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2012 01 11 * il Foglio * IO ACCUSO CHI ACCUSA. Il fumus persecutionis contro Cosentino raccontato dal radicale Turco

Roma. Maurizio Turco, deputato radicale e garantista liberale di mestiere, dice che stanno per arrestare Nicola Cosentino, secondo l’autorizzazione della Giunta camerale di ieri, da confermare a stretto giro di posta con un voto di aula, per ragioni politiche. Non ragioni di cautela e di giustizia penale, accusa Turco, ma politiche, simboliche.

"Dovrebbero combattere il livello politico di protezione della camorra campana, invece alla fine partiti e magistratura militante scelgono un politico e lo degradano a criminale comune con l’arma ambigua del concorso esterno, senza alcun fatto specifico dimostrato come reato".

Turco ha votato per l’arresto del deputato Alfonso Papa (incarcerato per mesi), e lo rifarebbe sebbene quel che è successo dopo sappia per lui di accanimento personale; e ha votato per l’arresto del deputato Marco Milanese (non arrestato), collaboratore di Tremonti. Dice di aver votato sempre in base alle carte. Dice che il leghista Luca Paolini, un deputato marchigiano liberale e garantista, la pensa come lui ma ha detto di sì all’arresto come deciso dalla Lega in Via Bellerio, ovviamente per ragioni politiche (la guerra tra Bossi e Maroni, e altre necessità di rinverginamento dell’immagine del partito).

"Ci sono solo dichiarazioni di collaboratori di giustizia, scandite in modo generico nel tempo, per anni. Cosentino è sotto pressione da quando era consigliere comunale di Casal di Principe, luogo eletto di camorra. L’azione amministrativa e territoriale, in un paese di dodicimila abitanti e di vaste parentele, dove i figli Cosentino sono cinque, poi gli sposi, poi i suoceri, e la mamma del deputato fa Schiavone di cognome, è virtualmente soggetta alle attenzioni della magistratura. Dieci giorni dopo la nomina di Cosentino a sottosegretario, essendo egli divenuto un capo del Pdl in Campania, dopo una fase da amministratore comunale socialdemocratico e una parentesi nel partito del magistrato Giuseppe Ayala (Alleanza democratica), si arrivò nel 2009 alla prima richiesta di arresto legata agli scandali consociativi della gestione dei rifiuti. Fu respinta. Ora ci riprovano attribuendo al deputato di essere il ‘referente nazionale dei casalesi’, lo ha confermato l’ex procuratore Giandomenico Lepore ieri a Radio Capital in un’intervista.

Eppure Raffaello Magi, il giudice di Spartacus 1 e Spartacus 2, i processi che hanno portato a gigantesche condanne dei casale- si, non si era mai occupato di Cosentino. La Gomorra di Saviano non ha mai avuto tra i suoi protagonisti Cosentino. E’ un clamoroso teorema giudiziario senza basi tangibili, è una lunga storia di inchieste accennate, poi chiuse, poi riaperte e clamorosamente montate fino all’attualità nota: ma è solo un processo penale che intende risolvere il problema politico drammatico del contesto meridionale, degli accordi di spartizione, raccomandazione, controllo sociale del territorio che caratterizzano l’insieme del sistema dei partiti in Campania e a Casal di Principe".

Turco si era battuto con successo contro la prima richiesta di arresto (la sua dichiarazione parlamentare la si può leggere in www.ilfoglio.it). Sostiene che nelle 1.500 pagine dell’accusa non c’è alcunché di penalmente decisivo per ottenere dalla Camera l’arresto di un suo componente. "Scrivono pure che Francesco Schiavone detto Sandokan è tutt’ora il capo dei casalesi, ma Sandokan è in carcere secondo il regime duramente segregazionista dell’articolo 41 bis da tredici anni: come è possibile fare affermazioni del genere? E’ in corso una dura campagna anche di stampa, per le edizioni CentoAutori dieci giornalisti locali hanno confezionato un libro dal titolo “il casalese’, sulla cui copertina campeggia Cosentino, che è il filo conduttore di tutto il racconto, solo che è il racconto del consociativismo in Campania, della resa a una gestione politica del territorio nel cui spazio la criminalità comune prospera, ma è un fatto di sistema, riguarda tutti. La storia del supermercato del riciclaggio, ‘Il Principe’, che doveva essere costruito con un finanziamento dell’Unicredit a favore di famiglie legate ai clan, una storia corredata di classiche foto che ‘incastrano’, è ambivalente. All’incontro c’era anche il presidente della provincia di Napoli, che se ne esce puro come un giglio, e insomma erano un politico e un amministratore che chiedevano finanziamenti per 5 milioni di euro in favore di una impresa territoriale. L’ipotesi del concorso esterno in un’azione volta al riciclaggio appare come una costruzione d’accusa priva di riscontri se non indiretti e de relato. La verità è che un tempo, secondo la Costituzione, i deputati erano considerati diversamente da come sono considerati i cittadini per la semplice ragione che spesso anche i magistrati li considerano diversamente. Si chiama fumus persecutionis, e basta".