Privacy Policy Cookie Policy Termini e Condizioni

2002 10 12 * La Repubblica * Vent’anni anni dopo i segreti di Calvi in una cassetta di sicurezza * Francesco Viviano

ROMA - Il mistero sulla morte del banchiere Roberto Calvi, il presidente del vecchio Banco Ambrosiano trovato impiccato il 17 giugno del 1982 sotto il ponte dei “Frati neri” nel centro di Londra, è contenuto in una cassetta di sicurezza. Una cassetta di sicurezza intestata proprio a lui, Roberto Calvi, ed alla madre, Maria Rubini, trovata e aperta vent’anni dopo nel caveau dell’agenzia del Nuovo Banco Ambrosiano di corso Magenta a Milano. Il contenuto di quella cassetta potrebbe finalmente svelare uno dei misteri d’Italia, un affaire dove a vario titolo sono stati coinvolti faccendieri, “collaboratori” di servizi segreti, cardinali e mafiosi. Quella cassetta di sicurezza contiene tante carte, documenti, conti, memorie e riferimenti a persone e ad affari internazionali che potrebbero dare un nome ed un volto ai mandanti che avrebbero affidato alla mafia siciliana e ad esponenti della Banda della Magliana l’esecuzione di Roberto Calvi. «Queste carte - dice un investigatore che lavora in questa delicatissima inchiesta - potrebbero portarci all’individuazione del movente e dei mandanti che provocarono la morte del banchiere». Tutto il materiale è adesso nelle mani dei sostituti procuratori di Roma Maria Monteleone e Luca Tescaroli e degli investigatori del Gico, il reparto speciale della Guardia di Finanza che indaga contro la criminalità organizzata. Il ritrovamento della cassetta di sicurezza, che per vent’anni nessuno aveva scoperto, potrebbe essere la svolta per risolvere il giallo sull’assassinio di Calvi. La cassetta di sicurezza è stata “individuata” appena dieci giorni fa, gli investigatori seguivano quella pista da alcuni mesi, sapevano che il presidente del Banco Ambrosiano, prima di fuggire a Londra aveva lasciato una sorta di “memoriale” da qualche parte. E dieci giorni fa la conferma. La cassetta di sicurezza di Calvi c’era ancora e adesso è nelle mani degli inquirenti. Alcuni riferimenti contenuti in un foglio ritrovato dentro la cassetta hanno portato l’altro ieri gli investigatori del Gico a Tremenicco, un piccolo paese montano in provincia di Lecco. Lì sono state perquisite due villette di proprietà dell’ingegnere Leone Calvi, fratello di Roberto Calvi. I finanzieri hanno raggiunto Tremenicco, dove Roberto Calvi è stato sepolto nel dicembre del 1998, quando era già buio per tentare di operare in gran segreto. Ma sono dovuti intervenire i pompieri per sfondare alcune porte. Anche li è stato trovato qualcosa ma il materiale più importante è contenuto nella cassetta di sicurezza recuperata dieci giorni fa. L’indagine mai conclusa potrebbe quindi essere ad una svolta. Un’indagine cominciata vent’anni fa, prima condotta da Scotland Yard e poi dalla polizia italiana. Per anni la morte del banchiere - rifugiatosi in Inghilterra dopo essere stato coinvolto nel crac della sua banca, strettamente legato al colossale buco delle finanze del Vaticano: 1.300 miliardi di dollari dello Ior (la banca vaticana) guidata allora dal cardinale Marcinkus - era sempre un mistero. Per la polizia inglese si era trattato di un suicidio. Le indagini della magistratura italiana, le perizie d’ufficio e quelle dei familiari del banchiere, avevano invece dimostrato che Roberto Calvi era stato assassinato. Da chi? E perché? Due interrogativi che fino ad ora non sono stati ancora sciolti. L’inchiesta è sempre stata difficile e complicata. Vi sono entrati ed usciti capi mafia come Pippo Calò, faccendieri come Flavio Carboni che furono arrestati e poi scarcerati. Nella vicenda venne coinvolto anche un ex padrino di Cosa nostra, Francesco Di Carlo, da qualche anno collaboratore di giustizia e che trascorreva la sua latitanza a Londra nello stesso periodo in cui fu ucciso Calvi. Si era avanzata l’ipotesi che fosse stato proprio il boss Di Carlo ad attirare Calvi in un tranello per poi strangolarlo e simulare il suicidio. «Sulla morte di Calvi ho qualche sospetto - ha detto il pentito - ricordo che alcuni giorni prima della sua morte fui cercato con insistenza da Pippo Calò. Non sapevo perché e quando, alcuni giorni dopo la scoperta del cadavere di Calvi impiccato sotto il ponte dei “Frati Neri” feci una puntata a Roma, chiesi perché mi avevano cercato. Bernardo Brusca e Calò mi risposero che ormai tutto era stato “sistemato” ma non mi dissero che cosa era stato “sistemato”». Infine l’anno scorso un’altra pista che coinvolge lo Ior e la mafia. Una pista fornita dal boss turco Oral Celik che dava ordini ad Alì Agca, l’attentatore del Papa. Il figlio di Calvi, Carlo, intervistato da “Repubblica” lo scorso anno aveva sostenuto che l’omicidio di suo padre e l’attentato al Papa «servirono a scongiurare la rivelazioni dei rapporti tra politica, economia e crimine organizzato». «E quando più violenta si fece la pressione esercitata su mio padre - aggiunse Carlo Calvi - affinchè mantenesse il segreto sull’uso che si faceva dell’Ambrosiano e quindi dello Ior per finanziare attività politiche e progetti ocuclti, lui pensò di difendersi informandone il nuovo Papa. E lo fece all’insaputa di tutti, anche di Marcinkus». Il figlio di Calvi fece anche riferimento al complesso meccanismo di triangolazione chiamato “conto deposito” che consentiva al Banco Ambrosiano di Nassau di finanziare lo Ior, tramite la panamense United Trading Company con conto presso la banca del Gottardo di Lugano. Ora la cassetta di sicurezza di Roberto Calvi trovata vent’anni dopo potrebbe finalmente svelare tutti i misteri.