Parla l’ex banchiere di Dio, Ettore Gotti Tedeschi, che lancia l’accusa
Non ci sono santi che tengano. Quando ci si concentra sul Vaticano e sullo Ior, la regola del mistero sembra proprio inviolabile. Eppure dopo decenni di scandali un po’ di trasparenza non guasterebbe. Certo, qualcosa si sta cercando di fare. Ma a quanto pare sullo sfondo rimangono ancora molte ombre. Come quelle sollevate da una sorta di carteggio “indiretto” avvenuto negli ultimi tempi tra il Cardinale australiano George Pell, primo prefetto della nuovissima segreteria per l’economia, ed Ettore Gotti Tedeschi, l’ex presidente dello Ior defenestrato nel 2012 in circostanze mai chiarite fino in fondo. Adesso Gotti Tedeschi, dopo anni di silenzio, in questa intervista a La Notizia ha accettato di rispondere a tutta una serie di domande su alcune tappe ancora oggi oscure nella storia recente dello Ior. Il fatto è che lo scorso 4 dicembre 2014 Pell, in pratica il nuovo superministro dell’economia nominato da Papa Bergoglio, ha lanciato nello stagno un sasso che ha messo in imbarazzo la stessa Santa Sede. Il Cardinale, sulle colonne del settimanale inglese Catholic Herald, ha detto senza troppi fronzoli che le finanze del Vaticano sono molto più in salute di quanto si pensasse perché sono stati scoperti centinaia di milioni di euro transitati per una sorta di contabilità parallela. E la Santa Sede si è dovuta affrettare a precisare che non si tratta di soldi illeciti. Sta di fatto che la panoramica effettuata da Pell sulle vicende degli ultimi anni di finanza vaticana ha stimolato un successivo intervento sullo stesso settimanale da parte di Gotti Tedeschi, pubblicato l’8 gennaio. L’ex presidente dello Ior è uscito indenne dalle accuse che nel corso del tempo gli sono piovute addosso, a partire da quella di violazione della normativa antiriciclaggio in relazione all’ormai famoso sequestro di 23 milioni di euro dello Ior. Una fase travagliata della traiettoria della banca, che si intreccia con una storia di contrasti e colpi bassi con l’allora segretario di Stato Tarcisio Bertone. Nel frattempo un po’ di acqua è passata sotto i ponti. Prima Papa Benedetto XVI, e ora Francesco, hanno cercato di riformare le finanze vaticane in direzione della trasparenza. Leggendo il pensiero di Gotti Tedeschi, però, viene il sospetto che ci siano ancora oggi fatti e documenti di quegli anni tenuti nascosti a Papa Bergoglio e a Pell. Con qualche rischio.
Professor Gotti Tedeschi, lei
ha paventato sul Catholic Herald che il Papa e il Cardinale Pell e non siano sufficientemente
informati di quello che è realmente successo intorno allo Ior all’epoca del suo
allontanamento dall’Istituto. A cosa allude esattamente?
“Mi sono permesso, con assoluta devozione, di
suggerire al Cardinale Pell di verificare se fosse al corrente di ciò che
avvenne immediatamente dopo la prima visita allo Ior nel novembre 2011 di
Moneyval, ovvero l’organismo di controllo del Consiglio d’Europa che aveva
apprezzato la legge antiriciclaggio che avevamo predisposto con il cardinale
Attilio Nicora e con esperti interni ed esterni alla Santa Sede. E aveva
apprezzato il ruolo dell’Aif, ovvero l’Autorità di informazione finanziaria
voluta da Papa Benedetto XVI per prevenire e contrastare il riciclaggio di
denaro. Dopo il novembre 2011, ad opera di persone all’interno della segreteria
di Stato, ci fu un cambio netto dell’impostazione della legge considerato
successivamente dallo stesso Moneyval un passo indietro. Poi ho anche colto
l’occasione per proporre al Cardinale Pell di cercare informazioni sulle
ragioni vere della sfiducia che il consiglio Ior decise di riservarmi. Ciò
perché mai sono stato interrogato su questi fatti, nonostante le molteplici
richieste fatte, mai questi fatti son stati investigati sentendo anche la mia
versione e valutando le mie prove. Questa sfiducia operata con tanta brutalità
ha segnato la mia vita. Mi ero rassegnato a questa indifferenza, pur
soffrendone. Diciamo che l’intervento di una persona delle doti morali del
cardinale Pell ha acceso il mio desiderio di cercare ancora di proporre di far
luce sulla verità”.
Quale sarebbe la ragione del
suo allontanamento dallo Ior?
“Non mi è mai stata data la possibilità di
spiegarlo, ma diciamo che suppongo che la ragione di fondo di tale gesto di
sfiducia fu anzitutto la mia opposizione al cambio della legge antiriciclaggio
che avevamo predisposto e soprattutto al cambio del ruolo dell’Aif, che di
fatto venne portata sotto il controllo della segreteria di Stato. Poi suppongo
che la spiegazione del momento e del modo della sfiducia stesse invece nella
conoscenza della mia decisione, anticipata a chi di dovere, di presentare allo
stesso consiglio dello Ior del 24 maggio una proposta che avrebbe completamente
cambiato il governo della Banca. Questo cambiamento era, secondo me, assolutamente
necessario visti gli eventi precedenti. Secondo altri era invece assolutamente
necessario ‘privarsi della mia preziosa collaborazione’, privando me anche
della reputazione e della onorabilità”.
Cosa diceva questa proposta
di riforma della governance dello Ior da lei avanzata?
“No, mi dispiace, questa è materia che tratterò
solamente con il Santo Padre o un Suo incaricato”.
Perché lei sostiene che si
potrebbe sospettare che il cardinale Pell non sia a conoscenza di certi fatti
importanti?
“Il Cardinale Pell è conosciuto per le sue
capacità, per il suo coraggio e per la sua onestà intellettuale e morale. Se
fosse a conoscenza di certi fatti, e avesse avuto accesso ai documenti
relativi, il suo intervento sul Catholic Herald avrebbe avuto contenuti differenti.
Così almeno ritengo”.
Può dirci qualcosa sui
documenti che il Cardinale Pell, secondo lei, potrebbe non conoscere?
“Ne posso sottolineare in particolare tre: il
pre-report di Moneyval dell’aprile 2012, magari comparato con quello definitivo
del luglio 2012, diversi report di Deloitte del 2011 sulla messa in atto delle
nuove procedure antiriciclaggio e il report sulle ragioni di chiusura del conto
corrente di Jp Morgan presso lo Ior del marzo 2012. Vede, si tratta di
documenti ufficiali ed esterni, non di opinioni, dai quali non si può
prescindere per comprendere quale mio senso di responsabilità veniva
sollecitato, soprattutto dovendo considerare i rischi per la Santa Sede e per
il Pontefice stesso”.
Sì, ma può spiegare più nel
dettaglio il contenuto di questi documenti e perché sarebbe importante la loro
conoscenza?
“Posso solo dire che questi documenti
aiuterebbero a comprendere quanto fossero importanti le riforme alla cui
predisposizione avevo lavorato. Immaginiamo per un attimo che il Cardinale Pell
abbia conosciuto questi documenti. Se così fosse di sicuro avrebbe capito non
solo quale responsabilità ha gravato sulle mie spalle durante quel periodo, ma
anche perché non potevo fare altro che avanzare la proposta di soluzione al
consiglio Ior del 24 maggio, quello dove fui sfiduciato. Sfiducia peraltro
annunciata e conosciuta da molti, tanto che io stesso ne venni informato da due
fonti diverse qualche ora prima. Una fonte persino esterna alla Santa Sede.
Entrambe però vicine alla Segreteria di Stato”.
C’è ancora oggi nella Santa
Sede un’indicazione di trascurarla e mostrare indifferenza nei suoi confronti?
“Sono costretto a dedurlo, non a saperlo.
Altrimenti come spiegherebbe l’indifferenza rispetto alla decisione di
Benedetto XVI di riabilitarmi che mi fu comunicata quattro giorni prima della
sua rinuncia, il 7 febbraio 2013?”
La mancata conoscenza dei
fatti e documenti che lei cita può causare qualche rischio?
“Vede, io credo che quando si assiste a vicende
come qu elle accorse all’Ior e alla mia persona, e successivamente a tutti i
membri dell’Aif, se non si scoprono i fatti che hanno portato a questi
avvenimenti, difficilmente si potranno risolvere i problemi, sempreché si
considerino problemi e non solo fastidi dovuti a ingerenze esterne alla Santa Sede.
Quale legge antiriciclaggio è oggi applicata? Quale ruolo è ricoperto oggi
dall’Aif?”
Vede qualche rischio per i
tentativi riformatori di Papa Francesco?
“Secondo me il rischio lo corrono soprattutto
altri, non il Papa. Il rischio maggiore è che il Pontefice un giorno voglia
capire, e magari potrà scoprire che gli hanno nascosto qualcosa che invece
doveva sapere. Il minore è, continuando a ignorare il mio caso, perpetrare
un’ingiustizia che certo Papa Francesco non apprezzerà quando ne verrà a
conoscenza. E stia certo che questo succederà”.