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1993 01 28 * La Repubblica * Ricordate Marcinkus? * Miriam Mafai

MARCINKUS, dice niente questo nome? Oggi l' ex presidente dello Ior, la banca del papa, vive in una villetta di Sun City, dove si dedica al golf, suo sport preferito: i campi di Phoenix sono migliori di quelli dell' Olgiata. A Roma, per chi lo avesse dimenticato, monsignor Marcinkus si dedicava, oltre che al golf, agli affari per conto del Vaticano. Ed erano affari cospicui quelli di cui si occupava, trattando per anni prima con Sindona e poi con Calvi, tanto da meritarsi, alla fine, un rinvio in giudizio per bancarotta dell' Ambrosiano da parte del Tribunale di Milano. Il ministro del Tesoro del tempo, senatore Andreatta, confermò che lo Ior era "debitore per l' esposizione propria o di sue patrocinate per complessivi 1.287 milioni di dollari nei confronti del gruppo Ambrosiano". Mentre la valanga di Tangentopoli si ingrossa e precipita su Roma, dalle autorità ecclesiastiche vengono severi richiami ai politici ed agli amministratori, ai quali viene raccomandata trasparenza, onestà, rigore. Il pontefice, il cardinal Martini, la Cei, padre Sorge non perdono occasione per impartire dal pulpito o dagli schermi della televisione, dove hanno ormai delle rubriche fisse, una quotidiana, severa lezione di etica. "Se sei veramente pentito di aver rubato" ammoniva ieri padre Sorge "prima restituisci il maltolto e solo dopo potrai tornare in Chiesa per essere ammesso ai sacramenti". Parole sante, a chiunque siano rivolte, laici o cattolici. Ci si permetta dunque di chiedere: quale confessore ha assolto Marcinkus? E' stato ammesso ai sacramenti o no l' illustre prelato che un Tribunale italiano intendeva perseguire? Ha restituito o no le somme indebitamente percepite? Domande retoriche, dirà qualcuno. Forse domande irriverenti. Ma perché non dovrebbe chiedersi alla Chiesa quel rigore, quella coerenza tra affermazioni di principio e comportamenti pratici alla quale essa stessa ci invita? E dunque, come si comporterà il confessore di fronte a personaggi come Citaristi, o Zamorani o Garofano tutti inquisiti nella inchiesta Mani Pulite e tutti notoriamente cattolici e praticanti? Otterranno o no l' assoluzione? Saranno invitati a restituire le somme indebitamente percepite o indebitamente versate? O la Chiesa, come l' on. Craxi, distingue tra chi ha rubato per sé medesimo e chi ha rubato per il partito? LE NOSTRE domande irriverenti non vogliono in alcun modo significare una sottovalutazione dell' importanza dell' atteggiamento severo assunto in questi mesi dalla Chiesa, atteggiamento che apprezziamo vivamente. Ci chiediamo anzi se non avrebbe potuto essere più efficace se fosse giunto prima, quando i guasti di una pubblica amministrazione e di una politica corrotta, i ripetuti scandali nei quali erano coinvolti uomini politici di primo piano e dirigenti di enti pubblici, scandali che la stampa libera puntualmente denunciava, non erano ancora entrati nel mirino dei giudici. Eravamo soli o quasi quando portavamo alla luce lo scandalo dei petroli o lo scandalo dei fondi neri dell' Iri (Ma Freato o Bernabei non erano cattolici?). Ora io sento vivamente il pericolo che la Chiesa pretenda di apparire, nello sfascio della vita pubblica italiana, quale il solo o il più autorevole baluardo della pubblica moralità, dato che certamente la voce di Wojtyla o del cardinal Martini può suonare, anche dagli schermi televisivi così largamente occupati, assai più alta di quella di magistrati, di giornalisti e di politici che possono certamente criticare e denunciare, ma non dispongono dell' arma dell' assoluzione in confessionale. QUESTO levarsi (sia pure tardivo) della gerarchia sembra collocarsi all' interno di un disegno più complessivo di "rievangelizzazione" della nostra società, sembra ammonire dei guasti provocati dalla "laicizzazione" del mondo. E' la tesi di coloro che pensano che "se Dio non c' è tutto è permesso". Dunque, ci saremmo perduti perché ci siamo allontanati dall' insegnamento della Chiesa. Basterebbe quindi recuperare quegli insegnamenti, quei valori e quelle regole per uscire dal marasma in cui viviamo. Ma è davvero così? La morale laica infatti non è certo meno rigorosa di quella cattolica, più lassista e comprensiva delle debolezze umane. La morale laica, anche se non si fonda sulla parola divina, è altrettanto severa, forse anche più severa, se non altro perché il cattolico può sempre far ricorso alla confessione e all' assoluzione, mentre il laico resta solo, di fronte alla propria coscienza e ai propri giudici. I laici che danno così evidenti segni di esultanza di fronte ai discorsi del cardinal Martini o di padre Sorge rischiano di apparire così dubbiosi delle proprie ragioni da aver bisogno della conferma delle autorità ecclesiali. "Settimo, non rubare" è il comandamento iscritto nelle Tavole che Mosè prese in consegna nel roveto ardente. Ma in materia esistono numerosi articoli del nostro Codice. Gli amministratori pubblici e i politici che quegli articoli hanno violato devono risponderne, in primo luogo di fronte ai nostri Tribunali e ai nostri giudici. La confessione e l' assoluzione restano un fatto strettamente privato, che non ci riguarda. Vale anche in questa materia l' aurea regola di dare a Cesare quel che è di Cesare, eccetera. E, tornando alla irriverente domanda iniziale: che ne è di monsignor Marcinkus?