Privacy Policy Cookie Policy Termini e Condizioni

2004 06 01 * Il Secolo XIX * Verso le europee - Turco: «Urne per Strasburgo inquinate dai temi nazionali»


Genova«Sono elezioni europee, ma di Europa non si parla». Maurizio Turco, presidente dei deputati radicali al Parlamento europeo, candidato nella circoscrizione Nord-Ovest, attacca toni e contenuti della campagna elettorale in Italia, «svuotata - dice - degli argomenti che dovrebbero essere al centro dell'attenzione».

Il problema, onorevole, è che si parla di elezioni europee ma si guarda all'Italia.
«Ed è questo l'errore principale. Anche perché non si può pensare di riprodurre nella competizione continentale lo schema nazionale. Nel Ppe, tanto per dire, con Berlusconi ci sono anche metà Margherita, Mastella e De Mita. Il centrosinistra è sparso qua e là e anche il centrodestra non è tutto sotto lo stesso tetto».

Questa disomogeneità come si riflette sull'attività dei parlamentari europei?

«Berlusconi ci racconta che l'Italia sarà più forte nel Parlamento europeo se il suo partito crescerà, invece, come già avviene, nel Ppe la linea la dettano i tedeschi, che hanno un atteggiamento più serio e mandano a Strasburgo persone che sono sempre presenti, attente al dibattito. Non come i nostri, cioè i loro eurodeputati».

Mette sotto accusa il doppio mandato, quello nazionale e quello europeo?

«Assolutamente sì. Del resto c'era una specifica direttiva da rispettare, invece non è stato fatto».

Ma non trova normale che sulle elezioni europee si riverberi un'agenda sempre più stringente di problematiche nazionali?

«Assolutamente no. In più non ho ancora capito se certi argomenti vengono evitati perché non si conoscono, ed è possibile, o perché volutamente si tende a nasconderli, il che è probabile. Il punto è che l'E uropa diventa uno specchietto per le allodole, da utilizzare a seconda delle convenienze».

In che senso, scusi?

«Si pensi alla riforma delle pensioni. Si dice che la vuole l'Ue per scaricare fuori dal Paese l'eventuale impopolarità del provvedimento. Invece questa riforma fa parte del programma di governo della Casa delle Libertà, come tutti i referendum che abbiamo promosso per cambiare volto all'Italia. Su trenta se ne sono salvati solo sette, ma Berlusconi rimane nel vago. Su alcuni temi, per esempio la giustizia, ha colto il problema prima dell'Ue, solo che lui si è fermato, mentre a livello comunitario si va avanti».

Questo porta a uno dei nodi ormai classici: il difficile rapporto fra gli Stati membri e le prerogative dell'Ue.

«Diventa difficile ciò che si vuole. Inutile dire che occorre una politica estera comune e, poi, andare all'approvazione di una Costituzione che non prevede questo tipo di meccanismo. Dico di più, quella che viene pomposamente chiamata Costituzione, in realtà sarà un trattato come gli altri, che verrà approvato il 17-18 giugno, a Parlamento chiuso, per imbrigliare i 10 Paesi appena entrati nell'Ue. i quali, magari, qualcosa da dire l'avrebbero pure».

Come se ne esce, secondo i radicali?

«Intanto con più trasparenza. Oggi il Condiglio dei Ministri europeo lavora a porte chiuse e sui verbali delle riunioni vengono censurate le posizioni dei singoli Paesi. I cittadini, allora, come possono giudicare l'operato dei loro rappresentanti? Noi vogliamo gli Stati Uniti d'Europa, con il presidente eletto dai cittadini e non dai governi».


L. L.