Il mistero di una riunione tra i vertici degli istituti di credito
Tre operazioni di accredito, due conti correnti estinti, un elenco di «soggetti» che hanno incassato assegni o ricevuto bonifici. Su questo si concentra l’indagine della Procura di Roma sui depositi aperti presso il Credito Artigiano di Roma e intestati allo Ior dopo il sequestro dei 23 milioni avvenuto due giorni fa. Perché, nonostante il blocco operativo deciso dai vertici dell’istituto di credito il 19 aprile scorso, due settimane fa il presidente Ettore Gotti Tedeschi e il direttore generale Paolo Cipriani hanno tentato di trasferire quel denaro in parte in Germania (20 milioni di euro presso la JP Morgan di Francoforte), in parte presso un altro conto (3 milioni presso una filiale della Banca del Fucino sempre nella capitale). E per questo sono accusati di violazione della normativa antiriciclaggio.
I vertici dello Ior erano stati avvisati della necessità di mettersi in
regola con la
normativa che impone a tutte le banche extracomunitarie di comunicare le
informazioni sulla propria clientela prima di effettuare qualsiasi operazione.
Si tratta dei cosiddetti «obblighi rafforzati » che riguardano la fornitura di
assegni, l’esecuzione di bonifici e le operazioni contanti. Avevano assicurato
di avere attivato la procedura e di essere pronti a consegnare le informazioni
richieste. Ma non è accaduto quanto promesso ed è intervenuta la magistratura.
La riunione riservata tra i vertici delle banche
È proprio il provvedimento
firmato dal giudice per «sigillare» la somma a ricostruire le movimentazioni
degli ultimi tre anni. Ma anche a rivelare che il 23 aprile scorso, dunque
quattro giorni dopo la decisione di «congelare » il conto, ci fu «un incontro
tra i vertici dello Ior e del Credito Artigiano i cui esiti però non sono noti»
e di cui sarà adesso chiesto conto ai due indagati. Bisognerà infatti
verificare come mai, nonostante l’impegno a mettersi in regola, i responsabili
della banca vaticana abbiano eluso le richieste formali che invece secondo
quanto previsto dalle legge dovevano essere soddisfatte sin dal gennaio scorso
e in base a un decreto legislativo entrato in vigore nel 2007. Nell’attesa
degli interrogatori, i pubblici ministeri stanno esaminando la documentazione
finanziaria già acquisita. Entrando nel dettaglio delle operazioni si scopre
che quelle «censite come "Accrediti e incassi connessi a effetti" per
un totale di 72 milioni e 440 mila euro corrispondono a tre distinte operazioni
in avere effettuate il 17 marzo, il 17 giugno e il 16 settembre del 2009
rispettivamente da 22 milioni di euro circa la prima e 25 milioni di euro circa
le altre due». Ed è a questo punto che si entra nel dettaglio rivelando come i
22milioni provengono «dall’estinzione del conto 11231 acceso sempre presso il
Credito Artigiano, che in contropartita viene censita impropriamente come
"prelevamento con moduli di sportello"».
I controlli sui beneficiari di assegni e bonifici
Simile procedura viene seguita
anche negli altri casi. Gli accertamenti condotti dal nucleo valutario della
Guardia di Finanza hanno consentito di verificare come i due versamenti da 25
milioni «si riferiscono all’accredito per "estinzione di deposito" da
ritenere verosimilmente remunerato presso il medesimo istituto (circostanza
ancora da verificare nel dettaglio con la banca). Tali operazioni trovano
contropartita in altrettante operazioni in dare di analogo importo». I
magistrati dovranno adesso accertare quali siano i reali motivi di questi
"giroconto", ma soprattutto identificare i "soggetti" che
hanno ricevuto bonifici o incassato assegni in modo da verificare la natura di
questi rapporti. E dunque stabilire se le movimentazioni servissero in realtà a
riciclare i soldi. E lo faranno partendo dall’analisi degli estratti conto già
acquisiti. In base ai documenti è stato accertato che «al momento del blocco
sul conto erano depositati 28 milioni e 300 mila euro, ma tra il 31 dicembre
2007 e il 30 novembre 2009 ci sono state movimentazioni nella colonna
"dare" per 116 milioni e 300 mila euro e nella colonna
"avere" per 117 milioni e 600 mila euro».
Le contestazioni di Bankitalia sul deposito Unicredit
L'esame di tutte queste
operazioni deve partire, secondo il giudice, dalla relazione della Banca
d'Italia che alla fine di un'ispezione effettuata «per approfondire il
funzionamento di un conto corrente che risultava intestato allo Ior presso una
dipendenza di Unicredit ha evidenziato alcune criticità e in particolare: il
mancato rispetto degli obblighi di adeguata verifica della clientela, di norma
non sono stati infatti individuati i titolari effettivi delle operazioni poste
in essere dallo Ior; fino al 31 gennaio non risultano assolti gli obblighi di
registrazione nell'archivio unico informatico delle operazioni di versamento di
contante sul conto intestato allo Ior; in materia di negoziazione dei titoli di
credito è stata riscontrata una prassi tendente ad escludere la tracciabilità
dei fondi trasferiti oltre che violazioni alla legge sull'assegno». Nella
richiesta di sequestro del denaro che doveva essere trasferito dal Credito
Artigiano i pubblici ministeri evidenziano come «la condotta dell’esecutore di
un’operazione che omette di comunicare la generalità dei soggetti per conto dei
quali eventualmente esegue l’operazione stessa o non fornisce informazioni
sullo scopo e sulla natura prevista dal rapporto continuativo integra gli
estremi di reato previsti dal decreto 231 del 2007, appunto quello sulle norme
antiriciclaggio, dunque non può che concludersi, esclusa evidentemente ogni
indagine ulteriore volta a verificare la natura e gli scopi delle operazioni di
trasferimento di fondi, che allo stato nei fatti di cui si tratta si ravvisano
le fattispecie di reato delineate». Una tesi che il giudice ha accolto con un
provvedimento motivato che adesso costituisce la base per effettuare i nuovi
accertamenti.