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2002 10 25 * La Repubblica * Ecco le prove, Calvi fu suicidato * Francesco Viviano

ROMA - Roberto Calvi si suicidò o fu ucciso? L’interrogativo che durava da 20 anni è stato finalmente sciolto. Nero su bianco un collegio di periti, dopo quattro anni di lavoro, ha emesso il verdetto: «la notte del 17 giugno del 1982 Roberto Calvi, trovato impiccato sotto il ponte dei “Frati Neri” a Londra, fu ucciso ed i suoi assassini tentarono poi di farlo apparire come un suicidio». Il dubbio, se dubbio c’era, è stato ormai eliminato. L’ipotesi dell’omicidio seguita subito dopo la morte del banchiere dai magistrati romani, prima dal pm Mario Almerighi e poi dai suoi colleghi Maria Monteleone e Luca Tescaroli, non è più un’ipotesi. Nelle undici pagine delle conclusioni dei tre periti, i professori Brinkmann, dell’Università di Munster, Luigi Capasso, specialista di Antropologia fisica all’Università di Chieti e Antonella Lopez, docente di chimica all’Università “La Sapienza” di Roma, è scritto chiaramente che Calvi fu assassinato, ucciso in un cantiere-discarica ad un centinaio di metri dal luogo dove fu poi ritrovato. Calvi fu strangolato poi il corpo fu trasportato sotto il ponte dei “Frati Neri” dove gli assassini inscenarono il “suicidio” impiccandolo. La perizia, scritta in tedesco, è stata consegnata nei giorni scorsi e tradotta in italiano. Gli esperti, tra cui il professor Paolo Procaccianti, consulente di parte della Procura di Roma, hanno eseguito esami anatomici sui resti della salma di Roberto Calvi, riesumato nel 1998, hanno esaminato tutti i reperti relativi alle indagini svolte dalla polizia inglese poi trasferiti all’istituto di Medicina Legale della Sapienza di Roma. Hanno pure svolto analisi radiografiche sul cadavere del banchiere ed i risultati hanno evidenziato che sono assenti «lesioni ossee nel tratto cervicale», un dato che contrasterebbe con la tesi del suicidio. Perché? «La lunghezza della corda utilizzata per “impiccare” Roberto Calvi avrebbe consentito al corpo uno sbalzo di un metro e mezzo; un contraccolpo che certamente - affermano i periti - avrebbe procurato lesioni del collo visto che il corpo di Calvi aveva un peso di circa 90 chili, appesantito da alcuni mattoni che gli furono trovati nelle tasche dei pantaloni e della giacca». Altre analisi chimiche hanno infine stabilito che le mani di Roberto Calvi non toccarono nessuno dei mattoni che gli furono trovati addosso e nessuna parte della struttura di ferro, una impalcatura di tubi, dove il banchiere fu impiccato. La perizia disposta dall’ex gip Lupacchini e poi seguita dal suo collega Silvestri, nell’ambito del procedimento che ancora pende a carico del faccendiere Flavio Carboni, del boss della mafia Pippo Calò e di Ernesto Diotallevi, della banda della Magliana, non lascia dunque spazio a dubbi di sorta. Conferma quel che già avevano detto negli anni scorsi i pentiti di mafia, Tommaso Buscetta e Francesco Marino Mannoia, i quali affermarono che il banchiere era stato ucciso da Cosa nostra, su ordine di Pippo Calò perché Roberto Calvi, come prima aveva fatto Michele Sindona, aveva gestito male i miliardi che la mafia siciliana gli aveva affidato per riciclarli. E la morte di Calvi s’inserisce, secondo i magistrati, nel torbido contesto degli affari sporchi dello Ior, (la banca del Vaticano, guidata allora da monsignor Paolo Marcinkus) e della P2 del venerabile Licio Gelli. E le risultanze della perizia confermano anche le indagini che furono allora svolte dal gip Almerighi che ricostruì le ultime ore di vita del banchiere. Secondo questa ricostruzione Calvi era “prigioniero” di Flavio Carboni che lo fece trasferire a Londra sotto la stretta sorveglianza di un suo uomo di fiducia, Silvano Vittor, uno “spallone” svizzero. Vittor e Calvi erano stati assieme fino alle 21 del 17 giugno dentro la stanza numero 881 del Chelsea Cloister. Poi Calvi fu lasciato solo perché Vittor andò via chiamato da Carboni che lo attendeva per strada sotto l’albergo. A quel punto Calvi, come dichiarò allora un testimone oculare, fu prelevato dalla sua stanza da due uomini e portato fuori. Poi fu “suicidato”. Secondo l’accusa Calvi fu assassinato su ordine di Calò che affidò l’incarico di assassinarlo al boss della Camorra Vincenzo Casillo, ucciso nel 1983 con un’auto bomba nel quartiere Primavalle a Roma.