Il nudo e la rabbia Cinema, aborto, anticonformismo in un dialogo con lo scrittore Progetti per il futuro? "Il libro-summa delle mie esperienze"
Pier Paolo Pasolini è stato a Torino per poche ore. Il tempo di incontrare i dirigenti della casa editrice Einaudi che stamperà in futuro i suoi libri, di presenziare alla proiezione del film “Accattone”; presentato al San Paolo in occasione della rassegna “Cinema italiano degli Anni 60”, e di rispondere, tra un impegno e l’altro, a qualche domanda.
— Un’intervista agli spettatori della prima torinese del suo ultimo
film, ispirato a “Le mille e una notte” ha dato risultati inaspettati. Hanno stupito,
soprattutto, le reazioni degli uomini. Non erano né sbalorditi, né annoiati, né
ironici. Erano, semplicemente, pieni di rabbia...
“Mi meraviglia, è una cosa
che non mi sarei mai aspettato. Considero questo mio film il più tranquillo, quello
meglio accettato. Non ho avuto noie, insomma. Può darsi però che, sentendo gli spettatori
uno per uno, ci si sia potuto accorrere che le cose erano diverse. In ogni caso,
la spiegazione è semplice. Oggi si vedono al cinema cose tremende, di una volgarità
spaventosa.
Ma la nudità assoluta si è vista, per la prima volta, solo nel mio film. Lì, il
tabù del sesso era localizzato nel suo punto preciso. Senza ombre, senza ipocrite
e grossolane approssimazioni. Senza paura. E così la rabbia degli spettatori diventa
spiegabilissima. E’ stata, se c’è stata, un’azione di rimozione. Sappiamo tutti
che niente più che la rabbia aiuta a dar sicurezza, a far tacere la paura”...
— Lei ha il destino "di scandalizzare. Sempre. Persino quando
sembra adeguarsi alle posizioni più tradizionali, più tipicamente borghesi. L’aborto,
per esempio. Lei ha detto che è contrario. Come la Chiesa, come la maggioranza dell’opinione
pubblica ufficiale. Eppure questa sua presa di posizione ha suscitato un’infinità
di polemiche. Quasi fosse una specie di “boutade” irriverente...
“Credo che questo mio punto
di vista non sia stato ancora chiarito in maniera sufficiente. Su questo argomento,
ho in progetto di scrivere presto una serie di articoli. Spero così di chiarire
in maniera definitiva che il mio non è affatto il punto di vista che hanno in proposito
la Chiesa o i conservatori. Mi ha affascinato ultimamente il libro di un pronipote
di Nievo, che parla delle ricerche da lui effettuate per il ritrovamento del corpo
del suo avo sprofondato nel mare di Napoli. A mio parere, si tratta di una splendida
metafora, quella del regresso, ovviamente in chiave psicanalìtica, nel grembo materno.
Per me è lo stesso. Sogno spesso di nuotare in fondo al mare: una sensazione di
libertà, di volo, di disponibilità naturale che mi rende ogni volta felice. Soprattutto
perché so che questo non è un sogno fuori della mia vita, ma dentro: io, nel grembo
di mia madre, ero vivo, e non lo dimentico. Si tratta di un’esperienza fondamentale,
non posso rinnegarla. Se mia madre avesse deciso di rinunciare alla vita che si
portava dentro avrebbe ucciso me: io lo so. Per questo, ritengo che il problema
demografico vada affrontato in tutt’altra maniera. Per questo, considero l’aborto
come una prova di falso, colpevole realismo”.
— Chi è, per Pasolini, un anticonformista?
“E’ uno che si comporta
in una maniera differente dagli altri senza volerlo, senza esserci preparato. Uno
che va controcorrente senza presupporlo, pagandolo di persona sulla sua pelle..
Tutti lo accusano: lui ogni volta si sorprende e si smarrisce. Perché non lo sa,
un vero anticonformista, di essere così com’è. E quasi gli dispiace, a volte. Ma
è troppo tardi! Soprattutto per imparare a fingere”.
— La colpisce, normalmente, la cattiveria della gente?
“Ci sono malvagità che mi
toccano poco. Anche se devo confessare che, ogni volta che ad esempio mi capita
di leggere su un giornale qualcosa di gratuito contro di me, ne soffro. Ma son ferite
che passano subito. Ben diverse da quelle che restano, quelle che lasciano la cicatrice.
Le mie ferite più gravi dipendono da particolari circostanze di tempo, di luogo,
di persona. Non mi importa invece del genere di accusa o di cattiveria - che mi
si rivolge. Forse perché, da tanto tempo, ho capito che; mi si rimprovereranno sempre
le stesse cose”.
— Ha qualche previsione per il futuro?
“Per me, un progetto. Ho
iniziato un libro che mi impegnerà per anni, forse per il resto della mia vita.
Non voglio parlarne, però: basti sapere che è una specie di "summa" di
tutte le mie esperienze, di tutte le mie memorie. Per me e per tutti gli altri,
invece, ho una paura. Prevedo la spoliticizzazione completa dell’Italia: diventeremo
un gran corpo senza nervi, senza più riflessi. Lo so: i comitati di quartiere, la
partecipazione dei genitori nelle scuole, la politica dal basso... Ma sono tutte
iniziative pratiche, utilitaristiche, in definitiva non politiche. La strada maestra,
fatta di qualunquismo e di alienante egoismo, è già tracciata. Resterà forse, come
sempre è accaduto in passato, qualche sentiero: non so però chi lo percorrerà, e
come”.