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1984 10 04 * La Repubblica * Conclusa la scalata al "Corriere" * Fabio Barbieri

MILANO - La "cordata nobile" è arrivata in vetta: il "Corriere della Sera", con tutta la Rizzoli, passa di mano. I nuovi proprietari che ieri pomeriggio hanno presentato la loro offerta ai giudici, sono Gemina, Me.T.A., Mittel e l'industriale siderurgico Giovanni Arvedi. Quasi certamente, nelle prossime settimane aumenterà il numero dei partecipanti all'operazione e a questo proposito si fanno già i nomi di Lucchini, Falck e Fontana. Entro oggi la cessione dovrebbe essere formalizzata per consentire agli acquirenti l'esercizio dei diritti di opzione per la sottoscrizione dell'aumento di capitale. Sempre entro oggi dovrebbe essere rilevata, per le stesse ragioni, la quota detenuta dalla Centrale. C'è una sola incognita (a parte la possibilità tecnica di un rilancio in extremis di Uckmar) e cioè se la "cordata" acquisterà direttamente le azioni (il 51,2 per cento di Angelo Rizzoli e della Fincoriz più il 40 per cento della Centrale) per una cifra di poco superiore ai sette miliardi (quattro miliardi per Rizzoli e Fincoriz e meno di tre miliardi e mezzo per la Centrale) o se invece in un primo tempo si limiterà ad acquistare i diritti di opzione (un miliardo per il 51,2 per cento; circa 800 milioni per la Centrale). Nel secondo caso la "cordata" acquisirebbe il controllo della Rizzoli attraverso il successivo aumento di capitale, ma nella società rimarrebbero, sia pure in condizioni di assoluta minoranza, i vecchi soci. Questa ipotesi sarebbe peraltro caldeggiata dalla Centrale, sebbene a prima vista viziata di illegittimità in quanto violerebbe ancora la disposizione della Banca d'Italia e del ministro del Tesoro relativa al divieto di partecipazione degli istituti di credito ordinario ad aziende editoriali. E'stato il professor Guido Rossi a presentare ieri, poco dopo le 13, ai giudici Antonio Pizzi e Renato Bricchetti e agli avvocati conservatori Umberto Tracanella e Giuseppe Granata la proposta di acquisto delle azioni Rizzoli e Fincoriz, poste sotto sequestro nell'agosto dell'anno scorso, nei termini prima ricordati. Rossi ha anche precisato ai magistrati che i suoi rappresentanti, oltre al primo aumento di capitale, sono disposti a sottoscriverne un secondo di analoga entità all'inizio del 1985. Al di là della valutazione complessiva sulle disponibilità della Gemina e dei suoi soci, anche le nude cifre fanno pendere l'ago della bilancia a favore della "cordata nobile". L'offerta per l'acquisto delle azioni infatti è superiore a quella di Uckmar ed eguale a quella di Giorgio Borletti; si impone però a quest'ultima per quel che riguarda l'acquisto dei soli diritti di opzione (un miliardo contro duecento milioni); per la disponibilità al pagamento immediato e per le garanzie relative agli aumenti di capitale. Oggi dunque i giudici decideranno: senza grossi problemi se Angelo Rizzoli e Bruno Tassan Din, socio accomandatario della Fincoriz, saranno d'accordo; con parecchi ostacoli di ordine giuridico se i due, ciascuno per la sua parte, negheranno il loro assenso. Quasi certamente la risposta alla fine sarà positiva in quanto gli acquirenti avrebbero garantito ad entrambi che non promuoveranno azioni di responsabilità; Angelo Rizzoli inoltre verrebbe sollevato da fideiussioni e debiti precedentemente contratti. Fin qui la cronaca della giornata, che si concludeva con la conferma anche se non ufficiale della cessione dei diritti di opzione da parte della Centrale con l'impegno ad affrontare successivamente il problema della vendita delle azioni. Se anche Rizzoli e Tassan Din cederanno i diritti, gli acquirenti, pur sottoscrivendo l'intero aumento di capitale, in realtà controlleranno la società con il 75 per cento delle azioni. La domanda che si pone a questo punto è legata all'identità di chi controllerà materialmente la Rizzoli. Sotto il profilo giuridico, ed in particolare in relazione alle norme della legge sull'editoria, nessun problema: gli acquirenti sono tre società quotate in borsa e una persona fisica, quel Giovanni Arvedi, grande amico del vicesegretario del Psi Claudio Martelli, che avrebbe vinto solo all'ultimo istante le sue perplessità. La presenza di Arvedi nella cordata sarebbe percentualmente molto limitata: si parla di un apporto tra i cinque e i dieci miliardi su una massa complessiva di 120. Altrettanto limitata sarebbe la partecipazione della Mittel (controllata al 20 per cento dalla Fedi Finanziaria Europea e al 25 per cento dalla "Intesa Finanziaria" appartenente ad un gruppo di imprenditori cattolici bresciani, tra i quali anche Giovanni Bazoli, presidente della Centrale e del Nuovo Ambrosiano) che avrebbe messo a disposizione più o meno dieci miliardi. La parte del leone la fanno Gemina innanzitutto e subito dopo Me.T.A. La prima si è accollata un onere che si aggira sui sessanta miliardi; la seconda tra i venti e i venticinque. Gemina appartiene al 34 per cento a Mediobanca. Subito dopo, i maggiori azionisti sono la Fidis (gruppo Fiat) con il 16,67 per cento; la Invest (gruppo Bonomi) con l'11,11 per cento; la Pirelli e la SMI (gruppo Orlando) con il 4,45 per cento ciascuna. La Me.T.A. è invece di proprietà della Montedison che possiede il 76,4 per cento delle azioni. In apparenza, Gemina e Me.T.A. nulla hanno in comune: in realtà, l'elemento unificante è Mediobanca, l'istituto di credito a medio termine "governato" da Enrico Cuccia e di proprietà delle tre banche di interesse nazionale (Commerciale, Credito Italiano e Banco di Roma, vale a dire l'IRI). Mediobanca infatti, controlla la Montedison (il 17,11 per cento attraverso Gemina; il 18,15 direttamente; oltre il 20 attraverso la Spafid che è una sua fiduciaria). In questo modo Mediobanca, mentre controlla direttamente la Gemina dall'alto del suo 34 per cento, controlla anche la Me.T.A. attraverso la Montedison. La domanda, per ora senza risposta, è dunque questa: è il grande "architetto finanziario" Enrico Cuccia che ha operato o dietro di lui c'è la "mano pubblica"? Ci sono alcune forze politiche, parte delle quali non hanno fatto mistero di aver insistito con la Montedison perché partecipasse all'affare?