TURCO, D'ELIA, BELTRANDI, MELLANO e PORETTI. -
Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico.
- Per sapere - premesso che:
il decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633 «Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto» e successive modifiche ha introdotto uno specifico regime fiscale agevolato per i prodotti editoriali quotidiani e periodici, l'aliquota IVA è ridotta e pari al 4 per cento. Per la normale vendita di supporti audiovisivi l'IVA è al 20 per cento. Ciò per gli interroganti rappresenta una sorta di mercato dell'assurdo, dove il medesimo prodotto ha un'imposta sul valore aggiunto diversa rispetto all'ambito in cui viene venduto;
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato con un parere del 25 gennaio 2006 (A.S. 320) ha chiesto di eliminare con un intervento normativo la disparità esistente tra l'aliquota Iva applicata a dvd e videocassette venduti in allegato ai giornali in edicola e quella applicata ai prodotti venduti al dettaglio. L'Antitrust rilevava «effetti distorsivi del mercato» e «... distorsioni [che] non risultano giustificate da ragioni di interesse pubblico». «La diversità di trattamento fiscale per i prodotti non editoriali, venduti in abbinamento con quotidiani e periodici, o nei luoghi tipici di vendita, riduce la competizione tra imprese attive in segmenti diversi del mercato distributivo (edicole e altri canali tradizionali), che offrono gli stessi prodotti, anche se diversi dal punto di vista qualitativo». L'Autorità indicava la soluzione nell'applicazione a tutto il mercato dell'aliquota del 4 per cento. «Una simile misura..., oltre a scoraggiare la diffusione della pirateria, avrebbe la conseguenza desiderabile di produrre effetti positivi sui consumatori, eliminando ingiustificate distorsioni concorrenziali tra le imprese che, nei diversi canali distributivi, offrono DVD e videocassette;
secondo dati raccolti ed elaborati dall'Istituto di Informatica e Telematica del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa (Iit-Cnr) l'Italia è tra i primi nella top-ten dei Paesi più vessati dal fenomeno della pirateria musicale, il primo in Europa occidentale. Stiamo parlando di un'industria del valore di sessanta milioni di euro, un quarto del mercato discografico nazionale. E che è minacciata da copie contraffatte o scaricate illegalmente da Internet e che, incise su supporto digitale, sono diffuse attraverso la capillare rete di venditori abusivi che nei mercatini e nelle strade delle nostre città smerciano cd e dvd. Se le rivendite ambulanti costituiscono il 59 per cento del totale, altre «piazze» di smercio sono quelle private (16 per cento), le centrali di masterizzazione (14 per cento) e perfino i negozi musicali (7 per cento). Al vertice di questa fitta rete di produzione e vendita, ovviamente, non c'è l'immigrato del Terzo mondo più o meno regolare, che incontriamo coi tappetini per strada, ma la criminalità organizzata. Un fenomeno che ha, ovviamente, una ricaduta immediata sull'occupazione del settore. Per Enzo Mazza, presidente della Federazione industria musicale italiana: «Tra il 2000 e il 2006 le imprese discografiche e l'intera filiera hanno visto un calo nei fatturati di oltre il 35 per cento con gravi conseguenze occupazionali, confermate anche da una riduzione dei posti di lavoro di oltre il 40 per cento solo in Italia -:
se e quali provvedimenti il Governo intenda prendere per eliminare questa distorsione del mercato e favorire i consumatori, contrastando al contempo fenomeni di pirateria, di contraffazione e contrastando la malavita organizzata.
(3-01213)