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Discussione del disegno di legge: S. 1800 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo che modifica l'Accordo di partenariato a Cotonou tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, con allegati, dichiarazioni e Atto finale, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, fatto a Lussemburgo il 25 giugno 2005; dell'Accordo interno tra i rappresentanti dei Governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, che modifica l'Accordo interno del 18 settembre 2000 relativo ai provvedimenti da prendere ed alle procedure da seguire per l'applicazione dell'Accordo di partenariato ACP-CE, fatto a Lussemburgo il 10 aprile 2006; dell'Accordo interno tra i rappresentanti dei Governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, riguardante il finanziamento degli aiuti comunitari forniti nell'ambito del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2008-2013 in applicazione dell'Accordo di partenariato ACP-CE e lo stanziamento degli aiuti finanziari ai paesi e territori d'oltremare ai quali si applica la parte quarta del Trattato CE, fatto a Bruxelles il 17 luglio 2006 (Approvato dal Senato) (A.C. 3116) (ore 20,15).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3116)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare di Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, onorevole Paoletti Tangheroni, ha facoltà di svolgere la relazione.
Chiedo ai colleghi che intendano assentarsi dall'Aula di farlo nel modo più silenzioso, per consentire alla relatrice di potere svolgere la relazione. Prego, onorevole Paoletti Tangheroni.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI, Relatore. Signor Presidente, voglio intantoPag. 74sottolineare che si tratta della ratifica non di uno, ma di ben tre accordi, e pertanto le chiedo, signor Presidente, di avere un po' di tolleranza per quanto riguarda i tempi previsti, perché, in realtà, si tratta di un provvedimento abbastanza complesso.
Si tratta come dicevo di tre accordi: un accordo - che è il vero e proprio accordo di Cotonou - che organizza e coordina tutti gli accordi di cooperazione tra gli Stati membri dell'Unione europea e gli Stati dell'Africa-Caraibi-Pacifico; un accordo interno tra gli Stati dell'Unione europea relativo alle procedure; infine, un altro accordo interno tra gli Stati dell'Unione europea relativo al quadro finanziario.
Signor Presidente, si tratta di un Accordo estremamente importante per i Paesi che ne sono coinvolti. Essi sono tutti i Paesi africani e tutti quelli europei, dell'Unione Europea, che si incontrano per un grandissimo programma di cooperazione che presenta un'ampiezza economica formidabile, perché stiamo parlando di 22 miliardi 682 milioni di euro. Nell'ambito di tale somma l'Italia contribuisce per una cifra di circa 3 miliardi di euro.
L'Accordo in esame riguarda alcune modifiche del Trattato di Cotonou che, in linea di massima, non incidono sull'impalcatura del precedente Accordo stipulato nel 2000, ma pongono una maggiore attenzione al tema della povertà, includendo gli obiettivi del millennio, facendosi carico di tutti gli aspetti riguardanti il mercato delle armi, della lotta contro il terrorismo, ma soprattutto ponendo i termini per valorizzare autenticamente le risorse locali. Tutto ciò è stabilito in positivo.
Vi sono anche altri elementi, tra cui la conferma del condizionamento degli aiuti al tema della democraticità degli Stati riceventi che appare, nel secondo trattato (quello modificato), un po' sfumata. Infatti, su richiesta degli Stati che ricevono gli aiuti è stato diluito quel sistema di norme che presentavano un certo automatismo, per cui se non vi è la democrazia non sono erogati gli aiuti. Il tema è sfumato sia da un punto di vista della presentazione di tale condizione, sia perché quantitativamente, per esempio, si amplia di molto, passando da 60 a 120 giorni, la possibilità di dialogo.
A parte tali modifiche, non vorrei perdere l'occasione relativa alla ratifica di questo Trattato per svolgere alcune riflessioni riguardanti, in generale, la cooperazione che gli Stati dell'Unione europea svolgono, da anni, con l'Africa. L'antecedente del Trattato in esame è la Convenzione di Yaoundé, che risale al 1963. Pertanto da quell'anno l'Africa è stata inondata di miliardi provenienti dall'Europa ma questa inondazione non ha comportato molto effetti. Vediamo, infatti, un'Africa sempre più povera, sempre più sconvolta da conflitti interni e certamente non si sono registrati il decollo economico e lo sviluppo.
Credo che - e noi presenteremo trasversalmente un ordine del giorno per fornire al Governo lo spunto per intervenire a livello europeo - sia necessario assumersi, signor Presidente, delle responsabilità in merito a tale situazione. Indubbiamente vi sono responsabilità europee, perché si tratta di un accordo europeo, e anche delle responsabilità italiane perché, signor Presidente, tre miliardi in cinque anni significa che, se fosse operata una ripartizione aritmetica (ma non intendo prendere ulteriore tempo rispetto a quello che gentilmente mi sta concedendo) si avrebbero 600 milioni l'anno, il che vuol dire circa - il Governo può contraddirmi o meno - cento milioni in più di quella che è la nostra cooperazione a dono. Dobbiamo assolutamente riflettere su alcuni problemi.
I problemi sono: attuare veramente quello che si prevede, cioè condizionare gli appalti che si fanno all'utilizzo reale delle risorse locali; cercare di porre la questione del commercio e dei dazi doganali in modo che sia quanto meno più favorevole rispetto ai Paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, ma soprattutto, signor Presidente, arrestare questa situazione di elargizione di tutto questo danaro - che è danaro pubblico perché è dei nostri cittadini italiani - alla CECA.Pag. 75
Dobbiamo trovare un meccanismo di monitoraggio che sia efficace perché credo che l'Italia abbia il diritto di sapere come si danno questi denari e, soprattutto, quali siano i criteri di scelta. La ringrazio per il tempo che mi ha concesso e preannuncio che presenteremo un ordine del giorno (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, è stato appena ricordato con efficacia quanto sia necessario l'atto di ratifica in esame. In effetti, in considerazione dell'importanza della partnership che lega l'Unione europea ai Paesi ACP, della portata dell'Accordo e del tempo decorso dalla data della firma, si comprende come la ratifica sia da considerarsi assolutamente prioritaria.
L'Accordo deve essere ratificato entro il mese di novembre 2007; dall'entrata in vigore dipende, infatti, la continuità della politica europea di sviluppo e la piena operatività degli aiuti che l'Unione europea si è impegnata a stanziare in favore dei Paesi ACP a partire dal 1o gennaio 2008. La tempestiva ratifica degli accordi si rende imperativa affinché il ricorso agli aiuti nell'ambito del decimo Fondo europeo di sviluppo, FES, non subisca interruzioni e continui ad essere effettivo anche successivamente al 31 dicembre 2007, fino a quando sarà operativa la disciplina di cui al nono FES.
In numerose occasioni l'Italia, d'altronde, ha ribadito il proprio impegno a concludere il processo di ratifica nei tempi convenuti in sede comunitaria. In questo senso sono personalmente impegnati il Presidente Prodi e il Ministro D'Alema nei confronti, rispettivamente, del Presidente della Commissione europea Barroso e del commissario allo sviluppo Michel.
Il completamento dell'iter di ratifica dell'Accordo costituisce, pertanto, una condizione necessaria affinché il nostro Paese rispetti gli impegni assunti a livello internazionale. Dunque, sollecito l'approvazione delle ratifiche e concordo sulle valutazioni più generali che sono state appena espresse.
Ho sentito l'annuncio della presentazione di un ordine del giorno; a me pare che possa essere un utile stimolo anche nei confronti del Governo. Occorre senso delle proporzioni quando si guarda alle cifre che si spendono su un tavolo e sull'altro e occorre, quando le cifre sono di questa entità, porre dei problemi anche se delicati, difficili e, tuttavia, giusti. È, inoltre, giusto sollecitare prudenza e rigore a tutti ed anche all'Unione europea.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Turco. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, sarò breve anche perché condivido ciò che è stato detto dalla collega Paoletti Tangheroni essendo tra i cofirmatari dell'ordine del giorno che sarà presentato, all'interno del quale (si tratta di un ordine del giorno piuttosto complesso) vi è il richiamo al controllo da parte dell'Unione europea della spesa pubblica, e, per lo meno, da parte del Parlamento europeo, dato che il Consiglio o la Commissione europea lavorano su questa materia spesso a porte chiuse, ed è necessario che l'utilizzo di tutta questa massa di denaro abbia almeno il corrispettivo della conoscenza pubblica.
La parte dell'ordine del giorno che ci interessa in particolar modo è quella che riguarda il rispetto della clausola democratica, ma non solamente relativamente a questo Accordo, ma a tutti gli accordi che ci sono tra l'Unione europea e i Paesi terzi.
La clausola democratica, che risulta dagli atti preparatori del Parlamento, del Consiglio e della Commissione, è essenziale e prevede che il denaro dell'Unione europea e dei cittadini europei sia corrisposto ai Paesi terzi a condizione che questi rispettino i diritti umani fondamentali, la democrazia e lo Stato di diritto.
Come ricordava la relatrice, in particolare nel presente Accordo, viene trascritta la posizione che storicamente è stata della Commissione europea daPag. 76quando è stata introdotta, su iniziativa del Parlamento europeo, la clausola democratica negli accordi con i Paesi terzi. Tale clausola aveva un suo iter, che alla fine prevedeva la sanzione. Oggi tale iter viene praticamente bloccato dalla trascrizione letterale della posizione della Commissione, ovvero aver esaurito tutte le possibilità di dialogo con questo Paese, al fine di garantire i diritti umani fondamentali.
Concludo rapidamente. Il 30 giugno 2007 si è tenuta l'Assemblea parlamentare congiunta tra l'Unione europea e i Paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, con i quali dovremo ratificare il presente Accordo. I delegati non sono riusciti a trovare il consenso per condannare il regime di Mugabe: Zimbabwe, Darfur, forse possono farci capire qualcosa.
Il Viceministro Intini ricordava che entro novembre dobbiamo chiudere il presente Accordo, perché poi è prevista tra la fine di novembre e i primi giorni di dicembre una presentazione in «pompa magna» a Lisbona, in cui rilanciare l'aiuto europeo verso tali Paesi. Opportunamente, le istituzioni europee hanno chiesto ai vari Paesi se potevano evitare di presentare alla festa anche il dittatore Mugabe. La risposta è stata: «Se non viene lui, non veniamo nemmeno noi».
Credo, quindi, che - rispetto a quanto sta accadendo e proprio perché condividiamo tutte le parole del Viceministro Intini - a fronte del fatto che saremo comunque costretti (è un nostro dovere) a intervenire in quell'area attraverso il presente Accordo, il Governo si deve impegnare ad intraprendere a livello delle istituzioni europee, al di fuori delle prassi consuetudinarie, un'iniziativa che sia straordinaria e finalizzata al rispetto testuale della clausola democratica in tutti gli accordi già sottoscritti, in quelli via di sottoscrizione e in quelli futuri. Questo è l'impegno minimo che consentirebbe di astenerci e di non votare contro il presente provvedimento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gianni Farina. Ne ha facoltà.

GIANNI FARINA. Signor Presidente, spero che l'ordine del giorno proposto dall'onorevole Paoletti Tangheroni veda una larga unità di consenso. Mi sembra, infatti, che il presente Accordo - al di là del fatto che tutto è perfettibile - sia di straordinaria importanza, non solo per le strategie di sviluppo previste in questi Paesi, che sono tanta parte dell'umanità. L'Unione europea e l'Italia, in prima fila, possono essere protagoniste del perseguimento di una politica della convivenza e della pari dignità.
Con il presente Accordo, si inizia un percorso virtuoso nella lotta di prevenzione e risoluzione dei conflitti, a difesa della pace.
Ne vorrei sottovalutare l'aspetto che riguarda la cooperazione in ogni settore della vita e dello sviluppo sociale sia che si tratti della lotta contro terribili malattie, e in mancanza della firma di questo Accordo non si potrebbe iniziare tale percorso virtuoso, sia per quanto riguarda la lotta per far scomparire malattie che purtroppo pensavamo sconfitte, quali la malaria e la tubercolosi.
In definitiva, mi sembra che tramite questo Accordo, sviluppo sociale, estensione della cultura ed altri argomenti costituiscano una questione fondamentale per tutti noi. Inoltre, come non sottolineare la decisiva importanza dell'applicazione prevista da tanti articoli per la formazione e lo sviluppo culturale e umano, per la partecipazione attiva alla vita politica dei loro Paesi e quindi per la promozione partecipativa e democratica, i cui passi non sono sempre perseguibili e visibili in ogni momento della nostra attività.
Mi sembra fondamentale l'aver previsto, nell'ambito delle politiche di sostegno, interventi immediati e risolutivi per tante popolazioni attanagliate dal sottosviluppo e dalla miseria. Quindi, politica di sviluppo, democrazia e difesa dell'ambiente non sono fattore scindibili, sono la sintesi di un'equazione che va risolta, sono legati l'uno all'altro e rappresentano la sfida che l'Europa e l'Italia devono condurre: cooperazione e sviluppo. Ecco perché l'avanzataPag. 77modifica dell'Accordo di Cotonou, anche da una piccola finestrella come quella dell'Africa, può rappresentare un nuovo concetto di partnership tra i Paesi dell'Unione europea e i settantasette paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, che merita di essere approvato dal Parlamento repubblicano. Ed è per questo che sottolineo con particolare favore ed approvo la proposta di un ordine del giorno che veda la più ampia unità del Parlamento.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.



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