Privacy Policy Cookie Policy Termini e Condizioni

1993 09 23 * Corriere della Sera * Papa Luciani. Il sospetto. * Piero Melograni

ANNIVERSARI. IL 29 SETTEMBRE 1978 MORIVA DOPO TRENTATRE' GIORNI DI PONTIFICATO GIOVANNI PAOLO 1O. UNA MORTE ANCORA OSCURATA DA OMBRE. ECCO LA STORIA DI UN DUBBIO CHE DURA DA 15 ANNI

dalla semplice ricostruzione del tragico evento e del suo contesto emerge un puzzle inquietante. la mancata autopsia e la frettolosa sepoltura. tollerante in materia di sesso, era insofferente verso i peccati legati al denaro. le preoccupazioni nei mercati d'affari dove operava la finanza vaticana Marcinkus nella lista di prelati legati alla massoneria pubblicata da Pecorelli

Papa Luciani morì in modo a dir poco strano dopo 33 giorni di pontificato. La sera del 28 settembre 1978 era in eccellenti condizioni di salute, cenò con i segretari, conversò al telefono con il cardinale Colombo e andò a dormire verso le 21.30. L'indomani mattina fu trovato cadavere. 

Il 30 settembre, recatosi tra la folla che sfilava in Piazza San Pietro, Giuliano Zincone, per il Corriere della Sera, raccolse la dichiarazione di una giovane maestra fattasi interprete della vox populi diffusa in Roma: "La morte del Papa mi sembra molto misteriosa. Troppo misteriosa, capisce? Io sono pendolare, sul treno tutti dicono che il Papa è stato ucciso". 

Carlo Bo, nel Corriere della Sera del 1 ottobre, scrisse che il Vaticano avrebbe fatto bene a ordinare un'autopsia: "Sapere di che cosa è morto il Papa" concluse Bo "è un fatto legittimo". 

Ma il Vaticano evitò che questa autopsia avesse luogo e nessun certificato necroscopico fu reso pubblico. Mentre in agosto Papa Montini - nel rispetto delle leggi italiane - era stato imbalsamato dopo 24 ore dal decesso, accadde invece che in settembre, per Papa Luciani, gli imbalsamatori compissero la loro opera 12 ore dopo la scoperta del cadavere. Contrariamente alla pratica abituale, non estrassero il sangue dalle vene. Nel Corriere della Sera del 4 ottobre, Bruno Tucci fece sapere che la sera del 3, nella Basilica di San Pietro chiusa al pubblico, la salma aveva subito un esame medico "circondato dal mistero". Un movimento di cattolici tradizionalisti, Civiltà Cristiana, presentò istanza perchè fosse aperta un'inchiesta, ma il presidente del tribunale della Città del Vaticano, Pio Ciprotti, dichiarò allo stesso Tucci: "A quanto mi consta, per il momento, non abbiamo ricevuto nessuna istanza... Probabilmente è colpa delle Poste, che anche in Vaticano vanno a rilento". L'indomani il Papa fu seppellito insieme con il segreto della sua morte. I dubbiosi restarono con i loro dubbi e l'attenzione generale si spostò verso l'imminente Conclave e le gesta delle Brigate Rosse: Moro era stato rapito tra il marzo e il maggio di quello stesso 1978. 

Un gruppo di religiosi niente affatto convinti che Giovanni Paolo I fosse morto di morte naturale indusse un giornalista inglese, David Yallop, a indagare e a pubblicare un libro: In God's name, ("In nome di Dio"). Questo libro, tradotto in 27 lingue, ha superato i 4 milioni di copie (in Italia pubblicato da Pironti). Yallop sostiene che Papa Luciani fu assassinato e ne spiega le ragioni. La prima di esse dovrebbe essere cercata nel fatto che lo stesso Luciani non era quell'individuo debole e incerto che tanti vaticanisti hanno descritto, ma possedeva al contrario una personalità dotata di energie. Era saldamente sostenuto dal cardinale Benelli ed era intenzionato a innovare, minacciando un vero terremoto nel Vaticano e nella Chiesa. 

Papa Luciani, fra l'altro, era favorevole al controllo delle nascite. Nello stesso tempo non escludeva che le coppie sterili potessero ricorrere alla fecondazione artificiale. In un'intervista concessa a Prospettive nel Mondo pochi giorni prima di diventar papa, a proposito di Louise Brown "la prima bimba concepita in provetta", Luciani dichiarò : "Seguendo l'esempio di Dio, che desidera ed ama la vita umana, anch'io invio i miei migliori auguri alla bimba. Per quanto riguarda i suoi genitori, non ho nessun diritto di condannarli: se hanno agito con buona intenzione e in buona fede, possono anche avere grandi meriti davanti a Dio per ciò che hanno deciso e chiesto di fare ai medici". 

Padre Senigaglia, segretario di Luciani quando era patriarca di Venezia, riferì che il futuro papa era uomo tollerante in materia di sesso, che accettava di incontrarsi con i divorziati, con chi "viveva nel peccato" e che più volte aveva dichiarato: "Abbiamo fatto del sesso il solo peccato, quando in effetti esso è legato alla debolezza e alla fragilità umana ed è , perciò , il minore dei peccati". Ma l'aspetto più preoccupante della personalità di Luciani era rappresentato dalla sua intolleranza in tema di peccati non sessuali, legati al danaro, alle speculazioni disoneste, alle manovre finanziarie illecite. 

Nel 1978 il Vaticano era una grande potenza finanziaria molto chiacchierata. 

Nel 1973 l'Fbi aveva aperto un'indagine sospettando che la mafia statunitense avesse tentato di riciclare falsi titoli per un milione di dollari con la collaborazione dello Ior, vale a dire della banca vaticana. A capo dello Ior c'era il vescovo Marcinkus e tra i migliori amici e consiglieri di Marcinkus c'erano Michele Sindona e Roberto Calvi. 

Di grande interesse, per capire l'atmosfera del tempo, è rileggersi una lettera aperta, diretta a Papa Luciani, che Paolo Panerai pubblicò nel Mondo del 6 settembre 1978, seguita da un lungo articolo dedicato alle ricchezze del Vaticano. Ricordò che lo Ior era stato "uno dei maggiori canali per esportare all'estero miliardi e miliardi di lire italiane", che il Vaticano navigava "nelle acque insalubri della speculazione", che la commissione per il controllo delle Borse statunitensi aveva dovuto più volte occuparsi del Vaticano e che Marcinkus era l'unico vescovo nel consiglio di amministrazione di una banca laica, per di più domiciliata nel paradiso fiscale delle Bahamas, la Cisalpine Overseas Bank. L'articolo che accompagnava la lettera aperta si apriva con un'informazione degna di nota. Vi si diceva infatti che Papa Luciani aveva fama di moralizzatore: "Quanto basta perchè sui mercati d'affari di Zurigo, Francoforte, Londra, New York e Tokio siano nate preoccupazioni appena conosciuto il nome del nuovo papa. Sono preoccupazioni legittimate, sul mercato finanziario, dalla possibilità di un improvviso ritiro di un operatore, la Santa Sede, che manovra oggi fino a qualche miliardo di dollari e la cui presenza, per quanto cauta, mascherata e occulta, si avverte continuamente nelle principali Borse". 

Non c'è da stupirsi che queste preoccupazioni fossero condivise anche all'interno del Vaticano. Il vertice della Chiesa cattolica aveva fino ad allora operato come una grande potenza finanziaria e molti religiosi potevano ritenere, più o meno in buona fede, che lo svolgimento di questo ruolo servisse a favorire la diffusione del cattolicesimo nel mondo. Luciani, a quando pare, era di parere diverso. 

Le informazioni che David Yallop ha raccolto confermerebbero la sua intenzione di apportare un deciso cambiamento di rotta. Il giornalista Mino Pecorelli, sempre in quel settembre 1978, pubblicò nella rivista "OP" un articolo dedicato alla "Grande Loggia del Vaticano". Forniva un elenco di 121 cardinali, vescovi e alti prelati sospettati di far parte della massoneria. Comprendeva il segretario di Stato, cardinale Jean Villot, nome massonico Jeanni, iscritto in una loggia di Zurigo il 6 agosto 1966. C'erano poi il vescovo Marcinkus e i cardinali Agostino Casaroli, Ugo Poletti e Sebastiano Baggio, nome massonico Seba, iscritto il 14 agosto 1957. Luciani avrebbe chiesto al cardinale Felici: "Sarà veritiera quella lista?". E Felici avrebbe risposto che in parte lo era e in parte no. Certamente Luciani intendeva far applicare la norma 2335 del Codice Canonico allora vigente, che vietava ai cattolici di entrare in massoneria. Non poteva immaginare che il Codice introdotto dal suo successore nel 1983 l'avrebbe abolita. 

Insomma, Papa Luciani avrebbe minacciato in qualche modo di essere, nei confronti del Vaticano, ciò che Di Pietro è stato nei confronti della prima Repubblica. Un affossatore, un giustiziere, un individuo pericoloso. Per una strana coincidenza, il mondo contro il quale Luciani avrebbe pensato di battersi era in parte lo stesso contro il quale si sarebbe battuta la giustizia italiana. 

Ricorrono a volte gli stessi nomi: Michele Sindona, finanziere; Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano; Umberto Ortolani, avvocato e uomo d'affari; Licio Gelli, "maestro venerabile" della Loggia P2; Paul Marcinkus, presidente della banca vaticana; Luigi Mennini e Pellegrino de Strobel, funzionari di quella stessa banca. La battaglia ha avuto i suoi morti e i suoi feriti, dall'una e dall'altra parte.

Tra i moralizzatori ricorderemo il giudice Emilio Alessandrini, assassinato nel 1979 mentre indagava sull'Ambrosiano, l'avvocato Giorgio Ambrosoli, assassinato nel 1979, liquidatore della banca di Sindona, il tenente colonnello Antonio Varisco, assassinato nel 1979 mentre indagava sulla P2, per non dire di altri. 

Papa Luciani fece anche lui parte della lista? 

Non lo si può nè affermare nè negare, per mancanza di prove certe. 

Ma alla mancanza di queste prove ha certamente contribuito il Vaticano. 

Non sappiamo se per incompetenza, o per una competenza estrema.