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2009 07 02 * GrNet.it * Portale di libera informazione per le Forze Armate e di Polizia * Intervista a Maurizio Turco * Luca Marco Comellini

Proponiamo oggi ai nostri lettori un'intervista realizzata da Luca Marco Comellini a Maurizio Turco, parlamentare radicale del Partito Democratico, che in questi ultimi giorni ha presentato una serie di interessantissime interrogazioni al Ministero della Difesa (4/03389 - 4-03377   - 4-03374 - 4-03267 - 5-01550 )

 

Nato a Taranto il 18 aprile 1960 ha iniziato la sua militanza politica nel 1979 con il partito Radicale.

COMELLINI : Maurizio Turco, lei è membro della Iª Commissione permanente della Camera eppure, negli ultimi giorni di giugno, ha presentato alcune interessanti interrogazioni al ministro della difesa mettendo in luce alcuni aspetti del sistema di rappresentanza che la legge impone ai militari a dir poco sconcertanti. Perché questo interesse che non ha nulla a che vedere con i suoi passati impegni di parlamentare europeo, da sempre militante radicale?

TURCO: In realtà essendo la prima Commissione quella degli Affari Costituzionali, nel momento in cui si negano ai militari i diritti civili elementari c’è una forte attinenza alla Costituzione, o meglio alla sua violazione. Perché dev’essere chiaro che non si vogliono stravolgere le regole del gioco, ma semplicemente che le regole siano applicate, rispettate e fatte rispettare. Da tutti. E’ chiaro che questo discorso interessa poco i vertici militari che ben sanno come tutelare i propri interessi.


C: I suoi colleghi del PD si sono dimostrati molto attenti alle richieste che gli sono pervenute dai vertici militari e dai COCER, tanto da presentare una ennesima proposta di legge per la  modifica dell’istituto rappresentativo dei militari. Tuttavia le differenti realtà associative che negli ultimi anni si sono spontaneamente sviluppate per sopperire alla cronica deficienza di autorevolezza e rappresentatività dei COCER, hanno giudicato quell’iniziativa una inutile tarantella, idonea solo a mantenere immutati gli attuali schemi  dove la rappresentanza è di fatto espressione diretta dei vertici militari. Perché non c’è il coraggio di parlare apertamente di sindacalizzazione, cosa li frena?

T: Io so solo che le gerarchie militari - generalizzo ben sapendo che non tutti i suoi componenti la pensano e si comportano allo stesso modo, ma la maggioranza sì - confondono e spesso sovrappongono il dovere all’obbedienza da parte dei sottoposti con l’esercizio del proprio potere, che spesso più che atto dovuto di potenza rischia e spesso è un atto di prepotenza. E’ chiaro che parlare di sindacalizzazione dei militari  può apparire una contraddizione ma solo se si pensa di voler mettere in discussione ordini militari e sono d’accordo che in questo caso sarebbe una follia. Ma di fronte all’esercizio della prepotenza, esercizio che si manifesta quando si danno ordini in virtù dell’essere militari ma che nulla hanno a che fare con quest’ambito, la “truppa” è costretta a chinare il capo e obbedire: questi ordini possono e devono essere contestati.


C: Quale potrebbe essere una valida iniziativa idonea a raccogliere, in modo assolutamente ampio e democratico le istanze dei militari, affinché siano realmente coinvolti nell’evoluzione sociale e democratica del Paese, senza lasciare ad altri che non conoscono il loro mondo la possibilità di continuare a produrre aborti normativi il cui peso ricade, ogni volta, sull’intera collettività?

T: Credo che se i militari non possono reclamare i propri diritti elementari in base all’articolo 39 della Costituzione (... l'organizzazione sindacale è libera ...), alle condizioni date possono non solo rivendicare diritti ma anche contribuire  dal punto di vista legislativo in ragione dell’articolo 49 (“Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.”).


C: In questi giorni il problema della sicurezza rappresenta uno dei nodi da sciogliere per il bene del Paese, ritieni  che, alla fine, La Russa sarà costretto a tagliarsi una gamba oppure c’è il concreto rischio che il maggiore coordinamento  tra le Forze di polizia, da più parti ipotizzato, sia solo  una maschera  alla creazione/spartizione di poteri e poltrone diversamente inesistenti?

T: Non so fino a che punto il Ministro e parlo proprio della persona, di Ignazio La Russa, sia consapevole dei risvolti di alcune operazioni che si appresta a fare e di cui comunque sarà lui a dover rispondere. La sicurezza è un bene primario e pertanto lo si agita spesso a sproposito e per fini non proprio costituzionali ben sapendo che i cittadini sono, giustamente!, molto sensibili. Il tutto accade com’è logico a spese dei cittadini stessi, a cominciare dai militari. Anche la frustrazione che si causa negli operativi dovrebbe essere oggetto di valutazione, ma mi pare che questa evenienza non impensierisca i vertici.


C : Prima delle scorse elezioni politiche 2008 si vociferava  che, in caso di vittoria del PD il ministero della Difesa sarebbe stato retto da Emma Bonino.  Il PD, invece, per le questioni militari si affida all’esperienza che la senatrice Pinotti sembra mutuare dai vertici gallonati, dimostrandosi piuttosto conservatore  e decisamente spostato sulle posizioni della PDL, tanto da far apparire più democratici e innovatori i deputati Ascierto e Gasparri che pubblicamente si dichiararono favorevoli alla sindacalizzazione delle Forze armate, prima di essere fatti rientrare nei ranghi dallo stesso Fini. Come sarebbe cambiato il ministero della difesa con  Emma Bonino nel ruolo di ministro?

T: Credo che un antimilitarista sia il miglior Ministro della Difesa possibile non perché dopo due mesi ha distrutto l’apparato difensivo ma per creare quelle condizioni di vivibilità per tutti e quindi per ciascuno che sono alla base dell’impegno dei radicali e di Emma Bonino in particolare. D’altronde Emma Bonino da Commissaria europea agli aiuti umanitari i militari li ha incrociati spesso e li conosce bene. Ho fatto questo richiamo anche per sottolineare e rendere evidente che fino a poco tempo fa pensare a dei militari impegnati in azioni umanitarie era considerata una contraddizione. Tutto cambia e quindi tutto cambierà nonostante i vertici militari siano portati, e come non capirli!, a lasciare che tutto resti com’è.


C: Programmi futuri?

T: Dare una mano a veder nascere, crescere e imporsi un movimento di militari democratici, cioè avvinghiati alla Costituzione, consapevoli del proprio ruolo nella vita democratica del paese. E quindi un movimento che veda nella “sindacalizzazione” cioè nel “diritto al diritto” ad essere rispettati come cittadini, di godere di diritti esigibili che vengono tolti in nome di alti valori ma che in realtà sono veri e propri abusi. Questo movimento dovrà lottare per ricorrere contro l’ordine ingiusto sapendo che quello militare non è sindacabile. Ma la lotta più dura sarà quella di far capire ai “generali” che non tutti i loro ordini, per il solo fatto di essere impartiti da dei “generali”, sono ordini militari. Con una battuta direi che questo è il minimo sindacale. Dopodiché, fuor di scherzo, se non si può agire attraverso un sindacato lo si farà attraverso un partito a cui, naturalmente, potranno aderire anche i generali, in questo caso senza le virgolette!