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2006 08 01 * Il Riformista * Scenari. Possibile un rosapugnismo solo radicale Se il Caso Villetti uccide la Rnp i nuovi fronti sono simbolo e soldi.

Riassunto delle puntate prece denti: la Rosa nel pugno è ferma da circa un mese al dibattito sulle dimissioni di Roberto Villetti da capo gruppo alla Camera. Da un lato ci sono i socialisti, con Enrico Boselli in testa,che pretendono da parte dei radicali la richiesta di ritiro delle di missioni prima di poter impostare una federazione tra Sdi e Pr. Dall'al tro lato ci sono i radicali capitanati da Marco Pannella, ai quali di chie dere il ritiro delle dimissioni di Vii letti importa meno che nulla e pre mono affinché vengano convocati gli organi statutari della Rnp per poi poter fare la «Fiuggi 2» e sciogliersi con lo Sdi nella Rosa. Nel mezzo, ci sono i pontieti i vari Alberto Benzoni, Antonio Landolfi, Biagio De Giovanni, Luciano Pellicani, Donato Robiotta, Antonio Ghirelli che chiedono la convocazione della direzione nazionale, per evitare che un esperimento politico cosi importante non finisca nel cestino. Trattasi di pontieri per i quali la vicenda Villetti è emblematica dello stato dell'arte: per loro, se il capogruppo ritira, o se i radicali chiedono di ritirare, è assolutamente indifferente.

In effetti, la faccenda nasconde ben altro che non l'aut aut imposto da Boselli (in sintesi: «O mercoledì (domani, ndr) si convoca il gruppo, oppure è tutto finito») e la risposta acida di Pannella: «Boselli e Villetti hanno decretato pubblicamente la fine della Rnp nientemeno che per mercoledì prossimo, e giorni successivi. S'illudono». Insomma, il caso Villetti ricorda un po' il dibattito pretestuoso sull'approdo del presunto Partito Democratico (Pse si, Pse no; Villetti sì, Villetti no). Alla fine, però conta altro. Ovvero capire se socialisti e radicali vogliono davvero stare insieme. Nonostante ci sia attesa per la conferenza stampa convocata per oggi da Pannella con tutti i deputati radicali, Emma Bonino compresa, la risposta, al momento, è «no». Ma se è cosi, se è davvero tutto finito, cosa accadrà dopo? La questione non è secondaria, poiché è altamente probabile che tra socialisti e radicali si aprano feroci battaglie legali sia sull'uso del simbolo sia sulla gestione dei contributi elettorali, circa un milione e trecentomila euro l'anno. Dall'ufficio stampa San Lorenzo in Lucina, sede dello Sdi, si limitano a dire che problemi non ne possono nascere: «Sui soldi è molto semplice: si dividono esattamente a metà tra noi e i radicali. Quanto al simbolo, è vero: è di proprietà dei radicali, ma è dato in uso all'associazione per la Rosa nel pugno fino al 2011. Secondo le clausole dell'accordo costitutivo, non è utilizzabile da nessuno fino a quella data senza una nostra autorizzazione, nemmeno alle prossime politiche».

Stessa domanda poniamo a largo Argentina. Qui risponde il rappresentante legale dei radicali, Maurizio Turco, che dice: «Confermo: il simbolo è proprietà del Partito radicale ed è ceduto in uso fino al 2011 all'associazione Rosa nel pugno, ma a particolari condizioni, quattro pagine di clausole e controclausole. Da quelle pagme emerge una cosa chiarissima: il simbolo non sarà mai di proprietà dei socialisti. E' dei radicali che non lo cedono». Se poi una parte dei socialisti decidesse di rimanere nella Rosa, non è nemmeno escluso il possibile utilizzo prima del 2011: «Tecnicamente è possibile che la Rnp resti in vita nonostante l'uscita dello Sdi -dice Turco- Ma la fuga di Boselli non è quello che ci auguriamo». In ogni caso, «la politica del la Rosa nel pugno vivrà lo stesso, la faremo noi radicali e tutti i laici i liberali e i socialisti che non vorranno arrendersi». Quanto ai rimborsi elettorali, secondo Turco il sistema del fifty-fifty «non garantisce la Rosa nel pugno». Va perciò stimato un «residuo da destinare alle iniziative della Rnp, per esempio un quinto della cifra. Peraltro, quando abbiamo compilato le liste per le politiche, pensando che saremmo presto diventati un unico partito, abbiamo adottato il criterio del 50% anche per i rimborsi elettorali. Ma il sistema non è stato lo stesso per quanto riguarda le amministrazioni locali». Su 272 consiglieri comunali eletti, infatti, nemmeno uno è risultato radicale. «Manca un controllo del territorio sostiene Turco e noi non disponiamo nemmeno della lista degli eletti: lo Sdi non ce l'ha mai fornita». Inoltre, gli accordi prevedevano che dove c'erano eletti socialisti, l'assessore doveva essere radicale (e viceversa). Ma non c'è traccia, in Italia, di assessori radicali in quota Rosa nel pugno: «Anche questo patto e stato violato», denuncia il deputato pannelliano. La replica dallo Sdi e la segnente: «Loro, pero, sì sono presi un ministero pesante cori la Bonimo, mentre noi ci siamo accontentati di un viceministero e del capogruppo». Ecco svelato il caso Villetti, dunque.