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2008 06 26 * Il Messaggero * Enrico Gregori

PER TRENTA SECONDI “L’AMERIKANO” SFUGGÌ ALLA TRAPPOLA…

Il giallo Orlandi ha inevitabilmente riportato alla luce anche il mistero di Mirella Gregori e, soprattutto, le ipotesi di un collegamento tra i due casi. Ci sono coincidenze ma anche (secondo gli investigatori) verità accertate. Il che, però, lascia comunque aperta la pista di un colossale depistaggio. Ma veniamo ai fatti e consideriamo la figura del cosiddetto ”amerikano”, il telefonista del caso Orlandi. Ebbene, lo stesso misterioso personaggio telefonò almeno una volta anche a casa Gregori, descrivendo esattamente come era vestita Mirella al momento della sua scomparsa. L’abbigliamento della giovane fu confermato dalle persone che per ultime videro Mirella.

È poco? Forse. Ma all’epoca dei fatti c’era un uomo della sicurezza vaticana sotto intercettazione da parte degli investigatori. Le sue conversazioni vertevano sul caso Orlandi. «È quantomeno singolare - dicono gli inquirenti - che questo personaggio abitasse nel palazzo adiacente il bar della famiglia Gregori».

Eppure la verità sarebbe stata a portata di mano, se la fortuna avesse assistito gli investigatori. Perché a un certo punto l’amerikano fu a un passo dal cadere in trappola. Era stata infatti individuata la zona Appio-Claudio come quella dalla quale partivano quasi tutte le sue telefonate. I mezzi tecnologici dell’epoca non erano sofisticati come quelli odierni e quindi furono messe fuori uso circa trecento cabine telefoniche per costringere l’amerikano a chiamare da una delle circa 250 rimaste in funzione.

Alle 22.30 di un giorno d’inverno, lui chiamò il legale della famiglia Orlandi proprio da uno di quei telefoni pubblici. Il pool investigativo coordinato da Nicola Cavaliere aveva dislocato nelle strade dell’Appio-Claudio trenta volanti pronte a rintracciare il telefonista. La centrale d’ascolto segnalò la cabina ”buona” e due pattuglie si precipitarono. Ma arrivarono con trenta secondi in ritardo. I poliziotti fecero solo in tempo a vedere la schiena dell’amerikano e a notare che aveva un berretto calcato sulla testa. Lo videro fuggire a gambe levate per i vicoli del quartiere.

Oggi, ma non solo, si ipotizza che l’amerikano fosse monsignor Marcinkus. «Fantasie - dicono gli investigatori - l’amerikano per noi era certamente qualcuno che apparteneva ufficialmente o no ai servizi segreti. Buoni o deviati non si sa, ma da lì veniva. Marcinkus che va a spasso per l’Appio-Claudio in cerca di cabine telefoniche è fantascienza».

Inoltre la famiglia Orlandi e quella Gregori avevano lo stesso avvocato, ossia Gennaro Egidio. E fu proprio lui a essere contattato dall’amerikano. La comunicazione fu questa: «Mirella Gregori...non abbiamo nulla da fare. Prepara i genitori a questo...non esiste più nessuna possibilità. Questo io ti dico». Sibillino, ma fino a un certo punto. Mirella, insomma, era morta.

Ma perché gli Orlandi e i Gregori avevano lo stesso legale? Per rispondere a questo bisogna tornare a un’altra singolare coincidenza, ossia la pista turca. In un comunicato del ”Fronte liberazione Turkesh” del 4 agosto 1983 comparve una frase esplicativa: "Mirella Gregori? Vogliamo informazioni. A queste condizioni la libereremo".

E poi c’è la questione degli identikit. Le due “facce” che pedinarono Emanuela assomigliavano molto, secondo i familiari di Mirella, a quelle viste parecchio tempo prima nei dintorni del bar. E qui la cronaca cede di nuovo il passo alle ipotesi. Mirella Gregori scomparve il 7 maggio del 1983, ossia 46 giorni prima di Emanuela Orlandi.

Una teoria investigativa fu che il sequestro di Mirella dovesse essere una ”esercitazione” per il futuro rapimento di Emanuela Orlandi. Un macabro esperimento, insomma, per verificare come e con quali tempi si sarebbero mossi gli investigatori. Del resto, si pensò all’epoca, sequestrare Emanuela Orlandi avrebbe avuto un senso essendo la ragazza figlia di una persona che lavorava presso la Santa Sede.

Mentre Mirella Gregori era figlia di onesti lavoratori e brava gente ma certamente non in vista. Quale forza poteva avere un’estorsione basata sull’eventuale rilascio della ragazza? Non fu quindi fuori dal mondo ipotizzare una connessione e che la stessa ”mente” avesse progettato i due sequestri.

Anche il giudice Imposimato sostenne che le due vicende erano collegate. Il fine era ottenere la grazia di Ali Agca per intercessione del pontefice Giovanni Paolo II (nel caso Orlandi) e del presidente Sandro Pertini (nel caso Gregori). Ma in questo caso si riaffaccerebbe l’ombra dei ”lupi grigi” e, forse, il colossale depistaggio.