Pasquale De Lise ha presieduto la Commissione che ha redatto il codice dei contratti pubblici e, più di recente, ha coordinato i lavori della Commissione per la redazione del nuovo codice del processo amministrativo. Ho voluto citare anche queste caratteristiche del dottor De Lise perché non sono in discussione le sue capacità. Il dottor De Lise ha, tra le altre sue caratteristiche, quella di essere consultore della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli, che è un dicastero della Curia romana della Santa Sede. Tra la Repubblica italiana e la Santa Sede sono in essere un Trattato ed un Concordato. Nel Trattato è specificato che per assicurare alla Santa Sede l'assoluta e visibile indipendenza le è garantita una sovranità indiscutibile, anche in campo internazionale. Si è quindi ravvisata la necessità di costituire, con particolari modalità, la Città del Vaticano, riconoscendo alla Santa Sede, sulla medesima, la piena proprietà e l'esclusiva ed assoluta potestà e giurisdizione sovrana. Quello che chiediamo al Governo, e che avremmo voluto avesse verificato prima di nominare il dottor De Lise a presidente del Consiglio di Stato, è se il dottor De Lise abbia comunicato, ovvero abbia chiesto l'autorizzazione per far parte di un dicastero della Curia romana della Santa Sede, che è uno Stato estero con il quale abbiamo dei rapporti diplomatici formali sanciti da un Concordato e da un Trattato. Inoltre, chiediamo se risulti al Governo che il dottor De Lise nell'espletamento dei doveri di ufficio non si sia occupato di questioni inerenti alla Santa Sede o a enti dipendenti e collegati alla stessa. Questa interrogazione era stata presentata nell'ambito di alcune attività della società Arcus in favore della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli per il famoso progetto di piazza di Spagna, per il restauro del palazzo di Propaganda Fide e la realizzazione di una pinacoteca, che non si è realizzata, ma il cui costo di 5 milioni di euro è stato comunque pagato. Abbiamo bisogno di sapere se un alto funzionario di questo Paese, che è stato presidente del TAR del Lazio e che oggi è presidente del Consiglio di Stato, mantenga la necessaria autonomia e sia rispettoso della necessaria separazione dei poteri tra lo Stato e la Chiesa.

Maurizio Turco: Ma è una prassi costante.

Seduta n. 351 di martedì 13 luglio 2010

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, vorrei sollecitare il Governo - dopo averlo già fatto giovedì scorso - a rispondere ad una interrogazione che ritengo particolarmente importante e la cui risposta è particolarmente urgente. Alcuni giorni fa il Governo ha nominato presidente del Consiglio di Stato il dottor Pasquale De Lise che ricopre un altro incarico: egli è infatti consultore presso un Dicastero di uno Stato estero. Noi vorremmo sapere dal Governo se il dottor De Lise abbia chiesto l'autorizzazione a ricoprire anche questo incarico, e se gli sia stata concessa o meno. Riteniamo, infatti, che, vista l'alta funzione e l'alta responsabilità del dottor De Lise, in quanto, oggi, presidente del Consiglio di Stato e, ieri, presidente del TAR del Lazio, questo incarico, presso questo Stato estero, sia di particolare gravità per una persona che dovrebbe essere un alto servitore dello Stato, intendendosi per Stato la Repubblica italiana (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 352 di mercoledì 14 luglio 2010

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, intervengo per associarmi al ricordo che è stato fatto del massacro di Srebrenica e per ricordare, come diceva il collega, che in quell'occasione vi fu una grave mancanza dell'Unione europea. Ma voglio anche ricordare che l'Unione europea, in qualche modo, quel genocidio lo ha vissuto in presa diretta con la Commissione europea. In quella occasione era infatti presente a Srebrenica un Commissario europeo, Emma Bonino, che si appellava ai Paesi membri dell'Unione europea e alla stessa Commissione europea, perché non si reagiva in modo adeguato ad un massacro che si compiva in quelle ore. È un po' quello che sta accadendo e che stava per accadere nel silenzio generale con il Sudan, riguardo al quale la settimana scorsa questo Parlamento avrebbe voluto votare un accordo di cooperazione con un dittatore che aveva appena finito di ammazzare 300 mila persone. Oggi sappiamo che il Sudan non sarà più nelle attenzioni dei programmi di aiuto allo sviluppo del Governo italiano, perché non rilascia i visti di ingresso ai nostri operatori. Mi auguro che quell'accordo di cooperazione, che è stato rinviato in Commissione, vi rimanga a lungo, perché non ci venga chiesto di essere corresponsabili e complici con i dittatori, come di solito si è usi fare in nome di un'economia che non abbiamo compreso bene a quali valori si ispiri se non a quelli volti a rafforzare e a rendere ancora più evidenti quei dati di antidemocrazia, presenti in quei Paesi per i quali - non si sa perché - abbiamo tanta attenzione, soprattutto nel chiudere rapporti commerciali (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, continuo a chiedere che il Governo risponda a una mia interrogazione, sempre la stessa tra le tante, perché ritengo di particolare gravità quello che è accaduto e soprattutto il silenzio che ne è seguito. Alcune settimane fa, il Consiglio dei ministri ha nominato il dottor Pasquale De Lise presidente del Consiglio di Stato. Il dottor Pasquale De Lise è consultore di un dicastero di uno Stato estero, era stato già presidente del tribunale amministrativo regionale del Lazio e ha avuto anche una parentesi «alla bisogna» per quanto riguarda la giustizia sportiva. Vorremmo sapere dal Governo se il dottor Pasquale De Lise, assumendo la responsabilità di consultore di un Dicastero di uno Stato estero e avendo queste alte responsabilità istituzionali nello Stato italiano, abbia chiesto preventivamente l'autorizzazione, se gli sia stata concessa e da chi. Continueremo ogni giorno a porre questa domanda perché riteniamo che sia particolarmente grave la decisione del Consiglio dei ministri in presenza di una nostra interrogazione parlamentare che denunciava questa strana situazione relativamente al dottor Pasquale De Lise - allora presidente del TAR del Lazio e oggi, a seguito di una decisione del Consiglio dei ministri, presidente del Consiglio di Stato -, il quale continua a tenere un piede in un Dicastero di uno Stato estero in palese contraddizione con la funzione di presidente del Consiglio di Stato. La prego, signor Presidente, di sollecitare il Governo a dare una risposta a questo nostro interrogativo perché riteniamo particolarmente grave quello che sta accadendo e riterremo particolarmente grave quello che potrebbe venir fuori da questo doppio incarico ricoperto dal dottor De Lise.

Seduta n. 371 di martedì 21 settembre 2010

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

Maurizio Turco: Signor Presidente, ringrazio il questore Mazzocchi per aver «tradotto» questo ordine del giorno dicendo che si riferisce agli ex-Presidenti della Camera. Il problema non era quello di persone o funzioni rivestite era quello di stabilire un principio. Qualsiasi incarico pubblico, elettivo o meno, non può prevedere benefici che durino per tutta la vita della persona che ha ricoperto quell'incarico. Nella fattispecie certo si tratta degli ex Presidenti della Camera, ma potremmo dire - anche se non è la sede - che lo stesso dovrebbe valere per gli ex Presidenti, per esempio, della Corte costituzionale. In altre parole, noi vorremmo partire da qui per stabilire un principio che poi venisse esteso a tutti coloro che abbiano ricoperto incarichi pubblici elettivi o meno e che allo stato attuale godono di benefici, alcune volte anche molto consistenti, per tutta la vita (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Maurizio Turco: Mi scusi questore Mazzocchi, ma il parere contrario sull'ordine del giorno in esame è incomprensibile, perché noi chiediamo la pubblicazione di dati pubblici, che sono previsti dalla legge quali dati pubblici: la legge prevede che nome e cognome di chi dona dei soldi ad un partito e nome e cognome del partito siano pubblici. Oggi non è possibile non solo per un cittadino, ma anche per un deputato poter disporre di questi elenchi in un formato tale che possa essere utilizzato. Noi abbiamo provato a chiedere presso gli uffici questi dati. Le posso fare avere copia del documento: se lei riuscirà a decifrarlo le chiederò scusa. Non è possibile che noi stabiliamo, come lei vorrebbe fare, che dei dati pubblici non siano pubblici. Allora cambiamo la legge e diciamo che questi dati devono essere riservati. Siccome la legge dice che questi dati sono pubblici, rendiamoli pubblici, rendiamoli disponibili a coloro che li vogliono conoscere (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 389 di mercoledì 27 ottobre 2010

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, condivido il parere sul mio ordine del giorno: è indubbiamente un ordine del giorno paradossale, nel senso che noi chiediamo semplicemente che sia rispettata una legge dello Stato, che il Governo rispetti una legge dello Stato, la legge n. 262 del 2005, con la quale si è previsto - questo Parlamento ha previsto - di ridefinire l'assetto proprietario della Banca d'Italia. Tale assetto proprietario deve essere ridefinito - ha stabilito il Parlamento - attraverso il trasferimento delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri soggetti pubblici. Questo non è stato fatto, perché il Governo evidentemente ha ritenuto che la scadenza dei tre anni a partire dal 2005 - quindi entro il 2008, anno in cui si sarebbe dovuto fare il regolamento attraverso il quale si dovevano stabilire le regole che avrebbero portato al trasferimento delle quote da parte delle banche private che detengono il capitale della Banca d'Italia - fosse evidentemente un termine ordinatorio e non perentorio. Avremmo voluto, con l'ordine del giorno, ristabilire un minimo di ordine e di legalità, cioè dire al Governo che il rispetto della legge scritta non è una facoltà del Governo, ma è un dovere. Infatti noi ci troviamo di fronte ad una legge approvata da questo Parlamento e soprattutto approvata dalla stessa maggioranza che nel 2005, come oggi, governava il Paese (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 394 di giovedì 11 novembre 2010

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Signor Presidente, abbiamo colto l'occasione di questo ultimo caso di cittadino italiano scomparso all'estero per porre un problema che, a nostro avviso, è anche abbastanza emblematico, come risulta dalla risposta del sottosegretario. In particolare, in casi come questi, di cui si ha poco da dire, noi riterremmo che, al di là della via burocratica (l'ambasciata, il consolato), forse un passo ulteriore da parte dell'autorità di Governo, dell'autorità politica (il Ministro degli affari esteri) debba essere il contatto diretto con le autorità politiche del luogo. Va benissimo tutto quello che è stato fatto. Si tratta di un'attività burocratica in attesa di ciò che gli organi amministrativi locali potranno o meno produrre (un passaggio di carte in andata e ritorno); tuttavia, in questo caso, è evidente che dipende tutto dalla capacità e dalla volontà delle autorità delle isole Fiji di indagare o meno. Leggevo ieri sera, sul sito www.viaggiaresicuri.it del Ministero degli affari esteri, che il 9 aprile alle isole Fiji il Presidente abrogò la Costituzione e dichiarò quattro settimane di stato di emergenza. A ieri sera la situazione nelle isole Fiji appare tuttavia stabile, non essendosi registrati episodi di violenza in nessuna parte del Paese (la situazione nella capitale e nel resto del Paese è generalmente tranquilla, anche se ancora sotto controllo militare). Penso che se la situazione nelle isole Fiji è quella che descrive ad oggi il Ministero degli affari esteri ci siano molti margini di manovra per un'iniziativa che - lo ripeto - non sia unicamente burocratica. Le autorità politiche e militari vanno evidentemente sollecitate in un modo diverso, senza utilizzare necessariamente l'ambasciatore per poter comunicare con i rappresentanti politici e di Governo delle isole Fiji, ma chiamandoli direttamente per far comprendere che, a partire dal caso in questione, come mi auguro, su vicende come queste non vi siano semplici formalità, ma vi sia, da parte del Governo italiano, un'azione più forte, più decisa e più concreta, volta ad avere davvero notizie, non accontentandosi di quelle che arrivano, al fine di tutelare questi cittadini italiani.

Seduta n. 398 di venerdì 19 novembre 2010

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, vorrei intervenire sullo stesso tema, per chiarire che l'ordine del giorno in oggetto non era formulato sulla base di una mia considerazione o di una mia convinzione privata. Avevo semplicemente citato quelli che erano più che auspici da parte di un editorialista dell'Avvenire - che è il quotidiano della Conferenza episcopale italiana e che, per via della legge sull'8 per mille, riceve i soldi destinati alla Chiesa cattolica -, il quale ha sostenuto che tale finanziamento pubblico, così come previsto attualmente, è irragionevole e potrebbe raggiungere la soglia dell'incostituzionalità. Il Governo e il Partito Democratico hanno oggi stabilito che, di fronte all'incostituzionalità decisa da chi percepisce questo denaro, va bene lo stesso. Evidentemente, non è questa la sede per porre problemi di legalità. Ricorreremo nelle altre sedi, perché siamo davvero arrivati ad un punto limite: ormai - e vale per diversi di noi - vi sono delle preclusioni ad personam. Basta vedere chi ha sottoscritto un ordine del giorno, senza leggerlo, per poter dire che quell'ordine del giorno non va bene. Questa è l'ennesima volta che si verifica un fatto del genere: anche su questo, non ci fermeremo (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Maurizio Turco: Vi eravate sbagliati tutti!

Maurizio Turco: Avevate letto male!

Seduta n. 405 di mercoledì 1 dicembre 2010

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Maurizio Turco: Signor Presidente, il comma 4 dell'articolo 2 intende assoggettare alle stesse pene previste dall'articolo 583-quater del codice penale - che è la norma che punisce con la reclusione da quattro a dieci anni chi procura una lesione personale a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive - anche chi commette lesioni personali nei confronti degli steward. Riteniamo che questa sia una disposizione inopportuna, ingiustificata e sproporzionata, visto che, nel caso di specie, la persona offesa - lo steward - è di tutta evidenza che non riveste la funzione di pubblico ufficiale. Non è coerente da un punto di vista logico-sistematico sottoporre i due eventi, le lesioni a pubblico ufficiale e le lesioni agli steward, allo stesso e identico trattamento sanzionatorio. Per questa ragione proponiamo la soppressione di questa disposizione (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Maurizio Turco: Signor Presidente, con questo articolo si prevede che tutte le volte in cui la Commissione centrale consultiva per l'adozione delle misure di sicurezza personale viene chiamata ad affrontare questioni inerenti la sicurezza di magistrati, la stessa Commissione debba essere integrata da un magistrato designato dal Ministro della giustizia. La previsione è di tutta evidenza sperequativa rispetto a qualsiasi altra categoria che dovesse avere o meno diritto all'adozione di misure di sicurezza personali; pertanto noi chiediamo di sopprimere l'intero articolo e speriamo che anche i colleghi ritengano questa disparità di trattamento assolutamente ingiustificata.

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, penso che l'intervento dell'onorevole Di Virgilio, che voleva stemperare gli animi, abbia invece introdotto degli elementi che meriterebbero ben altro dibattito. Mi limito a contenermi davvero in due minuti. Un minuto per dire all'onorevole Di Virgilio che vi è un solo Paese in Africa che è riuscito a contenere l'infezione da AIDS: l'Uganda. E l'Uganda è l'unico Paese in cui la conferenza episcopale, da oltre 15 anni, non ascolta le direttive vaticane. Certo, è parzialmente una buona notizia, perché si sarebbero potuti evitare migliaia di morti. Per quanto riguarda Monicelli, non voglio aggiungere nient'altro di quello che ha scritto oggi Paola Casella in un ricordo dal titolo «Vivere e morire alla Monicelli».  Monicelli si è tolto la vita non certo per mancanza di voglia di combattere - che quella non gli è mai mancata - quanto probabilmente perché, come ha detto lui, la vita non è sempre degna di essere vissuta. Questo è un passaggio che, a nostro avviso, dovrebbe competere alla coscienza di ciascuno. Non accettiamo che vi siano tribunali della coscienza, non possiamo accettare che vi sia qualcosa che vada al di là di quella che è la libertà di scelta di ciascuno di noi. Poi, se ciascuno o qualcuno di noi vuole rimettere la propria libertà di scelta nelle mani di altri, per noi è liberissimo di farlo. Vorremmo però che gli altri garantissero anche a noi questa libertà.

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, intervengo per la stessa ragione dell'onorevole Di Virgilio. Non era un «vergognatevi» rivolto alla collega Binetti o a qualsiasi altro collega, ma a certe posizioni politiche, che hanno conseguenze politiche e per le quali, per noi, quello è il termine giusto. Certe decisioni comportano infatti automaticamente - e non bisogna esserne necessariamente convinti assertori - sofferenze, dolore, morte. È stato qui messo in causa - e concludo - il richiamo a una cultura. La cultura dominante, quella che porta i giovani al suicidio e a tutto il resto, non è la nostra. Difatti, le nostre battaglie sono perdenti in questo Paese: è la vostra cultura che porta a tutto quello che vedete! Quelli sono i vostri figli, i figli della vostra cultura e della vostra educazione!

Maurizio Turco: Siete voi che state in televisione a raccontargli come, quanto e con chi devono vivere!

Maurizio Turco: Queste sono le conseguenze dirette di un'educazione, che fa a meno dell'informazione e recide quindi il passaggio verso la libera scelta, che per voi è una bestemmia.

Maurizio Turco: Signor Presidente, l'articolo 1 prevede la proroga di due disposizioni già in forte sospetto di illegittimità costituzionale, in quanto norme eccezionali a termine, la loro efficacia è infatti scaduta il 30 giugno scorso. In particolare, con la proroga fino al 30 giugno 2013 delle disposizioni contenute nel comma 1-ter dell'articolo 8 si vorrebbe confermare la validità nel nostro ordinamento giuridico del cosiddetto istituto della flagranza differita, istituto in base al quale si considera in stato di flagranza di reato colui il quale viene fermato entro 48 ore dalla commissione dal fatto, purché, sulla base di documentazione fotografica, ne risulti essere l'autore. Tale disposizione introduce evidenti contraddizioni. È già una contraddizione parlare di flagranza differita, è una contraddizione all'interno del nostro sistema giuridico e per opinione pressoché unanime della nostra dottrina. È in evidente contrasto con l'articolo 13 della Costituzione, che tutela la libertà personale. Lo stesso vale per il comma 1-quater dell'articolo 8, il quale prevede che nei confronti di chi viola il divieto di accedere ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive, possano essere eccezionalmente applicate misure coercitive anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli articoli 274, comma 1, lettera c) e 280 del codice di procedura penale. Proprio perché sono norme eccezionali, sono nate per essere a termine. La prima data di scadenza di queste norme eccezionali risale addirittura al 30 giugno 2006, ma la loro validità ed efficacia giuridica viene puntualmente prorogata ad ogni scadenza. Questo Governo, con una maggioranza simile, già nel 2003 tentò di stabilizzare un istituto quale la flagranza differita. Non so se parlando in qualche consesso internazionale, alla Corte di giustizia delle Comunità europee, al Parlamento europeo o al Consiglio d'Europa, cosa potrebbero capire quando qualcuno - un italiano naturalmente - dovesse esprimersi in termini di flagranza differita. Tentaste, nel 2003, di fare una legge per stabilizzare la flagranza differita, ma non vi riuscì. All'interno di questa stessa maggioranza vi furono forti dubbi. Il fatto che continuate a prorogare, ad andare di proroga in proroga, denota sicuramente un fallimento, cioè la necessità costante di avere degli strumenti di eccezionalità vuol dire che ormai in più di un decennio non siete riusciti a ristabilire la normalità (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Maurizio Turco: Signor Presidente, intervengo anzitutto per aggiungere la mia firma a questo emendamento dell'onorevole Tassone. La cooperazione internazionale di polizia va avanti ormai da anni e anni. Due sono le ragioni per dover costituire un comitato come questo. Una è ignota - ha ragione l'onorevole Tassone - in quanto non si riesce a comprenderne la necessità, e come mai, se ci fosse stata davvero la necessità, ce ne ricordiamo oggi, dopo decenni di cooperazione internazionale. Non voglio aprire qui tutto il capitolo sull'Europa. Sono tutte cose dovute e scontate. Siccome non sono chiare le ragioni del perché viene istituito questo Comitato, ci resta solo da rimanere stupiti che lo si voglia costituire oggi, dopo anni e anni di cooperazione. Queste cose le avremmo già, anzi mi auguro che siano già in essere, perché se davvero c'è bisogno di questo Comitato per poter meglio utilizzare e valorizzare il patrimonio informativo, c'è davvero qualcosa che non va, qualcosa di veramente preoccupante.

Seduta n. 406 di giovedì 2 dicembre 2010

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, annuncio il ritiro degli emendamenti Bernardini 8.4 e Bernardini 8.5.

Maurizio Turco: Signor Presidente, stiamo votando per caso la questione di fiducia? Lo chiedo perché l'intervento dell'onorevole Contento mi pare un poco fuori dalle righe. Per il contrasto alla criminalità comune e politica, noi avremmo una ricetta che da sessanta anni, purtroppo, in questo Paese non è possibile somministrare, ovvero quella della legalità, del rispetto, innanzitutto della Costituzione e delle leggi, e non già delle interpretazioni e della prassi. Noi voteremo contro questo provvedimento, come votammo già nella scorsa legislatura, perché siamo contro le leggi emergenziali. Ancora una volta dal 2003 si ripropone il provvedimento emergenziale della flagranza differita. È una cosa inaccettabile, che denuncia però anche un altro fatto: l'incapacità di governare e quindi la necessità di ricorrere ancora una volta all'emergenza. È un'emergenza dettata unicamente dalla volontà di non riuscire a risolvere i problemi, perché non si ha il coraggio e la capacità di affrontarli alla radice.

Maurizio Turco: Non si ha la capacità di essere fino in fondo rispettosi delle leggi scritte e della Costituzione, la capacità di non rifarsi ogni volta a interpretazioni e prassi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, intervengo per analoga interrogazione, quindi già molte delle cose che dovevo dire le ha già dette l'onorevole Lo Moro, che ringrazio per aver portato all'attenzione del Parlamento e del Governo questa vicenda assurda. È la prima volta, nella storia della Repubblica, che assistiamo ad un fatto davvero incredibile: mentre lo Stato può sciogliere i comuni per infiltrazioni mafiose, se vi sono infiltrazioni democratiche e le banche tentano di sciogliere il comune, lo Stato non può nulla. Devo davvero ringraziare molto il sottosegretario Davico per quello che ha fatto, ma ha tanto fatto che si è dovuto arrendere di fronte all'evidenza che non siamo in grado, come Paese, come Stato di diritto, di poter far nulla di fronte ad un evento come questo. Il comune è obbligato ad avere la tesoreria, le banche si rifiutano di consentire a questo comune di operare. Non possiamo assolutamente accettare e rimanere passivi di fronte al fatto che delle banche decidano di sciogliere un consiglio comunale legittimamente eletto (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 407 di lunedì 13 dicembre 2010

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Signor Presidente, quanto tempo ho a disposizione?

Maurizio Turco: Intervengo a nome dei deputati radicali e lo farò a partire dalle evocazioni di alcune persone e di una lotta, la nostra, che affonda le radici tra i confinati democratici, federalisti europei antifascisti, sull'isola di Ventotene.

Maurizio Turco: Su quell'isola, mentre nel Paese e in buona parte del continente europeo si imponeva il nazifascismo, i confinati Ernesto Rossi ed Altiero Spinelli e, per altro verso, Gaetano Salvemini pensavano e lottavano per la democrazia, arrivando a scrivere allora il manifesto di Ventotene per gli Stati uniti di Europa, che in quel momento era più di un'utopia, ma che ancora oggi rappresenta il punto più alto di elaborazione teorica e di necessaria organizzazione politica ed istituzionale, per l'Europa e non solo. Dopo il ventennio del regime fascista, fatta salva la bellissima parentesi costituente, siamo passati a quello che da un sessantennio è il regime partitocratico e antidemocratico, la cui cifra è da una parte l'unanime definizione della Costituzione («bellissima»), e dall'altra l'altrettanto unanime azione nel tradirla, disapplicarla, contraddirla, violarla. I padri costituenti avevano, tra l'altro, previsto nella «bellissima» Costituzione che i cittadini disponessero di una seconda scheda elettorale, quella referendaria, scheda attraverso la quale, fin quando la si è potuta usare, si sono fatte le grandi riforme sociali in questo Paese. Per evitare che la via referendaria riformatrice e popolare prendesse piede in questo Paese sono intervenuti, da una parte, le alte corti impedendone la tenuta, e poi il Parlamento tradendo ripetutamente il voto. Gli italiani votano il referendum radicale contro il finanziamento pubblico ai partiti? Il regime dei partiti lo ridefinisce «rimborso elettorale» e moltiplica per dieci le proprie entrate. Gli italiani votano i referendum radicali di Enzo Tortora per riformare la giustizia? La partitocrazia tradisce quella decisione popolare, e non è un caso se da allora il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa afferma che in Italia l'eccessivo ritardo nell'amministrazione della giustizia costituisce un significativo pericolo, in particolare, per il rispetto dello Stato di diritto. Consentitemi oggi, in questa occasione, di evidenziare il nostro urlare soffocato dal vostro unanime silenzio sulle pratiche con le quali l'attuale presidente della regione Lombardia, nell'anno sedicesimo del suo governo, ha presentato la sua candidatura, e di cui le firme false sono solo l'epilogo, direi quasi naturale, di un quasi ventennale regime di occupazione della regione Lombardia. Voterete, probabilmente a stragrande maggioranza, una qualsiasi legge elettorale, purché non sia quella semplice e chiara con la quale in un piccolo collegio il candidato eletto è quello che ottiene più voti, cioè eletto con il sistema elettorale uninominale. Oggi i cittadini non conoscono nemmeno i nomi di noi parlamentari, che siamo stati nominati. Noi invece vogliamo che conoscano anche l'indirizzo di casa. Convocherete elezioni ancora una volta antidemocratiche senza aver ripristinato un minimo di informazione, di dibattito, di confronto politico, dopo sessant'anni nei quali avete attentato costantemente a diritti civili e politici dei cittadini. Ed oggi siamo passati dalla sistematica violazione del diritto dei cittadini di conoscere per deliberare (che dovrebbe essere un fondamentale della democrazia), al diritto del giornalista, soprattutto se del sistema pubblico, di stabilire l'agenda politica e decidere lui chi può governarla o invece opporsi. Financo il Presidente della Repubblica, che in occasione delle elezioni europee del 2009 registrò la cortina di silenzio che aveva nascosto agli elettori anche la presenza delle liste dei radicali, di Marco Pannella in particolare, per quanto in suo potere agì con decisione. Il regime partitocratico è il regime che ha puntato sulla spartizione della RAI, dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, e di tutte le cosiddette autorità indipendenti. Signor Presidente, cerco di concludere brevemente. Luca Coscioni parlava di una lotta che doveva andare dal corpo del malato al cuore della politica. Un malato non è solo colui che ha problemi di salute, ma, più in generale, colui a cui è negato il diritto di conoscere i propri diritti che può e deve esigere, così impedendo a chiunque altro di decidere al posto suo tutto ciò che lo riguarda, sino a cosa fare o non fare della propria vita. Per quanto riguarda il voto di domani, rileviamo e ribadiamo che il bilancio del sessantennale regime partitocratico ed antidemocratico è disastroso e, per molti versi, perfino peggiore di quello del precedente infame regime fascista. Questa è la nostra analisi ed a questo regime sessantennale va la nostra sfiducia che, oggi, si esprime necessariamente nello specifico istituzionale dello sfiduciare il Governo (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 408 di martedì 14 dicembre 2010

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Maurizio Turco: Signor Presidente, possiamo avere anche noi diritto ad intervenire nelle stesse condizioni che ha garantito a qualcun altro?

Maurizio Turco: Signor Presidente, noi accettiamo solo una distinzione all'interno di quest'Aula, tra i partigiani della democrazia, dello Stato di diritto e della legalità e la partitocrazia. Quel regime antidemocratico che ha, dapprima, occupato la RAI per condizionare il pensiero e le decisioni dei cittadini, per continuare con l'occupazione di tutte le autorità indipendenti, quel regime partitocratico e antidemocratico che ha sottratto la scheda referendaria ai cittadini di questo Paese e che continua a dire che abbiamo una bellissima Costituzione...

Seduta n. 412 di mercoledì 22 dicembre 2010

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Signor Presidente, è davvero difficile in un minuto poter spiegare le ragioni di un voto su un tema così importante come quello della richiesta di dimissioni di un Ministro. Ringrazio molto il collega Giachetti per aver portato in quest'Aula delle ragioni pregnanti con il nostro mandato. Vorrei sommessamente rivolgere soltanto una richiesta al Ministro Calderoli. L'onorevole Bernini Bovicelli nel suo intervento ha riportato la volontà del Ministro (ovvero quella di presentare lui personalmente il decreto di rettifica e di ripristino di quanto si è detto erroneamente cancellato). Quindi, signor Ministro, penso che sarebbe opportuno che, se ciò corrisponde alla sua volontà, oltre all'accenno vi sia una parola affinché resti anche agli atti e a verbale di questa Assemblea quanto lei ha manifestato palesemente come sua volontà. Quindi, a seguito di quello che ha detto l'onorevole Giachetti, saremo conseguenti nel nostro voto (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 416 di mercoledì 12 gennaio 2011

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Signor Presidente, non abbiamo sottoscritto la risoluzione unanime che è stata presentata perché riteniamo abbia un approccio parziale. Gli emendamenti che abbiamo presentato ieri, a nostro avviso, sono delle integrazioni indispensabili. Scusate, ma questo Parlamento oggi si sveglia scoprendo che c'è un problema di libertà, pensiero, coscienza e religione nel mondo? Un mese e mezzo fa voi, tutti voi, eravate già in Aula, pronti, tutti insieme, con gli interventi preparati, a sottoscrivere l'Accordo di cooperazione con il Sudan con quel al-Bashir, opportunamente richiamato dalla collega Boniver, il quale ha una sola caratteristica - e ve l'abbiamo ricordata noi, in quest'Aula -, ossia la caratteristica di assassino seriale di cristiani. Voi stavate firmando con lui un accordo e vi abbiamo costretti a ritirare quell'impegno. Ci sono storie che parlano. Non è un caso se il leader della popolazione vietnamita cristiana dei montagnard con alcune centinaia di suoi concittadini è iscritto al Partito Radicale; se il leader della chiesa buddhista unificata del Vietnam, Vo Van Ai, è iscritto al Partito Radicale. Non è un caso se la leader degli Uiguri, la popolazione musulmana massacrata in Cina, Rebya Kader, è iscritta al Partito Radicale; non è un caso se il Presidente del Parlamento tibetano in esilio è iscritto al Partito Radicale! Non è un caso se provengono da noi le uniche azioni nei confronti dell'Unione europea a fronte del vostro alzare la voce: abbassate la voce, fate rispettare le direttive europee, fate rispettare gli accordi di cooperazione! In tutti gli accordi di cooperazione tra l'Unione europea e questi Paesi, che abitualmente violano la libertà di pensiero, coscienza e religione c'è una clausola: la clausola del rispetto dei diritti umani e della democrazia. Non solo l'Unione europea non l'ha mai utilizzata, ma nel momento in cui noi, i deputati radicali, abbiamo denunciato la Commissione europea perché non rispettava la propria legge, voi, i vostri gruppi parlamentari, siete stati a guardare! Allora il problema oggi è quello che dovete abbassare la voce! Dovete abbassare la voce. Non puntate all'ONU per fare qualcosa tra vent'anni, una dichiarazione solenne, piuttosto puntate all'Unione europea, impegnate il Governo perché il Governo non può farlo da solo. Impegniamo insieme il Governo perché l'Unione europea sia costretta a rispettare la propria legge e il Governo abbia il mandato di fare anche ricorso alla Corte europea di giustizia. Se credete alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione vanno benissimo i proclami, ma state attenti nel vostro vedere con il microscopio quello che accade in alcune parti del pianeta o ad alcuni. Ci sono milioni di persone a cui è impedito - oltre ad essere molti di loro anche uccisi - di poter esprimere le proprie opinioni di pensiero, di coscienza, di religione, di tutte e di qualsiasi religione. Questa è la differenza tra noi e voi. Noi crediamo nell'universalismo: i diritti devono essere uguali per tutti e dovunque. Voi no, voi no! Voi ve ne accorgerete oggi, ancora un mese e mezzo fa con lo sterminatore di cristiani, il cristianofobo per eccellenza, stavate firmando un accordo commerciale (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 423 di martedì 25 gennaio 2011

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Signor Presidente, sicuramente concordo con quanto ha detto testè il collega Melis. Signor sottosegretario, lei, opportunamente, ha detto «attualmente», ma questa interrogazione era del mese di settembre 2010 quando i fatti denunciati accadevano. Il Coisp è andato oltre. Non ha denunciato semplicemente che alcune questure o alcune prefetture avevano disabilitato le comunicazioni con l'estero. Il Coisp diceva testualmente che queste decisioni erano state prese a seguito di un intervento da parte dell'amministrazione centrale. Noi crediamo che nell'ambito di quelle che sono le prerogative e le responsabilità in capo all'amministrazione centrale sia necessario, nonostante attualmente tutto sia stato chiarito, non solo ristabilire l'ordinaria amministrazione, ma potenziare quelli che sono gli uffici destinati all'immigrazione, perché, come veniva ricordato, ormai sono quasi dei punti nevralgici nell'amministrazione dello Stato. Infatti, avendo fatto della politica contro l'immigrazione un punto centrale della politica del Governo, anche alla luce di quelle che sono ormai le critiche alla politica del Governo da parte di organismi internazionali, non vorremmo che, in un modo poco corretto, si sopperisca all'impossibilità di poter avere una legislazione come vorreste attraverso delle difficoltà di ordine burocratico, come quella che è accaduta tra l'agosto e il settembre 2010. L'intervento dell'amministrazione centrale era destinato non solo ad alcune, ma a tutte le questure e a tutte le prefetture. Speriamo di non dovere intervenire in seguito perché si inventerà qualche altro modo per impedire a questi uffici di poter operare così come viene chiesto loro dalla legge.

Seduta n. 429 di giovedì 3 febbraio 2011

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Signor Presidente, come abbiamo già anticipato in sede di Giunta per le autorizzazioni, siamo convinti che dal punto di vista giuridico la richiesta dei magistrati milanesi sia formalmente fondata e, quindi, i deputati radicali voteranno contro la proposta del relatore per la maggioranza. Detto questo riteniamo però che sia indubbio che una mobilitazione, un accanimento ed un investimento di energie enormi siano alla base della richiesta in oggetto. I risultati che, probabilmente, si sarebbero avuti anche senza un'anomala, impropria e sapiente utilizzazione di risorse giudiziarie potrebbero rappresentare essi stessi aspetti di rilevanza penale, soprattutto se si confronta questa indagine con l'inspiegabile, o troppo facilmente spiegabile, realtà lombarda, letteralmente di regime «formigoniano-ciellino», che in modo notorio, nell'inchiesta detta della P3 ed in eloquentissime intercettazioni, costituisce qualcosa che ci ricorda in maniera impressionante la realtà napoletana e camorristica del caso Tortora. Questo caso, ricordo, fu inventato e gestito da un'associazione costituita da parti della giurisdizione, del locale, ma non solo, «quarto potere» e da pentiti subornati per giungere attraverso la criminalizzazione criminale di Enzo Tortora, a distrarre l'opinione pubblica da questa convergenza camorristica di potere che ancora oggi lascia le sue tracce. Basta guardare l'intreccio di telefonate di Governo prefettizie, di vertici della magistratura, di potere regionale nel senso istituzionale della parola, che costituiscono certissimamente una struttura ed un'operazione volte a sacralizzare l'impunità della partitocrazia, di un potere che per dichiarazione esplicita del governatore Formigoni era ed è tutt'ora terrorizzato dalle puntuali denunce radicali - purtroppo solo da quelle - relative alla falsificazione delle firme utilizzate per la presentazione del candidato governatore alla regione Lombardia Formigoni, archiviate in due giorni, senza indagini e riaperte solo dopo che le ricerche dei radicali hanno fornito alla magistratura milanese il corpo del reato. Tutto questo è successo alcuni mesi fa, nel silenzio assordante di tutti voi. Allora non vi era indignazione. Eravate tutti, ma proprio tutti, d'accordo a tacere, fornendo probabilmente così, con quel silenzio, anche la spiegazione del crollo della sinistra lombarda, complice subalterna come clamorosamente si è potuto verificare in una puntata della trasmissione Annozero che è stata particolarmente eloquente tanto da neutralizzare perfino il grande Vauro. Leggiamo d'altra parte che si sta annunciando un grande, grandissimo, enorme partito di legittima difesa, che è per ora un partito di legittima difesa dei metodi e dei riflessi criminosi di governatori, prefetti, procuratori generali, cooperazione e forze cooperative rosse e bianche, un nuovo modello emiliano con evidenti radici lombarde. Se volete questo è solo un frammento, che è esemplificativo dell'ordinaria negazione della giustizia. Cari colleghi, parole come queste e le reiterate condanne a carico del nostro Paese hanno indotto il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa a rivolgere nuovamente la sua attenzione al «caso Italia», per ribadire che tempi eccessivi nell'amministrazione della giustizia costituiscono un grave pericolo per il rispetto dello Stato di diritto. Non sono più affermazioni riprese dai radicali e da Marco Pannella: oggi sono le affermazioni riportate dal primo presidente della Corte di Cassazione, Ernesto Lupo, che le ha pronunciate alcuni giorni fa in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario. Il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa antepone una considerazione: queste denunce, queste violazioni si reiterano a partire dagli inizi degli anni Ottanta. Vi dice niente questo «inizi degli anni Ottanta»? Oggi, come allora, come agli inizi degli anni Ottanta, la partitocrazia continua a far finta di non accorgersi delle urgenze, cioè di porre mano allo sfascio che dalla giustizia passa anche allo Stato di diritto e alla democrazia. Agli inizi degli anni Ottanta, mentre voi tutti pensavate di poter accomodare le cose tra complici, noi raccoglievamo le firme sui referendum per la giustizia giusta, sui referendum radicali di Enzo Tortora. Nonostante il solito miope ostracismo con vostra somma sorpresa - ma non nostra - oltre l'80 per cento degli italiani (80,2 per cento) votò per il sì. Per esempio, disse sì alla responsabilità civile dei magistrati e, anziché farvi forti del voto popolare, come vostra consuetudine, lo tradiste. Oggi, come allora, c'è chi pensa che il vuoto di politica possa creare le condizioni per poter formare finalmente un'enorme coalizione, pur di evitare la riforma liberale sconosciuta al nostro Paese. Continueremo caparbiamente ad anteporre gli interessi del Paese a quelli che potrebbero essere interessi di partito o personali e continueremo ad opporre alle vecchie e nuove gioiose macchine da guerra la riforma liberale della giustizia, dell'economia e delle istituzioni.

Maurizio Turco: Vorrei finire leggendo alcune parole del presidente Ernesto Lupo: «Il rispetto del diritto umano fondamentale di ogni persona, il diritto alla giustizia, costituisce una sorta di precondizione per la tutela di ogni altro diritto, una sorta di diritto ai propri diritti». Questo è quello che voi con le vostre leggi, con il vostro silenzio e con la vostra disattenzione state negando (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 438 di mercoledì 23 febbraio 2011

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, noi credevamo e crediamo che l'Accordo con la Libia sia stato un errore, quell'Accordo. Oggi il nostro Paese, però, ha il dovere rispetto a quell'Accordo di prendere dei provvedimenti, almeno di sospendere subito quell'Accordo, in vista di una denuncia.

Maurizio Turco: Ha il dovere di sospendere l'Accordo di cooperazione militare che è tutt'oggi in essere con la grande Repubblica araba di Libia, popolare e socialista, di decidere subito di sospendere le opere pubbliche in essere, di congelare immediatamente i beni che la famiglia Gheddafi, e non il popolo libico, possiede nel nostro Paese.

Maurizio Turco: Signor Presidente, questa era una premessa per sollecitare una risposta a tutte quelle interrogazioni che non l'hanno ancora ricevuta, che avrebbero potuto mettere il Governo oggi in condizione di dare già risposte sulle quali chiamare il Paese, il Governo, la maggioranza e l'opposizione a fornire un'azione concreta, e non solo vuote parole.

Seduta n. 450 di mercoledì 16 marzo 2011

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Signor Presidente, è comprensibile che, più o meno, tutti voi avevate o avete avuto paura in passato dei referendum, e ne abbiate oggi, ma se non si raggiunge il quorum c'è un motivo serio. Quando il 90 per cento degli italiani andò a votare per i referendum e l'80 per cento disse «no» al finanziamento pubblico, voi - tutti insieme - quelle schede elettorali dei vostri elettori le avete stracciate; avete fatto un nuovo sistema - non chiamava più finanziamento, ma rimborso elettorale - e vi siete quintuplicati i vostri rimborsi. Quando l'80 per cento degli italiani ha votato per la responsabilità civile dei magistrati questo Parlamento ha tradito quel voto, e quegli elettori erano i vostri elettori. Ecco perché avete paura dei referendum. Avete paura dei referendum perché - ha ragione, sottosegretario - c'è un problema, il problema dell'informazione. Mi riferisco a quella cosca partitocratica denominata Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che consente continuamente ai Vespa, ai Santoro, ai Floris di decidere le agende politiche, e quali devono essere i problemi del Paese che i cittadini possono veder discussi. Loro hanno il potere di decidere chi può governare questo Paese e chi invece deve rappresentare l'opposizione. Il gioco democratico è saltato e, allora, è risibile la questione della data nel momento in cui le elezioni amministrative, come dicemmo nel 1997, non pongono nessun problema rispetto a quello che è stato il volere...

Maurizio Turco: .dei padri della Costituzione che hanno voluto dare una seconda scheda elettorale nelle mani dei cittadini, proprio per fornire un modo di contrastare il vostro tradire continuamente i vostri impegni (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 456 di giovedì 31 marzo 2011

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, intervengo per sollecitare una risposta all'interrogazione 4-11439 dal Ministero dell'economia e delle finanze, perché il 25 marzo scorso il Comitato di sicurezza finanziaria del Ministero dell'economia e delle finanze, in una comunicazione agli operatori ha escluso il congelamento dei beni della Tamoil Italia Spa. In questa nostra interrogazione noi documentiamo come la Tamoil Italia Spa è posseduta al 100 per cento, è una società della Tamoil Nederland. Sarebbe bastata una visura camerale, che con 2,50 euro poteva essere fatta presso la Camera di commercio di Rotterdam per vedere che la Tamoil Nederland, proprietaria della Tamoil Italia Spa, è a sua volta di proprietà di tre società libiche che le autorità dell'Unione europea e del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite hanno dichiarato essere controllate da Gheddafi e famiglia e che sono potenziale fonte di finanziamento del suo regime. La prego quindi, signor Presidente, di sollecitare il Ministero dell'economia e delle finanze perché riveda, attraverso il suo comitato di sicurezza finanziaria, la decisione di non congelare i beni della Tamoil Italia Spa. Questo è un fatto gravissimo, che mette anche in luce come la politica di congelamento dei beni del regime libico poi, alla prova dei fatti, non trova riscontri concreti. Davvero, sarebbe bastato pochissimo al comitato di sicurezza finanziaria per appurare che la Tamoil Italia Spa non è una società come le altre, ma è una società che indirettamente fa parte di quelle società delle quali si sarebbero dovuti congelare i beni. Naturalmente, non possiamo aspettare giorni perché il comitato di sicurezza finanziaria riveda le proprie decisioni, per cui provvederemo ad inoltrare l'interrogazione al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e soprattutto al Consiglio dell'Unione europea perché prenda provvedimenti nei confronti della Repubblica italiana per non avere, per incapacità, provveduto a dare seguito alle decisioni dell'Unione europea (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 463 di mercoledì 13 aprile 2011

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, vorrei specificare che l'affermazione secondo la quale da oltre trent'anni in Italia lo Stato di diritto è in pericolo, non è mia, ma del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa. Ecco perché noi parliamo di Stato delinquente abituale nel quale si inserisce questo provvedimento.

Seduta n. 468 di mercoledì 27 aprile 2011

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Signor Presidente, a quanto abbiamo ascoltato - perché di questione pregiudiziale costituzionale stiamo parlando e quindi di questioni come dire tecniche - aggiungerei anche l'articolo 25 della Costituzione, che viene violato dal provvedimento in esame. Com'è noto infatti, sulla base dell'articolo 25 della Costituzione in vigore - o meglio, che dovrebbe essere in vigore nel nostro Paese come in tutti gli altri Stati liberali - i principi di legalità, tassatività, determinatezza e precisione delle norme penali non sono affatto rispettati dal provvedimento in esame. Abbiamo ascoltato nelle settimane scorse dichiarazioni contraddittorie da parte degli stessi membri della maggioranza, preoccupati, sia coloro che sono favore del provvedimento in esame sia coloro che sono contro di esso, della possibilità che questa legge dia ampi margini di manovra al potere giudiziario, ma questo è esattamente ciò che si intende per violazione dell'articolo 25 della Costituzione. Noi chiediamo il voto a tutti i colleghi di questo Parlamento sulle pregiudiziali perché questo tipo di voto, ancor meno di quello sul merito, non riguarda affatto la collocazione nella maggioranza o all'opposizione, la destra o la sinistra o una linea divisoria delle confessioni religiose. È un voto sulla Costituzione, sui principi di uno Stato liberale, sullo Stato di diritto, sul rispetto delle regole fondanti di questo Paese. È stato citato prima dal collega Palagiano il fatto che Aldo Moro avesse partecipato insieme a Giovanni Leone alla stesura della parte finale dell'articolo 32 della Costituzione, laddove dice che nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge e che la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.  Tale articolo va necessariamente letto insieme all'incipit dell'articolo 13, laddove si prevede che la libertà personale è inviolabile e soprattutto all'articolo 2: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo (...)», i diritti inviolabili di quell'uomo, del singolo uomo. Quindi, qui, noi oggi stiamo dibattendo di un provvedimento che vorrebbe impedire a tutti di poter esercitare la loro inviolabile libertà personale, che ancora una volta, la Costituzione dice essere riconosciuta e garantita. Ma Aldo Moro perché aveva così puntigliosamente operato nell'Assemblea Costituente? Aveva operato così perché sosteneva che il limite imposto dal rispetto della persona umana era necessario perché il legislatore non cadesse nella tentazione dell'onnipotenza. Potremmo dire, leggendo la vostra legge, che Aldo Moro aveva previsto che qualcuno - un legislatore - potesse cadere nel delirio dell'onnipotenza, e, nonostante avesse voluto quella parte finale nell'articolo 32 della Costituzione, oggi è dimostrato che quel lavoro è stato del tutto inutile. In altre parole, ancora una volta anziché rispettare la lettera della Costituzione, la Costituzione viene interpretata, cioè violata. Questa è una legge inutile. È una legge sulla dichiarazione anticipata di volontà che nel punto chiave impedisce la dichiarazione anticipata di volontà, cioè la rende vana e senza effetti operativi. Devo necessariamente, ancora una volta, su questo punto richiamarmi agli articoli 32 e 13 della Costituzione. La combinazione di autodeterminazione e libertà è qui intesa a disporre della propria vita e del proprio corpo nelle condizioni estreme. Non si può fare retorica sull'abuso della libertà e sostenere che noi proponiamo un'idea per cui ognuno è libero di fare quello che vuole. Si sta parlando di condizioni estreme: la fine di una vita, una vita che si chiude con la morte. In quelle condizioni il cittadino responsabile e consapevole ha diritto di esprimere un parere vincolante, non un'opinione che qualcuno deve, può, vuole e decidere se interpretare; vincolante per chi deve assisterlo e per chi è tenuto per deontologia professionale a rispettare fino in fondo le sue volontà. Il punto fondamentale che noi stiamo qui ad affermare e che affermeremo sempre, anche dopo che questa pessima legge sarà passata, è il diritto di scelta, il diritto del singolo individuo, non dell'ammasso di un gruppo, di misurarsi con il proprio destino e con la possibilità di decidere una cosa difficilissima, difficilissima per chiunque che può anche essere libero di non decidere sulle proprie condizioni di fine vita. Il diritto di rifiutare trattamenti medici è espressamente riconosciuto nell'articolo 32, è altresì desumibile sia dall'articolo 8 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo, sia dall'articolo 3 della Carta europea dei diritti dell'uomo, ed è inoltre parte integrante dei diritti inviolabili della persona di cui all'articolo 2 della nostra Carta fondamentale. Peraltro se, con non poco azzardo, si volesse negare persino la qualifica di trattamento sanitario alla nutrizione e idratazione artificiali o ad altri interventi salvavita che non ripristinano ma sostituiscono funzioni compromesse, esse sarebbero comunque pienamente rifiutabili secondo l'articolo 13 della Costituzione, come qualsiasi altra ingerenza sulla persona fisica: se non è un atto sanitario a maggior ragione qualsiasi atto sul mio corpo senza la mia volontà non può essere fatto. Abbiamo sentito uno strano silenzio nonostante la presenza di tanti medici in quest'Aula. Vi è l'articolo 53 del Codice di deontologia medica il quale afferma che, quando una persona rifiuta volontariamente di nutrirsi, se è consapevole delle possibili conseguenze della propria decisione, il medico non deve assumere iniziative costrittive. La vostra proposta di legge impone al medico di assumere iniziative costrittive...

Maurizio Turco: ... queste sono le ragioni per le quali noi chiediamo, sulla base della lettera della nostra Costituzione, di votare le pregiudiziali di costituzionalità (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, desidero intervenire sull'ordine dei lavori nel senso che siamo stati chiamati d'urgenza ad esprimerci su un testo che sembrava essere di estrema attualità ed urgenza per il popolo italiano e ci ritroviamo, dopo un'ora e mezzo, che era tutto uno scherzo, ancora una volta, perché quando si parla delle libertà personali c'è, come sempre, un'estrema, quando va bene, disattenzione, altrimenti c'è un estremo sfregio delle libertà personali.

Maurizio Turco: Noi riteniamo che quanto sia accaduto - lo dico con un termine popolare - ha più l'aria di una buffonata che di un qualcosa davvero sentito come urgenza. Improvvisamente abbiamo assistito ad un cambiamento del nostro ordine dei lavori e non si è capito bene perché dopo un'ora dovevamo improvvisamente smettere di discutere. Ci è stato spiegato che era un'emergenza, non se ne poteva fare meno e bisognava fare presto. Abbiamo fatto prestissimo, andrà a finire che abbiamo consegnato ancora una volta a un'iniziativa parlamentare unicamente il valore elettorale. Vedremo quando riprenderemo il dibattito, di certo un simile comportamento politicamente non può che essere censurabile. È un comportamento, posto in essere innanzitutto dall'Unione di Centro con il Popolo della Libertà e la Lega che sicuramente che non fa onore a quest'Aula.

Seduta n. 469 di giovedì 28 aprile 2011

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, il Presidente Leone ha letto molto velocemente il calendario dei lavori, ma mi è parso di cogliere una data molto importante: quella del 18 e del 19 maggio entro la quale, anzi, nella quale riprenderemo i lavori sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, cioè fra tre settimane. Questa è la dimostrazione che l'iniziativa di ieri dell'Unione di Centro per il Terzo Polo e dell'onorevole Casini, che hanno voluto anticipare la discussione sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, in realtà, si è trasformata in un posticipo. A seguito della lettura da parte dell'onorevole Leone del nuovo calendario, ci saremmo aspettati dall'Unione di Centro per il Terzo Polo, che ieri aveva tutta questa urgenza di discutere questo importantissimo documento, una minima reazione. Speriamo che lo abbia fatto nell'ambito dei lavori della Conferenza dei presidenti di gruppo. Di certo, quella che è stata venduta ai cittadini come una grande iniziativa politica si è rivelata, alla prova dei fatti, nemmeno dopo ventiquattr'ore, una «bolla» mediatico-elettorale, ancora una volta, sulla pelle dei cittadini, ma anche sulla dignità di questo Parlamento. Non vi era nessuna necessità, infatti, di posticipare il dibattito sulle dichiarazioni anticipate di trattamento che erano all'ordine del giorno. Ieri avremmo potuto chiudere la discussione di oggi; oggi, avremmo potuto affrontare il resto dei temi, che discuteremo la prossima settimana; e la prossima settimana, senza agitazioni propagandistiche, avremmo discusso con tranquillità le dichiarazioni anticipate di trattamento. Questo modo di trattare quest'Aula e i deputati, a nostro avviso, è indecoroso e, in qualche modo, viola anche il buon senso, il senso comune. Non vorremmo che, di fronte a fatti come questi - nei telegiornali di ieri sera e nei quotidiani di stamattina non si parla d'altro -, domani, venisse meno l'attenzione rispetto ad un fatto molto semplice: l'Unione di Centro per il Terzo Polo e l'onorevole Casini si sono presi gioco di questo Parlamento, perché impegnati in campagna elettorale (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 470 di martedì 3 maggio 2011

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, intervengo giusto per informare l'Assemblea che, sulla base delle considerazioni svolte dall'onorevole Donadi, un membro della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, il collega Beltrandi, non è presente in Aula proprio perché, in base alla legge referendaria di diretta applicazione costituzionale, da tempo la RAI avrebbe dovuto iniziare il dibattito sui referendum. Questa è la ragione per la quale, a cominciare dal collega Beltrandi, da oggi la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi è occupata. Mi auguro che altri colleghi, che condividono questa impostazione del rispetto della legge scritta, raggiungano il collega Beltrandi e che, fino al raggiungimento dell'obiettivo, cioè il rispetto della legge, si occupi la Commissione suddetta in segno, anche per ciascuno di noi, del fatto che la legalità viene prima di tutto, soprattutto prima dell'interesse di parte (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Maurizio Turco: Signor Presidente, essendo eventualmente precluso il mio emendamento intervengo su questo. Credo che, a parte la questione dell'una tantum, che appare a dir poco ridicola, il provvedimento sia la solita toppa mal messa, che si rivelerà, come al solito, un sistema per dare ai dirigenti quello che ai ruoli non direttivi e non dirigenziali viene abitualmente tolto. Avete fatto e fate la vostra propaganda, potendo contare unicamente sulla dedizione al dovere della truppa, alla quale, sino ad oggi, avete riservato un trattamento a dir poco vergognoso. Infatti, li avete illusi e maltrattati sotto ogni aspetto, dal lavoro alla dignità che meritano, restringendone i diritti e tagliando indiscriminatamente gli stipendi, per arrivare ad affossare anche quella stessa promessa di riordino delle carriere sulla quale avete fatto incetta di voti e di fiducia. Fiducia che non meritate, e lo state dimostrando ogni giorno, presentando provvedimenti per favorire gli alti gradi, creando nuovi posti di poteri, gestione e comando, mantenendo in piedi una rappresentanza militare che, sicuramente, vi serve come strumento di controllo. Per ben due volte l'avete prorogata, negando ai militari di poter scegliere i propri rappresentanti: li avete scelti voi, per una tazzina di caffè, perché in cambio gli avete dato la gestione delle macchinette del caffè all'interno delle caserme. Questo è semplicemente vergognoso, da parte vostra e da parte di chi ha accettato questo scambio! Voi ricompensate la dedizione delle Forze dell'ordine con una tazzina di caffè! Solo per alcuni, però! Sin dalla scorsa estate abbiamo detto che i 170 milioni di euro che avevate stanziato per il biennio 2011-2012 erano totalmente insufficienti. L'avete capito anche voi, ma lo sapevate: li stavate ancora una volta truffando, come abitualmente fate dall'inizio della legislatura. Inoltre, è ormai accertato che i soldi che voi togliete alla truppa (come avete fatto sino ad oggi) all'80 per cento vanno agli alti gradi e ai generali. Su questo avete continuato a far finta di nulla, avete continuato a derubare la truppa per arricchire i generali. Perché? Perché i generali vi servono. Dalla Finmeccanica a Difesa Servizi Spa i generali vi servono, vi servono per fare affari, vi servono per fare il «nero» necessario, dalla Libia al Kazakistan. Su questo avete parole per la truppa, o avete solamente il vostro accordo tacito ma segreto solo con i generali (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico)?

Seduta n. 471 di mercoledì 4 maggio 2011

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, vorrei intervenire per fatto personale a seguito dell'intervento di ieri sera del sottosegretario Crosetto che evidentemente si è fatto prendere dai toni del mio intervento e non dal contenuto di quello che ho detto e che è riportato precisamente nel resoconto stenografico. C'è innanzitutto un fatto che voglio sottolineare e che ho sottolineato ieri sera privatamente al sottosegretario Crosetto: non ho fatto nomi di membri del Governo perché non avevo nomi da fare. Non volevo assolutamente far credere di sapere altro oltre a quello che è scritto sul resoconto. Continuo a ritenere, come ho ritenuto di dover dire, che questo Governo, per quanto riguarda i rapporti con i gradi più bassi, con la truppa delle Forze armate e delle Forze di polizia del comparto sicurezza e difesa, continua a presentare dall'inizio della legislatura dei provvedimenti che favoriscono gli alti gradi. Non è una critica politica, è una presa d'atto di fatti, di leggi, di provvedimenti che creano nuovi posti di potere, gestione e comando. Difesa Servizi Spa, come dicevo ieri sera, è uno di questi esempi e non è un caso che sulla Gazzetta Ufficiale la nomina del consiglio di amministrazione di Difesa Servizi Spa è piena di omissis. Quindi, nella Gazzetta Ufficiale si pubblica la nomina dei membri del consiglio di amministrazione di Difesa Servizi Spa omettendo i nomi dei membri. Qualcuno può pensare che sarà per un problema di sicurezza nazionale, ma basta fare una visura camerale e viene fuori l'elenco dei membri del consiglio di amministrazione di Difesa Servizi Spa. Non si sa come siano stati nominati, secondo quali criteri, però si sa che sono generali che molto probabilmente, lo appureremmo se il Governo rispondesse alle nostre....

Maurizio Turco: Ho cinque minuti a disposizione, signor Presidente. Dicevo se il Governo rispondesse alle nostre interrogazioni non ci sarebbero di queste polemiche perché dal 2008 ci sono decine di interrogazioni che attendono risposta. Il sottosegretario Crosetto relativamente al mio intervento ha lamentato il fatto che non è vero che con questo decreto-legge si danno soldi ai generali. Io non ho detto ciò, dico invece che questo viene fatto dall'inizio della legislatura, altro che solo con quest'ultimo provvedimento! Il sottosegretario Crosetto ha creduto di ascoltare dal mio intervento che gli avrei dato del ladro, del bandito, della persona che fa il «nero» con Finmeccanica. In realtà, ho detto altro: ho detto che, sin dall'inizio di questa legislatura, il Governo continua a derubare la truppa per arricchire i generali perché i generali a questo Governo servono. Servono da Difesa Servizi Spa, come dicevo, a Finmeccanica. Quando parlo del «nero» di Finmeccanica non esprimo una mia previsione, c'è la magistratura che fa il suo lavoro, e tutti quanti leggiamo i giornali. A Cipro ci sono i conti in nero di società che fanno parte della galassia Finmeccanica e che sono sfuggite al controllo di qualcuno. Ma chi nomina il consiglio di amministrazione di Finmeccanica? A chi risponde il consiglio di amministrazione di Finmeccanica? Queste domande che sto ponendo retoricamente sono quelle contenute nelle decine e decine di strumenti di sindacato ispettivo, e se il Governo avesse risposto non ci sarebbero problemi, non ci sarebbero equivoci.

Maurizio Turco: Spero che la Presidenza si possa far carico - anzi, si debba far carico perché è previsto dal Regolamento - di sollecitare il Ministero della difesa, per il momento, almeno per rispondere alle nostre interrogazioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 474 di mercoledì 18 maggio 2011

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 17,30)

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, come lei ha ricordato al collega Cera saranno i Ministri competenti a rispondere a un eventuale interrogazione se la volesse presentare. Devo dire che l'intervento del collega Cera è un atto di «killeraggio» nei confronti di una persona, Gianni Lannes, un giornalista professionista noto - dovrebbe esserlo anche al collega Cera - perché ha subito diversi attentati e in ragione di tali attentati che ha subito perché ha esercitato onestamente la propria professione di giornalista, gli è stata concessa la scorta. Non vorrei che agli atti rimanesse semplicemente la voce del collega Cera che ha parlato di una persona sconosciuta - sicuramente lo è ai più, ma è nota a livello nazionale e internazionale per le sue inchieste - e che qui è apparsa quasi come una persona che ha il privilegio di poter godere di una scorta. Colgo l'occasione per sollecitare la risposta a un'interrogazione che ho presentato diversi mesi fa, esattamente quando il comandante del ROS, il generale Giampaolo Ganzer, è stato condannato in secondo grado a quattordici anni di reclusione. Ribadisco la richiesta di poter conoscere dal Ministero della difesa le ragioni per le quali non applica la legge e, cioè, le ragioni per le quali il comandante del ROS, il generale Giampaolo Ganzer, continui a ricoprire il ruolo di comandante generale dei ROS, nonostante sia stato condannato in secondo grado a quattordici anni e nonostante le leggi prevedano che il Ministro, come minimo, lo sposti ad altro incarico.

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, appena 15 giorni fa siamo stati costretti, non dico facendo carte false, ma sicuramente attraverso una prova di forza ad iniziare a discutere questo provvedimento, con valutazioni completamente contrarie a quelle che oggi vengono addotte per rinviarlo. Cosa è successo? Avete preso atto che questa è una legge anti-popolare e contro la libertà di scelta dei cittadini? Ve lo hanno fatto presente? Voi volevate andare e siete andati alle elezioni portando questo provvedimento, costringendoci a discuterlo con le nostre questioni pregiudiziali di costituzionalità e sospensive. Avete voluto incardinare quel dibattito. Avete voluto iscriverlo all'ordine del giorno per la giornata di oggi. Adesso non va più bene, non perché avete compreso che ogni giorno in più senza questa legge è un giorno in più per la libertà di scelta, di scienza, di coscienza. Lo fate ancora una volta sulla pelle dei cittadini e, soprattutto, dei malati perché vi conviene, non per convinzione, ma solo ed unicamente per convenienza. Siete già pronti il giorno dopo le elezioni a rifare quello che avevate iniziato a fare 15 giorni fa. Di questo voi ne dovete rispondere!

Maurizio Turco: Ne dovete rispondere perché non c'è alcuna nobiltà in questa vostra scelta! Non c'è alcuna nobiltà politica in questa vostra scelta: è solo una scelta di opportunismo e di convenienza (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico)!

Seduta n. 486 di mercoledì 15 giugno 2011

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Maurizio Turco: Signor Presidente, mi limiterò, nel tempo che ho, a giustificare e a dare conto del nostro voto. Pur senza entrare nel merito dell'inchiesta e, in particolare, in quella micro-parte dell'inchiesta che riguarda l'onorevole Landolfi, non si può non rilevare quanto esigui, se non addirittura inesistenti, siano gli elementi che derivano da queste intercettazioni e che l'accusa intenderebbe utilizzare, non comprendo con quale profitto, nel processo a carico del deputato Landolfi. Se oltre a queste intercettazioni, che paiano essere gli unici elementi a carico dell'onorevole Landolfi, fossero avanzati altri tipi di richieste, come ad esempio di applicazione di misure cautelari, non esiteremmo a dire che saremmo in presenza di un fumus persecutionis. La richiesta, però, che ci viene avanzata oggi dalla magistratura è solo quella di autorizzare l'utilizzabilità nel processo delle intercettazioni effettuate, nel corso delle quali sono state captate casualmente le conversazioni di un deputato. Sulla base di questa valutazione che siamo chiamati a fare e non essendoci sottratti anche ad entrare nel merito della vicenda, noi esprimeremo voto contrario a quella che è la proposta dell'onorevole Paniz. Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

Maurizio Turco: Siamo chiamati ad esprimerci sulla richiesta della Dda di Napoli nell'ambito dell'inchiesta ECO4 sui rifiuti, di autorizzare l'utilizzazione di otto intercettazioni telefoniche in sette delle quali è impegnato il deputato Mario Landolfi. Landolfi dal 2007 è sotto inchiesta, insieme ad altre persone coinvolte, con l'accusa di concorso in corruzione, truffa aggravata con l'aggravante mafiosa e favoreggiamento. Al deputato Landolfi, per quanto pare emergere dalla lettura degli atti che la magistratura ci ha trasmesso, non vengono addebitate condotte che autonomamente integrano le fattispecie di reato a lui contestate, ma appunto è indagato a titolo di concorso ex articolo 110 Codice penale Il fatto specifico dal quale gli inquirenti fanno derivare il concorso del deputato Landolfi nella consumazione dei reati contestati è di aver insieme ad altri fatto dimettere un consigliere comunale, Massimo Romano, in cambio dell'assunzione a termine per quattro mesi della moglie del consigliere dimissionario nella società ECO4 (rifiuti). Dalla lettura degli atti si evince che le dimissioni del consigliere Massimo Romano sono state effettivamente presentate solo circa due mesi prima della scadenza naturale del mandato: difatti il 25 marzo 2004 il consigliere Romano si dimise e il 12 giugno 2004, alla scadenza naturale della consiliatura, si è votato per il rinnovo naturale del Consiglio comunale. Dalla lettura degli atti si evince altresì che ben sette, delle otto intercettazioni per il cui utilizzo ci viene chiesta l'autorizzazione, risalgono addirittura a due anni prima del fatto contestato. L'onorevole Landolfi finisce nell'inchiesta in quanto «referente politico», non fosse altro che per mera appartenenza di area, del Sindaco di Mondragone che per l'appunto è politico anch'egli ed è politico di centrodestra; difatti si legge negli atti che fanno da preludio all'inchiesta e alla successiva incriminazione del deputato Landolfi: «che tale Mario potesse identificarsi nel parlamentare Landolfi emergeva, oltre che dalla lettura sistematica di tutte le conversazioni - da cui sembrerebbe che il Landolfi era ritenuto dagli interlocutori uno dei referenti politici, non fosse che per mera appartenenza di area». Delle otto intercettazioni: sei riguardano telefonate tra Landolfi e Giuseppe Valente, incensurato al momento dei fatti, coordinatore del collegio di Forza Italia e presidente del consorzio CE4; le sei telefonate di presunto interesse investigativo sono state fatte in circa quattro mesi ovvero nel periodo in cui il telefono del Valente era sotto controllo, cioè tra il 12 giugno e 1'8 ottobre 2002; vi è inoltre altra intercettazione nella quale Giuseppe Valente parla con un altro interlocutore; una telefonata è con il consigliere comunale Massimo Romano, dopo che si è dimesso, dalla quale sembra che tra i due non vi siano rapporti di confidenza o conoscenza abituale; la telefonata è stata intercettata nell'arco dei tre mesi in cui il telefono del Romano era sotto controllo, cioè dal 5 maggio al 9 agosto 2004. Più precisamente la telefonata risale al 5 agosto del 2004 ed è di ben quattro mesi successiva alla data nella quale il Romano si era dimesso da consigliere comunale. In una delle telefonate captate tra il Landolfi ed il Valente, una delle sei in quattro mesi di intercettazioni, e precisamente quella del 20 luglio 2002 - che dunque precede di due anni i fatti specifici che vengono addebitati al Landolfi - il Valente comunica a Landolfi che ci sono stati molti arresti a Mondragone per una retata anticamorra, il Landolfi chiede chi sono gli arrestati e alla risposta: «Tutti quelli che stavano fuori, tutti quanti», il Landolfi risponde: «Ah sì, ottimo!!!». Ora pur senza entrare nel merito dell'inchiesta e in particolare in quella micro parte dell'inchiesta che riguarda l'onorevole Landolfi, non si può non rilevare quanto esigui, se non addirittura inesistenti, siano gli elementi che derivano da queste intercettazioni e che l'accusa intenderebbe utilizzare, con non si comprende quale profitto, nel processo a carico del deputato. Tanto che se in forza di queste intercettazioni - che paiono essere gli unici elementi a carico del Landolfi - fossero avanzate altri tipi di richieste, come ad esempio di applicazione di misure cautelari, non esiteremmo a dire che saremmo in presenza di un fumus persecutionis. La richiesta però che ci viene avanzata oggi dalla magistratura è solo quella di autorizzare l'utilizzabilità nel processo delle intercettazioni effettuate e nel corso delle quali sono state captate casualmente le conversazioni di un deputato. Sul punto riteniamo di poter esprimere un voto positivo per due ordini di ragioni. Il primo è che le intercettazioni delle conversazioni con il deputato appaiono essere effettivamente casuali, non essendo legati il Valente o il Romano da notori rapporti di amicizia e/o frequentazione con il deputato, tanto che in sette mesi complessivi di captazioni sulle utenze del Valente e del Romano il numero delle telefonate con il Landolfi è assolutamente esiguo. E questo, a ben vedere, è un elemento che il deputato stesso potrà far valere nel corso del giudizio per dimostrare la sua estraneità dai crimini che gli vengono contestati in concorso. Il secondo è che le stesse telefonate sono a nostro avviso talmente irrilevanti e prive di valore probatorio in ordine ai reati ed ai fatti che vengono contestati al deputato che negare l'autorizzazione alla loro utilizzabilità significherebbe privare il deputato della possibilità di utilizzare nel processo elementi a proprio discarico.

Seduta n. 496 di mercoledì 6 luglio 2011

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Signor Presidente, a titolo personale vorrei continuare ad incalzare il relatore per sapere perché continua a dire «no» a proposte emendative che riprendono affermazioni del codice deontologico del medico. Perché dite «no», quando noi affermiamo che il medico deve operare al fine di salvaguardare l'autonomia professionale e non deve avere comportamenti non conformi alla deontologia professionale? Dite «no» perché questa proposta di legge impone ai medici di venire meno ai loro impegni professionali, alla loro deontologia. È per questo che non avete bisogno di motivare il no a queste nostri articoli premissivi, perché non vi è alcuna ragione, e ci sarebbe da vergognarsi, a dire «no» a quelle parti che riprendono testualmente il codice deontologico. Ed è incomprensibile come dei medici...

Maurizio Turco: Signor Presidente, per rettificare un'errata informazione: in Germania una legge c'è, c'è dal 2002 (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico e Futuro e Libertà per il Terzo Polo), è stata modificata per la terza volta nel 2009, la legge dice testualmente che se un maggiorenne capace di prestare il proprio consenso abbia predisposto per iscritto il consenso o il rifiuto a sottoporsi a determinati esami per l'accertamento del proprio stato di salute, cure mediche o interventi medici non ancora programmati nel momento della predisposizione, per il caso in cui si trovasse in stato di incapacità di prestare consenso, l'amministratore di sostegno valuta se tali disposizioni si riferiscono alle condizioni attuali di vita e di salute dell'amministrato. È esattamente quello che noi vorremmo. Se volete la legge tedesca, traducetela, portatela qui e noi la voteremo (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Maurizio Turco: Signor Presidente, come dicevo poc'anzi, avremmo volentieri votato la legge tedesca, ma, a titolo personale, avrei anche firmato le disposizioni assistenziali sanitarie del paziente cristiano, predisposte dalla Conferenza episcopale tedesca, dove è previsto che il procuratore possa rifiutare o fissare l'interruzione di singole misure mediche dirette all'analisi dello stato di salute, di interventi chirurgici e del trattamento terapeutico, anche se da queste risoluzioni dovessero seguire la morte del paziente o danni gravi o durevoli alla sua salute. Onorevole Buttiglione, qui non vi è alcun pregiudizio. Vi è un giudizio dei fatti. Vi è chi rispetta la persona e chi nega alla persona una propria individualità (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico)!

Maurizio Turco: Signor Presidente, per l'ennesima volta l'onorevole Buttiglione ci viene a dire che queste proposte emendative sono ridondanti ed estranee alla materia. La materia è l'alleanza terapeutica? Ci sono i medici di mezzo? La garanzia è che quei medici siano richiamati al proprio codice deontologico. Noi comprendiamo, non potete farlo perché questa proposta di legge va contro quel codice deontologico. Non potete sopportare che quei passaggi del codice deontologico siano a premessa di una proposta di legge che non solo li contesta, ma induce alla violazione costante. Ecco perché li abbiamo voluti inserire. Questa non è cattiva pratica legislativa, è chiarezza legislativa. Siccome voi andate cercando invece tutt'altro tipo di legislazione e di pratica legislativa che mette sul titolo...

Maurizio Turco: Signor Presidente, con questo articolo premissivo che disciplina il fine vita prevediamo che la ventilazione artificiale, l'alimentazione e l'idratazione, in quanto trattamenti sanitari, possano essere sospesi da chi assiste soggetti non in grado di provvedere a se stessi, in linea con quanto previsto dall'articolo 32 della Costituzione. Ogni trattamento sanitario somministrato in assenza del consenso informato o ad esso contrario è perseguibile penalmente e civilmente a tutti gli effetti. Quindi con questo articolo premissivo prevediamo che tutti i trattamenti sanitari siano soggetti alla volontà di chi li deve subire e di punire chi, invece, li imponesse a chi ha in quel momento esprime la volontà di non ricorrere a quei trattamenti sanitari. È un punto qualificante della proposta che ripone in colui che deve accettare o meno quel trattamento che la sua volontà sia l'unica volontà da rispettare (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Maurizio Turco: Signor Presidente, cercherò di spiegarmi con altre parole, le parole di Piergiorgio Welby quando inviò una lettera al Presidente della Repubblica. Chiedeva, Piergiorgio, cosa c'è di naturale in un buco nella pancia e in una pompa che la riempie di grassi e proteine, cosa c'è di naturale in uno squarcio nella trachea e in una pompa che soffia l'aria nei polmoni, cosa c'è di naturale in corpo tenuto biologicamente in funzione con l'ausilio di respiratori artificiali, alimentazione artificiale, idratazione artificiale, svuotamento intestinale artificiale, morte artificiale rimandata. Credo che si possa, per ragioni di fede o di potere, giocare con le parole ma non credo che per le stesse ragioni si possa giocare con la vita e il dolore altrui.

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, vorrei solo sapere se è un'innovazione della prassi.

Maurizio Turco: Signor Presidente, quando si è votato per parti separate, abbiamo votato prima la parte che si doveva togliere, e poi rimaneva il resto; non abbiamo mai fatto l'inverso. Però, se abbiamo fatto sempre l'inverso, e lei può dire questo...

Maurizio Turco: Signor Presidente, ha un senso compiutissimo: sono due parti separate che vivono autonomamente; possono continuare a vivere autonomamente. Non si comprende...

Maurizio Turco: Chiedo di parlare per una precisazione.

Maurizio Turco: Signor Presidente, per memoria collettiva e soprattutto per gli uffici, per il prosieguo dei lavori vorrei ricordare che abbiamo appena votato contro e che l'Aula ha respinto - sì, l'Aula ha respinto! - la seguente affermazione: «è confermato il divieto dell'eutanasia, dell'assistenza e dell'aiuto al suicidio, nonché dell'abbandono terapeutico». Serve soprattutto per gli uffici per il prosieguo dei nostri lavori.

Maurizio Turco: Signor Presidente, con questo emendamento chiediamo il rispetto anche della Convenzione di Oviedo, della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Il relatore può tranquillamente, come ha fatto, dire di no, l'onorevole Buttiglione può tranquillamente continuare a dire che è tutto ridondante, la verità è che è tutto un contesto che disturba le radici di questa proposta di legge. Non potete giustamente rifarvi alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e alla Convenzione di Oviedo, perché sono in contrasto con la vostra proposta di legge, e con quelle convenzioni dovrete fare i conti. È stato già detto in questa sede che questa proposta di legge è la legge-fotocopia - per quelli che saranno i suoi risultati concreti - della legge 19 febbraio 2004, n. 40, state ancora una volta - voi, che dite di voler sottrarre alla magistratura di decidere della vita dei singoli - riponendo nelle mani della magistratura di dover decidere della vita dei singoli perché non avete la forza e il coraggio di assumersi le vostre responsabilità.

Maurizio Turco: Signor Presidente, chiedo scusa all'onorevole Buttiglione se lo obbligo ad intervenire in continuazione, ma, come lei sa, i nostri avversari sono gli indifferenti e gli ignavi, non quelli che la pensano diversamente da noi. Questo emendamento chiede di garantire ad ogni persona capace il diritto di conoscere e di essere informata in modo completo e comprensibile, in particolare riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi delle procedure diagnostiche e terapeutiche che le verrebbero proposte. Ma è possibile che il paziente non abbia nemmeno il diritto di essere informato? Vi pare una cosa logica che qualcuno, che dovrebbe avere il diritto di fare le proprie dichiarazioni anticipate, non sia messo in condizione di sapere e di conoscere, per poter decidere cosa scrivere in quelle dichiarazioni? Non stiamo ponendo dei paletti, ma stiamo mettendo in risalto quello che è un principio liberale conosciuto in tutto il mondo: il conoscere per deliberare. Luigi Einaudi, le basi e le fondamenta di questo Paese: stiamo dimenticando e cancellando tutto! Ma vi rendete conto? Non si vuole nemmeno garantire al paziente il diritto di conoscere quali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

Maurizio Turco: Signor Presidente, questo emendamento vuole affermare il riconoscimento della tutela della salute e il divieto di sottoporre l'individuo a trattamenti medici indesiderati - ma a me pare che l'individuo qui non possa decidere nulla in questa proposta di legge - e garantisce al paziente l'identificazione delle cure mediche più appropriate. L'emendamento è molto simile a quello che abbiamo presentato prima e che la collega Binetti ha cercato in qualche modo di «smontare». La verità è che non vogliamo che il medico stesso si soffermi unicamente sulle cure mediche più appropriate secondo lui, ma noi chiediamo che il cittadino abbia diritto ad essere informato.

Maurizio Turco: È questa la differenza: se il cittadino ha il diritto di essere informato, il medico ha il diritto di dire quello che secondo lui è più opportuno che il cittadino sappia.

Maurizio Turco: Signor Presidente, intervengo solo per ricordare alla collega Binetti che, almeno in Europa, c'è ancora la libera circolazione dei cittadini. Noi comprendiamo che, per voi, tutto è limitativo, ci deve essere sempre un motivo per cui qualcosa deve essere proibita. La libera circolazione dei cittadini consente anche ai cittadini italiani di potersi curare in un altro Paese europeo, e se c'è in quel Paese europeo l'eutanasia è diritto del cittadino europeo poter usufruire di quei servizi. Voi credete che nei Paesi in cui c'è l'eutanasia ci siano i massacri à gogo; c'è una stretta regolamentazione, una forte legalizzazione, a differenza di quello che accade in questo Paese dove l'eutanasia clandestina...

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, chiedo di aggiungere la mia firma a questo emendamento.

Maurizio Turco: Signor Presidente, colgo l'occasione per rispondere all'onorevole Buttiglione che diceva che saremmo stati noi ad introdurre in questo provvedimento la parola «eutanasia» perché in questo Paese, come è noto, l'eutanasia è una parola e non ha giuridicamente alcuna definizione. L'avete introdotta voi, alla lettera d), del comma 1 dell'articolo 1, prevedendo il divieto di qualunque forma di eutanasia e noi, di fronte ad una valutazione generica per quello che riguarda il dato strettamente giuridico della Repubblica italiana, proponiamo la legalizzazione dell'eutanasia, prevedendo responsabilità certe, a differenza vostra che lasciate del tutto nell'incerto. Lasciate tutto ad una definizione che manca in questo provvedimento, però voi la vietate...

Maurizio Turco: Signor Presidente, intanto vorremmo lasciare agli atti che noi eravamo d'accordo con l'emendamento Buttiglione 1.5. Detto questo, vi è stata molta preoccupazione circa il fatto che vi potrebbero essere gli indigenti che potrebbero ricorrere all'eutanasia per disperazione. Ecco l'emendamento in esame: «in caso di soggetti indigenti o non in grado di provvedere alle spese necessarie, l'azienda sanitaria locale competente si assume tutte le spese relative ai trattamenti sanitari e all'assistenza e, in ogni caso, a tutte le spese necessarie al proseguimento delle cure prescritte dal medico curante.». È facile essere contro l'eutanasia per gli indigenti, per la disperazione, e poi non prevedere alcuna misura per uscire fuori da quella indigenza, da quello stato che, secondo voi, porterebbe al suicidio o alla richiesta di eutanasia! Prevedete delle misure concrete per evitare tutto questo, anziché continuare a sprecare inutili parole, che vi costeranno care!

Maurizio Turco: E costeranno care ai cittadini di questo Paese perché voi state fondando questa proposta di legge su una serie di disposizioni e previsioni inesistenti, che non potranno essere concretamente richieste dai cittadini in una loro chiara e concreta attualità nel momento in cui avranno, come anche voi prevedete, bisogno.

Seduta n. 511 di martedì 2 agosto 2011

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, difatti non è un problema di quantità, è del procedimento attraverso il quale lei è arrivato a decidere l'inammissibilità di alcuni ordini del giorno, a differenza dell'anno scorso. A noi risulta che nulla sia cambiato. Noi abbiamo presentato questi ordini del giorno secondo le attuali, fino a due minuti fa, regole del gioco. Lei le ha cambiate, lei ha deciso di cambiarle. Io non entro nel merito se la decisione è giusta o sbagliata, vi entrerò dopo, ma lei ha deciso di cambiare le regole a gioco in corso, perché il mio ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 8/33 è esattamente, letteralmente, lo stesso, identico, è proprio quello, non è stata cambiata nemmeno una virgola, dell'ordine del giorno che l'anno scorso era stato ammesso. Non è cambiato nulla. Che è successo nei Regolamenti? È successo che oggi ci viene comunicato che le regole cambiano e non possiamo nemmeno decidere. Lei ha detto che, in alcuni casi, l'Aula non può «impegnare». Certo, è un discorso interessante quello che lei ha fatto, ma noi avremmo voluto discuterne o ne avrebbe potuto discutere un altro organismo collegiale, non nel ristretto di alcune, per carità, istituzioni interne alla Camera che hanno delle loro precise responsabilità. Ma con questa storia degli interna corporis, che fino ad un certo punto riguardava un po' tutti i parlamentari, stiamo sempre più scegliendo l'interno all'interno, per cui vi sono solo alcune persone, solo alcuni deputati, che possono conoscere il bilancio della Camera nel dettaglio. Gli altri non possono, devono semplicemente avere fiducia: visto che i deputati questori li abbiamo eletti noi, tutto quello che fanno, automaticamente deve essere assunto da quest'Aula. Noi riteniamo che non è tale il nostro compito. Veniva giustamente detto prima che dobbiamo dibatterne. Ebbene, signor Presidente, le condizioni che lei ha posto alla nostra attenzione oggi sono aspetti non solo procedurali sulla base di considerazioni già svolte: lei sta facendo delle innovazioni. Lei ha innovato profondamente quelli che sono anche i poteri di quest'Assemblea nel discutere del proprio bilancio. Mi scusi, signor Presidente, ma questo è un debordare dai suoi poteri ed è un debordare nel momento in cui noi di questo stiamo discutendo. Se ci fosse stato reso noto dieci giorni fa il suo intendimento, ci saremmo uniformati e lo avremmo contestato. Oggi non ci è data nemmeno la possibilità di contestarlo giuridicamente. Ma io capisco perché quell'ordine del giorno - mi riferisco in particolare al mio ordine del giorno 9/Doc. VIII, n. 8/33 - non può essere ammesso. Eppure, cosa chiediamo? Chiediamo di rendere pubblico, ciò che deve essere pubblico per legge. Lo abbiamo già tenuto questo dibattito! Signor Presidente, noi chiediamo che dei dati pubblici - quali sono quelli dei versamenti dei singoli ai partiti - siano utilizzabili e conoscibili da tutti i cittadini. Ma perché non può essere a disposizione del pubblico il dato pubblico? E vale anche l'inverso: perché non deve essere a disposizione il dato di quanto i partiti danno ad alcune persone? Noi abbiamo letto bilanci in cui i partiti, per un'elezione, hanno dato 300 mila euro senza alcun riscontro. È interna corporis! Non se ne può discutere!

Maurizio Turco: Si può commettere reato: l'importante è che rimanga nel chiuso di queste Aule (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico)!

Maurizio Turco: Signor Presidente, ritengo che vi sia qualcosa che non va con il fatto che lei ha dichiarato inammissibile il mio ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 8/33. Noi chiediamo sostanzialmente, nell'un caso e nell'altro, sia con l'ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 8/33, che lei ritiene che non possa essere votato da quest'Assemblea, sia con l'ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 8/34, l'utilizzo di dati aperti, evitando al massimo, come si fa abitualmente, di utilizzare le immagini al posto del testo. In particolare, quando abbiamo lunghi elenchi di finanziamenti, abbiamo delle immagini, e se vogliamo utilizzare dei dati per approfondirli, studiarli e quant'altro, è necessario ricopiarli, dopo che erano già stati trascritti. Non comprendiamo perché alcuni dati, quelli previsti dall'ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 8/34, e cioè tutti quelli che produciamo qui dentro, possono essere pubblicizzati in formato aperto, mentre quelli che stanno a San Macuto, che riguardano il finanziamento pubblico ai partiti, le donazioni dei cittadini ai partiti e le donazioni dei partiti ai loro esponenti, no. Vi è un'incongruenza di fondo, comprensibilissima, però non giustificata.

Maurizio Turco: Signor Presidente, qui siamo di fronte ad un fatto che è stato già compiuto, cioè si è deciso di passare dal sistema di contabilità analitica ad un sistema, come dire, meno trasparente. Io non credo, o almeno non conosco, amministrazione pubblica o organismo nazionale o internazionale che chieda, in nome della trasparenza, di abbandonare un bilancio e una contabilità di tipo analitico. Questo è un controsenso assoluto. Si può almeno sapere qual è la ragione per cui questo è stato fatto? Si può sapere per quali motivi? Magari, come dire, tutto il mondo sbaglia e invece noi stiamo facendo una cosa buona e giusta. Ecco, è possibile conoscere la motivazione per la quale si è abbandonato il sistema analitico, richiesto in tutto il mondo occidentale e democratico quale sistema di maggiore trasparenza? Vi è qualcuno qui dentro che conosce qualche azienda, anche privata, che non utilizza il sistema analitico per avere un miglior controllo della spesa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?

Seduta n. 514 di mercoledì 7 settembre 2011

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, volevo dire ai colleghi del Popolo della Libertà e in particolare ai colleghi del Popolo della Libertà che nel periodo 1999-2004 erano membri del Parlamento europeo che qui, nel quarto capoverso, è raccontato un fatto: il fatto...

Maurizio Turco: No, non è stata fatta, signor Presidente, non sono intervenuto.

Maurizio Turco: Procederò molto velocemente: volevo semplicemente dire che con la risoluzione in esame cerchiamo di rimettere insieme quello che è stato un danno compiuto dalla Repubblica di Cipro nei confronti del Parlamento europeo. La Repubblica di Cipro si era impegnata a risolvere il problema della questione cipriota. A poche ore dal voto ha cambiato idea, dopo aver incassato l'ingresso nell'Unione europea. Io direi che se dovessi consegnare idealmente un intervento, mi riconosco nel lungo articolo che Carlo Panella ha pubblicato oggi su Il Foglio. Lì è spiegata la necessità e l'urgenza - per l'Unione europea, e non per la Turchia o per Cipro nord - di un ingresso nell'Unione. Fino ad oggi forse c'era un interesse comune, oggi è unicamente un interesse nostro.

Seduta n. 523 di giovedì 22 settembre 2011

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Signor Presidente, contrariamente a quanto è stato detto, non siamo chiamati a decidere se mandare in galera il nostro collega, Milanese, sulla base di quanto accertato dalla magistratura, ma siamo chiamati a decidere se quanto finora ha fatto la magistratura, e le conclusioni che la stessa ha sin qui tratto, siano rispondenti alle leggi in vigore. Inoltre, siamo chiamati a decidere se, nel fare questo, vi siano profili tali da poterci far dire o meno che vi sia stato un intento persecutorio nell'applicazione delle leggi in vigore nei confronti del collega Milanese. La conclusione che io ho tratto in Giunta e che qui vi porto è la seguente: a mio avviso, non vi è fumus persecutionis nei confronti del collega Milanese, non almeno da parte dei magistrati, che è per l'essenziale quello che ci deve interessare. Voglio chiarire, già per il voto che abbiamo espresso noi deputati nel caso del collega Papa e di quello che esprimeremo oggi, a chi ci ha contestato che con il nostro voto abbiamo tradito il nostro garantismo, che il garantismo è il rispetto della legge e, se la legge è sbagliata, la si cambia e non la si disapplica a seconda dei casi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Vorrei ricordare, inoltre, soprattutto ai colleghi della maggioranza, che quando ci contestate questi voti (il voto sul caso Papa, il voto oggi sul caso Milanese) lo fate nel nome dei nostri referendum, delle nostre lotte, delle nostre proposte di legge e, se oggi il collega Papa è in galera e se oggi il collega Milanese rischia di finire in galera, è a causa delle vostre leggi, della vostra inattività, della vostra incapacità di Governo. Sono vent'anni che parlate di riforma della giustizia. Parlate di riforma della giustizia. Parlate di riforma della giustizia. Non una mezza riforma siete riusciti a fare. Dobbiamo insieme cambiare le leggi, non disapplicarle a seconda dei casi. Dobbiamo riformare la giustizia e per farlo riteniamo sia necessario ed indispensabile sgomberare il tavolo da tutto l'arretrato, anche quello in base al quale oggi siamo chiamati ad esprimere questo voto. Dobbiamo sgombrare il tavolo perché non pesi sul presente e sul futuro. Per fare questo c'è una soluzione, una soluzione che anche per l'ennesima volta, dopo il caso Papa, voi e soprattutto voi della maggioranza continuate a rifiutare. La soluzione per sgomberare il tavolo è una: è l'amnistia, l'indulto, la depenalizzazione, la «decarcerizzazione». Per il resto, potete continuare ad esercitarvi nell'emanare leggi per l'uno o per l'altro o invece a disapplicarle o applicarle a seconda delle convenienze per l'uno o per l'altro. Noi deputati radicali, noi militanti radicali, continueremo a lottare perché la legge sia uguale per tutti. Ci chiamate a votare oggi sul caso Milanese. Chiamateci a votare sulla riforma della giustizia.

Maurizio Turco: Chiamateci a riparare il danno che avete fatto voi quando avete tradito il referendum Tortora e la responsabilità civile dei magistrati. I cittadini italiani hanno detto «sì» e voi ne avete fatto merce di scambio e sapete perché (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 526 di mercoledì 28 settembre 2011

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Signor Presidente, il Ministro non accoglie l'ordine del giorno in esame con la motivazione «problemi di bilancio». Se andiamo a leggere, impegno per impegno, non vi è alcuna spesa. Forse, il Ministro non gradisce nelle premesse il ricordo che questo Governo, il 19 novembre 2010, ha approvato un ordine del giorno con il quale si è impegnato ad emanare i LEA, i livelli essenziali di assistenza, entro e non oltre il mese di novembre 2010. La questione è molto semplice: non è che dal 2010 il Ministero non abbia proposto o fatto spese per mancanza di soldi, ma ha privilegiato altre cose. In altri termini, si è rifiutato e rimangiato l'impegno preso in quest'Aula rispetto ad una scadenza che aveva accettato, cioè quella di emanare nuovi LEA entro e non oltre il mese di novembre 2010. Era un impegno preso dal Ministro dell'economia e delle finanze, cioè dal Ministro che ha la competenza sul bilancio. Oggi, il Ministro della salute ci viene a dire che non è accettabile un impegno concernente non i LEA, ma altre questioni. Comunicare entro novembre l'effettivo utilizzo dei finanziamenti stanziati, quali spese comporta? Scrivere una lettera? O, magari, il problema è che non si vuole comunicare qual è l'effettivo utilizzo dei finanziamenti stanziati per i «comunicatori» di nuova generazione? Ancora, l'impegno secondo il quale noi chiediamo di rendere facilmente accessibile a tutti, anche su Internet, le modalità di accesso all'utilizzazione dei «comunicatori», individuando dei responsabili, non assumendoli, ma individuandoli all'interno di coloro che già lavorano nella pubblica amministrazione, quali problemi di bilancio comporta, signor Ministro? Verificare, entro maggio 2012, le reali condizioni di assistenza, anche domiciliare, presenti nelle varie regioni, quali problemi di bilancio comporta? Intervenire nelle regioni in cui il servizio sia assente, quali problemi di bilancio comporta? Signor Ministro, lo dica chiaramente. Voi sulle questioni di assistenza diretta domiciliare ad un certo tipo di malati non volete parlare, non siete disposti a prenderle in considerazione, nonostante vi sia un impegno del Ministro dell'economia e delle finanze a rivedere i livelli essenziali di assistenza. È un impegno assunto già nel 2010, quindi è già preso: più che un dovere, è un obbligo verso se stessi. Voi avevate detto che lo avreste fatto entro novembre 2010: è passato un anno, non avete fatto nulla e non avete il coraggio di assumervi la vostra responsabilità. Pertanto, ciò che lei dice, signor Ministro, è infondato. Questo ordine del giorno non comporta spese e non vi sono problemi di bilancio. Voi vi state assumendo una responsabilità politica, senza nemmeno avere il coraggio di assumervela fino in fondo.

Maurizio Turco: Signora Presidente, l'Aula è chiamata a dare una delega al Governo: una delega che, già di per sé, in termini di metodo dovrebbe presupporre un minimo, non dico di fiducia, ma almeno di «confidenza» che, poi, questo Governo rispetterà quando andiamo a votare. Signora Presidente, di fronte al fatto già citato che, nella seduta del 19 novembre 2010, questo Governo ha accettato un ordine del giorno con il quale si impegnava ad emanare il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sull'introduzione dei nuovi livelli essenziali di assistenza (LEA) entro e non oltre la fine del mese di novembre 2010, e che questo non è accaduto, il Governo aveva accettato per la seconda volta di impegnarsi a introdurre i nuovi LEA e il nomenclatore entro il mese di novembre 2011. Questo Governo è venuto meno alla parola data a questo Parlamento e oggi ci viene a chiedere in materia una nuova delega. Prima di entrare nel merito, i LEA, i livelli essenziali di assistenza, lo dice la parola stessa «essenziali», sono l'equivalente del pane e dell'acqua, il minimo indispensabile per la sopravvivenza a livelli, nemmeno decenti, dei malati. Su questo il Governo gioca, prendendo impegni, prendendoli due volte, disattendendoli due volte ed oggi addirittura chiedendo una delega per fare cosa? Per il riassetto della normativa in materia di sperimentazione clinica, per la riforma degli ordini e delle professioni sanitarie nonché altre disposizioni in materia sanitaria. E pensa bene, il Governo, nonostante le precedenti assunzioni di responsabilità di fronte a questo Parlamento, di tenere fuori, ancora una volta, i livelli essenziali - vorrei che ci fosse un minimo di attenzione solo su questa parola, «essenziali» - di assistenza. Siamo fermi a quindici anni fa, la tecnologia è andata avanti, molto avanti, tanto è vero che se ne parla anche in questo disegno di legge delega che ci viene richiesto, eppure il Governo, sui livelli essenziali di assistenza, nonostante i ripetuti impegni presi e disattesi, continua a far finta di non sentire, di non vedere, di non assumersi le proprie responsabilità. Quindi per una questione di metodo noi voteremo contro questo disegno di legge delega al Governo perché non ci fidiamo e non ci fidiamo non sulla base di fatti pregiudiziali, non perché siamo all'opposizione, ma proprio perché con gli ordini del giorno abbiamo dato fiducia a questo Governo che davvero avrebbe potuto adottare un provvedimento su qualcosa che è dovuto e scontato ossia i livelli essenziali di assistenza ai malati. Non possiamo votare a favore di una delega sulla base di una richiesta che peraltro, nel merito, non condividiamo, ma non condividevate neanche voi e non condivideva neanche la stragrande maggioranza di questo Parlamento. Riforma degli ordini, delle professioni...

Maurizio Turco: Sono già scaduti i cinque minuti, onorevole Presidente?

Maurizio Turco: Allora in particolare nel merito, per quanto riguarda la riforma degli ordini delle professioni sanitarie eravate, eravamo, tutti d'accordo o almeno al 99 per cento durante la campagna elettorale che c'era la necessità di liberalizzare. Vecchi programmi degli anni Novanta di forze politiche emergenti e di illuminati economisti liberali che siedono in questo Parlamento oggi sono carta straccia.  È vero che non volete nuovi ordini professionali - avete tentato comunque -, intanto al Senato per fortuna è bloccata una richiesta di 22 nuovi ordini professionali. E noi dovremmo darvi fiducia, dovremmo darvi una delega per rimettere in uno stato di buongoverno della sanità tutto quello che è in contraddizione con le riforme auspicate? Volete una delega per fare una controriforma. Noi siamo contrari e voteremo contro (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Maurizio Turco: Signor Presidente, ho ascoltato l'intervento dell'onorevole Contento, ma forse egli non si è accorto che ieri al Senato, in un'Aula pressoché unanime, quindi tutti voi, vi siete rifiutati di porre fine alla criminale illegalità della giustizia e delle carceri italiane. In nome di quella giustizia e dell'amnistia, di fronte a questo ceto politico che inchioda lo Stato alla condizione di criminale, i deputati Radicali continueranno da oggi, da adesso, da questo momento, la loro battaglia per l'amnistia, l'amnistia della Repubblica, l'amnistia della giustizia, l'amnistia delle carceri, e non parteciperanno al voto (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 555 di mercoledì 30 novembre 2011

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Maurizio Turco: Signor Presidente, non è affatto vero intanto che si espropria il Parlamento delle proprie prerogative. Peraltro, questo è il Parlamento di persone che o direttamente o indirettamente hanno una grande responsabilità politica nell'aver costruito il debito pubblico italiano e nell'aver rifiutato negli anni Ottanta le proposte radicali di un rientro dolce dal debito pubblico e oggi siamo costretti a prendere queste misure per l'irresponsabilità, direi quasi tecnicamente criminale, nell'aver costruito il debito pubblico del nostro Paese (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, per sollecitare la risposta ad un'interrogazione che abbiamo presentato da molto, troppo tempo e che riguarda essenzialmente il rispetto della legge n. 262 del 2005 che impone agli enti aventi fini di lucro di restituire allo Stato la proprietà di Banca d'Italia. In sostanza, le banche che oggi sono proprietarie della Banca d'Italia dovrebbero per legge restituire le loro quote. Questo non è ancora accaduto e credo che, in particolare, in questo momento - dovremmo rispettare sempre le leggi ma lo dovremmo fare soprattutto in questo momento - e considerato peraltro che siamo di fronte ad un Governo di tecnici, la tecnica del rispetto delle leggi, cioè il rispetto della legalità, dovrebbe essere prioritaria rispetto a tutto il resto. Quindi mi auguro che questo Governo voglia al più presto dare concretezza ad una disposizione di legge, direi, nonostante tutto, cioè nonostante il fatto che vi potrebbero essere alcune presenze nel Governo che rispetto a questa legge avrebbero alcune difficoltà. Questo però non ci esime dal dover continuare ad esigere il rispetto della legge n. 262 del 2005.

Seduta n. 564 di mercoledì 21 dicembre 2011

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Signor Presidente, in due minuti è difficile articolare un discorso, come hanno fatto i colleghi, però c'è un punto di riferimento che è l'intervento dell'onorevole Dionisi. Noi lo condividiamo in toto, tranne che per le conclusioni. Come ha detto l'onorevole Dionisi, ci troviamo di fronte a intercettazioni decontestualizzate e datate. Rileggere, dopo otto anni, quelle intercettazioni alla luce dei fatti nuovi sopravvenuti, indubbiamente, comporta una riscrittura di quelle intercettazioni e una rilettura di quei fatti. Ma quali sono i fatti nuovi? Non c'è alcun elemento nuovo che riguardi l'onorevole Romano, ci sono però elementi nuovi che riguardano il professor Lapis: il professor Lapis risulterà successivamente essere socio occulto di Massimo Ciancimino. Tra i due periodi, tra quando viene intercettato l'onorevole Romano e quando il professor Lapis è pubblicamente svelato quale socio occulto di Massimo Ciancimino, c'è un fatto molto semplice: il professor Lapis continua ad interloquire con tutte le istituzioni, ha rapporti con il Presidente della Commissione antimafia, non risulta nemmeno di striscio in alcun documento, neanche giornalistico, come possibile sospettato di aver rapporti con Massimo Ciancimino, grazie al quale - grazie a quei rapporti - oggi si leggono in maniera diversa quelle intercettazioni.  Pertanto, noi non possiamo accettare questo modo di procedere, non possiamo neanche accettare, scusate colleghi tutti, di condividere la vostra visione dei rapporti con il territorio. Lo avete detto tutti, può capitare. A noi no, perché abbiamo una visione e una pratica della politica diversa dalla vostra! Quindi, voteremo contro la richiesta della Giunta (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico e Popolo della Libertà).

Seduta n. 569 di giovedì 12 gennaio 2012

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

Maurizio Turco: Signor Presidente, i radicali non condividono la rielaborazione che è stata fatta da parte della Giunta della rielaborazione fatta dagli inquirenti, che hanno configurato, loro, il collega Cosentino quale referente nazionale dei casalesi. I giudici devono giudicare il collega, ma riteniamo che nei limiti dei nostri doveri e delle leggi la richiesta di arresto sia frutto di fumus persecutionis. Lo affermiamo in scienza e coscienza e così come non giudichiamo le coscienze altrui, anche se portano a scelte diverse dalle nostre, non possiamo accettare che siano criminalizzate decisioni diverse da quelle che il conformismo imperante, a prescindere dalla lettura degli atti, porta a fare.  Siamo arrivati all'assurdo, signor Presidente, e concludo, che addirittura il collega Palomba ci ha chiesto ed intimato di non fermare, noi deputati, i giudici. Ma la verità è che il processo è incardinato e che quest'Aula non ha alcun potere per impedirne lo svolgimento (Applausi di deputati del gruppo Partito democratico e dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Popolo e Territorio). Quindi io credo che ci vorrebbe innanzitutto un'opera di verità, di onestà e di moralità dei rapporti tra di noi (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico e dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Popolo e Territorio).

Seduta n. 580 di mercoledì 1 febbraio 2012

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Maurizio Turco: Signor Presidente, credo che le argomentazioni in ultimo dell'onorevole Casini siano di una chiarezza accecante. Volevo semplicemente dire all'onorevole Palomba che non si tratta di belle o brutte figure. Stiamo semplicemente difendendo delle nostre prerogative, che non hanno nulla a che fare con le figure che siano belle o brutte. Egli dice che sarebbe un precedente importante non costituirsi in giudizio. Io penso che, invece, sarebbe un precedente molto negativo. Tutto dipende dai punti di vista (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). E il punto di vista dell'antiparlamentarismo si ripresenta, puntualmente, sempre con le stesse argomentazioni, cercando di delegittimare innanzitutto il Parlamento (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico e dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Unione di Centro per il Terzo Polo).

Maurizio Turco: Signor Presidente, prima il presidente Pescante ha fatto un accorato appello ad adeguarci alle procedure d'infrazione, adesso ha fatto un appello a venir meno ad esse, nel momento in cui questo articolo 17 chiede di adeguare la normativa nazionale a quella dell'Unione europea e di ottemperare alle procedure d'infrazione. Se è qualcosa che è stato già fatto, è inutile; se è qualcosa che è stato già fatto in un altro provvedimento, è inutile. Dunque, non capisce perché si debba rivotare, magari, anche nell'ipotesi di dover infrangere ulteriormente la normativa europea. Io ho capito ciò che ha detto prima il presidente Pescante, tuttavia, va anche detto il motivo per il quale è stato inserito a questo punto tale adeguamento, quando è stato già oggetto di un voto.

Seduta n. 582 di martedì 7 febbraio 2012

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

Maurizio Turco: Signor Presidente, abbiamo presentato questo emendamento non per proporre all'attenzione del Parlamento e del Governo il tema della smilitarizzazione della guardia di finanza, ma per riproporre e cercare di avere una adeguata attenzione rispetto ad un problema che si discute da decenni. Non è né un fatto nuovo, né che si vuole improvvisamente portare all'attenzione del Parlamento. Visto che abbiamo poco tempo, potrei ricordare incidentalmente che la smilitarizzazione della guardia di finanza è stata oggetto di una richiesta referendaria promossa insieme ai finanzieri democratici, cioè a coloro che sono attenti alla specializzazione, alla professionalizzazione, alla peculiarità e alla particolarità della guardia di finanza, che riteniamo debba prevalere sul dato militare della militarizzazione.

Maurizio Turco: Purtroppo, non fu possibile portare quel referendum all'attenzione dei cittadini, perché - come è stato innumerevoli volte ricordato - ci fu una pressione rispetto alla Corte costituzionale, documentata da parte dei vertici della guardia di finanza. Nulla di nuovo.

Maurizio Turco: Tuttavia, noi vorremmo che ci fosse l'attenzione perché non si arrivi alla prossima volta in cui porremo il problema e ci si venga a dire che non è il momento o è un problema che forzatamente si vuole discutere (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 594 di martedì 28 febbraio 2012

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Ventura perché mi appare opportuno innanzitutto che la Presidenza della Camera sia sollecitata a cercare di capire quello che sta accadendo a Palermo. Per quanto riguarda il voto contrario dei deputati radicali all'epoca dell'adozione del 41-bis, voglio ricordare che noi siamo stati contrari anche alla stabilizzazione del 41-bis medesimo, anche se non eravamo, in quel periodo, presenti in quest'Aula. Devo dire, inoltre, che, mentre nel momento della stabilizzazione avevamo anche la prova del perché quello fosse un provvedimento sbagliato, già nel momento della sua adozione avevamo capito cosa significava quel 41-bis rispetto alla legalità, alla democrazia, allo Stato di diritto. C'è un dato molto importante che si continua, anche in quest'Aula, a non voler leggere, ed è iscritto negli atti della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere. Sono le parole di un alto magistrato del pool antimafia di Palermo che, nel momento in cui è diventato sottosegretario alla giustizia con delega al 41-bis, ha affermato - ed è verbalizzato - che tutti i provvedimenti in 41-bis li firmava ad occhi bendati. Ed era un magistrato del pool antimafia di Palermo. Rispetto alla questione del 41-bis, tutt'oggi è aperto un dibattito che viene negato. È un dibattito che è fuori dalle Aule di questo Parlamento, ma è iscritto negli atti del Consiglio d'Europa e della Corte europea dei diritti dell'uomo. Quelle condanne sono le condanne a questo Parlamento che non è stato in grado, né al momento dell'adozione, né al momento della stabilizzazione del 41-bis, di adottare un provvedimento rispettoso della Costituzione (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico e dei deputati del gruppo Misto-Repubblicani-Azionisti).

Seduta n. 603 di martedì 13 marzo 2012

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, sono previste convocazioni di Commissioni per la giornata di domani in deroga al nostro Regolamento. Questo in virtù di una decisione unanime dei capigruppo. Quindi, già c'è una notizia, come dire, politica: in realtà non c'è una decisione unanime dei gruppi, perché mi pare che la Lega abbia qualcosa da dire. Tuttavia, vorrei chiedere una cosa, signor Presidente: qual è l'articolo del Regolamento in base al quale i capigruppo, anche se all'unanimità, possono decidere di far convocare le Commissioni in deroga? Perché questo è il problema. Noi sappiamo che l'articolo 116, comma 3, del Regolamento dà questa facoltà ai capigruppo per quanto riguarda le ventiquattr'ore dal momento in cui è stata posta la questione di fiducia fino al momento in cui essa viene votata, tuttavia, a leggere il Regolamento, questa facoltà non è data per quanto riguarda le convocazioni delle Commissioni.

Seduta n. 604 di mercoledì 14 marzo 2012

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, capisco che, di questi tempi, il Regolamento ormai è un qualcosa di accessorio e non una stella polare, però già ieri sera ho posto la questione della convocazione di Commissioni in assenza di quella che è stata richiamata come prassi, ossia l'unanimità della Conferenza dei presidenti di gruppo. Come ci è stato poi detto ieri, sempre in quest'Aula, dal presidente della Lega, questa unanimità non c'era. Credo che, in via eccezionale, dal momento che sono state già fatte le convocazioni e quant'altro, si possa anche prevedere che questo fatto sia già accaduto e, quindi, «cosa fatta capo ha», però non può costituire precedente. Nel nome della prassi si fa di tutto e di più in quest'Aula, in questa Assemblea, ma questa non è documentata come una prassi in atto in quest'Aula. Le chiedo, dunque, per piacere di voler stabilire che quanto è stato affermato ieri sera non costituisce precedente e, quindi, le convocazioni, così come sono state fatte per alcune Commissioni nella giornata di oggi, non possono costituire, come metodo, un precedente.

Seduta n. 609 di giovedì 22 marzo 2012

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Sull'ordine del giorno Lazzari n. 9/5025/2.

Maurizio Turco: Non l'ha accolta!

Maurizio Turco: Signor Presidente, non dubitavo che avrebbe dimenticato l'ordine del giorno a mia firma n. 9/5025/136, che è identico a quello dell'onorevole Lazzari e sul quale anche noi non accettiamo la riformulazione del Governo ed insistiamo per la votazione.

Maurizio Turco: Signor Presidente, è quello che ho detto.

Maurizio Turco: Signor Presidente, sono un po' contraddittorie le dichiarazioni, ma com'è stato detto questa era una legge, e non ha alcun peso sul bilancio dello Stato. Per questo voteremo a favore di questo ordine del giorno.

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, intervengo per informare il Governo e la Presidenza della Camera che in queste ore è in corso in Mali un colpo di stato militare, se ne è occupata la televisione, ci sono i primi morti. Vorrei soprattutto segnalare che in Mali in questo momento tra i tanti cittadini c'è Demba Traoré, segretario del Partito Radicale, che la settimana scorsa ha incontrato il Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato e il Presidente della Camera Fini. Ci eravamo dati appuntamento per un'importante iniziativa ma era tornato propri in Mali per dare corso alla campagna elettorale per l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Si era insomma recato per svolgere il suo dovere democratico di dirigente già parlamentare di quel Paese. Noi vogliamo sollecitare per questo il Governo, affinché attraverso la rappresentanza dell'Unione europea e l'ambasciata francese segua quanto sta accadendo in Mali e prenda una posizione, come ha fatto il rappresentante della politica estera dell'Unione europea, perché ci sia un rapido ritorno alla vita democratica anche in quel Paese.

Seduta n. 613 di mercoledì 28 marzo 2012

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Maurizio Turco: Signor Presidente, è davvero singolare la motivazione contraria ad aggiungere nelle premesse alcune valutazioni fatte dal Ministro della difesa legate ad un ordine del giorno che questo Governo ha adottato. Se il problema è la terminologia relativa alla riduzione delle spese, si può semplicemente riformulare. Non posso proporla io la riformulazione; se lei propone una riformulazione, io la accetto. Quindi, aspetto dal Governo una riformulazione legata alla riduzione delle spese militari. Possiamo scrivere «rimodulazione», come lei ha proposto e va benissimo. Signor Presidente, ha accettato una riformulazione.

Maurizio Turco: Ha annuito.

Maurizio Turco: Signor Presidente, volevo illustrare questo gruppo di identici emendamenti presentato quando, all'inizio, la prima versione della mozione Pezzotta, Sarubbi n. 1-00943 prevedeva l'annullamento del programma degli F-35. Abbiamo pensato ad una proposta di Governo intesa a garantire comunque quanto è necessario alle Forze armate senza eccedere in quello che riteniamo essere oggi l'inutile. Quindi prevediamo con gli emendamenti in questione di sospendere e non di cancellare il programma degli F-35 per un triennio e, nel contempo, avviare ogni possibile azione per la riduzione, anche graduale, nella misura del 50 per cento dell'importo complessivo di spesa. È vero quanto ha detto il sottosegretario che questo programma è stato avviato, tuttavia non è stato spiegato quanto costerebbe interrompere oggi questo programma. Peraltro, ci sono contratti simili fatti dagli Stati Uniti d'America che, invece, hanno sospeso il contratto. Quindi, c'è la possibilità, secondo noi, di poter ragionare su un'ipotesi del genere. Il Ministro della difesa ha sostenuto che si poteva passare da 130 F-35 a 90: e come avrebbe fatto? Come avrebbe potuto realizzare questa diminuzione in presenza di un contratto che ormai è in vigore? Noi chiediamo che la stessa cosa possa essere fatta prevedendo una sospensione del contratto e prevedendo una riduzione, anche graduale, fino al 50 per cento, dell'importo complessivo di spesa.

Maurizio Turco: Signor Presidente, accetto la riformulazione proposta dal sottosegretario. Egli ha detto che, in termini di principio, l'emendamento va bene, ma che la seconda parte, in cui si indica anche da cosa partire per addivenire alla realizzazione di una difesa comune europea, non è convincente. Pertanto, se il sottosegretario conferma che la prima parte dell'emendamento può andare bene, ma dalle parole: «a partire dall'unificazione» fino alla fine dell'emendamento non va bene, si può eliminare quest'ultima parte, lasciando solo la prima.

Maurizio Turco: Signor Presidente, interverrò davvero per un minuto, per dire che abbiamo apprezzato e condividiamo buona parte degli interventi che abbiamo qui ascoltato, ma vi è un piccolo particolare: tra quello che è stato detto e quello che è stato scritto, e quello che è stato poi modificato ed accettato dal Governo, vi è un abisso. Pertanto, idealmente votiamo a favore di interventi, ma ci asterremo sulle mozioni.

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, intervengo per aggiungere le firme dei deputati radicali alla risoluzione.

Seduta n. 635 di lunedì 21 maggio 2012

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Maurizio Turco: Ci sono due aspetti del documento approvato dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa. Uno lo ha appena finito di illustrare la collega, e sostanzialmente non riguarda il nostro Paese, perché se c'è un diritto riconosciuto per legge e applicato, anche al di là di quelle che sono le necessità di legge, è proprio il diritto all'obiezione di coscienza. Ma la risoluzione parla anche di altro e quell'altro riguarda in particolar modo il nostro Paese, e cioè la necessità di garantire - c'è scritto nella risoluzione - il diritto di ogni individuo di ricevere dallo Stato le cure mediche ed i trattamenti sanitari legali, cioè quelli previsti per legge. Domani, nel trentaquattresimo anniversario dell'entrata in vigore della legge n. 194 del 1978 - la legge che ha legalizzato l'aborto - togliendo il potere ad una varia umanità che attraverso la liberalizzazione dell'aborto riusciva a creare un mercato clandestino di circa un milione di aborti l'anno, come riconobbe l'Organizzazione mondiale della sanità, si ricorda che grazie alla legge n. 194, si è potuto ridurre drasticamente il numero degli aborti.  Ma domani, proprio nel trentaquattresimo anniversario della legge n. 194, in una sala del Senato, l'Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica e l'AIED, l'Associazione italiana per l'educazione demografica, hanno sentito l'urgenza di organizzare un incontro, un convegno, sull'obiezione di coscienza in Italia, proprio riguardo alle professioni mediche, sanitarie e parasanitarie. Noi radicali, con la prima firma dell'onorevole Farina Coscioni, presidente onorario dell'associazione Luca Coscioni, insieme ad altri colleghi del Partito Democratico, abbiamo voluto presentare una mozione che prendesse spunto da alcuni dati che si commentano da soli, e che dovrebbero invitare ad una profonda riflessione. Il 13 febbraio scorso sono stati presentati a Milano i risultati di un sondaggio condotto su un campione di mille ragazzi over 13 anni, promosso dalla società italiana di ginecologia e ostetricia, circa la diffusa disinformazione dei giovanissimi in materia di rapporti sessuali e sistemi contraccettivi. Tra gli elementi di rilievo si segnala che il 59 per cento dei ragazzi è totalmente oscuro quali siano le regole basilari inerenti la sfera sessuale e la sessualità. Il 27 per cento crede che la pillola sia adatta solo alle maggiorenni. Il 23 per cento pensa che la visita ginecologica sia impossibile per una ragazza vergine. Il 71 per cento si crede al riparo dalle malattie sessualmente trasmissibili perché si fida del partner. Il 28 per cento adotta meno precauzioni dopo il primo rapporto sessuale. Il 54 per cento si affida alla contraccezione d'emergenza; nel 2011 c'è stato un incremento di quattro punti percentuali, con 357 mila e 800 unità vendute, di cui la metà alle ragazze sotto i vent'anni. A fronte di insufficienti, per non dire inesistenti, canali istituzionali, sono sempre più numerosi i ragazzi che ricevono precocemente stimoli sessuali, spesso traviati, da Internet, dalla televisione e dai coetanei. Stimoli che sarebbe opportuno bilanciare con un tipo di informazione scientifica quale strumento di alfabetizzazione alla salute e alla promozione di stili di vita corretti anche in campo riproduttivo e sessuale. Quindi il primo punto è la questione giovani e la carente informazione sui metodi contraccettivi. Infatti la vera lotta all'aborto non viene dalle parole o dalle prediche, ma dall'informazione sui metodi contraccettivi. Chi è contrario alla contraccezione, di fatto promuove l'aborto, visto che l'appello all'astinenza non funziona nemmeno per chi ha fatto sacro voto di castità. Altri dati ancora abbiamo considerato per arrivare a chiedere precisi e non più derogabili impegni al Governo. Si parlava della risoluzione, anzi della raccomandazione dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, sul diritto di sollevare obiezione di coscienza nell'ambito delle cure mediche legali, nella quale vengono specificati gli ambiti sanitari ove la pratica dell'obiezione di coscienza deve essere tutelata e regolamentata, ovvero l'interruzione volontaria di gravidanza, le situazioni di fine vita e la procreazione medicalmente assistita. I riferimenti sulla materia previsti dal diritto internazionale ed europeo rinviano alla libertà e alla sicurezza della persona, articoli 3, 18 e 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, all'articolo 9 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, agli articoli 9 e 18 del Patto sui diritti civili e politici, al diritto alla salute previsto dall'articolo 12 del Patto sui diritti economici, sociali e culturali, al diritto alla non discriminazione nel campo della salute e della cura previsto dagli articoli 12 e 16 della Convenzione per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne, al diritto di godere dei benefici del progresso scientifico e delle sue applicazioni, previsto dall'articolo 15 del Patto sui diritti economici, sociali e culturali, e al diritto di decidere liberamente e responsabilmente sul numero dei figli da avere, previsto dall'articolo 16 della Convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne. Ecco, quando citiamo i diritti citiamoli tutti. Non esistono alcuni diritti più diritti di altri: questi sono i diritti in materia, previsti dalle convenzioni e dai trattati internazionali. In continuità, nel 1999, il comitato previsto, ha prodotto una raccomandazione generale nella quale, interpretando l'articolo 12 della stessa Convenzione, ha richiesto agli Stati parti di eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne, anche riguardo all'accesso ai servizi riproduttivi, con particolare riferimento alla pianificazione familiare, alla maternità e alla fase post natale. Il Comitato ha inoltre riconosciuto che l'accesso alle cure sanitarie, incluse quelle collegate alla riproduzione, costituisce un diritto riconosciuto dalla stessa Convenzione per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne. In continuità con il diritto internazionale ed europeo, appena richiamato, e con le regole di deontologia medica internazionale approvate dalla federazione internazionale di ginecologia ed ostetricia, l'Organizzazione mondiale della sanità, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, ha riconosciuto, in quella risoluzione, le diverse situazioni giuridiche soggettive ed oggettive, pertinenti agli ambiti sanitari, tutelando da una parte il diritto del personale sanitario di sollevare, senza subire discriminazioni, obiezione di coscienza quale espressione della libertà di pensiero, di coscienza e di religione, e dall'altra parte l'inalienabile diritto di ogni individuo alla salute e la responsabilità...

Maurizio Turco: Ho già esaurito i dieci minuti, signor Presidente?

Maurizio Turco: Grazie, poi posso consegnare l'intervento comunque.

Maurizio Turco: ... e la responsabilità dello Stato di garantire che ogni paziente riceva le cure mediche ed i trattamenti sanitari legali entro i termini appropriati. L'impegno che chiediamo al Governo è quello di dare, nel quadro del diritto internazionale e comunitario richiamato in premessa, completa - completa soprattutto - nonché effettiva attuazione, all'invito dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa a salvaguardare e regolamentare, nell'ambito sanitario, il diritto all'obiezione di coscienza, così come a garantire il diritto di ogni individuo di ricevere dallo Stato le cure mediche e i trattamenti sanitari legali. Mi consenta, signor Presidente, di dire due cifre davvero in 30 secondi: la relazione del Ministro della salute presentata al Parlamento il 4 agosto 2011 dimostra che nel 2009, a livello nazionale, il 70,7 per cento dei ginecologi è obiettore. È forse questo un Paese che non consente l'obiezione di coscienza? Il trend è passato dal 58,7 per cento del 2005 al 70,7 per cento nel 2011; il tasso degli anestesisti obiettori - lo dice il Ministro della salute - è passato dal 45,7 per cento del 2005 al 51,7 per cento del 2012; il dato nazionale del personale non medico obiettore è passato dal 38,6 per cento del 2005 al 44,4 per cento del 2009; al sud la quasi totalità dei ginecologi è obiettore: 85,2 per cento in Basilicata, 83,9 per cento in Campania, 82,8 per cento in Molise. Credo che il Governo possa, riferendosi ai dati in suo possesso che ha fornito a questo Parlamento, comprendere che è la seconda parte della risoluzione dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa quella di cui vi sarebbe bisogno di maggior rispetto in questo Paese, cioè quella di garantire il diritto di ogni individuo di ricevere dallo Stato le cure mediche ed i trattamenti sanitari legali. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di del testo integrale del mio intervento.

Maurizio Turco: Domani, 22 maggio, ricorre il trentaquattresimo anniversario dell'entrata in vigore della legge 194.  In una sala del Senato l'Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica e l'Associazione Italiana per l'Educazione Demografica (AIED) hanno sentito l'urgenza di organizzare un incontro, un convegno sull'obiezione di coscienza in Italia. Noi radicali, con la prima firma dell'onorevole Farina Coscioni, presidente onoraria tra l'altro dell'Associazione Luca Coscioni, insieme ad altri colleghi del PD, abbiamo voluto presentare una mozione che prendesse spunto da alcuni dati che si commentano da soli e che invitano ad una profonda riflessione. Il 13 febbraio 2012 sono stati presentati a Milano i risultati di un sondaggio condotto su un campione di mille ragazzi over 13 promosso dalla Società italiana di ginecologia e ostetricia circa la diffusa disinformazione dei giovanissimi in materia di rapporti sessuali e sistemi contraccettivi. Tra i vari elementi di rilievo, si segnala che il 59 per cento dei ragazzi ignora le regole basilari inerenti la sfera sessuale e la sessualità, in particolare: il 27 per cento crede che la pillola sia adatta solo alle maggiorenni; il 23 per cento pensa che la visita ginecologica sia impossibile per una ragazza vergine; il 71 per cento si crede al riparo dalle malattie sessualmente trasmissibili perché si fida del partner; il 28 per cento adotta meno precauzioni dopo il primo rapporto sessuale; il 54 per cento si affida alla contraccezione di emergenza (che nel 2011 ha registrato un incremento di quattro punti percentuali, con 357.800 unità vendute, di cui la metà alle ragazze sotto i venti anni) e così via. A fronte di insufficienti canali istituzionali, sempre più numerosi sono i ragazzi che ricevono precocemente stimoli sessuali - spesso traviati - da internet, dalla televisione e dai coetanei, stimoli che sarebbe opportuno bilanciare con un tipo di informazione scientifica, quale strumento di «alfabetizzazione» alla salute e alla promozione di stili di vita corretti, anche in campo riproduttivo e sessuale. Quindi il primo punto è la questione dei giovani e la carente informazione sui metodi contraccettivi. Perché, cari Colleghi, la vera lotta contro l'aborto è l'informazione sui metodi contraccettivi. Essere contrario alla contraccezione significa di fatto promuovere l'aborto, visto che l'appello all'astinenza non funziona nemmeno per chi ha fatto sacro voto di castità. Altri dati ancora, abbiamo considerato per arrivare a chiedere precisi e non più derogabili impegni al Governo. Il 7 ottobre 2010 l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha approvato la raccomandazione n. 1763 intitolata «Diritto di sollevare obiezione di coscienza nell'ambito delle cure mediche legali», nella quale vengono specificati gli ambiti sanitari ove la pratica dell'obiezione di coscienza deve essere tutelata e regolamentata, ovvero, l'interruzione volontaria di gravidanza, le situazioni di fine vita e la procreazione medicalmente assistita. I riferimenti sulla materia previsti dal diritto internazionale ed europeo rinviano alla libertà e alla sicurezza della persona: articoli 3, 18 e 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo; articolo 9 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; articoli 9 e 18 del patto sui diritti civili e politici; diritto alla salute previsto dall'articolo 12 del patto sui diritti economici, sociali e culturali; diritto alla non discriminazione nel campo della salute e della cura previsto dagli articoli 12 e 16 della Convenzione per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (Cedaw); diritto di godere dei benefici del progresso scientifico e delle sue applicazioni previsto dall'articolo 15 del patto sui diritti economici sociali e culturali; diritto di decidere liberamente e responsabilmente sul numero dei figli da avere previsto dall'articolo 16 della Convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (Cedaw).  Nel 1999 il Comitato previsto dalla Cedaw ha prodotto una general recommendation nella quale, interpretando l'articolo 12 della stessa Convenzione, ha richiesto agli Stati parte di eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne anche riguardo all'accesso ai servizi riproduttivi, con particolare riferimento alla pianificazione familiare, alla maternità e alla fase post-natale. Il Comitato ha riconosciuto inoltre che l'accesso alle cure sanitarie incluse quelle collegate alla riproduzione costituisce un diritto riconosciuto dalla stessa convenzione per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (general recommendation n. 24, 20° sezione, 1999, articolo 12: donne e salute). Dei diritti riproduttivi si sono occupate anche le conferenze internazionali delle Nazioni Unite che a questo tema hanno dato uno spazio crescente nel corso dell'ultimo decennio (conferenza su popolazione e sviluppo - Cairo, 1994 e conferenza sulle donne - Pechino, 1995). In continuità con il diritto internazionale ed europeo sopra richiamato e con le regole di deontologia medica internazionale approvate dalla Federazione internazionale di ginecologia ed ostetricia - Figo e dalla Organizzazione mondiale della sanità - OMS, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa riconosce le diverse situazioni giuridiche soggettive ed oggettive pertinenti agli ambiti sanitari di cui sopra, tutelando da una parte il diritto del personale sanitario di sollevare, senza subire discriminazioni, obiezione di coscienza quale espressione della libertà di pensiero, di coscienza e di religione e, dall'altra parte, l'inalienabile diritto di ogni individuo alla salute e la responsabilità dello Stato di garantire che ogni paziente riceva le cure mediche ed i trattamenti sanitari legali entro i termini appropriati. L'Assemblea ha invitato quegli Stati membri del Consiglio d'Europa che ancora non ne sono dotati ad elaborare normative complete e chiare che riconoscano e regolino l'obiezione di coscienza nell'ambito sanitario ed ha espresso forte preoccupazione per il fatto che una inadeguata disciplina della medesima danneggia e discrimina la popolazione femminile, in particolare le donne economicamente più fragili o quelle che vivono nelle zone rurali. L'ordinamento italiano regola da decenni la facoltà di sollevare obiezione di coscienza da parte del personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie (articolo 9 della legge n. 194 del 1978 e articolo 16 della legge n. 40 del 2004) e le relazioni annuali sull'attuazione della legge n. 194 del 1978 presentate al Parlamento dal Ministro della salute (peraltro richiamate nei lavori dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa) dimostrano che nel nostro Paese il fenomeno dell'obiezione di coscienza sta subendo una consolidata e costante dilatazione. La relazione del Ministro della salute presentata al Parlamento il 4 agosto 2011 dimostra che nel 2009, a livello nazionale, il 70,7 per cento dei ginecologi è obiettore e che il trend è passato dal 58,7 per cento del 2005, al 69,2 per cento del 2006, al 70,5 per cento del 2007, al 71,5 per cento del 2008. Il dato nazionale degli anestesisti obiettori è anch'esso in costante aumento, passando dal 45,7 per cento del 2005 al 51,7 per cento del 2009. Il dato nazionale del personale non medico obiettore è passato dal 38,6 per cento nel 2005 al 44,4 per cento nel 2009. Al sud, la quasi totalità dei ginecologi è obiettore (85,2 per cento in Basilicata, 83,9 per cento in Campania, 82,8 per cento in Molise e 81,7 per cento in Sicilia) mentre gli anestesisti si attestano intorno ad una media superiore al 76 per cento (77 per cento in Molise e Campania e 75,6 per cento in Sicilia). In alcune realtà periferiche e del Mezzogiorno esistono aziende ospedaliere prive dei reparti di interruzione di gravidanza, dal momento che la quasi totalità di ginecologi, anestesisti, ostetrici ed infermieri solleva obiezione di coscienza, così creando di fatto le condizioni per forme di emigrazione sanitaria, ovvero il ricorso a cliniche private convenzionate e autorizzate o, peggio, verso pratiche clandestine, materializzando, in tal modo, le preoccupazioni espresse dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa circa una inadeguata regolamentazione dell'obiezione di coscienza, soprattutto nei confronti delle donne economicamente più fragili o quelle che vivono nelle zone rurali. Le stime prevedono che nei prossimi anni nel nostro Paese un rilevante numero di personale medico strutturato non obiettore andrà in pensione per raggiunti limiti di età, con la conseguenza che, in mancanza di un adeguato monitoraggio, il diritto di ogni donna alle cure sanitarie di cui ha diritto subirà una inevitabile contrazione. Seconda questione, dunque: a 34 anni dall'entrata in vigore della legge 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza, nonostante dal 1982 a oggi gli aborti in Italia si siano ridotti di più del 50 per cento, la legge fatica a trovare la sua piena applicazione a causa del sempre più esteso ricorso all'obiezione di coscienza da parte dei medici. L'impegno che chiediamo al Governo è quello di dare, nel quadro del diritto internazionale e comunitario richiamato in premessa, completa ed effettiva attuazione all'invito dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa a salvaguardare e regolamentare nell'ambito sanitario il diritto di sollevare obiezione di coscienza, quale espressione della libertà di pensiero, di coscienza e di religione, così come a garantire il diritto di ogni individuo di ricevere dallo Stato le cure mediche ed i trattamenti sanitari legali.

Seduta n. 637 di mercoledì 23 maggio 2012

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Signor Presidente, intervengo semplicemente per chiarire il mio pensiero sui diversi interventi frammentati di un minuto - il tempo che, naturalmente, ci è regolarmente concesso - per discutere di finanziamento pubblico ai partiti. Vorrei, intanto, ringraziare il direttore del quotidiano Il Tempo, Mario Sechi, che oggi coglie il punto che abbiamo già posto circa venti giorni fa, quando si voleva chiudere questo dibattito all'interno della Commissione affari costituzionali in sede legislativa. Giustamente, oggi il direttore Sechi dice che il Parlamento dovrebbe avere il coraggio - parola grossa per questo Parlamento - di discutere questo tema con una grande sessione in diretta televisiva. Noi, invece, stasera o, probabilmente, al massimo domattina, chiuderemo questo dibattito. Lo dico tra virgolette perché, in tutta la giornata di ieri, in questa Aula hanno parlato soltanto coloro che sono contrari alla riproposizione del finanziamento pubblico e, a differenza di quello che si legge oggi sui giornali, dove parlano solo quelli favorevoli a questa nuova proposta di legge, non abbiamo sentito in quest'Aula una parola a favore. È chiaro, signor Presidente, che si sta lavorando con un'abile regia. Leggiamo su tutti i giornali grandi titoli che, nel riassumere i lavori parlamentari di ieri, scrivono: «Il Parlamento dimezza i finanziamenti pubblici», ma non è vero! Non è vero! Il Parlamento dimezza i finanziamenti pubblici rispetto all'aumento esagerato dei finanziamenti stessi. Ieri, peraltro, il collega D'Anna citava il senatore Luigi Sturzo, che già nel 1957 non solo aveva capito tutto, ma aveva anche visto tutto e scriveva quello che vedeva. Nella sua proposta di legge del 1958 - che anticipava le proposte emendative che voteremo oggi - diceva: «Il problema è più largo di quel che non sia la spesa elettorale. Noi abbiamo ormai una struttura partitica le cui spese aumentano di anno in anno in maniera tale da superare ogni immaginazione. Tali somme possono venire da fonti impure; non sono mai libere e spontanee offerte di soci e simpatizzanti». Pensate un po': il senatore a vita Luigi Sturzo pensava ad un partito di cittadini, non al partito-Stato, che occupa lo Stato, finanziato dallo Stato, mantenuto dallo Stato per occuparlo, dalla RAI, all'ENI, a Finmeccanica. Lo voglio ripetere: siete voi che avete rovinato lo Stato con le vostre politiche, con le vostre organizzazioni che chiamate «partito», ma che sono delle oligarchie di occupazione dello Stato, al di fuori delle regole costituzionali!

Maurizio Turco: Signor Presidente, non possiamo continuare ad accettare questo modo di andare avanti senza che ci si ponga mai - mai!- un attimo il problema di far comprendere ai cittadini cosa state facendo! Prima o poi, queste sono scelte che si pagano! Voi avete fretta e la fretta non è una buona consigliera.

Maurizio Turco: Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori ai sensi dell'articolo 41 del Regolamento.

Maurizio Turco: Signor Presidente, ci sono arrivati 17 emendamenti al testo sul quale stiamo discutendo. Lei ci ha detto adesso che, contrariamente alle previsioni, anziché alle 14,15 possiamo presentare subemendamenti entro le ore 15. Ma noi fino a che era lavoreremo? Infatti, il problema è che dovremmo uscire adesso per andare a fare subemendamenti, anche perché ormai è il gioco delle tre carte: sono sempre gli stessi emendamenti che vengono smontati e rimontati per farci perdere tempo (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico). Quindi, noi vogliamo sapere se abbiamo diritto, cioè se il diritto a presentare subemendamenti è un diritto effettivo o nominale. Il diritto c'è, ma non lo possiamo esercitare. Allora, dobbiamo avere il tempo almeno di leggere questi 17 emendamenti e il tempo per fare eventualmente i subemendamenti, anche perché vanno a toccare degli emendamenti già presentati che potrebbero decadere, dover essere riproposti e quant'altro (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Maurizio Turco: Ma quando lavoriamo? Quando?

Maurizio Turco: Signor Presidente, faccia rispettare il Regolamento!

Maurizio Turco: Signor Presidente, i deputati radicali condividono la relazione tecnica del presidente Castagnetti che è relativa al singolo atto di richiesta di utilizzazione dei tabulati. Se oggi dovessimo esprimerci sull'indirizzo generale del caso, e in particolare sulla pubblica accusa napoletana, che ben conosciamo da tempo, e così come ci viene confermato dalle cronache di Radio Radicale, che anche su questo caso, offre a tutti la possibilità di farsi un'impressione più diretta, fondata sul processo in corso, il nostro voto sarebbe probabilmente ben diverso (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Maurizio Turco: Signor Presidente, adesso anche formalmente stiamo lavorando con tre carte, cioè abbiamo tre blocchi di emendamenti sui quali naturalmente non è possibile lavorare. Ma, signor Presidente, noi abbiamo fatto tutto un discorso sul perché era necessario amputare il dibattito sull'articolo 49 dal dibattito sul finanziamento pubblico. Non vi è dubbio che tutto ciò che riguarda gli statuti dei partiti e dei movimenti politici abbia un'intima attinenza con l'articolo 49. Parlo in generale, a prescindere da questo emendamento. È evidente che si sta facendo un'operazione senza capo né coda, perché la via logica era quella di discutere l'articolo 49, compresi gli statuti dei partiti ed il finanziamento pubblico degli stessi. Adesso approviamo alcune norme sugli statuti dei partiti ma lasciamo fuori completamente la concezione e la disposizione di legge su cosa sono i partiti.

Maurizio Turco: Signor Presidente, con questo emendamento cerchiamo di restituire il loro significato alle parole e, quindi, di prevedere che per «rimborso elettorale» si intende un contributo a fronte del numero di voti ottenuti e per spese effettivamente sostenute e documentate. Mi pare che, come è stato più volte sostenuto, con questa legge si vorrebbe togliere quel velo di ipocrisia che è stato messo a seguito del referendum del 1993 con la legge sui finti o falsi rimborsi elettorali. Quindi, mi pare che questa sia una buona occasione per tenere separati i finanziamenti pubblici attraverso le diverse forme da quelli che possono essere dei rimborsi elettorali.

Maurizio Turco: No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Maurizio Turco: Signor Presidente, nell'attesa che l'entità dei versamenti e delle detrazioni delle ONLUS siano equiparate a quelle dei partiti politici, noi per il momento proponiamo che quelle dei partiti politici siano equiparate alle ONLUS. Ci sarà sempre tempo per fare l'inverso. Nel frattempo noi crediamo che sia corretto, ed anche in linea con quanto è sempre stato detto rispetto a questa disparità di trattamento, e quindi, insistiamo per la votazione.

Maurizio Turco: Presidente! Presidente! Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, potremmo capire dai relatori questi soldi quali sono? È paradossale! Stiamo votando un provvedimento per ridurre i contributi pubblici e, dalla parte ridotta, prendiamo i soldi per pagare il cofinanziamento dell'autofinanziamento. Sbaglio? Lo chiedo. Nel momento in cui voi scrivete che alla copertura di 8,7 milioni di euro per il 2014, 7 milioni di euro per il 2015 e 6,1 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 9 della legge 3 giugno 1999, n. 157, la legge che parla delle nuove norme in materia di rimborso delle spese, andate a riprendere la parte tagliata. Immagino che non state tagliando ulteriormente, più o meno, conoscendo la politica portata avanti con questo provvedimento. Quindi se si può avere un chiarimento in questo senso ve ne sarei grato.

Maurizio Turco: Signor Presidente, noi stiamo votando le detrazioni per le erogazioni liberali in favore di partiti e movimenti politici. Con questo emendamento chiariamo che i movimenti e i partiti politici sono quei soggetti che intendano partecipare alla vita democratica del Paese (Commenti del deputato Calderisi). Onorevole Calderisi, non ho capito che c'è, se me lo dice mi risparmia l'intervento e facciamo prima. Non si sente, ci sono cento metri in linea d'aria.

Maurizio Turco: Se è già assorbito da un altro emendamento della Commissione, lo ritiro.

Maurizio Turco: Se è già assorbito da un altro emendamento successivo, se posso saperlo così lo ritiro.

Maurizio Turco: Non è vero, non è uguale al mio!

Maurizio Turco: Sì, signor Presidente. Vorrei anche intervenire per dichiarazione di voto.

Maurizio Turco: Signor Presidente, noi chiediamo che i controlli siano estesi non solo ai partiti che godono del finanziamento pubblico, ma a tutti quei soggetti politici, che chiamiamo partiti, che godono di qualsiasi tipo di provvidenza pubblica, non necessariamente direttamente statale, ma anche controllata dallo Stato, ossia quella pletora di società che, magari, hanno nei consigli di amministrazione i nominati che poi dovranno contribuire all'autofinanziamento cofinanziato dallo Stato. Questo semplicemente per una questione di chiarezza e per togliere la cappa che avete messo al concetto di partito di Stato, che è unicamente quello elettorale con gli eletti, e per riportarlo ad un senso più vasto, che è quello previsto dalla Costituzione (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Maurizio Turco: No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Maurizio Turco: Signor Presidente, noi chiediamo che, oltre alle società di revisione, possano fare la revisione anche dei revisori legali iscritti nell'apposito registro. Io capisco tutto, però va anche detto, per esempio, che la Parmalat era controllata da una società di revisione. Allora non si capisce perché la società di revisione debba offrire più garanzie di revisori legali, iscritti in un albo professionale. Vuol dire che, se non sono società, non ci fidiamo? Non ho capito qual è problema da parte dei relatori ad accettare il fatto che la revisione possa essere fatta o da una società di revisione o da revisori legali.

Maurizio Turco: Signor Presidente, con questo emendamento chiediamo che ci siano delle pene effettive per i responsabili di omissione di iscrizione di voci obbligatorie nel bilancio, oppure che espongono fraudolentemente fatti non veri. È inutile che faccia esempi relativi all'attualità. Noi chiediamo che per questo ci sia la condanna all'interdizione temporanea dai pubblici uffici.

Maurizio Turco: In realtà, signor Presidente, confesso: questo emendamento l'ho copiato dalla proposta di legge n. 124 del 1958 del senatore Luigi Sturzo. Esso prevede, contro la centralizzazione dei partiti e soprattutto delle finanze dei partiti, che vi sia anche una predisposizione di una rendicontazione per quello che riguarda le uscite delle sezioni periferiche, distinguendo quelle che sono le entrate dell'amministrazione centrale, da quelle del partito ottenute localmente. Evidentemente qui si vede che il senatore Sturzo era un uninominalista americano, che però si rifiutava di fare, come spesso accade in Italia, le americanate.

Seduta n. 638 di giovedì 24 maggio 2012

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Signor Presidente, innanzitutto, le chiedo se può controllare l'orologio, perché ieri sono stato richiamato al terzo minuto: se mi può richiamare al quarto minuto e mezzo, forse, è meglio.

Maurizio Turco: Non c'era lei, c'era il Presidente Fini, è tutto registrato.

Maurizio Turco: Va bene, siccome ho cinque minuti, la ringrazio se mi può richiamare al quarto minuto e mezzo.

Maurizio Turco: Signor Presidente, penso che sia sfuggita ai lavori dell'Assemblea una delle cose più importanti che dà il senso della misura e, cioè, la lettera del presidente della Corte dei conti - che è arrivata ieri alla Camera dei deputati, ci è stata consegnata -, in cui, ad un certo punto, il presidente della Corte dei conti...

Maurizio Turco: Vuole rigo per rigo? Mi dica lei come funziona. Siccome ci sono dei precedenti...

Maurizio Turco: Signor Presidente, ho capito che dobbiamo perdere cinque minuti! Si può intervenire sul processo verbale per chiedere una rettifica o per chiarire il proprio pensiero. Ma il pensiero che devo chiarire è il mio. Va bene?

Maurizio Turco: Poiché devo chiarire il mio pensiero, prendo a pretesto, perché non ho mezz'ora di tempo a disposizione, la lettera del presidente della Corte dei conti, in cui ci spiega tutto quello che avete fatto: attenua il vulnus costituzionale, a meno che non ci fosse il coordinamento di questa vostra Commissione attribuito ai rappresentanti della Corte. Ciò non elimina il vulnus costituzionale, né c'è il pieno rispetto della Costituzione. Noi crediamo, signor Presidente, che manchi il dibattito. Si può dire che qui non c'è dibattito, non perché manchi il tempo, ma perché non c'è la volontà di confrontarsi politicamente su questo testo? C'è solo una parte, cioè chi non è d'accordo; noi qui non abbiamo sentito le voci di chi, invece, è d'accordo. Avremmo voluto sentire le ragioni di chi è d'accordo con questo provvedimento. È un provvedimento che andrà letto dopo, quando sarà concluso, e nella sua interezza. Questo è il problema. Non a caso, ieri, signor Presidente, avrei voluto chiarire al Presidente Fini che, in realtà, il tempo che ci era consentito per leggere, capire ed eventualmente subemendare gli ulteriori emendamenti della Commissione, era di mezz'ora e, cioè, tra le ore 13,30, quando avremmo finito i lavori, e le ore 14, quando sarebbero iniziati i lavori delle Commissioni, che, peraltro, erano in sede legislativa. Signor Presidente, ciò che sta accadendo non è un problema di oggi, ma è un problema di domani: mi riferisco al fatto che state comprimendo i tempi regolarmente, cioè prevedendolo secondo le regole. La Conferenza dei presidenti di gruppo ha deciso questi tempi. Sto dicendo che è irregolare? No, è tutto legalissimo. Ma perché, il regime fascista non aveva una sua legalità? Ce l'aveva e la rispettava! Ognuno ha la sua legalità. Ognuno si dà la legalità che gli è propria! Chi ha una formazione liberale, chi ha il senso dello Stato e delle istituzioni queste cose le percepisce, oltre a vederle. Noi di questo stiamo parlando. Non volete parlare? Va bene, è un vostro diritto non farlo. Tuttavia, a questa legge verranno apposte delle firme: quelle firme sono delle assunzioni di responsabilità personale. Di questo dobbiamo parlare, signor Presidente. Dobbiamo parlare del fatto che il dibattito politico che ci viene negato, è il dibattito politico con riferimento al quale vorremmo capire perché si è arrivati a questo. Lo fate per convinzione o per convenienza? Lo fate sulla spinta di un'urgenza dettata non dal Parlamento, né dalle vostre convinzioni e dalle vostre idee, o dagli articoli di giornale, o da un uso disinvolto dell'informazione pubblica che vi è sfuggito di mano? Si può dire, o è un reato, vedere quello che accade? Si può dire, o è un reato, che il consiglio di amministrazione è il consiglio di amministrazione dei partiti? È estraneo a questo dibattito? Noi crediamo di no, signor Presidente. Non è estraneo a questo dibattito ed è chiaro che, con interventi di minuto in minuto, manca la collocazione politica, l'intelligenza politica di quello che viene detto. Allora noi, signor Presidente, rispetteremo i vostri tempi, i tempi che vi siete dati, tuttavia, se lei consente, ne utilizzeremo pochi, ma, quei pochi tempi, li utilizzeremo.

Maurizio Turco: No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Maurizio Turco: Signor Presidente, questo è l'emendamento del 1957, del senatore Luigi Sturzo, in cui si prevede che è vietato ai partiti e ai candidati di accettare contributi di ministeri, enti e gestioni statali, di enti locali territoriali, enti o banche di diritto pubblico di interesse nazionale, di cooperative, federazioni di cooperative, consorzi, enti consortili e relative federazioni, e di ogni altra gestione autonoma, statale e non statale, che per legge è sottoposta alla vigilanza e al controllo ministeriale. Probabilmente il senatore Sturzo aveva la vista lunga perché, sebbene scritto nel 1957, questo emendamento fotografa e censura tutto quello che sta accadendo ed è sotto gli occhi di tutti.

Maurizio Turco: No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Maurizio Turco: Signor Presidente, dall'articolo 4 della proposta di legge sempre del senatore Sturzo è fatto divieto ai partiti di assegnare, sui fondi propri, concorsi personali alle spese che ciascun candidato intende fare a proprio vantaggio. Parrebbe quasi che Luigi Sturzo abbia letto i giornali dell'ultima settimana nel 1957, quando scriveva queste cose. Evidentemente era tutto chiaro, a lui; ai suoi soci era invece tutto chiaro altro, cioè che tutto questo doveva essere fatto, tant'è vero che gli è stato impedito di poter vedere il suo progetto di legge discusso.

Maurizio Turco: Signor Presidente, per rispetto all'intelligenza di tutti, anch'io ho una posizione che è quella del presidente della Corte dei conti che, in una lettera al Presidente della Camera, ieri ha sostenuto che la commissione che si vorrebbe fosse costituita da magistrati di diverse Corti, rappresenta una semplice attenuazione del vulnus costituzionale. Il presidente della Corte dei conti accetterebbe il vulnus costituzionale solo nel caso in cui il coordinamento fosse attribuito ai rappresentanti della Corte dei conti. Noi non accettiamo attenuazioni del vulnus costituzionale, noi siamo per il pieno rispetto delle norme costituzionali. L'articolo 100 è chiaro, dev'essere la Corte dei conti, disponendo dei poteri che nel passato questa Camera, con la legge 10 dicembre 1993, n. 515, gli ha negato, a svolgere tale funzione (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Maurizio Turco: Signor Presidente, è possibile allegare agli atti dei nostri lavori la lettera che il presidente della Corte dei conti ha inviato ieri?

Maurizio Turco: Allora incomincio a leggerla: «Onorevole Presidente Fini, le scrivo con riferimento alle proposte di legge attualmente all'esame del ramo del Parlamento da lei presieduto in tema di disciplina di contributi pubblici in favore di partiti e movimenti politici. È mia opinione, condivisa da tutta la Corte che ho l'onore di presiedere, che la competenza a svolgere qualsiasi forma di controllo su tale pubblica contribuzione non possa che spettare alla Corte stessa in ragione della sua posizione costituzionale di organo ausiliario del Parlamento e suprema magistratura nelle materie di contabilità pubblica. Conseguentemente, soluzioni diverse, quale pure quella che è stata prospettata di affidare un simile controllo ad un organismo composto dai presidenti...

Maurizio Turco: Continuo dopo o posso finire la frase?

Maurizio Turco: Un organismo - come stavo riportando - composto dai presidenti delle tre supreme magistrature non potrebbe non apparire sospettabile di incostituzionalità...

Maurizio Turco: Signor Presidente, dice ancora il presidente della Corte dei conti: «L'ultima ipotesi su cui l'Aula sta lavorando, quella cioè di affidare il suddetto controllo ad un'istituenda commissione composta da cinque magistrati di cui tre designati dal presidente di questa Corte, uno dal presidente della Corte di cassazione e uno dal presidente del Consiglio di Stato, rappresenta una semplice attenuazione del citato vulnus costituzionale accettabile per il presidente ma non per noi, se del caso, solo nella misura in cui il coordinamento della commissione sia attribuito a rappresentanti di questa Corte». Signor Presidente, è vero che questo provvedimento è molto più duro, molto severo, ma la Corte dei conti non aveva poteri di sanzionare i partiti perché questo Parlamento nel 1993 non lo ha voluto, lo ha volutamente escluso e la Corte, sin da allora, l'ha fatto presente.

Maurizio Turco: Signor Presidente, in questo minuto vorrei ringraziare l'onorevole Contento, perché con il suo intervento ha dimostrato che vi era una profonda necessità di un dibattito approfondito. Vorrei semplicemente dire che non ritengo che state violando la legalità che vi siete dati: anche il regime fascista rispettava la propria legalità e voi rispettate la vostra: qual è il problema? È chiaro che la lettera del presidente della Corte dei conti non è il Vangelo, è una posizione, che noi condividiamo e voi no. Vi segnalo semplicemente che il presidente fa presente che le vostre scelte rappresentano, o possono rappresentare, un vulnus costituzionale. Questo rischio noi con voi non vogliamo correrlo.

Maurizio Turco: No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Maurizio Turco: Signor Presidente, noi con questo emendamento chiediamo che sia fatto divieto ai partiti di investire la propria liquidità in strumenti finanziari. Pensiamo che sia un emendamento logico, nel senso che riteniamo, anche alla luce del successivo emendamento della Commissione, che prevede invece strumenti finanziari di titoli emessi da Stati membri dell'Unione europea, che cambi di poco la questione. È proprio lo strumento finanziario in sé che riteniamo inadatto rispetto ad una certa visione di partito. Poi c'è un'altra visione, un po' più commerciale ed imprenditoriale di partito, che giustamente ha bisogno degli strumenti finanziari.

Maurizio Turco: Signor Presidente, vorrei solamente leggere cosa fa la commissione: «la commissione invita direttamente i partiti e i movimenti politici a sanare eventuali inottemperanze ad obblighi di legge o irregolarità contabili». Parla appunto da solo questo emendamento. Noi votiamo contro.

Maurizio Turco: No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Maurizio Turco: Signor Presidente, vi è un problema di platea di riferimento. Quando diciamo qual è la cifra a partire dalla quale dovrebbe essere registrato un contributo, crediamo che 1.000 euro, come contributo ad un partito da parte di un cittadino, sia una cifra elevata. Con questa proposta di legge si vuole stabilire, però, un limite di 5.000 euro: evidentemente, ci si rivolge ad una particolare platea che, di fatto, esclude la stragrande maggioranza dei cittadini. Si tratta proprio di una questione di punti di vista e di riferimento che si ha con questa proposta di legge.

Maurizio Turco: Signor Presidente, noi siamo favorevoli al testo originario del collega Fontanelli. Era precisissimo, parlava esattamente dell'anagrafe pubblica e di quello che è necessario pubblicizzare. Non siamo d'accordo sulla riformulazione. Vorrei anche dire: smettiamola di gettare il cuore oltre l'ostacolo. Non c'è ancora l'anagrafe obbligatoria pubblica degli eletti e dei nominanti, ma in quest'Aula siamo solamente in 250 ad avere volontariamente depositato la dichiarazione dei redditi. Quindi, è inutile che ci allarghiamo a chiedere ai partiti cose che nemmeno nel nostro piccolo siamo in condizione di fare e dovremmo fare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, con quest'ultimo emendamento proponiamo di dare a questo provvedimento il titolo più opportuno rispetto a quello che contiene ossia: Norme in materia di finanziamento pubblico dei partiti e dei movimenti politici. Sostanzialmente pare più opportuno dare a questo provvedimento il giusto titolo, per evitare che tra vent'anni accada quello ciò che è accaduto in queste settimane, in cui si è riconosciuto che la legge sui rimborsi elettorali in sostanza era una grande ipocrisia, perché era solamente l'escamotage per non dare seguito alla decisione del 90,3 per cento dei cittadini, che attraverso il referendum avevano abolito quella legge e attraverso un referendum aboliranno questa legge.

Maurizio Turco: Signor Presidente, ho molto apprezzato l'intervento dell'onorevole Ventura, devo dire la verità, perché ha posto i temi di un dibattito possibile che non abbiamo fatto. Noi voteremo contro la legge Bressa-Calderisi per due motivi: il primo di merito ma il secondo di metodo. Voi avete voluto anteporre il dibattito sul finanziamento pubblico al dibattito sul modello di partito, così anticipandolo di una settimana, non di mesi e lo avete fatto per pregiudicare il dibattito sul modello di partito, perché il vostro modello di partito lo avete già scritto, è il modello del finanziamento pubblico (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Il modello del finanziamento pubblico non si esaurisce solo nei denari del finanziamento pubblico, quel modello, di cui il finanziamento pubblico è la punta dell'iceberg, è il modello dell'occupazione dello Stato. Liberate l'ENI, liberate la Finmeccanica, liberate la RAI, liberate le migliaia di municipalizzate! Liberatele dalla vostra occupazione e poi parliamo del modello del partito e anche del finanziamento pubblico! Noi siamo disposti, dispostissimi a fare questo dibattito. Solo noi e l'onorevole Castagnetti, che viene da quella identità sturziana che già nel 1957 aveva posto il problema. Altro che referendum del 1993! Nel 1974 vi siete dati il finanziamento pubblico; nel 1974 vi siete dati il finanziamento pubblico perché c'erano i furti. Per evitare i furti di regime avete inventato il finanziamento pubblico. Lo abbiamo abolito, il 90,3 per cento dei cittadini l'ha abolito, voi lo avete ripristinato perché così sarebbero diminuiti i furti. Oggi di nuovo: furti e finanziamento pubblico. Allora, la settimana prossima, quando discuteremo dell'articolo 49 e della democrazia interna dei partiti, la settimana prossima portate un modello di partito che non sia quello che state oggi prefigurando, per discutere sul futuro. Evitiamo - onorevole Ventura - i referendum del 2014. Prefiguriamo il modello di partito dei cittadini. Prefiguriamo il modello di partito dei servizi. Prefiguriamo il modello di partito che non occupa la RAI, ma che mette il servizio pubblico radiotelevisivo a disposizione del diritto dei cittadini di conoscere per deliberare. Oggi la RAI è un servizio privato della partitocrazia. E in tutto questo quadro, pene sempre più severe, tutto quello che volete, ma lo sapete che la giustizia in questo Paese non funziona? È una giustizia in violazione della Costituzione e di tutti gli accordi internazionali, in cui la Corte europea dei diritti dell'uomo è da trent'anni che vi dice che lo Stato di diritto in Italia è in pericolo. Allora, se lo Stato di diritto in Italia è in pericolo, cosa facciamo insieme? Non chi è più bravo ad arrivare prima o a fare qualcosa in meglio per se stesso. Cosa facciamo per il Paese insieme? La settimana prossima nell'articolo 49 sui partiti mettiamo che i partiti non nominano più il consiglio di amministrazione dell'ENI, della Finmeccanica, della RAI, delle municipalizzate, e poi raddoppiamo il finanziamento pubblico (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 642 di giovedì 31 maggio 2012

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, intervengo perché la Presidenza solleciti il Governo in quanto il 26 maggio scorso ho scritto alla direzione centrale per i servizi degli italiani all'estero del Ministero degli affari esteri per sollecitare un caso, che era rappresentato dalla stampa, di un cittadino italiano che da una settimana è detenuto in una cella di sicurezza in isolamento in un Paese in cui la forma di Governo è la monarchia assoluta, in cui il sovrano - secondo la legge fondamentale di questo Paese - ha la pienezza dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, che in qualunque causa civile o penale e in qualsiasi stadio della medesima, può pronunciarsi secondo equità e con esclusione di qualsiasi ulteriore gravame. Quindi, siamo di fronte a un Paese che per sua stessa ammissione è molto particolare, noi abbiamo chiesto al Ministero degli affari esteri di accertarsi che quel cittadino non abbia anche la cittadinanza italiana. Si tratta del signor Paolo Gabriele, non abbiamo avuto più notizie dal Ministero degli affari esteri e risulta tuttora detenuto nello Stato della Città del Vaticano e noi chiediamo che il Governo faccia sapere se questo cittadino è italiano o meno.

Seduta n. 654 di giovedì 21 giugno 2012

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, non avendo potuto intervenire questa mattina nella discussione che si è cercato di istruire in quest'Aula relativamente ai fatti che stanno accadendo in Nigeria, vorrei semplicemente dire che crediamo ormai necessario un dibattito serio che vada anche al di là di quello che è stato prospettato, cioè una mozione unitaria. Vorrei semplicemente ricordare a quest'Aula che questo Parlamento, ancora sei mesi fa, stava cercando di fare un accordo di cooperazione con il Sudan, cioè con quel Paese che è in cima ai Paesi noti come Paesi massacratori di cristiani. Noi pensiamo che il dibattito debba essere più ampio, e ve ne è stato oggi un accenno da parte del collega Castagnetti: crediamo che bisognerebbe discutere di quel diritto umano fondamentale che risponde ai principi di libertà di pensiero, coscienza e religione, discutere come fare rispettare questi principi e come fare perché essi siano ormai patrimonio comune di tutti coloro che fanno parte di organizzazioni nazionali e internazionali che si richiamano alla democrazia e al rispetto dei diritti umani. Opportunamente il presidente Castagnetti ha fatto un esempio, quello dell'Unione europea, cioè di quella clausola democratica che è inserita in tutti gli accordi di cooperazione che l'Unione europea ha con tutte le peggiori dittature del pianeta.  Noi radicali abbiamo anche denunciato al Mediatore la Commissione europea perché non fa rispettare, e non rispetta essa stessa per prima, questo principio e questo obbligo che è contenuto in tutti gli accordi di cooperazione.

Maurizio Turco: Il Mediatore europeo ha accettato quella che è stata la scusa addotta dalla Commissione europea: è un principio politico. Ecco, noi dobbiamo evitare di usare in quest'Aula dei toni altisonanti per il rispetto dei diritti umani. Andiamo a vedere al Parlamento europeo i nostri gruppi parlamentari cosa fanno su questo, laddove potrebbero fare. Ecco, quella sarebbe la vera cartina di tornasole. Io penso che il dibattito auspicabile in quest'Aula, per questi motivi, non ci sarà mai.

Seduta n. 691 di martedì 25 settembre 2012

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Signor Presidente, chiedo scusa ai colleghi se abbiamo dovuto attendere due ore e mezza, ma credo che il lavoro della Giunta sia stato molto importante per noi, visto che tutti gli emendamenti, tranne uno su cui vi è una riserva illustrata dal relatore, sono stati, in qualche misura, accolti. Purtroppo, erano gli unici emendamenti presentati, nel senso che, probabilmente, se avessimo discusso qui non dei principi, ma della riforma del Regolamento, sarebbe stato tutto un altro dibattito. Detto questo, signor Presidente, le vorrei chiedere una cosa: noi oggi stiamo discutendo di proposte di principi e criteri; quindi, ad un certo punto, il Regolamento verrà modificato. L'approvazione della modifica del Regolamento della Camera, secondo la Costituzione, è facoltà unica della maggioranza dell'Aula. Quindi, vorremmo capire anche i tempi di questa presunta riforma. Noi stiamo adottando oggi non la riforma del Regolamento, ma dei principi per consentire alla Giunta di riformare il Regolamento, riforma che, a norma dell'articolo 64 della Costituzione, dovrà essere approvata da questa Aula. È così?

Maurizio Turco: Quando, signor Presidente, mi scusi?

Maurizio Turco: Lei prima...

Maurizio Turco: Ma qual è il testo?

Maurizio Turco: Signor Presidente, posso dirglielo in italiano? Questa è una truffa! Questa è una truffa perché noi siamo stati... (Commenti) Sto parlando io adesso! Ho la parola!

Maurizio Turco: Lo modero subito: si sta ripetendo quello che è accaduto sulla falsa riforma del finanziamento pubblico ai partiti. Sta succedendo la stessa cosa! Siamo stati qui convocati con questo documento: «proposte di principi e criteri», che, in quanto tali, ci sono state consegnate. È inutile che, a 5 minuti dalla ripresa della seduta, ci portate «calda» questa fotocopia! Non ci interessa! Siamo stati convocati su altro, per votare su dei principi, tant'è vero che i nostri emendamenti non sono singoli, ma sono stati riformulati perché rappresentano dei principi! Signor Presidente, abbiamo mantenuto, rispetto al merito, un solo emendamento, anzi due righe: «I deputati possono organizzarsi in gruppi secondo le affinità politiche». È un testo che abbiamo copiato dal Regolamento del Parlamento europeo, dal Regolamento del Parlamento francese e dal Regolamento del Parlamento spagnolo perché l'unico Parlamento che pone al centro delle proprie attività e della propria organizzazione i gruppi e non il deputato, da oggi, sarà il Parlamento italiano! Questo non possiamo accettarlo, signor Presidente. È inutile continuare a parlare, come si continua a fare, di quanto è previsto dalla Costituzione, ossia di «soggetti necessari al funzionamento della Camera». I gruppi sono citati nella Costituzione, ma il passaggio che dovrebbe essere la nostra stella polare, è l'articolo 67, secondo cui «Ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Già oggi questa Camera è nominata da un'oligarchia, già oggi - o, almeno, fino ad oggi - i gruppi sono stati un'oligarchia che ha sottratto all'insieme dei deputati, al singolo deputato, un potere che gli è riconosciuto dalla Costituzione sulla base di un mandato parlamentare. Potete anche decidere che, visto che il Parlamento è composto da nominati, quindi ciascuno di noi non ha alcun potere - se non quello, secondo voi, di dover ringraziare chi lo ha nominato -, di conseguenza, tutto il resto viene da sé: non ci sono più i deputati, nucleo centrale del Parlamento, ma si affida tutto ai gruppi. Devo riconoscere che, accettando, per esempio, di pubblicare i bilanci dei gruppi su Internet, si è fatto un grande passo avanti, ma non rispetto alla vostra proposta di modifica del Regolamento. Voi ci avete proposto dei principi e su questo, signor Presidente, ci sarà l'autodichia. Fate quello che volete, come avete sempre fatto, ma noi non deflettiamo. Voi oggi ci avete proposto dei principi. La Costituzione parla chiaro. Il giochetto è che oggi ripresentate, a 5 minuti dall'inizio di questa sessione, rinviata di 2 ore e mezza, una fotocopia da cui la parola «principio» sparisce. Svolgiamo un dibattito di 3 minuti per la modifica statutaria? Non voglio chiamare per nome i membri della Giunta per il Regolamento a rispondere. Voi avete proposto una modifica del Regolamento o avete proposto dei principi che vi avrebbero consentito di poter modificare il Regolamento? Per noi questa è la questione, tant'è vero che questo unico emendamento che vi chiediamo di approvare chiede solamente che i deputati abbiano la facoltà di organizzarsi in gruppi secondo le affinità politiche. La facoltà! Una volte esercitata questa facoltà, nulla devono perdere dei poteri che gli vengono riconosciuti dalla Costituzione e nulla devono acquisire in termini di potere interno. Quindi, signor Presidente, mi scusi, glielo dico pacatamente, non è una risposta che lei può dare in termini di interlocuzione nell'ambito di un mio intervento. Io spero che i membri della Giunta abbiamo espresso l'unanimità su qualcosa di chiaro, cioè hanno espresso l'unanimità su dei principi o delle modifiche regolamentari. E noi chiudiamo il dibattito su delle modifiche regolamentari sulla questione relativa ai gruppi parlamentari, ai contributi ai gruppi parlamentari in pochi minuti. Oggi, il giorno successivo a quello che abbiamo visto accadere alla regione Lazio, ma che accade ovunque, dove cinque persone nell'ufficio di presidenza si raddoppiano i contributi, che facciamo oggi? Ci portate dei principi e in tre secondi diventano delle modifiche?

Maurizio Turco: Sto concludendo, Signor Presidente. Per cui noi chiediamo su questo un momento di riflessione. Vorremmo ascoltare la voce dei membri della Giunta. Vorremmo ascoltare la voce non dei relatori solamente, sono sicuro che c'è una risposta, sono sicuro che anche l'onorevole Bressa ha una risposta, ma la questione è un'altra. Vogliamo sentire la voce dei membri dei diversi gruppi della Giunta per il Regolamento che ci vengono a dire qui...

Maurizio Turco: ...che intendevano, con quel voto, proporre una modifica al Regolamento.

Maurizio Turco: Signor Presidente, adesso votiamo la seguente frase: «i deputati possono organizzarsi in gruppi secondo le affinità politiche». Circa la parte seguente, la ritiro, tranne il punto a), quello che condivide la collega Sereni e lo votiamo a sé.

Seduta n. 695 di martedì 2 ottobre 2012

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Signor Presidente, l'onorevole Crosetto, prima, le ha posto una questione liberale da Parlamento di uno Stato democratico: lei, naturalmente, non gli ha risposto, perché avrebbe dovuto dire all'onorevole Crosetto che noi, dall'anno scorso, in materia di bilancio interno della Camera, siamo stati «espropriati». Siamo stati espropriati dal Presidente della Camera che ha deciso che non si possono più presentare emendamenti al bilancio della Camera stessa. Questa era una delle prerogative parlamentari tra le più significative, naturalmente. Onorevole Crosetto, lei giustamente ha cercato di porre la questione con forza, a più riprese. È una questione liberale, che non può avere accesso in questo Parlamento, perché già la settimana scorsa abbiamo derogato alle nostre prerogative in favore dei gruppi parlamentari. Durante la scorsa seduta dedicata al bilancio interno, infatti, abbiamo derogato alla nostra prerogativa, ascoltando il Presidente della Camera che, come il «Re sole», decideva che da quel momento cambiavano le regole. C'è, evidentemente, qualcosa che non funziona, che probabilmente ha radici lontane, cioè, dal giorno dopo la promulgazione della Costituzione, con le successive violazioni della Costituzione, ci hanno abituato alla violazione e all'interpretazione delle leggi. Pertanto, come lei giustamente ha voluto sottolineare, siamo in questo stato: non contiamo più niente e siamo stati espropriati delle prerogative parlamentari. Signor Presidente, chiedo, dunque, che questo ordine del giorno sia posto in votazione, perché proponiamo una cosa molto semplice: che una volta finito il mandato parlamentare, non ci possano essere benefit per più di sei mesi, che ci sembra un tempo più che congruo.

Maurizio Turco: Sì, signor Presidente. Siamo qui per questo.

Maurizio Turco: Signor Presidente, penso che ne riparleremo quando discuteremo del provvedimento sugli assistenti dei parlamentari. Noi chiediamo che, come accade ovunque, per esempio al Parlamento europeo, i nomi e i cognomi degli assistenti dei parlamentari siano pubblici. Si è parlato di privacy, la privacy non c'entra niente perché la privacy nel mondo occidentale e nei sistemi democratici è qualcosa che attiene alle opinioni politiche, religiose, al sesso e a quant'altro, non sicuramente alle mansioni di lavoro. Questa è la ragione per cui noi chiediamo di votare questo ordine del giorno che ritroveremo anche come emendamento quando discuteremo del provvedimento sugli assistenti dei parlamentari.

Seduta n. 697 di giovedì 4 ottobre 2012

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, il Presidente della Camera ha scritto a tutti i presidenti delle Commissioni, richiamandoli al rispetto dell'articolo 134 del nostro Regolamento, ovvero il Presidente della Camera ha ribadito che l'articolo 134 va letto così com'è scritto. Risulta che diverse Commissioni parlamentari non stanno dando seguito all'interpretazione autentica data dal Presidente della Camera, che - ripeto - è quella di rispondere alla lettera del Regolamento. Vorrei chiedere, signor Presidente, di sollecitare il Presidente Fini, non solo a richiamare i presidenti delle Commissioni parlamentari a rispettare alla lettera l'articolo 134 del Regolamento, ma a vigilare affinché sia fatto quello che il Presidente della Camera ha chiesto. L'articolo 134 riguarda le interrogazioni parlamentari che non ottengono risposta dal Governo e che entro venti giorni, su richiesta del parlamentare, possono essere oggetto di un'interrogazione a risposta in Commissione. Purtroppo - ripeto - il Presidente Fini ha sollecitato i presidenti delle Commissioni, ma molte Commissioni non si sono ancora adeguate a quanto avrebbero dovuto fare dall'inizio, cioè rispettare la lettera del Regolamento.

Seduta n. 717 di martedì 13 novembre 2012

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 17,30)

Seduta n. 720 di martedì 20 novembre 2012

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, ero intervenuto lo scorso martedì 13 novembre, ma senza alcun seguito, per far risultare sul resoconto che la Corte europea dei diritti dell'uomo, in data 6 novembre, ha accertato la violazione da parte della Bulgaria dell'articolo 3 del protocollo addizionale n. 1 in materia di diritto a libere elezioni. Si tratta del caso Ecoglasnost contro Bulgaria e questo Paese è stato condannato perché ha cambiato la legge elettorale pochi mesi prima dello svolgimento delle elezioni politiche. Mi spiego meglio: la lista Ecoglasnost aveva eletto rappresentanti nel Parlamento bulgaro dal 1990 al 2001. Inopinatamente e pretestuosamente la maggioranza del Parlamento, pochi mesi prima del rinnovo della rappresentanza, aveva introdotto nella legislazione elettorale alcuni nuovi requisiti. Tali requisiti erano chiaramente mirati ad eliminare i partiti piccoli dal Parlamento. Esaurite le vie interne, Ecoglasnost adì la Corte di Strasburgo, la quale si è pronunziata lo scorso 6 novembre. Secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, l'articolo 3 del protocollo addizionale n. 1 prevede il diritto inalienabile dei cittadini a libere elezioni. Le elezioni sono libere se è sufficientemente ampio il diritto di elettorato attivo e passivo. In questo contesto, secondo la Corte, è essenziale che il sistema elettorale sia stabile e prevedibile, altrimenti le regole elettorali rischiano di essere troppo mutevoli e dunque arbitrarie, e questo intacca il diritto a elezioni che siano realmente libere ed eque. È per questo che invito la Presidenza ad assegnare con ogni sollecitudine la sentenza Ecoglasnost contro Bulgaria, alla I Commissione (Affari costituzionali) per un suo esame sollecito. Solleciterei anche la Presidenza a dare istruzioni affinché la sentenza sia collocata sul sito Internet della Camera dei deputati, la cui avvocatura cura un osservatorio apposito e inserisce le pronunce della CEDU sul sito Web della Camera.

Seduta n. 730 di giovedì 6 dicembre 2012

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, intervengo un'altra volta per chiedere l'applicazione sostanziale dell'articolo 134 del Regolamento, inerente alle risposte alle nostre interrogazioni. Sarà l'ultima volta che lo faccio nell'Aula. Lo abbiamo chiesto al Presidente della Camera il quale ha avuto il merito di ristabilire la legalità formale di questo articolo 134 che secondo la prassi era diventato desueto, però è ancora scritto lì; il Presidente ha letto l'articolo e giustamente ha detto che va applicato così com'è scritto. Ci sono alcuni presidenti di Commissione che continuano a intendere il loro mandato come un mandato privatistico e assoluto rispetto alle nostre regole. Allora, siccome la legislatura sta finendo e i Governi hanno lasciato indietro centinaia di interrogazioni alle quali per anni non hanno dato risposta mentre dovevano rispondere, secondo il Regolamento, entro 20 giorni, le chiedo, signor Presidente, di chiedere al Presidente Fini che, dopo aver risollecitato, per l'ennesima volta, i presidenti di alcune Commissioni a dare una conseguenza e un'applicazione concreta a questo articolo, di prendere provvedimenti e di obbligarli a iscrivere all'ordine del giorno delle prossime sedute delle Commissioni lo svolgimento di interrogazioni, già a risposta scritta e trasformate, ai sensi dell'articolo 134, in interrogazioni a risposta in Commissione, e a dare, quindi, le risposte nel più breve tempo possibile. Il Governo è già pronto, è abbastanza incredibile che alcuni presidenti di alcune Commissioni parlamentari vengano meno a questo loro dovere e obbligo.

Seduta n. 732 di martedì 11 dicembre 2012

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, come ho già fatto presente al Presidente della Camera, il protocollo che rimandava ad un accordo con la Conferenza episcopale italiana non è stato mai siglato. Peraltro, l'otto per mille copre esattamente le stesse funzioni che dovrebbe coprire l'ordinariato militare. È veramente una duplicazione di spesa incomprensibile a fronte di un contributo dello Stato che ammonta a un miliardo di euro. L'otto per mille oggi ammonta ad un miliardo di euro di cui 330 milioni sono proprio destinati a coprire la vecchia congrua, cioè diciamo così lo stipendio che adesso viene inteso come secondo stipendio per chi invece è un ordinariato militare. Credo davvero, Presidente, che su questo non c'è la chiarezza che sarebbe necessaria. Comprendo e l'ho già fatto presente al Presidente della Camera.

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, se posso, chiedo di depositare una nota sull'emendamento dichiarato inammissibile e di lasciarla agli atti.

Maurizio Turco: Signor Presidente, poiché è una nota lunga e concerne l'ordinariato militare, noi ribadiamo che non esiste alcuna intesa...

Maurizio Turco: Signor Presidente, non esiste alcuna intesa tra lo Stato italiano e la CEI a tutela dell'ordinariato militare. La dichiarazione di inammissibilità del nostro emendamento, volto a porre a carico della Chiesa i costi per la paga dei cappellani militari e il mantenimento dell'ordinariato militare, non trova alcun conforto né giuridico né normativo. L'ordinariato militare, fino al 9 ottobre 2010, era disciplinato da alcune norme. Il testo dell'articolo è, poi, stato modificato integralmente dal decreto legislativo del 24 febbraio 2012, che stabiliva che il servizio di assistenza spirituale alle Forze armate, istituito per assicurare l'esercizio delle pratiche di culto del personale militare di religione cattolica e disimpegnato da sacerdoti cattolici, è disciplinato dal titolo III del libro IV. In questo, il Concordato non c'entra nulla. Quindi, noi riteniamo ancora una volta che, contrariamente alla legge e al diritto, la disciplina del trattamento economico dei cappellani militari non sia tra le questioni tutelate dal Concordato e che, quindi, non sia indirettamente elevata a norma di rango costituzionale.

Maurizio Turco: Signor Presidente, noi stiamo dando una delega a un Governo per una revisione - non una riforma - che esplicherà i suoi effetti in quindici, venti anni, in cui mettiamo su un piatto della bilancia alcune decine di migliaia di persone per fare cosa? Per risparmiare e rientrare in minima parte nel debito pubblico? No, per acquistare sistemi d'arma. E cosa dobbiamo fare di questi sistemi d'arma? È appena tornato il sottosegretario Magri dalla Libia, dobbiamo aiutare la Libia alla formazione del personale per contrastare l'immigrazione clandestina? L'abbiamo già sentita! L'abbiamo già sentita! Dobbiamo aiutare la cooperazione industriale nel settore della difesa? Questa non l'avevamo ancora sentita! È una cosa incredibile... (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Maurizio Turco: Signor Presidente, a riprova che è un provvedimento di revisione e non di riforma, abbiamo presentato questo articolo aggiuntivo che, di tutta evidenza, è estraneo, non alla materia, è estraneo alla forma di Governo, diciamo così, che si è voluta mettere in campo rispetto allo strumento militare. Noi abbiamo cercato di fare uno sforzo di visione verso il futuro e non di ancorarci al presente, per cercare di capitalizzare al massimo quelle che sono le incongruenze - a dir poco, le incongruenze - dell'attuale sistema. Noi proponiamo di tornare, per esempio per quanto riguarda l'Arma dei carabinieri, nell'ambito del Ministero dell'interno. Chiunque ha seguito le vicende della controriforma che portò l'Arma dei carabinieri all'interno del Ministero della difesa oggi può compitare i danni che ha comportato. Così, signor Presidente, proponiamo, con questo articolo aggiuntivo, la smilitarizzazione del Corpo della guardia di finanza, una cosa che esiste in tutta Europa. Anzi, la militarizzazione di un Corpo di finanza esiste solo in Italia. Perché? Perché non si vuole che la guardia di finanza possa esplicare fino in fondo le proprie professionalità tecniche e deve essere, invece, subordinata indirettamente al potere politico.

Maurizio Turco: Signor Presidente, con l'emendamento 4.1, a mia prima firma, noi chiediamo che le risorse che si recupereranno dall'attuazione di questo processo di revisione attraverso il licenziamento di personale e la vendita di alcuni beni, siano versate al bilancio dello Stato per rientrare dal debito pubblico. Ma se non vengono versate al bilancio dello Stato, queste risorse a cosa serviranno al Ministero della difesa? Ad andare in Libia? A rinforzare la potenza di Finmeccanica? Ad aiutare i mediatori che oggi sono nelle aule di tribunale per come hanno gestito i rapporti tra Finmeccanica e gli acquirenti in India, figuratevi in Libia? Su queste cose una riflessione l'avete fatta? Ce la potete dire? Quali strumenti di controllo, di prevenzione perché questo non accada più, avete messo in campo? Nessuno. Continuate a rafforzare una potenza di fuoco che non serve a nulla, anzi dovrebbe servire ai libici per fermare gli immigrati clandestini tramite le armi che gli vendiamo. Il progetto è perfetto (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Maurizio Turco: Signor Presidente, anche in questo caso, quando nel corso di ciascun esercizio finanziario si fanno delle economie e restano i soldi, come vengono spesi? Alla ripartizione delle disponibilità dei fondi si provvede con decreto del Ministro della difesa, su proposta del Capo di stato maggiore della Difesa. Il Parlamento è esautorato. D'altronde, il controllo democratico sul Ministero della difesa e lo strumento militare in capo a chi è a seguito di questa revisione? Un provvedimento che, come abbiamo già detto, avrà delle ripercussioni per quindici o venti anni in termini economico-finanziari. Avete nelle mani decine di migliaia di persone da allocare fuori dalla struttura, un capitale di immobili, al giorno d'oggi diremmo, a parte alcune persone che lo sanno, incommensurabile, che gestirete come meglio crederete. Va bene la fiducia, ma il controllo democratico e parlamentare in quale momento si situa? In questo? In questo in cui vi deleghiamo a fare la revisione, a stabilire voi le regole e noi, semplicemente, a darvi delle indicazioni di massima? Signor Presidente, è il Parlamento che deve controllare, no il Governo che noi deleghiamo a farsi le regole anche per autolimitarsi. Purtroppo è questo che emerge da questo provvedimento in termini concreti.

Maurizio Turco: Signor Presidente, davamo per scontato che avremmo aderito a quelle che sono le discussioni in sede di Unione europea sugli strumenti militari. Cercavamo di uscire fuori un po' da quella che è la specializzazione del nostro Paese: da una parte, la violazione della legalità europea e, dall'altra, il subire le norme europee. Cercavamo di dare lo spunto per essere protagonisti in sede di Unione europea rispetto a un dibattito, quello sugli Stati Uniti d'Europa e la creazione di un esercito comune europeo che forse è qualcosa che verrà, ma è sicuramente qualcosa di necessario oggi. Quindi, ciò sarà l'obiettivo di chi avrà il coraggio, la forza, la visione di andare oltre quelle che sono le convenienze e le aspettative, soprattutto degli altri, da parte dell'Italia, che impongono - io comprendo - di non fare alcun passo avanti, ma di essere lì ad attendere che qualche altro ci trascini in una grande azione europea. Credo, signor Ministro, che accettare questo nostro ordine del giorno e portarlo avanti potrebbe solo dar lustro al nostro Paese e al Ministro che accettasse di farlo. Non accetto la riformulazione proposta dal Governo (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 734 di giovedì 13 dicembre 2012

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

Maurizio Turco: Signor Presidente, intervengo per confermare il voto che abbiamo espresso in Giunta, e cioè dell'insindacabilità delle affermazioni dell'onorevole Barani, che erano legate a un documento parlamentare.

Seduta n. 735 di martedì 18 dicembre 2012

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, anche se siamo alla fine della legislatura, la prego di non considerare fuori luogo questo intervento, perché non ci siamo ancora rassegnati a rinunciare al dovere di reclamare il rispetto delle prerogative parlamentari. Il 62,3 per cento degli atti di sindacato ispettivo, di diretta competenza - l'ultima - del parlamentare, non hanno ricevuto risposta. Si tratta di atti depositati ormai da anni, su cui gli uffici competenti dei Ministeri hanno svolto tutte le istruttorie, per cui essi potrebbero semplicemente depositare e inviare al Parlamento le risposte alle nostre interrogazioni. La prego, quindi, ancora una volta, di chiedere al Presidente della Camera perché chieda ai Ministeri che tutto quello che è ancora nelle loro mani - ma che dovrebbe essere nelle nostre mani - ci sia consegnato. Mi consenta, infine, di ricordare anche in quest'Aula, che in queste ore è in corso una dura iniziativa non violenta di Marco Pannella per l'amnistia, la giustizia e le libertà, che in questo modo si fa carico di prerogative che dovrebbero essere certo del dovere civile di ciascuno di noi, di quest'Aula, del Presidente della Repubblica e di quant'altri. Nel mentre si continua a chiedere a Pannella di smettere nella sua azione non violenta, si continua anche a non voler prendere atto delle ragioni e degli obiettivi - degli obiettivi soprattutto - di questa lotta, che sono il ripristino della legalità, dello Stato di diritto, della democrazia, del rimuovere le migliaia di occasioni, cioè di sentenze, in cui la Corte europea dei diritti dell'uomo e il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, si sono pronunciati contro il nostro Paese per la violazione dei più elementari diritti civili, umani e politici dei cittadini.

Seduta n. 736 di mercoledì 19 dicembre 2012

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, intervengo, mi verrebbe da dire, con viva e vibrante preoccupazione, visto che la Commissione europea oggi ha stabilito che voi, tutti insieme, dal 2006 al 2011 - leggo - avete concesso esenzioni a entità non commerciali per scopi specifici relativi all'ICI. Queste esenzioni le avete concesse, in quest'Aula, contro il nostro parere. Siamo intervenuti decine di volte, con interrogazioni, con una denuncia alla Commissione europea. Voi, attraverso i vostri Governi, nel corso di questi sette anni, avete sempre mentito alla Commissione europea. Voi. Noi radicali avevamo ragione, perché chiedevamo il rispetto della legalità comunitaria. Abbiamo ragione! Ora emerge che la Commissione europea ritiene di non essere in grado di chiedere a coloro ai quali voi avete deciso di fare un regalo - facendolo pagare a tutti i cittadini - che 2,5 miliardi di euro siano restituiti allo Stato. Non è possibile. Non è possibile, perché avevate intenzione di fare un regalo, lo avete fatto e lo avete confezionato in modo tale che non fosse possibile riavere quei denari. Questo vuol dire solo una cosa, signora Presidente, ossia che questo Paese non è in grado di controllare chi percepisce indebitamente 2,5 miliardi di euro in sette anni, quindi non è in grado di farseli restituire. Noi radicali, signora Presidente, in queste aule, in questi sette anni, non abbiamo smesso di richiamarvi al vostro dovere di rispettare la legalità europea. Allora, oggi chi si presenta agli elettori come uomo di Governo, uomo di Stato, è esattamente tra coloro che hanno fatto questa operazione e che hanno dimostrato, nella pratica, di essere incapaci ad essere persone di Governo, ma, soprattutto, di non avere il senso dello Stato. Nei prossimi giorni saremo più precisi, con nomi e cognomi (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Seduta n. 737 di giovedì 20 dicembre 2012

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Maurizio Turco: Chiedo di parlare.

Maurizio Turco: Signor Presidente, intervengo non per rettificare quanto risulta a verbale, nel senso che ciò che è scritto è fedele, ma per approfondire e specificare il mio pensiero. Quello che ci è arrivato ieri, quello che ieri è arrivato allo Stato italiano dalla Commissione europea è qualcosa a nostro avviso di molto grave. Ha detto ieri il Vicepresidente della Commissione europea e commissario per la concorrenza che gli enti senza scopo di lucro svolgono un ruolo sociale importante, di cui il regime italiano di imposte sugli immobili tiene conto. Tuttavia, quando gli enti operano sugli stessi mercati degli operatori commerciali, dobbiamo assicurarci che non beneficino di vantaggi indebiti. La nuova normativa italiana sulla tassazione dei beni immobili garantisce che ciò non avvenga. Io credo, signora Presidente, che la stessa Commissione europea, nel 2006, sosteneva che la normativa di allora - quella che parlava di attività di natura non esclusivamente commerciale, il famoso decreto Bersani sulle liberalizzazioni - andava bene. Oggi, dopo sette anni, ci ha spiegato che è contraria alle direttive europee, così come da nostra denuncia, la quale teneva ben conto come gli enti senza scopo di lucro svolgano un ruolo sociale non importante, importantissimo. Questo vuol dire anche intanto che posso preannunciare - in modo che i servizi competenti si possano attrezzare - che noi faremo ricorso presso la Corte europea contro questa decisione della Commissione europea, denunceremo la Commissione europea al mediatore europeo per cattiva amministrazione, avendoci impiegato sette anni, la più lunga indagine nella storia dell'Unione europea, ma soprattutto riapriremo una vertenza sulla normativa appena recepita sull'IMU. Noi crediamo, signora Presidente, che questa sia una pagina vergognosa in termini di incapacità legislativa. Noi chiediamo al Presidente del Consiglio di fare un'inchiesta approfondita all'interno del Ministero dell'economia e delle finanze per capire chi sono i responsabili che nel corso di questi sette anni hanno indotto la Commissione europea a non poter prendere una decisione in tempi rapidi e con soluzioni non solo credibili, ma anche efficaci. Oggi, infatti, la Commissione europea ci dice che questo Paese non è nemmeno in grado di sapere a chi fa i regali - regali! - contro quelle che sono le direttive europee. Questa è una pagina che non finisce qui, non finisce con un comunicato stampa della Commissione europea e non finisce in Europa.

Maurizio Turco: Signor Presidente, vorrei sgombrare il campo rispetto all'emendamento che è stato presentato dal Popolo della Libertà rispetto a qualsiasi valutazione di ordine giuridico. Vorrei semplicemente ricordare, soprattutto a coloro che hanno fatto interventi di tipo giuridico, che, nel 2008, il «decreto Prodi» fu da noi votato - da noi votato -, da tutti coloro che, nel 2008, erano stati eletti in questo Parlamento e sostenevano il Governo Prodi: votammo l'esenzione per tutti i soggetti politici che potevano contare sulla sottoscrizione da parte di due deputati. Non eravamo interessati, ma lo votammo anche noi. Signor Presidente, non so se, poi, alla fine, sarà possibile integrare questa mia relazione depositando la lista di voto, perché io penso che su queste questioni ci voglia anche un minimo di serietà politica. Io non so quanti colleghi abbiano letto la relazione introduttiva a questo decreto. La relazione introduttiva parla di una compressione notevole dei tempi per la raccolta delle numerosissime sottoscrizioni richieste dalla legge. Si parla di compressione notevole dei tempi, e va anche sottolineato di che tempi si tratta: di solito, le firme si raccolgono in primavera, non in inverno, non tra Natale e la Befana. Diciamo che sono delle condizioni ulteriori che non consentono particolare facilità. Ma vorrei anche ricordare che quando noi approvammo il decreto Prodi «taglia firme», lo facemmo il 24 gennaio e andammo a votare il 14 aprile: oltre due mesi dopo. Oggi, andremmo a votare fra poco più di quaranta giorni. Io credo, signor Presidente, che sia importante rileggere ciò che il Governo ha scritto nella relazione introduttiva, perché ciò che il Governo ha scritto nella relazione introduttiva dice semplicemente una cosa: che le numerosissime firme stanno ad indicare una richiesta sproporzionata rispetto alle finalità della legge. Infatti noi non possiamo non tenerne conto; io ho provato, durante i lavori della Commissione, a sollecitare il Governo a fare un piccolo esercizio: andare a leggere la sentenza di condanna della Bulgaria, che è stata emessa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo appena il 6 novembre scorso. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato la Bulgaria perché, se uno Stato modifica troppo spesso le regole elettorali fondamentali o se le modifica alla vigilia di uno scrutinio, rischia di scalfire il rispetto del pubblico per le garanzie che si presume assicurino libere elezioni o la sua fiducia nella loro esistenza. Cambiare le leggi elettorali o cambiare le procedure per accedere alla competizione elettorale è un danno che non viene fatto alle forze politiche, è un danno che viene fatto, innanzitutto, ai cittadini. Lo ripeto, è un danno che viene fatto, innanzitutto, ai cittadini! Tant'è che la Corte europea, condannando la Bulgaria, ha detto che anche le condizioni di partecipazione all'elezione imposti alle formazioni politiche fanno parte delle regole elettorali fondamentali. Nei sistemi elettorali che impongono un certo numero di condizioni specifiche alle formazioni politiche perché esse possano partecipare allo scrutinio, l'introduzione di nuove esigenze, poco tempo prima della data delle elezioni, può indurre, in casi estremi, alla squalifica d'ufficio di partiti e coalizioni di opposizione che beneficiano di un sostegno popolare e così avvantaggiare le formazioni politiche al potere. Va da sé che una prassi simile è incompatibile con l'ordine democratico e scalfisce la fiducia dei cittadini; lo ripeto, dei cittadini, non delle forze politiche; scalfisce, infatti, la fiducia dei cittadini nei poteri pubblici del loro Paese. Ancora, per quanto riguarda il termine di un anno, ricordo che abbiamo anche sentito, da parte della Presidenza della Repubblica, che il termine di un anno lo stabiliva una norma, anzi, una raccomandazione senza alcun valore; la Corte europea dei diritti dell'uomo sottolinea che il termine di un anno raccomandato dalla Commissione di Venezia per l'introduzione di modifiche alla legislazione elettorale, nel caso della Bulgaria, non è stato rispettato. L'emendamento che stabilisce il numero di firme necessarie per presentare le liste è intervenuto due mesi prima della data delle elezioni e un mese prima della scadenza del termine per la presentazione delle candidature dei partiti alla commissione elettorale centrale. Questo brevissimo lasso di tempo lasciato a questi partiti certamente ha creato loro difficoltà non trascurabili. C'è poi un passaggio che vi è dedicato, parliamo delle elezioni bulgare del 2005: la Corte europea dei diritti dell'uomo è del parere che un progetto di legge, che prevedesse queste stesse misure, avrebbe potuto essere introdotto, dibattuto, adottato e pubblicato, per esempio, negli anni 2002 e 2003, addirittura anche nel corso del primo semestre del 2004; questo avrebbe permesso di mettere in atto, in tempo utile, una soluzione adeguata al problema dei partiti politici fantasma, pur rispettando il principio della stabilità delle regole fondamentali della legislazione elettorale. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, vi ho letto la sentenza di condanna dell'Italia che interverrà nel momento in cui depositeremo gli atti parlamentari, quello che voi avete detto e scritto. Sempre nella relazione introduttiva - che si ha l'impressione che nessuno abbia letto - il Governo spiega perché c'è la necessità di emanare delle disposizioni urgenti per lo svolgimento delle elezioni politiche nell'anno 2013. Scrive il Governo: la modifica si rende opportuna in quanto le forze politiche tenute alla raccolta delle firme per le prossime consultazioni non hanno presumibilmente avviato tale adempimento con il dovuto anticipo, poiché si era in attesa dell'approvazione delle nuove regole introdotte dall'auspicata riforma del sistema elettorale. E qui, colleghe e colleghi, rappresentante del Governo, dobbiamo intenderci: chi auspicava la riforma elettorale? Chi ha auspicato la riforma elettorale, in particolare negli ultimi sei mesi, attraverso gli organi di informazione pubblici, soprattutto? Il Presidente della Repubblica. Siamo stati gli unici a sottolinearlo, e sottolineavamo anche che il Presidente della Repubblica si sbagliava nel ritenere che voi avreste mantenuto la parola data. Si sbagliava nel ritenere che voi avreste voluto abolire il «porcellum», tant'è vero che non lo avete fatto. Non c'era una maggioranza? Basta votare per trovare le maggioranze. Il «più uno» fa la maggioranza. Volevate il «porcellum» e vi siete organizzati per il «porcellum», e oggi fate questi interventi. Ma nel 2008 c'era un'altra Costituzione? Quando avete stabilito - abbiamo stabilito, insieme -, di esentare le liste che avevano il sostegno di due deputati, c'era un'altra Costituzione? C'era un'altra legge elettorale? C'era un'altra Corte europea dei diritti dell'uomo? C'era un'altra Convenzione europea? No, era tutto uguale. Io non vorrei che, nel nome di un rigurgito del fascismo degli antifascisti, la questione oggi fosse La Russa, perché il problema non è La Russa, il problema è la tenuta democratica delle prossime elezioni, della prossima scadenza elettorale. Chi frequenta l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa avrà avuto modo di sapere che vi è un aspetto non secondario. L'ho fatto presente in Commissione e mi si è chiesto: che c'entra? C'entra, è il contesto. Il Consiglio d'Europa spiega che vi è una questione di eguaglianza delle opportunità. E qual è lo scopo? Lo scopo è che le principali forze politiche possano farsi conoscere. Nel rispetto della libertà di espressione, tutti questi diritti devono essere chiaramente disciplinati e il non rispetto da parte delle autorità e da parte dei partecipanti alla competizione elettorale deve essere oggetto di sanzioni appropriate. Scusi, sottosegretario, qual è la sanzione appropriata per coloro che, per cinque anni, hanno negato la possibilità che in questo Paese vi fossero le tribune politiche? Qual è la sanzione appropriata per coloro che continuano ad utilizzare soprattutto i mezzi di informazione pubblici a seconda delle loro convenienze? Posso fare un esempio? Il collega Donadi è sempre più spesso in televisione: cosa rappresenta più di noi sei? Rappresenta il fatto che costituisce di per sé uno strumento del regime per distruggere una forza politica. Oggi Donadi lo vedete tre volte a Porta a Porta, nei telegiornali; ma chi l'ha deciso? Sulla base di quali regole, di quali diritti, di quali principi? E sulla base di quali regole, diritti e principi, ad altri, per esempio i radicali, questa possibilità di far decidere ai cittadini chi scegliere? Non si fa decidere ai cittadini chi scegliere impedendo di presentare le liste. I cittadini possono scegliere anche per chi firmare. Oggi noi siamo stati messi nelle condizioni, in questi anni, denunciandolo puntualmente, di non poterci presentare alle prossime elezioni, alla prossima scadenza elettorale. Siamo stati messi in condizione di non presentarci sulla base di una serie di attività che abbiamo puntualmente denunciato. L'Autorità sulle comunicazioni ha condannato, non una volta, la RAI e ha imposto alla RAi di risarcire e di fare dei dibattiti sulle questioni importanti per il Paese, non per Bruno Vespa, dibattiti sulle questioni importanti per il Paese, magari sulle questioni di cui si dibatte in Parlamento, in assenza ormai dei giornalisti che si occupano della cronaca parlamentare. Ormai è tutto retroscena e gossip, ma c'è una cronaca parlamentare, ed è scritta nei nostri atti, ed è lì che possiamo trovare le contraddizioni dei nostri comportamenti. Ma c'è qualcuno che può spiegare perché, nel 2008, l'esenzione a due deputati andava bene e oggi a venti no?

Maurizio Turco: Può spiegare perché oggi si devono trovare degli escamotage per non far presentare il massimo numero di formazioni politiche che partecipano alla vita politica del Paese presenti in Parlamento, o non presenti, con un occhio di riguardo a quelli che non sono presenti? Io vorrei rivolgere un ultimo appello al collega La Russa e ai colleghi che hanno fatto parte di una minoranza, ai colleghi della Lega, che sono stati minoranza in questo Parlamento: guardate che la legge elettorale non è un gioco tra maggioranza e minoranza. La legge elettorale, per contribuire al gioco democratico, deve occuparsi delle minoranze, non degli interessi degli uni e degli altri. Non deve prevenire la campagna elettorale, o magari pregiudicare il risultato elettorale. Deve mettere nelle condizioni coloro che partecipano alla vita politica del Paese di poter partecipare alla competizione elettorale (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico e Futuro e Libertà per il Terzo Polo).