Quello che di importante emerge dalla lettera di Olivier è la di riduzione del
partito a due individualità, la sua e quella di Pannella, il resto è una massa
informe di spettatori.
Finora solo Daniele, Danilo e Cappato lo hanno sottolineato e per me questo
dato è molto più interessante ed importante che non le singole vicende narrate
nella lettera di Olivier.
Per carità, è assolutamente legittimo che Olivier decida freddamente di elevare
Marco a padre padrone, con il risultato di degradare tutti gli altri a stupidi
servi ed elevandosi a quello che si toglie le catene (non spezzandole ma
aprendo il lucchetto di cui custodisce la chiave da qualche anno).
È proprio vero che il Partito è costituito da due persone e da una massa
informe? È necessario ricorrere al vissuto di ciascuno (e lo possono fare
tutti, ma proprio tutti) per aiutare sé stesso e gli altri a capire.
Il mio vissuto non conosce il Pannella descritto da Olivier, intento a
costruire una leadership di potere, fino a ieri politica e oggi interna.
Il mio vissuto non conosce il Pannella che impone e dispone, detta e disfa,
innalza e affonda.
Ho partecipato alla prima riunione di dirigenti del partito lo stesso giorno in
cui a quel tavolo sedeva per la prima volta Olivier.
Era a Chianciano, nel gennaio del 1984, dove partecipavo a una riunione del
Consiglio federale in quanto eletto, dal Congresso che si era tenuto a Rimini
qualche mese prima, in una lista che oggi si direbbe “contrapposta a quella
della classe dirigente”.
Olivier era lì invitato da Pannella.
Da quel giorno di tempo ne è passato per tutti noi.
Ma ieri come oggi, negare che questo partito è fatto di persone che pensano e
che agiscono responsabilmente (nei limiti che gli sono propri) è preliminare a
qualsiasi altra considerazione.
E il Pannella che conosco si confronta con il passante, riconosce dignità
politica anche a chi si è iscritto da un minuto, si “abbassa” a rischio di
farsi schiacciare.
La nostra storia, la storia di tutti coloro che oggi hanno responsabilità, la
responsabilità di essersi iscritti, è questa.
Nessuno di noi è stato chiamato, ci siamo tutti presentati.
E abbiamo cercato che Marco fornisse un consiglio o un interesse per quelle
iniziative politiche “ad hoc” che per ciascuno di noi sono importanti.
Perché Pannella ha il bastone del comando o perché i suoi suggerimenti
costituiscono quel quid che fa la differenza politica, dentro e fuori il
partito? Essendo persona tra le persone anche Pannella ha i suoi difetti.
Quel che non comprendo DI Marco -e ammetto che fatico a razionalizzare - è
l'estrema generosità politica, ovvero l’estremo rigore che esige da sé stesso.
“Generosità”, rigore che non di rado ha generato e continua a generare ...
rancori.
Anche in questo credo Olivier sbagli.
Pannella l’ha candidato a Tirana spiazzando tutti, ma proprio tutti,
innanzitutto Olivier, non per generosità ma per una convinzione politica che ha
reso pubblica candidandolo.
E lo abbiamo votato non perché Pannella ce lo ha imposto ma perché Pannella ha
convinto chi a Tirana c'era e innanzitutto Olivier che ha accettato la
candidatura a governare quella mozione e il partito che su quella mozione
andava costruito.
Detto questo, e a me potrebbe bastare, nel merito della lettera francamente non
me la sento di dire che Olivier dice il falso, perché sono convinto che il
vissuto di Olivier, da parecchio tempo, è altrove, magari in Laos o in Cecenia,
non nel partito, non nel confronto con i radicali.
Il partito a cui Olivier dà corpo nella sua lettera è la prefigurazione di un
partito che non è il nostro, di una storia che non è la nostra.
Un partito in cui Olivier (anche e nonostante Ginevra, anche e nonostante
Tirana, anche e nonostante il Laos, anche e nonostante le ultime accuse di
complicità in genocidio) sa di poter continuare a vivere la propria militanza.
Non sono sicuro che il partito di Olivier possa comprendere altri se non nella
posizione in cui oggi relega tutti, fuorché sé stesso e Pannella.
D'altronde con Marco Pannella andiamo tutti sul sicuro: possiamo contare sul
suo rigore che -in caso di bisogno- si può sempre contrabbandare per ferocia.
E se va male possiamo contare, ancora una volta, sulla sua “generosità”.
Un po' come diceva Ernesto Rossi dei cattolici, quando sono in minoranza
chiedono libertà e democrazia in nome di principi liberali, quando sono
maggioranza negano libertà e democrazia in nome dei loro principi.
E lo dico attenendomi ai comportamenti e non ai retropensieri.
L'ho detto a Ginevra, l'ho detto nella prima riunione dopo il ritorno di
Olivier dal Laos, l'ho detto l'altro giorno all'Ergife.
Il confronto che in questi mesi Olivier ha evitato e negato, oggi ci viene
restituito sotto questa forma, abbiamo la responsabilità di governarlo, per
convinzione e non per dovere, per preservare l’unicità e la durata della nostra
storia.
Una storia che è tale perché Pannella, con il suo rigore, l'ha saputa
preservare.
Dando modo ed occasione a tutti e ciascuno di essere sé stessi, nel paesino
disperso o nelle aule parlamentari.
Negare l'individualità di Pannella o innalzarlo a padre padrone, per me non fa
alcuna differenza: sono due menzogne che non aiutano a capire Pannella e
nemmeno il Partito.
Dopodiché se serve un alibi si può ricorrere indifferentemente all'uno o
all'altro in base alle necessità.
Non vorrei tralasciare un piccolo particolare.
Tutto il discorso vale, alla lettera, non solo per l'esperienza radicale
politica ma anche per quella umana.
Maurizio Turco
PS
Daniele, Danilo e Marco Cappato, hanno fatto un lungo elenco di fatti che, per
quanto riguarda quelli che ho vissuto anch'io, sono descritti puntualmente.
Ne è sfuggito uno, il penultimo, quello che riguarda il caso che apparentemente
avrebbe indotto Olivier a scrivere la lettera: la Cecenia.
Il 18 aprile Olivier ha comunicato al gruppo dirigente “abbiamo preparato un
appello (in allegato) sul quale tentare di fare convergere sostegni russi,
ceceni e internazionali. Sarebbe opportuno lanciarlo su vasta scala, facendone
una occasione di mobilitazione interna ed esterna al partito (...) Credo che
sia utile una riunione a breve (torno venerdì 25 dalla Corea) nella quale
tentare di capire come organizzarci a questo fine. (...)”
Il 23 aprile (due giorni prima del ritorno dalla Corea) l'appello sulla
Cecenia, sul quale avremmo dovuto “tentare di capire come organizzarci” viene
lanciato e vengono inviate le mail di invito a sottoscriverlo.
Dopo aver letto la lettera di Oliver, a questo punto la battuta ci sta tutta
ma, vista l'occasione, non mi pare necessaria.