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1910 11 * Il cattolicesimo anticlericale e la ribellione contro il papato * Leone Caetani

In Italia come in tutti i Paesi latini, sui quali la Chiesa di Roma ha dominato senza interruzione dal Medio-Evo in poi, si confondono insieme, per triste retaggio di tempi passati, tre cose distinte: papato, cattolicesimo e religione. La confusione è desiderata e voluta da coloro che ancora venerano e difendono il papato, sostenendo essi che non v’è cattolicesimo, né religione, senza il dominio spirituale ed infallibile del pontefice romano.

La stessa Chiesa di Roma ha nutrito, mantenuto e voluto, con incrollabile, immutata tenacia, questo errore così vantaggioso ai suoi interessi morali e materiali, e, per assicurarne il trionfo, giunse, in altri tempi, a foggiare quel mostruoso congegno di oppressione, che fu la "Santa" Inquisizione, descritta in un numero della Civiltà Cattolica dei 1855 come un sublime spettacolo di perfezione sociale.

Chi non crede in tutto ciò che è ordinato dalla Chiesa - così insegna ancora, e fortunatamente solo in teoria, il diritto canonico - è un eretico, e ad un eretico, ammeno che non abiuri, è lecito usare ogni maggiore violenza, perché è decaduto da ogni diritto umano. I suoi beni debbono essere confiscati, e per lui non v’è che la tortura e la morte, sine effusione sanguinis, ossia il rogo.

Infatti San Tommaso d’Aquino, il padre della Chiesa prediletto da Leone XIII come l’esponente migliore e più alto della verità cattolica, sentenzia che l’eretico, colui cioè che non riconosce l’autorità spirituale del Papa a mundo exterminandum per mortem. Fuori del cattolicesimo, presieduto dal pontefice romano, non v’è religione, ma maleficio di Satana, nefandità (foeditas) che è dovere di sterminare e distruggere con il ferro ed il fuoco.

Tale autoritaria pretesa, la quale, sebbene in veste più ravvolta, ispira oggi ancora tutte le azioni di Pio X contro il modernismo e la democrazia cristiana, da lui perseguitati come eresia, ha portato fatalmente i popoli latini all’estremo opposto, ha spinto cioè i nemici del papato a sostenere la sua stessa tesi, ma in senso diametralmente contrario: nella condanna del papato essi coinvolgono dunque non solo il cattolicesimo, ma ogni e qualsiasi forma di religione. Gli anticlericali più battaglieri in Italia, in Francia, in Spagna e in Portogallo fanno apertamente professione di guerra spietata ad ogni culto, ad ogni fede religiosa; gli altri poi - e sono forse la maggioranza - rimangono assolutamente indifferenti in materia di religione. Nella loro coscienza l’avversione al papato ha spento ogni ardore, ogni sentimento di fede.

Il fenomeno dell’anticlericalismo antireligioso dei Latini è quindi la diretta, logica, conseguenza degli insegnamenti della Chiesa Romana, la quale così foggia ed ispira, inconsapevolmente ed involontariamente, i sentimenti e gli atti dei suoi più accaniti nemici. Dacché la Chiesa ha confuso religione, cattolicesimo e papato in una cosa sola, condannare una di queste tre cose deve necessariamente significare la condanna delle altre due. D’un medesimo pregiudizio sono dunque egualmente imbevuti tanto i ferventi cattolici, quanto gli anticlericali più spinti. E il papato, eccedendo nella propria difesa, ha, in tal modo, aggravato il male stesso che vorrebbe guarire, perché ha sospinto una parte considerevole e forse la più intelligente e la più attiva dei popoli latini, nel più completo ateismo.

Di siffatte condizioni morali della coscienza latina si scandalizzano gli altri popoli non cattolici, presso i quali non esiste anticlericalismo perché su di essi non domina più o non dominò mai, la Chiesa di Roma. Per i protestanti, per esempio, la vera religione, nella sua forma più ideale e più alta, sta all’infuori del cattolicesimo e del papato, perché essi la trovano in un cristianesimo epurato da tutto ciò che il papato vi aggiunse per mantenere la propria autorità nelle coscienze. Oggi, dopo molti secoli di passiva acquiescenza, lo spirito di emancipazione religiosa e di sollevamento morale, che animò la Riforma nel secolo XVI, è cominciato a penetrare, sotto altre vesti e per altre vie, anche tra i cattolici latini; e il modernismo è sorto, quale indizio di una mutata coscienza religiosa, ad insegnare ed a proclamare una nuova fede, un rinnovellato cattolicesimo, libero dalla potestà assoluta del papa e dalla gerarchia ecclesiastica del Vaticano.

In Francia il movimento modernista va raccogliendo ogni giorno un numero maggiore di aderenti, moltissimi ne ha già la Germania, l’Inghilterra e l’America, in Italia esso progredisce più lentamente, ma vi fa passi notevoli; al modernismo aderisce segretamente una gran parte del giovane clero, ossia tutti quelli che hanno più vivace intelligenza, sentimento religioso più illuminato, e mente più aperta ai corollari morali del progresso scientifico moderno. Le straordinarie misure di repressione e di persecuzione ordinate da Pio X daranno nuovo vigore alla ribellione della coscienza religiosa moderna ed al modernismo il destino prepara un grande e lungo, quantunque burrascoso avvenire.

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Il movimento modernista è un fenomeno sociale e religioso assai complesso e con origini molto lontane: ci sia concesso di esaminare solo i due aspetti di esso che dovrebbero più particolarmente attirare l’attenzione della coscienza laica italiana. L’indirizzo antipapale della nuova coscienza cattolica di oltre Alpe, presenta due singolari caratteristiche, che sfuggono per lo più alla maggior parte degli anticlericali italiani, perché purtroppo gli studi religiosi, intesi nel senso critico moderno, hanno da noi ben pochi cultori, e l’importanza scientifica di tali ricerche non è ancora riuscita ad appassionare lo spirito scettico della nostra presente generazione.

Le due caratteristiche sono queste: la prima è il vigore sempre più grande che va prendendo ormai nel mondo cattolico fuori d’Italia lo spirito di rivolta contro la teocrazia papale; vero anticlericalismo cattolico, il quale, infiammato dall’intransigenza e dalla spietata persecuzione di Pio X, va assumendo la seconda caratteristica per noi importante, ossia il carattere nazionalista di una ribellione della coscienza cattolica contro l’egemonia italiana.

La corrente anti-italiana, già assai sensibile in Francia, in Austria ed in Germania, trova molti aderenti in Inghilterra ed è sovrattutto potente negli Stati Uniti d’America. I giovani cattolici della grande repubblica non hanno molte simpatie per gl’italiani, e prestano volentieri ascolto ai denigratori del nostro paese che rilevano la umiltà dei mestieri preferiti dai nostri connazionali nella libera concorrenza internazionale tra lavoratori negli Stati Uniti, ed insistono con uno spirito molto partigiano sui numerosi delitti che in New York ed altrove si attribuiscono alla Mano Nera degli italiani.

I cattolici che combattono la potestà autocratica del pontefice romano, dichiarano cosa intollerabile, per la dignità di un libero cittadino americano, il sottostare al dominio spirituale di un italiano: e nell’animo dei modernisti americani al sentimento dell’inferiorità intellettuale e morale degli italiani si unisce anche un altro, e per noi assai umiliante convincimento. La guerra senza tregua mossa al modernismo da Pio X fa credere all’estero che l’Italia sia tutto un covo di reazionari cattolici, sfruttatori del papato per un loro utile nazionale: e tale convincimento ha dato una vigoria tutta propria a quel movimento anti-italiano, che oggi minaccia di scalzare le fondamenta stesse della Chiesa di Roma, ed ha gettato lo spavento tra coloro che pretendono dirigere il pensiero cattolico, cioè mondiale, dagli uffici papali del Vaticano.

A tale riguardo un documento singolare, d’un pregio letterario ed etico fuori del comune, ci è offerto da un libro uscito nell’estate scorsa in America e intitolato Letters to His Holiness Pio X by a Modemist "Lettere a Sua Santità Pio X di un Modernista". Sono scritte da un eminente prelato cattolico americano, uomo religiosissimo, dotto conoscitore della storia del papato, versatissimo in diritto canonico, ma che, sebbene seguace della fede cattolica, è uno spietato avversario della teocrazia italiana impersonata oggi nel prigioniero del Vaticano. Lo sgomento gettato nella timida coscienza degli alti personaggi del Vaticano dalla pubblicazione di queste lettere, ha contribuito ad accelerare ed aggravare le ultime misure di rigore contro i modernisti, in particolar modo il motu proprio uscito ai primi del passato settembre.

II volumetto è dettato in uno stile forbito ed incisivo, ha una logica viva, stringente, implacabile, che affascina, convince e commuove per forza di naturale persuasione, ed appare come una rivelazione a chi studia l’evolversi morale e spirituale della coscienza moderna. Noi latini siamo abituati a certe declamazioni anticlericali da comizio, così piene di luoghi comuni da riuscire quasi stucchevoli agli stessi anticlericali un po’ più evoluti. In Italia l’anticlericalismo volgare, a cui alludo, ha trovato oppositori in uomini d’ingegno e di fede democratica indiscutibile come gli on. E. Ferri e Graziadei, ed oggi alla Camera l’anticlericalismo da comizio è parola vieta, è considerata politica sconveniente, inopportuna, settaria: non è più di moda, come suol dirsi. Persino l’anticlericalismo di Cavour non trova più favore né presso il Governo, né presso la maggioranza dei rappresentanti del paese. È ormai radicata in molti, anche non cattolici, l’idea che anticlericalismo sia il sinonimo di retorica demagogica rivoluzionaria, il distintivo della Massoneria e dei partiti sovversivi, e la gente per bene lo evita e condanna come fede biasimevole, aggressiva, non confacente a persone colte e civili.

A chi pensa in questo modo consiglio di leggere le citate lettere del prelato cattolico americano, e forse modificherà un poco le sue suscettibilità! L’anticlericalismo dell’on. Murri, messo a paragone con il contenuto delle lettere del modernista americano, appare una blandizie del tutto innocua. Nessun anticlericale rivoluzionario ha mai fatto una così terribile requisitoria del papato. Alla vivacità pungente dello stile si unisce qui una cultura vasta e sicura che abbraccia tutta la storia della Chiesa Romana, tutte le bolle ed encicliche pontificie, il diritto canonico e tutto l’intero svolgimento del pensiero cattolico moderno. Tanto ricco corredo di dottrina, accoppiato ad uno speciale fascino letterario, fa si che l’autore appaia talvolta addirittura crudele in questa vivisezione dell’essenza stessa del papato.

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Non sarà inopportuno, in questi tempi siffattamente procellosi per l’intrepida schiera dei modernisti italiani, il soffermarsi ad esaminare il contenuto del piccolo libro che ha già ottenuto in Inghilterra e negli Stati Uniti un grande successo; tale anzi, che in poche settimane se ne sono vendute a Londra parecchie migliaia di copie. Ciò dimostra la sempre crescente popolarità del Modernismo e l’efficacia propagandista del volumetto che tocca sì rudemente e con tanta perturbante vigoria uno dei lati più sensibili della coscienza cattolica d’oltre Alpe.

Questa alza oggi, nelle lettere del modernista americano, la sua voce ed invoca, con un fiero grido, la sua emancipazione dalla tirannia del papa italiano; invita il mondo cattolico a liberarsi dall’oppressione oscurantista d’una "cabala di prelati italiani... che odiano le nostre (le americane) istituzioni e vincolano la nostra libertà".

Con disprezzo cocente mette alla gogna i vescovi di tutte le nazioni e li staffila a sangue, chiamandoli "poveri, docili, bruti istrumenti, che non sentono la vergogna di essere staffieri in livrea di congregazioni italiane... scelti tra quelli che si mostrano più docili al principio assoluto e tirannico della potestà pontificia, più pronti a baciare la pantofola papale... uomini che credono che la mèta più alta della loro missione episcopale sia aumentare il decrescente obolo di San Pietro".

L’anticlericalismo, che abbiamo chiamato cattolico nonostante l’apparente contraddizione in termini, e che va oggi estendendo il suo fecondo fermento in tutto il clero giovane e colto, è dunque una conseguenza dello spirito scientifico moderno, penetrato nei seminari a dispetto di tutta l’inquisizione nuovo stile; è una rivolta della coscienza religiosa stessa che aspira verso un ideale nuovo e più elevato, è una protesta contro una fede ancora ingombra ed ancora viziata da eredità pagane e da preconcetti medioevali, ed avvilita da basse superstizioni come il santuario di Lourdes ed il sangue di San Gennaro; è, insomma, una levata di scudi contro Roma e il cattolicesimo italiano.

Nel papato è l’Italia che domina, e per i cattolici non italiani il papato è un governo straniero, anzi il più tipico esempio di potere straniero, insindacabile, irresponsabile: la negazione quindi di ogni democrazia.

È inutile illudersi: le nazioni di oltre Alpe si muovono oggi in guerra contro quella che fu la più straordinaria creazione del genio italiano, cioè il dominio mondiale della Chiesa di Roma. Istituzione meravigliosa certamente, ed escogitata da italiani per riprendere, sotto il velame della religione, il dominio del mondo, dopo la caduta dell’Impero Romano. Istituzione unica nella storia dell’umanità, concezione grandiosa di imperio mondiale, che solo italiani, eredi di Roma, potevano escogitare, e solo gl’italiani portare a pieno compimento.

"Ma oggi siamo giunti alla fine, siamo già in agonia", gridano i modernisti d’oltre Alpe. "Il papato è istituzione medioevale che non può più esistere in una libera società moderna, imbevuta di spirito scientifico. La Chiesa cattolica è giunta ad una crisi interna, al paragone della quale ogni passato pericolo appare come insignificante! Essa è ora in conflitto con idee: essa deve giustificarsi innanzi alla scienza; è chiamata a giudizio dinanzi al severo tribunale dei popoli, saliti a maturità intellettuale ed etica".

E la sentenza di questo tribunale ultimo, inappellabile, potrà essere una sola: la condanna a morte! La Chiesa, munita di forte gerarchia ecclesiastica e di formidabile corredo di dogmi e di leggi, fu un fenomeno necessario nell’infanzia della civiltà: oggi, con il progressivo svolgersi ed elevarsi della coscienza umana, la religione tende a diventare un fenomeno personale, individuale, diverso da uomo a uomo e la società del futuro, forse più veramente religiosa di quella del passato, non avrà più bisogno, in materia di fede, della ferrea disciplina d’una Chiesa, con una costosa, cupida e viziata gerarchia, con i suoi tribunali di inquisizione e le scomuniche. Inoltre la Chiesa cattolica Romana non è più fedele alle sue origini.

Il cristianesimo nacque dalle classi più umili del popolo: fu, nella sua essenza, la più veramente democratica di tutte le fedi, democratica sino all’anarchia. Oggi, mentre il mondo è giunto al trionfo della democrazia, la Chiesa di Roma, rinnegando il suo passato, combatte la democrazia in tutte le sue forme ed in tutti i paesi, ed intende il cristianesimo come l’autocrazia oligarchica la più assoluta e la più irresponsabile, a precipuo vantaggio di una sola nazione, l’italiana. Il papato è oggi in lotta diretta con il grande principio di libertà, quello che infonde vita alla democrazia moderna e non sente, o non vuole sentire, che anche la religione deve trasformarsi insieme con il perpetuo mutarsi delle condizioni sociali, morali, ed economiche delle nazioni.

Nella religione, ha detto Herbert Spencer, la parte più mutevole sono i suoi dogmi, che debbono costantemente trasformarsi ed adattarsi alle nuove condizioni di civiltà e di cultura. La storia non toma mai indietro e l’umanità marcia irresistibilmente innanzi, e sempre innanzi, a compimento dei suoi alti destini.

E il papato che cosa vorrebbe fare? Vorrebbe spegnere tutti i moti della coscienza moderna, imbrigliare la mente degli uomini con le dottrine ed i pregiudizi del Medio Evo; mentre il mondo incalza nel XX secolo gl’ideali irrequieti di tempi non ancora maturi, la Chiesa di Roma vorrebbe che questo mondo rimanesse immobile, inanimato, nelle forme, nelle idee e nelle categorie del secolo XIII.

Una simile religione non può esistere in libere istituzioni politiche, "nelle quali - dice il nostro modernista americano - l’uomo viene educato ad essere consapevole di responsabilità ed è disciplinato dal sentimento della libertà individuale a costituirsi quel suo proprio carattere, che è lo scopo precipuo della vita. Il dispotismo religioso, qual è voluto da Pio X, presuppone uno stato d’animo disposto ad accettare un dispotismo politico. Ma una società che goda di tutte le libertà politiche e civili, e non abbia anche quella religiosa, è inconcepibile. Soltanto gli uomini che si rimettono ad altri per il governo della pubblica cosa, affidano ad altri anche la salvezza dell’anima. L’uomo libero vuole libera religione senza tirannie di Chiese. La religione fondata sull’autorità è la morte spirituale dell’uomo e rende impossibile ogni evoluzione. L’uomo diviene un parassita e parassitaria diventa la sua religione".

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Il prelato modernista americano non si appaga di sole declamazioni; adduce tutto un ricco corredo di documenti e di prove al suo asserto, e, con mano maestra, tocca i punti principali, gli episodi più dolorosi, gli errori e le contraddizioni più stridenti della storia di Roma papale. Si diffonde a dimostrare come dai tempi di Innocenzo III fino ai giorni nostri - nella persecuzione dei modernisti - la Chiesa di Roma, sempre governata da prelati italiani, non ha mirato che alla distruzione di tutti coloro che non la pensavano come lei, adescando gli uomini ad assisterla, con l’autorizzare ogni forma più vile di delazione, permettendo la confisca di tutti i beni degli eretici, la spartizione di queste ricchezze tra Chiesa, Tribunali e delatori, e l’incenerimento dei colpevoli con il rogo.

Dopo aver analizzato minutamente le parti del diritto canonico che si riferiscono al trattamento degli eretici, tratteggia per sommi capi il contegno della Chiesa cattolica verso le altre fedi e ricorda gli atti dell’Inquisizione verso i non cattolici, i massacri degli scismatici, le migliaia e migliaia di persone torturate, uccise ed arse vive, le confische, le persecuzioni continue spietate e feroci, il conculcamento incessante, ostinato di ogni libertà di coscienza e di pensiero.

"E’ forse concepibile che la mente aperta, evoluta di un uomo moderno e colto possa adattarsi ad accettare, senza discussione, le sentenze della Curia Romana sopra un argomento sì angoscioso come la verità religiosa, ad accettare tutto ed ogni cosa e con l’immorale olocausto della propria ragione? Come è possibile questo, quando è a conoscenza di tutti che i Papi hanno per secoli insegnato pubblicamente, ufficialmente, il furto e lo spargimento del sangue umano? Con un passato così delittuoso, come può la coscienza moderna accettare U principio della infallibilità pontificia?"

E tanta e tale infallibilità da chi è proclamata ed imposta? Da un vescovo italiano, eletto da vescovi sempre in maggioranza italiani! Ma perché mai deve essere privilegio degli italiani il dominare la coscienza cattolica di tutto il mondo? Con qual diritto si arrogano gli italiani questo esclusivo predominio? Il papato italiano, così come è oggi costituito dalla Chiesa di Roma, rappresenta per i cattolici d’oltre Alpe il Tribunale supremo ed inappellabile della coscienza dei cattolici di tutte le nazioni. I soli italiani regolano e dirigono i rapporti tra la Chiesa ed i vari Stati delle diverse parti del mondo, e questi italiani sacrificano dovunque gl’interessi del cattolicesimo a quelli egoistici del papato. Italiani sono pure i rappresentanti diplomatici della Curia; italiani ed italianesimo, dappertutto intriganti, ovunque supremi, per ogni dove imperanti!

Perché questo monopolio italiano? sono essi un nuovo popolo d’Israele, prediletto da Dio? Non è l’italianesimo la causa principale della decadenza del papato?

Leggendo queste pagine dense di dottrina, vibranti di sentimento - quantunque tanto irosamente anti-nostrano - leggendo questa terribile requisitoria del papato, ogni italiano non può non meravigliarsi al pensiero di quanto le sue passate generazioni siano state capaci di fare prima che il mondo giungesse a ribellarsi, e di quanta straordinaria abilità abbiano esse dato prova per dominare spiritualmente, e - con l’imposizione dell’obolo di San Pietro - anche materialmente, sì larga parte dell’umanità. Allo stesso tempo la lettura delle pagine ardenti dettate dal prelato cattolico anti-italiano, ci rende edotti dell’insanabile equivoco che vizia e falsa ogni manifestazione politica o patriottica del clericalismo italiano, anche sotto la veste novella di partito cattolico.

Se tanto fiera è la voce di protesta della coscienza religiosa internazionale contro l’italianità del papato, nonostante le continue, ripetute, affermazioni di diritto su Roma dello stesso Papa Pio X, che cosa mai non accadrebbe se domani, in Italia, monarchia e papato concludessero una "conciliazione?" Non sono i cattolici veri condannati ad essere anti-italiani per salvare la Chiesa?

Un accordo affretterebbe infatti, precipiterebbe, certamente l’esito letale del papato romano e della potestà di Roma, perché la rivolta anti-italiana dei cattolici di oltre Alpe scoppierebbe immediata, diverrebbe universale, irresistibile, e perché non solo i modernisti, ma anche la maggioranza dei buoni cattolici stranieri è anti-italiana. La Chiesa di Roma, checché ne dicano i suoi difensori, è quindi fatalmente portata, costretta, ad essere anti-italiana: nella sua anti italianità risiede una delle ragioni principali del suo dominio ancora incontestato su tanta parte della coscienza cattolica internazionale. 

Strana contraddizione interna è dunque questa la quale mette in vivissima luce quel carattere equivoco ed ambiguo che il papato è necessariamente costretto ad assumere onde poter dominare su tutte quelle coscienze intolleranti del giogo loro impasto da una piccola congrega di cardinali quasi tutti italiani; cardinali i quali poi poco o nulla sanno e intendono del grande mondo che si agita al di là delle mura vaticane, al di là dei confini italiani e al di là dell’Oceano. Quando dalle file della stessa gerarchia cattolica vengono alla luce libri come le Letters to His Holiness Pius X, in cui l’ingegno, la cultura, l’appassionata sincerità, il profondo sentimento religioso e la vivissima fiducia nell’avvenire emanano da ogni pagina, da ogni riga, si è indotti a pensare. Quanto durerà ancora l’edificio contro cui si scaglia tanto generoso fervore, assistito da tanta possente intelligenza? Gli ultimi eventi politici, l’infelice enciclica piena di contumelie contro i protestanti, il movimento anticlericale in Spagna, la soppressione del movimento democratico capitanato, tra i cattolici di Francia, da Marc Sangnier e dai fautori del Sillon, l’ultimo singolarissimo incidente, primo ed unico nella storia del papato, di un pontefice che confuta le affermazioni anti-dogmatiche del Sindaco della Capitale del cattolicesimo, e tutto ciò oltre quanto è avvenuto in Francia e in Portogallo e si sta preparando in Italia, sono fatti che portano a seriamente riflettere e studiare.

Il contegno stesso della Chiesa Romana, il timor panico che il modernismo ispira ad ogni atto di Pio X, le misure di rigore inquisitoriale, quasi inverosimili, miranti a comprimere la coscienza del clero giovane e nascondergli le verità luminose dello spirito scientifico moderno, sono sintomi ben gravi. La millenaria istituzione si sente attaccata, minata da un male insidioso, inguaribile, che la lede nei suoi organi più vitali, ed essa trema ormai del tremito della morte.

Il pensiero nostro, esaminando dunque la crisi morale dell’anticlericalismo in Italia, si pone adesso con molta franchezza questa domanda: il prelato americano delle Letters to His Holiness Pius X ha forse ragione? Il cattolicesimo romano è veramente sulla china che conduce alla morte? Ed è vera l’accusa d’italianità reazionaria?

In noi nasce il sospetto che gli italiani, pur essendo ben consci come la fede nei dogmi cattolici vada ogni giorno scemando, siano turbati dall’idea di veder crollare questo colosso, opera dei propri antenati, simbolo di ordine e di conservazione, e, temendo l’avvento della nuova democrazia, quasi istintivamente corrano al riparo e sostengano la Chiesa senza credere nelle sue dottrine e senza nemmeno osservarne i riti più fondamentali. L’on. E. Ferri, nel denunziare l’anticlericalismo italiano dopo il suo viaggio in Argentina, ha forse subito inconsapevolmente il fascino misterioso dell’influenza cattolica italiana al di là dei mari? Si viene allora quasi naturalmente a spiegare la decadenza del sano anticlericalismo cavouriano, quale indizio che la maggioranza degli italiani (inconsapevolmente beninteso!) si vada riunendo in una coscienza sola per salvare il papato italiano, e non dare il colpo di grazia alla più grandiosa e più ardita delle concezioni politiche del genio nazionale. Noi italiani non lo avvertiamo, ma questa è l’impressione che lasciamo nella mente degli stranieri; e in tal modo veniamo a leggere che con questo atto istintivo della coscienza collettiva noi italiani diamo per sentimento nazionalista il nostro appoggio morale ad "una potestà papale... inconciliabile con la civiltà, e che significa la distruzione della religione di Gesù Cristo... potestà le cui tradizioni sono intrise di sangue e putride di corruzione ... malvagia istituzione politica che ha fatto quanto era possibile per rovinare la civiltà nel passato e che è sempre una minaccia alla civiltà odierna ed a quella futura".

Queste roventi parole avrebbero, se fossero state pronunciate da uno dei soliti demagoghi di piazza, lasciato l’animo nostro indifferente e tranquillo, ma dette, scritte da un membro insigne della gerarchia cattolica americana, lasciano una profonda, incancellabile impressione.

Il fiero spirito anti-italiano del cattolicesimo di oltre Alpe, effetto precipuo della politica ecclesiastica di Pio X, è un fenomeno nuovo per noi, e ci addolora il pensiero che gli errori di coloro che dirigono il cattolicesimo internazionale, facciano credere ad una classe colta, liberale ed altamente intellettuale, essere il nome italiano sinonimo di oppressione religiosa, di oscurantismo e di reazione anti-moderna ed anti-democratica.

È convinzione mia, condivisa, io spero, da molti, che tali sentimenti siano alieni dalla vera coscienza italiana del XX secolo, e ci duole che il papato, oltre i danni che arreca in patria allo sviluppo dell’Italia moderna, ci attiri oggi dall’estero un odio che non meritiamo.

D’altronde, non è un male che la coscienza italiana si fermi a riflettere sulle accuse lanciate contro di noi. Un nemico franco e sincero può renderci talvolta il più prezioso servigio... Gioverà anche a coloro che combattono il modernismo, perché avranno occasione di studiare la opportunità d’insistere o no in un sistema di lotta che dovrà un giorno fatalmente cacciare dalle fila del cattolicesimo papale tutte le migliori e le più aperte intelligenze delle nuove generazioni. La Chiesa di Roma si espone al pericolo di diventare unicamente la fede di quelli che non pensano e non sanno, e di anticipare di qualche generazione la fine del suo dominio internazionale.

Il papato, seguendo la via tracciata da Leone XIII e dal suo fido consigliere il cardinale Rampolla, avrebbe pure trovato il modo di accomodarsi con il modernismo, e addomesticandolo, evolvere in senso nuovo e garantirsi vita più lunga.

Ma Pio X ha stabilito alcuni precedenti così espliciti e fissi da precludere ogni possibilità di sana evoluzione interna della Chiesa di Roma: questa ormai non potrà più accettare quello che le chiede il modernismo ed è impegnata in una lotta per la vita e per la morte che non ha precedenti nella storia del cattolicesimo.

La religione è l’istituto sociale nel quale prende forma concreta e valore etico il sentimento religioso, come l’arte nasce dal sentimento artistico, e la giustizia dal sentimento etico della coscienza e della psiche umana. Come l’arte, come la giustizia, come tutte le manifestazioni dello spirito, così anche la religione deve mutare ed adattarsi alle nuove condizioni di vita delle nazioni. La religione, in un lungo periodo dell’umana evoluzione, è stata una disciplina necessaria, la quale nella forma di Chiesa costituita e con l’aiuto di salde gerarchie ecclesiastiche, ha governato gli uomini, ha imposto ad essi un servizio obbligatorio; dopo la forza brutale delle armi la religione è stata l’istrumento più efficace per tenere insieme le unità sociali. Anzi la stessa natura umana l’ha richiesta {perché corrispondeva ad un bisogno sociale; è stata una manifestazione quasi istintiva della legge di conservazione che domina l’universo.

La storia insegna che le Chiese, nel nascere, non sono invenzioni di uomini astuti, ma prodotti di profondissimi moti della coscienza religiosa e divengono istrumenti di oppressione solo quando le loro dottrine non sono più d’accordo con il progresso intellettuale degli uomini, su cui esse vogliono continuare l’imperio spirituale. Quando, per lo stato di progredita cultura, gli uomini, ottenuta una relativa emancipazione politica e sociale, tendono ad emanciparsi anche dal servaggio intellettuale e morale della Chiesa, allora, per reggersi e prosperare, non hanno più bisogno della ferrea disciplina d’una sola religione e vogliono pensare e credere più liberamente. Il cammino è graduale e lentissimo, a volte quasi inavvertibile, ma pure incessante. La riforma protestante fu il primo passo gigantesco verso questa emancipazione, e la facoltà del libero esame e della libera interpretazione delle Sacre Scritture è stato uno dei maggiori trionfi della libertà di coscienza, garantendo presso i popoli protestanti la conservazione del sentimento religioso in una forma sana, progressiva e perpetuamente adattabile alle nuove esigenze sociali ed ai progressi della scienza. La religione dell’avvenire sarà appunto quella che senza Chiese, senza cleri parassitari, senza riti né liturgie, forse anche senza dogmi, sarà una manifestazione libera, spontanea, personale, un’aspirazione ideale diversa in ogni uomo, e senza vincoli di sorta, une affaire - come diceva felicemente Henri Beyle - entre chaque homme et la divinité. La religione subirà la stessa evoluzione - sebbene in forma assai più complessa - che ha subito l’arte che dalle forme stereotipate delle figure egiziane, le scuole dei tempi classici, del Medio Evo e del Rinascimento, è oggi manifestazione essenzialmente individuale e personale.

Il modernismo, di cui oggi tanto si discute e che semina lo sgomento nelle file dei reazionari devoti al papato italiano, è l’innegabile indizio che anche il cattolicesimo sta subendo una profonda trasformazione interna, trasformazione che non è già il prodotto dello spirito ribelle di alcune menti più accese, ma l’effetto visibile d’un profondissimo, irresistibile movimento della coscienza collettiva della nuova generazione. I fulmini, le scomuniche, i sistemi inquisitoriali con cui il papato cerca di soffocare il movimento, potranno tutto al più rallentarlo un poco: d’altra parte le misure eccessive di Pio X, come insegnano tutte le persecuzioni, incominciando da quella stessa da cui sorse trionfando il cristianesimo, renderanno il fenomeno più intenso, gli animi si tempreranno e le idee matureranno meglio nell’avversità e nell’opposizione: così più sicuro e completo sarà il trionfo finale.

E quale sarà questo trionfo? È desso sicuro? La vera democrazia liberale tra i popoli latini diffida del modernismo e lo combatte, perché vede in esso un tentativo di restaurare, di adattare ai tempi nuovi l’istituto della Chiesa cattolica, e sospetta perciò che nel modernismo liberale di oggi si nasconda il pericolo di un clericalismo reazionario del domani. Il timore non è ingiustificato, perché il movimento modernista, seppure lento, nebuloso, tentennante ed ancora soverchiamente filosofico, è l’effetto necessario, inevitabile, fatale, di forze sociali e morali che niuna forza umana potrà mai frenare. Le conseguenze finali saranno di incalcolabile portata per il cattolicesimo.

Nessuno può dire che cosa accadrà del papato e della Chiesa di Roma il giorno in cui i giovani della presente generazione, tutti inconsapevolmente modernisti, ossia imbevuti di spirito moderno, modernamente incapaci di piegarsi con cieca obbedienza al principio di autorità, pieni di vaghi dubbi sulle fondazioni dogmatiche della fede professata con le labbra più che con il cuore, saranno i cardinali ed i pontefici del domani. Nulla potrà impedire questo fatto, quando la morte avrà rapito i conservatori reazionari che dominano oggi in Vaticano. Coloro che piegano oggi impauriti il capo sotto la bufera papale, e, come dicono gli Arabi, "nascondono la loro fede", mirano appunto a questo. Fanno oggi qualunque sacrificio, perché sanno che un giorno saranno essi i padroni e che modernisti anticlericali, forse molto attenuati, siederanno - strano paradosso! - sul trono pontificio.

Ma è imprudente, è temerario, spingere lo sguardo tanto lontano nell’avvenire; limitiamoci a più modeste constatazioni e consentiamoci di esprimere un nostro profondo convincimento.

Lo straordinario rigore e la grande pubblicità con cui si è svolta la guerra antimodernista del papato hanno avuto un solo risultato effettivo: hanno rivelato al mondo la gravità e l’estensione della crisi interna del cattolicesimo ed hanno persuaso tutti gli spettatori imparziali che qualunque abbia ad essere l’avvenire del modernismo, non saranno certamente i metodi di Pio X che spegneranno questo e sopprimeranno i modernisti.