Privacy Policy Cookie Policy Termini e Condizioni

2010 05 15 * Antimafia duemila * Fallito attentato dell'Addaura, cinque indagati * Maria Loi

Palermo. Ci sono cinque nuovi indagati per il fallito attentato all’Addaura. Si tratta di Salvino Madonia, del pentito Angelo Fontana, di Gaetano Scotto (condannato all'ergastolo per la strage di via D'Amelio), di Raffaele Galatolo e del nipote Angelo Galatolo. Sotto inchiesta anche Pino Galatolo, fratello di Raffaele, deceduto.

Sarebbe stato affidato a lui il compito di procurare il telecomando utilizzato per il fallito attentato

Il procuratore Sergio Lari e i suoi collaboratori, l'aggiunto Nico Gozzo e il sostituto Nicolò Marino, hanno chiesto al gip, un incidente probatorio per il prelievo delle tracce di Dna lasciate dagli attentatori nella muta, nelle pinne e negli occhiali abbandonati dai sommozzatori lungo la scogliera. Le tracce di Dna recuperate dalle attrezzature dei sub saranno confrontate con quello dei cinque indagati e degli agenti di polizia Agostino e Piazza. Vincenzo Agostino, padre di Antonino Agostino, si è detto pronto “al confronto del Dna per dare una svolta all'indagine per il fallito attentato al giudice Falcone all'Addaura”. Proprio ieri i magistrati titolari dell’inchiesta sul delitto Agostino, Nino Di Matteo e Francesco Del Bene, che lo scorso aprile hanno chiesto e ottenuto la riapertura delle indagini sul delitto Agostino, hanno interrogato l’ex poliziotto in pensione Guido Paolilli iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di favoreggiamento aggravato.

L’indagine sul fallito attentato, archiviata nel 1994 a carico di ignori, è stata riaperta due anni dopo in seguito alle dichiarazioni di alcuni collaboratori, tra i quali di Giovan Battista Ferrante. Il collaboratore, assieme ad altri pentiti come Angelo Siino, rivelò che Cosa nostra voleva uccidere oltre a Falcone anche i magistrati elvetici Carla Del Ponte e Claudio Lheman, ospiti a Palermo per un’ indagine riservatissima sul riciclaggio in Svizzera di denaro sporco della mafia siciliana.

La sentenza di primo grado è stata pronunciata dalla Corte di Assise di Caltanissetta il 27 ottobre del 2000 e ha condannato Salvatore Biondino, Salvatore Riina e Antonino Madonia a 26 anni di reclusione ciascuno; Francesco Onorato a 10 anni e Giovan Battista Ferrante a 3 anni. Assolti invece per non aver commesso il fatto Angelo e Vincenzo Galatolo.

Il 14 gennaio 2002 invece si è aperto a Caltanissetta il processo di secondo grado e l'8 marzo 2003 la Corte ha ridotto la pena ai pentiti Giovan Battista Ferrante e Francesco Onorato, il primo è stato condannato a due anni e 8 mesi, il secondo a 9 anni e 4 mesi. Il Collegio giudicante presieduto da Giacomo Bodero Maccabeo ha confermato l'assoluzione per Vincenzo e Angelo Galatolo, zio e nipote. Sono stati invece condannati a 26 anni di carcere per tentativo di strage i boss Toto' Riina e Antonino Madonia.

Il 6 maggio 2004 la Corte di Cassazione ha confermato le condanne a 26 anni di carcere inflitte dalla Corte d'Assise d'Appello di Caltanissetta ai boss Salvatore Riina, Salvatore Biondino e Antonino Madonia annullando con rinvio le assoluzioni di Angelo e Vincenzo Galatolo, le cui posizioni saranno poi riesaminate dalla seconda sezione della Corte d'Assise d'Appello di Catania a cui i giudici romani hanno rimandato gli atti. La Suprema Corte ha confermato inoltre la condanna a 9 anni e 4 mesi per il collaboratore di giustizia Francesco Onorato. Mentre è diventata già definitiva la pena di due anni ed otto mesi inflitta a Giovan Battista Ferrante che all'epoca non aveva impugnato la sentenza di secondo grado.

Il 20 giugno 2005 infine i giudici della Corte di Assise d’Appello di Catania hanno condannato i boss Vincenzo e Angelo Galatolo, rispettivamente a 18 e 13 anni di reclusione. I due sono ritenuti colpevoli di avere avuto un ruolo nel fallito attentato a Giovanni Falcone. Questa sentenza è poi stata resa definitiva dalla Suprema Corte.

Il 20 agosto 2008 la procura di Caltanissetta ha aperto una nuova inchiesta partendo dalle dichiarazioni del pentito Angelo Fontana secondo il quale un testimone, Francesco Paolo Gaeta, spacciatore, fu ucciso perché aveva assistito alle fasi esecutive del commando che piazzò la borsa con l'esplosivo tra gli scogli.

“Gaeta faceva il bagno – ha spiegato Fontana - e riconobbe sugli scogli Angelo Galatolo che si dava alla fuga perché individuato dagli uomini della scorta di Falcone”.

Un altro pentito Vito Lo Forte, ex spacciatore di eroina dell’Acquasanta, ha raccontato una nuova versione tuttora al vaglio degli inquirenti. Secondo Lo Forte, infatti, il commando che operò nel giugno dell’89 non proveniva dal mare, ma dalla terraferma. In acqua, su un canotto, invece, si sarebbero mossi i due agenti del Sisde Agostino e Piazza intervenuti per “salvare” Falcone dopo aver intercettato le manovre dei killer e di alcuni esponenti dei servizi segreti sulla scogliera.