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2008 06 18 * malvino.ilcannocchiale.it * Col massimo rispetto * Luigi Castaldi

Il Corriere della Sera e La Stampa di martedì 17 giugno pubblicano, con poche variazioni tra le due rispettive versioni, una lettera di Gianni Letta, già avvocato, già giornalista, già factotum in casa Angiolillo, già dirigente Fininvest, Cavaliere di Gran Croce della Repubblica, Gentiluomo di Sua Santità e in più occasioni, come oggi, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Scopo della lettera è la rettifica di quanto affermato da alcuni, e nei giorni scorsi riportato da quelle testate, riguardo a un punto del ddl licenziato dalla Presidenza del Consiglio in data 13 giugno 2008 e a titolo“Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice, degli atti di indagine, e integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche”. Il punto è quello relativo all’art. 12§ 2, lettera c.


{Art. 12 (Modifiche alle disposizioni di attuazione di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale) […] § 2 All’articolo 129 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al § 1, dopo le parole: «dell’imputazione» sono inserite le seguenti: «con espressa menzione degli articoli di legge che si assumono violati, nonché della data e del luogo del fatto»; b) il § 2 è sostituito dal seguente: «§ 2. Quando l’azione penale è esercitata nei confronti di un ecclesiastico o di un religioso del culto cattolico, l’informazione è inviata all’autorità ecclesiastica di cui ai commi 2-ter e 2-quater»;}
c) dopo il § 2 sono inseriti i seguenti: «§ 2-bis. Il pubblico ministero invia l’informazione anche quando taluno dei soggetti indicati nel § 1 e § 2 è stato arrestato o fermato, ovvero quando è stata applicata nei suoi confronti la misura della custodia cautelare; nei casi in cui risulta indagato un ecclesiastico o un religioso del culto cattolico invia, altresì, l’informazione quando è stata applicata nei suoi confronti ogni altra misura cautelare personale, nonché quando procede all’invio della comunicazione di cui all’art. 369 del codice. § 2-ter. Quando risulta indagato o imputato un Vescovo diocesano, prelato territoriale, coadiutore, ausiliare, titolare o emerito, o un Ordinario di luogo equiparato a un Vescovo diocesano, abate di una abbazia territoriale o sacerdote che, durante la vacanza della sede, svolge l’ufficio di amministratore della diocesi, il pubblico ministero invia l’informazione al Cardinale Segretario di Stato. § 2-quater. Quando risulta indagato o imputato un sacerdote secolare o appartenente ad un Istituto di vita consacrata o ad una società di vita apostolica, il pubblico ministero invia l’informazione all’Ordinario diocesano nella cui circoscrizione territoriale ha sede la procura della Repubblica competente»;
{d) il § 3-bis è abrogato.}

Qualcuno vi ha letto un trattamento di favore verso il clero cattolico, e Gianni Letta si precipita a smentire: “Preti non sottratti alla giustizia” (Corriere della Sera, pag. 15);“Non ci sono privilegi per il clero” (La Stampa, pag. 13).
Basterebbe la sua parola, ma cerchiamo di capire. Innanzitutto, che sta scritto al § 2dell’art. 129 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271?

{2In relazione all’art. 4 [“Gli ecclesiastici non sono tenuti a dare a magistrati o ad altra autorità informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del loro ministero”]}
§ 2 Quando l’azione penale è esercitata nei confronti di un ecclesiastico o di un religioso del culto cattolico, l’informazione è inviata all’ordinario della diocesi a cui appartiene l'imputato.

Insomma, nel caso il ddl venisse approvato in Parlamento, il passo in oggetto risulterebbe così modificato:

{Decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 - Art. 129 
(Informazioni sull’azione penale)[…]}
§ 2 
Quando l’azione penale è esercitata nei confronti di un ecclesiastico o di un religioso del culto cattolico, l’informazione è inviata all’autorità ecclesiastica di cui ai commi 2-ter e 2-quater. § 2-bis Il pubblico ministero invia l’informazione anche quando taluno dei soggetti indicati nel § 1 e § 2 è stato arrestato o fermato, ovvero quando è stata applicata nei suoi confronti la misura della custodia cautelare; nei casi in cui risulta indagato un ecclesiastico o un religioso del culto cattolico invia, altresì, l’informazione quando è stata applicata nei suoi confronti ogni altra misura cautelare personale, nonché quando procede all’invio della comunicazione di cui all’art. 369 del codice. § 2-ter Quando risulta indagato o imputato un Vescovo diocesano, prelato territoriale, coadiutore, ausiliare, titolare o emerito, o un Ordinario di luogo equiparato a un Vescovo diocesano, abate di una abbazia territoriale o sacerdote che, durante la vacanza della sede, svolge l’ufficio di amministratore della diocesi, il pubblico ministero invia l’informazione al Cardinale Segretario di Stato. § 2-quaterQuando risulta indagato o imputato un sacerdote secolare o appartenente ad un Istituto di vita consacrata o ad una società di vita apostolica, il pubblico ministero invia l’informazione all’Ordinario diocesano nella cui circoscrizione territoriale ha sede la procura della Repubblica competente.

Alla faccia dell’invocata semplificazione dei codici: qui c’è da perdere la testa per dei poveri ignorantelli come noi. Meglio se continuiamo a fidarci sulla parola di Gianni Letta e, senza neppure dare voce ai sospetti di chi lo ha costretto a lasciare i suoi asfissianti impegni, ascoltiamo la smentita.
Scrive il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (o, a piacere, il Gentiluomo di Sua Santità):

La norma [il ddl del 13.6.2008] riproduce il testo del ddl presentato il 15.12.2006 dal ministro della Giustizia pro-tempore, on. Mastella, con il quale si intendeva adeguare il vigente art. 129, § 2, delle norme di attuazione del c.p.p.al contenuto dell’Intesa approvata con scambio di lettere del 26.7.2006 tra il Presidente del Consiglio e il Segretario di Stato della Santa Sede.

Insomma, nel luglio del 2006, Romano Prodi e Tarciso Bertone si scambiano delle lettere che approvano un’Intesa in quel senso; di lì a sei mesi, Clemente Mastella presenta il ddl che sarebbe simile a quello che il governo Berlusconi ha presentato il 13 giugno. Gianni Letta chiede dove sia lo scandalo, se oggi si tenta di tradurre in legge ciò che già ieri si era tentato dalla parte politica avversa.
Non è una domanda retorica, bisogna ammetterlo. C’è l’on. Rosy Bindi che ha affermato di non saperne alcunché (In ½ h – Rai 3, 15.6.2008), ma questo depone a suo sfavore e di chiunque altro come lei, al tavolo del governo, non ne avesse preso notizia. E il ministro della Giustizia pro-tempore di quel tempore si sarebbe mai mosso senza un’Intesa? La questione non si chiarisce, bisognerebbe chiedere a Romano Prodi. Chi ha sollecitato quella modifica dell’art. 129? Come si è giunti a quell’Intesa?

Ma forse chiediamo troppo. Vediamo come continua Gianni Letta. [Qui integro tutte le possibili informazioni, integrando le due versioni del Corriere della Sera /*/) e de La Stampa /**/.]

/*/ La norma, contrariamente a quanto affermato […], non svincola il clero dalla giustizia dei Tribunali, ma prevede che quando un ecclesiastico sia indagato, arrestato o fermato o sottoposto a provvedimenti limitativi della libertà personale o comunque sia esercitata nei suoi confronti l’azione penale, ne venga data informazione all’autorità ecclesiastica competente /**/ individuata nei commi successivi. Essa quindi non modifica la sostanza dell’art. 129 […], ma si limita a specificare quali siano il soggetto a cui il pubblico ministero deve inviare l’informazione […]

A me sembra tutto chiaro, finalmente, non so a voi. Ho solo una curiosità: perché? Cioè: se “non modifica la sostanza dell’art. 129”, perché Prodi e Bertone ci hanno perso tempo? Perché ne perde l’attuale governo, peraltro col rischio d’avvalorare l’odioso sospetto di parte laicista che si vogliano concedere ulteriori privilegi al clero cattolico? E poi: perché solo al clero cattolico?
Su questo Gianni Letta è chiaro:

Ove confessioni diverse da quella cattolica richiedessero una analoga norma, si potrebbe procedere all’integrazione delle intese vigenti, o si potrebbe introdurre tale disposizione in eventuali nuove intese da stipulare.

[Qui “intesa” è scritta con la “i” minuscola, sarà che non si tratta di preti, ma di imam, bonzi, ecc. Ma questo non è un problema, il problema è un altro...]

Perché non equiparare da subito le altre confessioni religiose a quella cattolica? Un imam è indagato, arrestato o fermato? Si stabilisca da subito l’autorità islamica che dovrà esserne informata, visto che non basta avvisare il suo legale: si eviterebbero accuse strumentali di violazioni della Costituzione, al punto in cui recita:

Art. 8 Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. […]

Sì, è vero, il 3° capo dell’art. 8 recita:

I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

E dunque: quale migliore occasione per adeguare in modo paritetico la normativa a tuttele confessioni?



Pare che però sia stato contestato anche altro: la violazione del punto 2, lettera c, delProtocollo addizionale all’Accordo che apporta modificazioni al Concordato Lateranense dell’11.2.1929, bilateralmente sottoscritto il 18.2.1984.
Meglio controllare cosa dice questo punto:

{2. In relazione all’art. 4 [“Gli ecclesiastici non sono tenuti a dare a magistrati o ad altra autorità informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del loro ministero”]}
c) La Santa Sede prende occasione dalla modificazione del Concordato lateranense per dichiararsi d’accordo, senza pregiudizio dell’ordinamento canonico, con l’interpretazione che lo Stato italiano dà dell’art. 23, § 2, del Trattato Lateranense, secondo la quale gli effetti civili delle sentenze e dei provvedimenti emanati da autorità ecclesiastiche, previsti da tale disposizione, vanno intesi in armonia con i diritti costituzionalmente garantiti ai cittadini italiani.

Sì, ma quell’art. 23, al § 2, recita:

Avranno […] senz’altro piena efficacia giuridica, anche a tutti gli effetti civili, in Italia le sentenze ed i provvedimenti emanati da autorità ecclesiastiche ed ufficialmente comunicati alle autorità civili, circa persone ecclesiastiche o religiose e concernenti materie spirituali o disciplinari.

Col massimo rispetto: che c’entra la disciplina interna alla chiesa cattolica su quanto un religioso è tenuto a rispondere allo Stato italiano? Ecco il punto, allora: un religioso cattolico non è uguale davanti alla legge come un altro usuraio, un altro pedofilo, ecc. Comprensibile è qualche protesta.