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2009 04 04 * L'Opinione * Vaticano, il Paradiso (fiscale) può attendere * Dimitri Buffa

MAURIZIO TURCO (RADICALE): GRAZIE AL CONCORDATO, LO IOR E' UN "BUNKER"


Ora tutti si riempiono la bocca della fine dei paradisi fiscali e fioriscono liste nere e grigie.

Ma perché nessuno parla mai, men che mai sui giornali, del Vaticano e dello Ior?

Di sicuro sull'Istituto opere religiose , il famigerato Ior che riporta nel pensiero dell'opinione pubblica all'epoca dello scandalo del Banco Ambrosiano, della mai chiarita morte del banchiere di Dio Roberto Calvi (17 giugno 1982, Londra, Black Friars Bridge, ndr) e di monsignor Marcinkus, si sa solo che esiste.

Resta invece confinato quasi ai dogmi della fede il metodo in cui aprirci un conto. In pratica non è aperto a tutti ma solo "ai dipendenti del Vaticano, i membri della Santa Sede, gli ordini religiosi e le persone che depositano denaro destinato, almeno in parte, a opere di beneficenza". Solo in parte però.

Il virgolettato viene dall'unico esclusivo documento (pubblicato l'8 gennaio 2004 dal settimanale "Panorama Economy", articolo di Marina Marinetti) che parli ufficialmente dello "status" dello Ior. E fa parte di una dichiarazione scritta di Angelo Caiola, che dal 1989, sotto la supervisione del segretario di stato pro tempore, prima era il cardinale Angelo Sodano oggi il cardinale Tarcisio Bertone, dirige lo Ior. Tale dichiarazione fu scritta a suo tempo, nel 2002, per la corte distrettuale della California.

Ora che tutti sanno che forse i paradisi fiscali hanno i giorni contati, in nome del famoso "legal standard", l'ipocrisia imperante in Italia chissà perché impedisce di parlare di quello che più che a un paradiso fiscale assomiglia a un inferno del potenziale riciclaggio, per usare le parole dell'eurodeputato radicale Murizio Turco, da anni in battaglia solitaria con la sua organizzazione anticlericale.net per tentare di abbattere il muro di gomma che esiste intorno al Vaticano e alla sua finanza.

Di certo lo Stato Città del Vaticano è oggi come oggi un posto sicuro, un vero bunker antinucleare, a patto di conoscere qualche prete (meglio un monsignore) compiacente che ti aiuta, per depositare i soldi senza che né il fisco né l'Interpol, nè la Dea americana, né la Divisione investigativa antimafia italiana possano metterci il naso.

Dice Turco che ormai quando i magistrati che vanno dietro ai soldi sporchi o anche puliti di qualche organizzazione criminale o di qualche faccendiere arrivano a un conto Ior si risparmiano la fatica persino di presentare una rogatoria, tanto sanno che è tempo perduto.

Il Vaticano infatti, benchè partecipi da osservatore a tutti gli organismi mondali che si occupano del riciclaggio dei soldi sporchi della mafia, come Stato non ha mai firmato alcuna di queste convenzioni e non può essere obbligato a farlo da nessuno. Neanche da Obama e dal G20, tanto per capirci.

Loro in compenso osservano e tengono conto di quello che vedono. Per poi regolarsi di conseguenza per megli tutelare la propria segretezza.

E infatti quella testimonianza scritta di Caiola davanti alla procura distrettuale della California fu portata in aula dall'avvocato Franzo Grande Stevens. Che da sempre difende lo Ior.

E sapete come terminava il documento, agghiacciante pur nella sua genericità?

In questa maniera: niente in questa dichiarazione va inteso, né può essere preso come una sottomissione alla giurisdizione di questa Corte, o una rinuncia a qualsiasi diritto di immunità sovrana.

A dare al Vaticano questi vergognosi privilegi è proprio lo Stato Italiano con il Concordato del 1929 (rimasto invariato nel 1984). Più precisamente, come spiega sempre Maurizio Turco, l'Istituto per le opere di religione, è rigorosamente protetto dall'articolo 11 del Concordato laddove dice che «gli enti centrali della Chiesa cattolica sono esenti da ogni ingerenza da parte dello Stato italiano».

Ma lo Ior è una banca. Non dovrebbe essere vincolato a specifiche leggi internazionali?

"Sì, certo, è una banca dice Turco ma quando nel 1987 Marcinkus venne indagato, assieme ad altri due dirigenti dello IOR, per concorso in bancarotta fraudolenta, venne emesso un mandato di cattura in rapporto al crack dell'Ambrosiano, ma dopo pochi mesi la Corte di Cassazione prima, e quella Costituzionale poi, annullarono il mandato in base all'articolo 11 dei Patti lateranensi. Insomma il Vaticano chiedeva l'iscrizione della banca nell'elenco degli "enti centrali della Chiesa cattolica" e Cassazione e Corte costituzionale sottoscrivevano. In questo modo Marcinkus veniva reso intangibile di fronte alla giustizia italiano. Poteva rinunciare all'immunità ma si guardò bene dal farlo."

Quindi l'antifona è semplice: il fine giustifica i mezzi.

Ultimamente anche l'inchiesta su Moggi e "calciopoli" si è dovuta fermare laddove ci si è imbattuti in un conto della Gea acceso proprio all'interno dello Ior. In passato, come ha raccontato il pentito Francesco Marino Mannoia, "anche la mafia ha messo i soldi lì".

Ora, anche facendo la tara alle parole dei pentiti di mafia, è veramente difficile credere che su circa 6 miliardi di euro, a tanto ammontano i depositi della banca vaticana, non ci sia neanche un furbetto del quartierino, un trafficante di droga o un evasore fiscale. E' invece assai probabile, con quello scudo dell'articolo 11 del Concordato di Mussolini lasciato invariato da Craxi, che molti di questi soggetti trovino nello Ior l'ombrello giusto.