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2009 02 18 * Milano Finanza * Bomba da 18 mila mld per le banche * Stefania Peveraro e Roberto Sommella

un documento segreto della commissione ue stima l'entità degli asset a rischio tossicità

La cifra è praticamente impronunciabile, letteralmente quasi inscrivibile in qualsiasi formula: 18 mila miliardi di euro o, per dirla all'americana, 18 trilioni, qualcosa di più dello stesso Pil statunitense. È la stima shock sull'entità degli asset a rischio di tossicità delle banche europee inserita in un documento segreto preparato dalla Commissione europea e discusso la scorsa settimana dai ministri delle finanze della Ue riuniti in sede Ecofin. Il documento della Commissione, che è una prima bozza delle linee guida che i governi dovranno tenere in tema di quantificazione degli asset tossici nei bilanci delle banche europee, è datato 6 febbraio ed è stato finora tenuto riservato.

Ma è proprio alla luce di questo documento che si comprendono sia i toni dell'ultima riunione dei ministri finanziari al G7 di Roma, dove pure il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi ha lanciato un appello drammatico, sia l'uscita particolarmente preoccupata di ieri del commissario alla concorrenza Ue Neelie Kroes, che incita a una risposta immediata e coordinata dei governi al problema degli asset tossici delle banche. Il tutto con i titoli dei principali istituti di credito europei in picchiata.

Ma cosa contengono le 17 pagine del documento di cui MF-Milano Finanza è venuto in possesso? Una cosa semplice. E terribile. Gli Stati membri della Ue devono allacciare le cinture e usare tutti gli sforzi possibili per indurre le banche a tirare fuori gli asset tossici dai loro cassetti, stimare il reale fair value ed effettuare adeguate svalutazioni (praticamente una rivoluzione) perché occorre fare il check -up di una quantità mostre di prodotti ad alto rischio tossicità.

In particolare, come si legge nell'Allegato 2 al paper di Bruxelles a pagina 16, gli asset tossici nei bilanci delle banche europee si possono trovare tra gli strumenti finanziari computati nel trading book o tra quelli che devono essere valutati al fair value («circa 13.700 miliardi equivalenti al 33% del valore di bilancio di tutte le banche europee») e tra gli strumenti finanziari computati come disponibili per la vendita («approssimativamente 4.500 miliardi di euro equivalenti all'11% del totale dei bilanci delle banche Ue»).

Insomma, fatti i conti, il 44% degli asset delle banche europee dovrà sostenere il cosiddetto impairment test per un totale appunto di 18.200 miliardi. Chi supererà il test e quanti asset invece diventeranno impaired, cioè verranno svalutati? Difficile fare un pronostico, ma l'Europa è comunque seduta su una bomba ad alto potenziale distruttivo.

Non a caso ieri il commissario Ue Neelie Kroes, in un discorso all'Ocse ha detto chiaro e tondo: «I numeri dell'esposizione delle banche sono sbalorditivi» e per questo «bisogna affrontare il tema degli asset svalutati con specifiche nuove misure che possano riportare la fiducia del mercato nella solvibilità presente e futura delle banche».

Kroes non ha fatto preciso riferimento allo stock di asset passibili di svalutazioni così come riportato dal documento della Commissione, anche se si capisce che ha parlato avendo quei numeri ben presenti.

Il commissario Ue, infatti, si è limitata a segnalare che «le stime circa l'esposizione delle istituzioni finanziarie agli asset valutati continua a crescere» e che «secondo l'Fmi il potenziale deterioramento degli asset creditizi originati negli Usa detenuti dalle istituzioni finanziarie è cresciuto da 1.400 miliardi di dollari a fine ottobre a 2.200 miliardi».

In ogni caso, recita ancora il documento a pagina 5 a proposito di un intervento dei governi che dovrebbero farsi carico degli asset tossici in pancia alle banche, «le stime sul totale delle svalutazioni di asset suggeriscono che i costi di bilancio (pubblico, ndr), attuali e contingenti, di un rilievo di attività potrebbe essere molto ampio in termini assoluti e relativi rispetto al Pil degli Stati membri».

Già perché la Commissione con il suo documento ha sdoganato il concetto di «asset tossico allargato». Alle pagine 9 e 10 del documento, infatti, si precisa che con il termine di asset tossici ci si riferisce in genere solo a quegli strumenti che hanno innescato la crisi finanziaria, come i titoli delle cartolarizzazioni di mutui residenziali e commerciali Usa e i loro successivi rimpacchettamenti, tutti strumenti che sono diventati ampiamente illiquidi o comunque che hanno subito severi aggiustamenti di prezzo.

Certo, continua il report top secret, restringere il campo degli asset eleggibili a essere rilevati dai governi soltanto agli asset tossici secondo la comune accezione limiterebbe l'esposizione dei governi a possibili perdite e contribuirebbe a prevenire distorsioni della concorrenza.

Tuttavia, una misura che prevedesse «un rilievo di asset troppo limitato implicherebbe il rischio di riportare la fiducia nel sistema bancario solo per poco», date le differenze tra i problemi specifici incontrati nei differenti Stati membri e nelle diverse banche e considerato che il problema delle valutazioni si è ormai allargato ad altri tipi di asset. Quindi? Ci vorrà un «approccio pragmatico», che estenda l'eventuale soccorso governativo anche agli asset non strettamente tossici, ma comunque illiquidi e contagiati dalla crisi.