Strasburgo, 14
																						dicembre 2005  - CommDH(2005)9  - Versione originale francese 
																						  
																						  
																						RAPPORTO 
																						DI ALVARO GIL-ROBLES,
																						COMMISSARIO PER I DIRITTI UMANI, 
																						SULLA SUA VISITA IN ITALIA 
																						10 - 17 GIUGNO 2005 
																						All’attenzione del Comitato dei Ministri
																						e dell’Assemblea parlamentare 
																						Introduzione 5 
I. OSSERVAZIONI GENERALI 5
II. LA GIUSTIZIA IN ITALIA 7 
																						A. Durata dei procedimenti e procedimenti arretrati accumulatisi negli
																						anni 8 
																						a) Misure adottate per ridurre la lentezza delle procedure 9
																						1) Giudice di pace 10
																						2) Sezioni stralcio 10
																						3) Legge Pinto 11
																						b) Problemi persistenti 12
																						1) Mezzi e assetto organizzativo della giustizia 12
																						2) Inerzia delle procedure 13
																						3) La prescrizione 13 
																						Conclusioni 15 
																						B. Riforme in materia penale 15 
																						a) Riapertura di un procedimento penale e sentenze in contumacia 15
																						b) Divieto della tortura 16
																						1) Diritto attualmente applicabile 16
																						2) Disegni di legge relativi all’introduzione del delitto di tortura nel
																						codice penale 17 
III. IL
																						SISTEMA CARCERARIO 17 
																						A. Situazione generale 17
																						B. La salute in prigione 19
																						C. Attività proposte ai detenuti 19
																						D. Neonati e bambini in tenera età conviventi in carcere con le madri 20
																						E. Detenuti sottoposti alle disposizioni dell’articolo 41 bis dell’
																						ordinamento penitenziario 21 
																						a) Procedure per l’assegnazione e il ricorso 22
																						b) Trattamento dei detenuti 22
																						c) Isolamento diurno 23
																						d) Sospensione del « regime 41 bis » 24
IV. GIUSTIZIA
																						MINORILE 25
A. Giustizia minorile 25
																						B. Carceri minorili 25
V. IL
																						SISTEMA PSICHIATRICO 26
A. Sistema psichiatrico ordinario 26 
																						a) La de-istituzionalizzazione degli ospedali psichiatrici 27
																						b) Servizi psichiatrici alternativi 28
																						c) L’internamento in ospedale (TSO) 28 
																						B. Ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) 29 
																						a) La nozione di « persona socialmente pericolosa » 30
																						b) Decisione del giudice 30
																						c) Durata dell’internamento 31
																						d) Il mantenimento degli internati negli OPG 31 
																						Conclusioni 33
VI. IMMIGRAZIONE
																						E ASILO 33
																						A. Contesto politico e giuridico 33
																						B. L’ingresso degli immigrati in Italia 34
																						C. Diritto applicabile in materia di asilo e di protezione sussidiaria 36
																						D. Procedura di asilo 36 
																						a) La procedura di asilo ordinaria 38
																						b) La procedura di asilo semplificata 38 
																						E. I centri di permanenza temporanea e di assistenza 40 
																						a) Gestione e funzionamento dei CPTA 40
																						b) Condizioni di vita nei CPTA 41 
																						F. La situazione particolare nell’isola di Lampedusa 42
																						G. L’allontanamento di certi stranieri respinti 44 
																						a) Identificazione degli stranieri allontanati 44
																						b) Paesi di destinazione delle persone allontanate 45 
																						H. Procedure di espulsione 46
																						I. Decreto antiterrorismo e espulsione 48
																						J. Strutture offerte ai richiedenti asilo 49
																						K. Minori migranti non accompagnati 50
VII. STRANIERI
																						REGOLARI 51
																						A. Quote annue di immigrazione 51
																						B. Diritto di voto e partecipazione degli stranieri regolari 52
																						C. Rilascio e rinnovo dei titoli di soggiorno 52
VIII. LA
																						COMUNITA’ ROM 53 
																						A. Accesso all’occupazione 53
																						B. Condizioni di vita 54 
																						a) Accesso all’abitazione 54
																						b) Accesso alle cure 55 
																						C. Educazione 55 
																						IX.PROTEZIONE DELLE VITTIME DELLA TRATTA 56 
																						X.LE ISTITUZIONI DI DIFESA DEI DIRITTI DELL’UOMO 57 
																						A. La questione di un’istituzione nazionale dei diritti dell’uomo 57
																						B. L’istituto dei mediatori 57 
XI. ALTRI MOTIVI DI PREOCCUPAZIONE 58
CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI 59 
																						Per quanto riguarda il funzionamento della giustizia 59
																						Per quanto riguarda la riforma del diritto penale 59
																						Per quanto riguarda il sistema carcerario 59
																						Per quanto riguarda il regime di “41 bis” 60
																						Per quanto riguarda il sistema psichiatrico 60
																						Per quanto riguarda le procedure di asilo e i richiedenti asilo 60
																						Per quanto riguarda il principio del divieto di respingimento 61
																						Per quanto riguarda l’allontanamento di stranieri 61
																						Per quanto riguarda gli stranieri in situazione regolare 61
																						Per quanto riguarda la comunità Rom 61
																						Per quanto riguarda le istituzioni dei diritti dell’uomo 62
																						Per quanto riguarda la libertà dei media 62 
APPENDIX : 
																						ITALIAN CONSIDERATIONS FOLLOWING
																						THE REPORT OF THE HUMAN RIGHTS COMMISSIONER,
																						Mr. AVARO GIL-ROBLES, ON HIS MISSION TO ITALY 63 
																						
																						Introduzione 
																						Ai sensi dell’articolo 3 e) della Risoluzione (99) 50 del Comitato
																						dei Ministri sul Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, ho
																						accettato il cortese invito del Ministro degli Affari esteri della Repubblica
																						italiana, Gianfranco Fini, ad effettuare una visita ufficiale nel paese, dal 10
																						al 17 giugno 2005; mi sono recato in Italia, accompagnato dal Direttore del mio
																						Ufficio, Manuel Lezertua e dai Sigg. John Dalhuisen e Julien Attuil, funzionari
																						del mio Ufficio. Mi sia consentito, innanzi tutto, di ringraziare le autorità
																						italiane per gli sforzi compiuti e per tutti i mezzi messi in atto per
																						garantire una perfetta organizzazione di questa visita. Tengo inoltre a
																						ringraziare la Rappresentanza permanente italiana presso il Consiglio d’Europa
																						e il suo Ambasciatore, per l’indispensabile sostegno fornito, che ne ha
																						favorito il buon svolgimento. Desidero infine esprimere la mia gratitudine a
																						tutte le autorità italiane incontrate in questa occasione e ringraziarle della
																						grande apertura di spirito dimostrata e della loro piena collaborazione. 
																						In occasione di questa mia visita, ho potuto incontrare Giuseppe
																						Pisanu, Ministro dell’Interno, Roberto Castelli, Ministro della Giustizia,
																						Roberto Maroni, Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Stefania
																						Prestigiacomo, Ministra delle pari opportunità e Margherita Boniver,
																						Sottosegretario di stato agli affari esteri. Ho inoltre incontrato vari
																						esponenti dell’ordine giudiziario, tra cui il Presidente della Corte
																						costituzionale e il Presidente della Corte di Cassazione, il Procuratore
																						generale presso la Corte di Cassazione, procuratori e magistrati a Napoli, e
																						membri dell’Ordine degli avvocati italiani. Ho avuto l’occasione di
																						intrattenermi a colloquio con i Vice-presidenti e con membri del Senato e della
																						Camera dei Deputati, con i Prefetti di Napoli e di Venezia, con il Presidente e
																						con membri del Comitato interministeriale dei diritti dell’uomo e con
																						rappresentanti delle autorità comunali e regionali. Ho avuto scambi di opinioni
																						con la Rappresentante dell’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni
																						Unite (di seguito « ACNUR ») in Italia e con rappresentanti della
																						società civile e di ONG nazionali e locali. Ho visitato il carcere maschile e
																						femminile della Giudecca (Venezia), il carcere di Rebibbia Nuovo Complesso
																						(Roma), il centro di permanenza temporanea e di prima accoglienza per stranieri
																						di Roma – Ponte Galeria, aeroporto di Fiumicino – Roma, il centro per stranieri
																						di Lampedusa, i carceri per minori di Nisida e di « Casal del Marmo »
																						(Roma), il centro per minori non accompagnati « Scuola di Volo », un
																						centro di accoglienza per minorenni in stato di fermo, il quartiere
																						« Campo Nomadi Casilino 900 » (Roma), il Centro contro la violenza di
																						Venezia e due centri di accoglienza e di alloggio per richiedenti asilo a Roma. 
I. OSSERVAZIONI GENERALI 
																						1. L’Italia, membro fondatore del Consiglio d’Europa, ha
																						ratificato la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo (CEDU) nel 1955, come
																						pure i suoi Protocolli 1, 4, 6 e 7. E’ inoltre parte contraente della Carta
																						sociale europea e dei suoi Protocolli aggiuntivi, tra cui quello che prevede un
																						sistema di reclami collettivi, nonché dell’insieme degli articoli della Carta
																						sociale europea revisionata1.
																						L’Italia ha ratificato la Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze
																						nazionali e la Convenzione per la prevenzione della tortura. Ha spesso svolto
																						un ruolo di promotore per contribuire al miglioramento delle norme
																						internazionali in materia di diritti dell’uomo e le ha in genere recepite
																						rapidamente nel proprio diritto interno. In considerazione delle recenti
																						evoluzioni in materia, l’Italia potrebbe prendere in esame la possibilità di
																						ratificare i Protocolli della CEDU relativi all’eliminazione di qualsiasi forma
																						di discriminazione (n°12), all’abolizione della pena di morte in ogni
																						circostanza (n°13) e alla riforma della Corte europea dei diritti dell’uomo (n°
																						14), e di aprire alle ONG nazionali la procedura per i reclami collettivi
																						prevista nella Carta sociale europea. 
																						2. Malgrado il livello in genere elevato di protezione dei diritti
																						umani offerto dalla sua legislazione, l’Italia contribuisce tuttavia
																						notevolmente a determinare il sovraccarico di lavoro della Corte europea dei
																						diritti dell’uomo. E’ infatti il quinto Stato per il numero di ricorsi dinanzi
																						alla Corte ed è il primo in termini di condanne. Inoltre, è il paese che
																						registra il numero maggiore di mancata esecuzione delle sentenze. Per quanto la
																						maggior parte di tali casi riguardi la durata eccessiva dei processi, si
																						segnalano frequentemente altri problemi,– esecuzione delle decisioni di
																						giustizia, riapertura delle procedure, affidamento di minori, ecc– per i quali
																						le autorità italiane sono state talvolta reticenti, oppure semplicemente lente,
																						nel modificare certe norme o prassi dopo le sentenze della Corte. Infatti, i
																						tre quarti dei problemi legati all’esecuzione restano irrisolti, più di tre
																						anni dopo essere stati presentati al Comitato dei Ministri. Questi ritardi
																						riguardano altri settori di cooperazione tra l’Italia e certi organi del
																						Consiglio d’Europa, quali il Comitato di prevenzione della tortura, oppure il
																						Comitato europeo dei diritti sociali, ed è certo che le autorità italiane
																						potrebbero essere incoraggiate a cooperare con una maggiore tempestività2.
																						D’altro canto, tengo a sottolineare l’impegno e la piena collaborazione delle
																						autorità italiane con il mio Ufficio al momento della preparazione di questa
																						mia visita e ad affermare che non mi sono stati imposti né ostacoli, né
																						restrizioni. Ho potuto visitare liberamente l’insieme dei luoghi da me
																						indicati, compresi quelli talvolta definiti sensibili. 
																						3. Eppure, malgrado il fatto che, come precedentemente indicato,
																						l’Italia offra un alto livello di protezione dei diritti dell’uomo e che i suoi
																						sforzi per rispettarli siano conformi con quanto ci si può aspettare da una
																						democrazia avanzata, la mia visita ha permesso di individuare certe difficoltà,
																						alcune delle quali legate a problemi esistenti da vecchia data, e altre
																						relative a nuove sfide. La disfunzione della giustizia in Italia non è un fenomeno
																						nuovo, come lo dimostrano i numerosi casi sottoposti alla Corte europea e gli
																						annosi dibattiti all’interno del paese. Tale problema, pur essendo ormai
																						diventato un fatto politico e sociale accettato, non è assolutamente
																						trascurabile, dal momento che provoca serie violazioni e incide negativamente
																						sulla possibilità di godere di altri diritti. Devono essere intrapresi sforzi
																						tangibili per risolvere i problemi strutturali che sottendono all’attuale
																						deterioramento della giustizia italiana. Altro motivo di preoccupazione sono le
																						condizioni delle carceri, il cui degrado è più rapido della loro
																						ristrutturazione, e che sono sottoposte alla pressione del continuo aumento del
																						numero di detenuti. Sono fonte di preoccupazione anche le condizioni e i
																						criteri di detenzione negli ospedali psichiatrici giudiziari. 
																						4. In questi ultimi dieci anni è emersa una nuova problematica,
																						provocata dalla notevole pressione migratoria che deve fronteggiare l’Italia.
																						Il presente rapporto intende esaminare alcune delle sfide, che vanno
																						dall’accesso alle procedure di asilo, all’accoglienza degli immigrati che
																						sbarcano sulle coste italiane, alle condizioni di detenzione degli stranieri in
																						situazione irregolare o alla tratta di esseri umani, che accompagnano tale
																						fenomeno. In tutti questi campi, l’Italia non è il solo paese d’Europa a dover
																						affrontare nuovi problemi. Riesce a risolverli, talvolta con successo, spesso
																						con umanità, ma, come avviene del resto in altri paesi, occorre avviare una più
																						ampia riflessione e prestare un’attenzione ancora maggiore alla questione, per
																						garantire che vengano rispettati i diritti e la dignità dei migranti appena
																						arrivati. 
																						5. La protezione dei gruppi vulnerabili, quali i bambini, le
																						minoranze o le vittime della tratta di esseri umani, deve essere annoverata tra
																						le grandi realizzazioni dell’Italia, per quanto siano ancora indispensabili dei
																						miglioramenti, in particolare a favore della comunità Rom. Infine, il mio
																						rapporto non può esimersi dal sollevare la questione della possibilità di
																						istituire dei meccanismi nazionali non giudiziari preposti alla promozione e
																						alla tutela dei diritti dell’uomo. 
II. LA GIUSTIZIA IN ITALIA 
																						6. Le difficoltà di funzionamento della giustizia italiana non
																						costituiscono una novità e sono ormai a noi tutti ben note. Nel corso degli
																						ultimi decenni, la giustizia si è guadagnata agli occhi degli amministrati una
																						reputazione di lentezza e talvolta di inefficacia. Sono stati pubblicati molti
																						rapporti di istituzioni nazionali e internazionali, in primo luogo il Consiglio
																						d’Europa, che espongono in dettaglio i complessi meccanismi di funzionamento e
																						talvolta i tortuosi meandri della giustizia in Italia. Non ho pertanto
																						l’intenzione di riprenderli in questa sede, ma vorrei piuttosto fornire un
																						contributo all’analisi di certe difficoltà e della loro soluzione. 
																						7. La giustizia è un elemento fondamentale dell’organizzazione
																						sociale, poiché determina la realizzazione e la protezione dei diritti degli
																						individui. La sua disfunzione incide negativamente sull’insieme della
																						popolazione e, per quanto taluni possano trovarvi un interesse o trarne un
																						vantaggio, la maggior parte ne subisce gravi conseguenze. Nel corso dei
																						procedimenti giudiziari, i diritti degli individui, siano essi convenuti o
																						ricorrenti, sono limitati, ostacolati fino alla decisione finale dei tribunali.
																						L’insieme della società italiana subisce le ripercussioni dirette o indirette
																						provocate dalle storture e dall’inerzia della giustizia italiana. 
																						8. Nel corso della mia visita, ho avuto l’occasione di
																						intrattenermi a colloquio con i Presidenti e i Procuratori delle giurisdizioni
																						supreme, con magistrati con esperienza sul campo e con numerosi avvocati
																						rappresentanti il foro italiano. Ho inoltre avuto lunghe conversazioni con il
																						Ministro della Giustizia. Tutti i miei interlocutori hanno riconosciuto
																						l’esistenza di un vero problema del sistema giudiziario, nonché la necessità di
																						intraprendere una riforma di grande portata, senza peraltro dimostrare un
																						particolare entusiasmo ad avviare tale processo, necessariamente delicato e
																						difficile. La situazione mi è parsa legata a una certa reciproca diffidenza
																						esistente tra l’ordine giudiziario e il mondo politico; non è raro che le
																						azioni degli uni siano interpretate come una minaccia per gli altri. In questa
																						sede, non mi pongo l’obiettivo di individuare o di biasimare eventuali
																						colpevoli, ma piuttosto di insistere sulla necessità di ricercare un consenso
																						intorno ai miglioramenti da apportare al buon funzionamento della giustizia. 
																						9. Negli ultimi anni, sono già state proposte numerose riforme dell’amministrazione
																						della giustizia, e alcune sono state adottate. Si deve tuttavia osservare che
																						avevano tutte come denominatore comune l’obiettivo di tentare di risolvere
																						soltanto una parte di un problema più globale, senza talvolta tenere conto di
																						eventuali effetti o conseguenze pratiche. Inoltre, non sono sempre state
																						portate a termine, vuoi per mancanza di mezzi, o, talvolta, per mancanza di una
																						reale volontà. 
A. Durata dei procedimenti
																						e procedimenti arretrati accumulatisi negli anni 
																						10. La durata eccessiva dei procedimenti giudiziari in Italia
																						rappresenta, secondo il parere unanime di tutti gli intervistati, un problema
																						strutturale persistente, di cui le autorità italiane devono rispondere da oltre
																						un decennio. La prima risoluzione adottata dal Comitato dei Ministri del
																						Consiglio d’Europa, relativa all’esecuzione di una sentenza della Corte europea
																						dei diritti dell’uomo sulla durata dei procedimenti risale al 19923. In
																						considerazione dell’assenza di miglioramenti tangibili nell’amministrazione
																						della giustizia, e del ripetersi delle condanne dell’Italia da parte della
																						Corte europea, il Comitato dei Ministri ha istituito un meccanismo specifico di
																						monitoraggio relativo alle disposizioni generali necessarie per risolvere il
																						problema strutturale della durata eccessiva dei processi in Italia4. 
																						11. Come indicato nel rapporto annuale del Consiglio d’Europa
																						sulla durata eccessiva dei processi in Italia, « l'efficacia dei
																						provvedimenti già adottati, valutata a partire dai dati statistici relativi
																						alla durata media dei procedimenti e alla riduzione dei ritardi accumulatisi per
																						i procedimenti pendenti, pare al momento insufficiente »5. Il
																						rapporto nota che la riduzione della durata media dei procedimenti, osservata
																						tra il 1995 e il 2000, ha subito un rallentamento verso il 2001, e che
																						attualmente è aumentata, malgrado le molteplici misure complesse attuate dalle
																						autorità italiane nel corso degli ultimi anni. In realtà, sono in aumento tanto
																						la durata media dei procedimenti giudiziari, che la trattazione dei casi
																						pendenti, a prescindere dal livello di giurisdizione, tranne poche eccezioni.
																						Soltanto per il periodo che va da gennaio 2001 a dicembre 2004, tra le 998
																						decisioni e sentenze rese dalla Corte europea relative all’Italia, 799
																						riguardavano l’articolo 6 della CEDU, nella maggior parte dei casi in relazione
																						a ritardi del procedimento giudiziario. 
																						12. Nel 2004, in base alle informazioni fornite dal Procuratore
																						generale presso la Corte di Cassazione6, la
																						durata media dei processi, fino alla decisione della corte di appello, era di
																						otto anni nei processi civili e di cinque anni nei processi penali. Al 30
																						giugno 2004, oltre nove milioni di casi erano in attesa di giudizio: 4,7
																						milioni dinanzi alle giurisdizioni civili7 e
																						circa 3,4 milioni dinanzi alle giurisdizioni penali8. Ad
																						essi bisogna aggiungere i 100.000 casi pendenti soltanto dinanzi alla Corte di
																						Cassazione9. In
																						base a tali cifre, circa il 30 % della popolazione italiana è in attesa di una
																						decisione giudiziaria. I tempi per la trattazione dei procedimenti non solo si
																						rivelano lunghi, ma hanno perfino tendenza ad allungarsi di anno in anno. A
																						titolo esemplificativo, la durata media dei procedimenti dinanzi alle corti di
																						appello è aumentata del 23% dal 2003 al 2004 per le cause civili, e del 33% per
																						le cause penali. 
																						13. Le conseguenze disastrose di tali ritardi possono talvolta
																						rivelarsi drammatiche, dal momento che l’incapacità di garantire il diritto
																						alla giustizia in tempi ragionevoli incide sulla possibilità di garantire altri
																						diritti, in particolare i diritti fondamentali. Per quanto concerne le cause
																						penali, le conseguenze sull’accusato sono evidenti, segnatamente per gli
																						innocenti, che devono in particolare sopportare il danno prolungato alla loro
																						reputazione. Oltre a tali conseguenze per gli accusati, la lentezza dei
																						procedimenti nega ugualmente alle vittime il diritto alla giustizia e
																						contribuisce in modo più generale a favorire una certa impunità, che
																						indebolisce lo stato di diritto e la pubblica sicurezza. Tra i procuratori con
																						i quali mi sono intrattenuto a colloquio, sono numerosi quelli che lamentano il
																						fatto che la lentezza dei procedimenti non consenta di prevenire i casi di
																						recidiva, e che abili manipolazioni del complesso diritto procedurale italiano
																						permettano a certi avvocati di fare interrompere le azioni giudiziarie che si
																						estinguono per prescrizione. 
																						14. Anche la lentezza dei procedimenti civili comporta conseguenze
																						pregiudizievoli per le parti. Nei contenziosi sul lavoro, per esempio, la
																						durata media in prima istanza era di 698 giorni nel 2004, registrando una
																						progressione del 14% rispetto al 2003. In appello, per lo stesso contenzioso,
																						erano necessari in media 686 giorni per ottenere una decisione. Il che
																						rappresenta, per tutti, una durata decisamente troppo lunga prima di ottenere
																						una sentenza. Tuttavia, nel caso di uno straniero, il cui rinnovo annuo del
																						permesso di residenza è condizionato dalla possibilità di dimostrare di
																						disporre di un contratto di lavoro, tale termine gli impedisce di contestare un
																						licenziamento, o perfino di azzardarsi a protestare per un trattamento
																						ingiusto. Per i fallimenti, le parti devono aspettare 3.359 giorni, in altre
																						parole circa 10 anni, prima di ottenere una decisione di prima istanza 10 nel
																						corso dei quali sono sospesi certi diritti del fallito: diritti economici -
																						diritto di gestire dei beni o di disporre di un conto bancario -, ma anche
																						diritti civili e politici. Tali constatazioni si applicano sfortunatamente
																						anche alle controversie in materia di divorzio o di esecuzione delle decisioni.
																						E’ inaccettabile che per contenziosi talmente essenziali, per i quali una, o
																						perfino le due parti, hanno bisogno di una decisione rapida, tali tempi siano
																						diventati la norma. La Corte europea ha reso numerose sentenze in questo tipo
																						di casi, ingiungendo all’Italia di risolvere tale problema11. Non
																						posso fare altro che ribadire le preoccupazioni sollevate dalla Corte in tali
																						sentenze e invitare le autorità ad adottare i provvedimenti necessari per
																						diminuire i tempi dei procedimenti, in particolare nei settori che richiedono
																						una maggiore tempestività. 
																						a) Misure adottate per
																						ridurre la lentezza delle procedure 
																						15. Per tentare di porre rimedio a tali difficoltà, l’Italia ha
																						intrapreso varie riforme del suo sistema giudiziario, introducendo nuovi
																						meccanismi, finalizzati a diminuire il numero di casi pendenti, a indennizzarli
																						o semplicemente ad accelerare le procedure. Tali meccanismi non hanno
																						malauguratamente avuto però tutti gli effetti sperati, e talvolta hanno
																						ripetuto, o hanno perfino aggravato i problemi che dovevano inizialmente
																						risolvere. 
																						1) Giudice di pace 
																						16. La legge n° 374 del 21 novembre 1991 dà competenza a
																						magistrati onorari, i giudici di pace, per controversie civili di minore
																						importanza. La loro competenza è stata estesa nel 2002 alle infrazioni penali
																						meno gravi, ma molto diffuse, allo scopo di ridurre il sovraccarico di lavoro
																						delle giurisdizioni penali. Sono state adottate delle procedure semplificate
																						per certe cause penali, con possibilità di conciliazione tra la vittima e
																						l’accusato. 
																						17. La legge prevedeva il reclutamento di 4.700 giudici di pace.
																						Al 1° gennaio 2005, ossia 13 anni dopo, l’Italia aveva assunto solo 3.818
																						giudici di pace. Si tratta di giudici onorari, spesso ex avvocati o funzionari
																						di polizia in pensione, che ricevono una formazione sommaria prima di assumere
																						le loro funzioni. Le autorità, viste le difficoltà a ottenere il numero di
																						giudici di pace fissato dalla legge, hanno avuto tendenza, in questi ultimi
																						anni, a permettere il reclutamento di persone con minore esperienza e in
																						particolare di giovani avvocati. Numerosi professionisti del mondo giudiziario
																						hanno espresso allarme e inquietudine al riguardo, sottolineandone la scarsa
																						esperienza. 
																						18. Il contributo fornito dai giudici di pace all’amministrazione
																						della giustizia è ormai considerato indispensabile. Nel 2004, hanno trattato il
																						48 % delle cause di primo grado. Tuttavia, anche i giudici di pace, come le
																						altre giurisdizioni italiane, non sono esenti dal problema del sovraccarico di
																						lavoro e dell’allungamento dei tempi. Nel 2004, avevano accumulato un ritardo
																						riguardante oltre 600.000 cause pendenti e dei ritardi di procedure di 414
																						giorni in campo civile e di 236 giorni per le cause penali12.
																						Senza rimettere in discussione un’istituzione stabilita e utile, il
																						rafforzamento della formazione iniziale dei giudici di pace potrebbe permettere
																						di migliorare la qualità e l’efficacia del loro lavoro. Occorre soprattutto
																						garantire che vengano reclutati i giudici di pace necessari per il buon
																						funzionamento della giustizia. 
																						2) Sezioni stralcio 
																						19. Queste camere, che corrispondono a sezioni dei tribunali
																						civili di primo e secondo grado, sono state istituite con legge n° 27613 per
																						trattare i procedimenti pendenti dinanzi ai tribunali civili al 30 aprile 1995.
																						Ogni tribunale può comportare una o più sezioni stralcio composte da un
																						Presidente – che è un magistrato professionale- e da almeno due giudici
																						onorari. La legge prevedeva la nomina di 1.000 giudici onorari, i cui criteri
																						di accesso alla carica sono stati estesi nel 1999, vista la mancanza di
																						candidati. 
																						20. Il meccanismo è stato istituito per trattare, nel giro di
																						cinque anni, i 640.056 casi pendenti al 30 aprile 1995. Doveva concludersi nel
																						dicembre 2003, ma è stato prolungato al 2004 e poi al 2005, poiché non era
																						stato smaltito l’arretrato delle controversie da trattare. Il 31 dicembre 2004,
																						restavano ancora 76.789 controversie dinanzi alle sezioni stralcio in Italia.
																						Nel gennaio 2005, il rapporto del Procuratore generale presso la Corte di
																						Cassazione 
																						indicava che soltanto le sezioni stralcio di Milano e di Trieste
																						avrebbero eventualmente potuto concludere il loro lavoro nel corso dell’anno.
																						Per le altre sezioni, la situazione ha preso una piega piuttosto positiva e si
																						sta andando verso una progressiva riduzione dei casi pendenti, tranne per
																						alcune sezioni.14 
																						21. E’ a dir poco sorprendente il fatto che, dopo 10 anni, ci
																						siano ancora delle controversie, tutte anteriori al giugno 1995, in attesa di
																						una decisione di primo grado dinanzi ad una giurisdizione creata all’unico
																						scopo di accelerarne la trattazione. Inoltre, le sezioni stralcio utilizzano
																						dei magistrati non professionali, ma richiedono ugualmente la presenza di un magistrato
																						ordinario, il che non lo solleva dai suoi compiti, né dal suo onere di lavoro.
																						Questa funzione supplementare ha come conseguenza di ritardare il lavoro
																						ordinario dei magistrati e quindi di andare ad accrescere i ritardi
																						nell’amministrazione della giustizia per le altre cause. 
																						3) Legge Pinto 
																						22. La legge n° 89 del 2001 relativa all’equa riparazione
																						del danno in caso di irragionevole durata di un procedimento giudiziario,
																						denominata comunemente Legge Pinto, ha aperto la possibilità di presentare un
																						ricorso per riparazione in caso di durata eccessiva di un procedimento. Il
																						meccanismo ha consentito di ridurre il numero di ricorsi introdotti contro
																						l’Italia presso la Corte europea dei diritti dell’uomo. Nel 2004, il
																						Dipartimento generale dei diritti umani del Ministero della Giustizia ha
																						trattato 3.240 casi presentati ai sensi della Legge Pinto. Nel 2004, la Corte
																						di Cassazione ha reso numerose sentenze, indicanti che le riparazioni, in
																						particolare per i danni morali, accordate nei procedimenti della legge
																						« Pinto » devono essere conformi alla giurisprudenza e alle
																						riparazioni concesse dalla Corte europea15. 
																						23. L’istituzione di questa procedura è stata accolta come un
																						significativo progresso nel contenzioso dinanzi alla Corte europea contro
																						l’Italia. Evita infatti di ingombrare la Corte europea di ricorsi relativi a
																						una violazione strutturale, ossia il ritardo eccessivo dei procedimenti, sulla
																						quale si è già pronunciata in svariate occasioni. Ciononostante, pur
																						permettendo di indennizzare le violazioni subite, tale procedura non costituisce
																						né una soluzione, né un risultato. 
																						24. D’altro canto, le procedure di riparazione legate alla legge
																						Pinto dipendono dalla competenza delle corti di appello. Come avviene per le
																						sezioni stralcio, tale nuova competenza va ad aggiungersi alle responsabilità
																						e alle mansioni ordinarie delle giurisdizioni di appello. Pertanto, le cause
																						nell’ambito della legge Pinto rallentano ulteriormente la trattazione degli
																						altri casi. L’intervento delle corti di appello, se non ne viene rafforzato il
																						personale, provoca quindi una situazione paradossale, per cui le giurisdizioni
																						allungano un poco di più i tempi delle procedure ordinarie per porre rimedio ai
																						danni subiti appunto a causa dei ritardi di procedura. 
																						25. Invero, la legge Pinto permette unicamente di indennizzare le
																						vittime, senza affrontare la causa del problema. L’assegnazione di una
																						riparazione pecuniaria non ha alcuna conseguenza sulle procedure o sulle
																						giurisdizioni responsabili del ritardo irragionevole constatato. La legge Pinto
																						permette unicamente di constatare la violazione, senza lottare contro le sue
																						cause. Con tale metodo, l’Italia indennizza le vittime, evita certe condanne
																						presso la Corte europea dei diritti dell’uomo, ma continua a violare il diritto
																						a un equo processo in tempi ragionevoli. La sola riparazione non può essere
																						ammissibile, occorre affrontare direttamente le cause di tale ritardo. 
																						b) Problemi persistenti 
																						26. In base alle spiegazioni che mi sono state fornite e alle
																						difficoltà che ho potuto osservare, il problema strutturale dei ritardi
																						eccessivi è determinato da due grandi problematiche, legate a certe carenze
																						dell’organizzazione giudiziaria e dei mezzi di cui dispone, da un lato, e ai
																						meccanismi procedurali, dall’altro lato. 
																						1) Mezzi e assetto
																						organizzativo della giustizia 
																						27. La giustizia italiana manca fondamentalmente di mezzi.
																						L’Italia stanzia un bilancio per il funzionamento della giustizia non
																						indifferente16, dal
																						punto di vista quantitativo, ma che non sembra sufficiente per ridurre gli
																						arretrati dei casi accumulatisi col tempo. Per esempio, nel corso dei miei
																						incontri con alcuni magistrati, mi è stato indicato che nel 2004, il budget per
																						la carta e le cartucce di inchiostro delle stampanti era già stato assorbito
																						nel mese di luglio, il che li costringeva a ricorrere a vari stratagemmi per
																						continuare a lavorare correttamente nei sei mesi successivi, fino alla fine
																						dell’anno. La mancanza di mezzi si fa tanto più sentire, in quanto i progressi
																						tecnologici richiedono investimenti importanti per l’informatica, settore che
																						registra ancora in gran parte delle lacune nell’amministrazione della
																						giustizia. 
																						28. Nel luglio 2005, l’Italia contava 8.603 magistrati
																						professionali17. A
																						tali magistrati « ordinari », si devono aggiungere i circa 4.000
																						giudici di pace. Questa cifra viene talvolta considerata importante, ma occorre
																						valutarla tenendo conto della portata delle competenze dei giudici e del numero
																						di procedimenti nei quali devono intervenire. Era stato ipotizzato di
																						introdurre la figura dell’assistente giuridico del giudice, ma sfortunatamente
																						la proposta non è stata attuata. Eppure, il ricorso a tali assistenti potrebbe
																						consentire di migliorare il lavoro dei giudici e la qualità delle decisioni.
																						Inoltre, il vantaggio sotto il profilo della produttività potrebbe essere
																						importante rispetto all’investimento finanziario necessario e consentirebbe di
																						dare una solida formazione a giovani giuristi o avvocati. 
																						29. In base alle informazioni di alcuni magistrati e avvocati che
																						ho potuto incontrare, certi tribunali vengono mantenuti in alcune città o
																						cittadine per ragioni maggiormente legate alla politica locale o al prestigio,
																						che alla vera necessità. Una migliore ripartizione dei magistrati e dei
																						tribunali, in funzione dei bisogni, porterebbe innegabilmente a una migliore
																						amministrazione della giustizia. Non spetta a me rimettere in discussione un
																						dato di fatto, né equilibri o specificità regionali o locali spesso fragili.
																						Tuttavia, un’analisi delle suddivisioni delle circoscrizioni giudiziarie
																						potrebbe garantire un miglioramento della giustizia, senza peraltro provocare
																						aumenti a livello del bilancio. 
																						2) Inerzia delle procedure 
																						30. I magistrati da me incontrati mi hanno indicato che le
																						procedure del diritto italiano sono molto rispettose degli interessi delle
																						parti, ma sono anche molto formalistiche. Il che provoca immancabilmente una
																						molteplicità di procedure, di comunicazioni, di lettere, che tolgono tempo per
																						il lavoro da dedicare al merito delle cause. Vale la pena di insistere ancora
																						una volta sul fatto che un’assistenza giuridica e amministrativa per i
																						magistrati potrebbe permettere di accelerare il processo decisionale.
																						Occorrerebbe piuttosto rivedere in modo approfondito i meccanismi di
																						comunicazione tra le parti e il numero di interventi dei giudici. La
																						semplificazione delle procedure permetterebbe innegabilmente di accelerarle,
																						agevolando nel contempo il lavoro dei magistrati e degli avvocati. 
																						31. Il ricorso all’appello e alla Cassazione mi è sembrato
																						un’altra fonte di preoccupazione. Non perché sia in discussione il diritto di
																						ciascun individuo di presentare appello o ricorso dinanzi alla Corte di
																						Cassazione, come lo garantisce la Costituzione, ma piuttosto perché se ne
																						abusa. Per illustrare tale affermazione, le statistiche delle cause pendenti
																						dinanzi alla Corte di Cassazione sono esempi lampanti del problema: il 31
																						dicembre 2004, 92.545 cause civili e 30.953 cause penali erano pendenti dinanzi
																						alla giurisdizione suprema.18 Si
																						potrebbe dire, in modo schematico, che la Corte di Cassazione non rappresenta
																						più un organo destinato a decidere della buona applicazione del diritto, ma
																						piuttosto una specie di terzo grado di giurisdizione. Secondo i miei
																						interlocutori, tale situazione è legata alla cultura giurisdizionale italianza,
																						all’importanza e alla fiducia che accordano a tale Corte i cittadini. 
																						3) La prescrizione 
																						32. Il sistema del computo dei tempi ai fini della prescrizione
																						delle infrazioni mi pare costituire un’altra causa di eccessivo allungamento
																						dei procedimenti penali. Il principio della prescrizione poggia sull’idea che,
																						dopo un certo tempo, proporzionalmente alla gravità dell’infrazione commessa,
																						le procedure penali debbano interrompersi. Tale meccanismo è previsto, nel
																						diritto italiano, agli articoli da 157 a 161 del codice penale. Nel corso delle
																						mie discussioni con gli operatori del mondo giudiziario, ho avuto la sorpresa
																						di apprendere che le possibilità di interrompere o di sospendere la
																						prescrizione erano limitate a un numero molto preciso di atti. 
																						33. In realtà, tali garanzie sono troppo facilmente sviate dai
																						loro obiettivi iniziali; le debolezze del meccanismo della prescrizione
																						permettono a una persona incriminata, difesa da un buon avvocato, di utilizzare
																						i mezzi dilatori per fare durare un procedimento, allo scopo di ottenere che
																						cada in prescrizione. E’ tanto più inaccettabile, poiché i magistrati non
																						dispongono dei mezzi per opporsi a tali pratiche. La prescrizione deve servire
																						a porre fine alle azioni giudiziarie quando l’azione pubblica si è interrotta
																						per un certo tempo, e non a costituire il primo mezzo di difesa di un imputato
																						che vuole sfuggire a una condanna. 
																						34. Attualmente, la prescrizione per le infrazioni più lievi è di
																						2 anni, a decorrere dall’avvenuta infrazione, e di 20 anni per i reati più
																						gravi19.
																						Malgrado tali tempi relativamente lunghi, il numero di infrazioni estinte per
																						prescrizione è notevolmente aumentato con il tempo, passando da 84.011, nel
																						1996, a oltre 260.000 nel 200320. E’
																						il caso di rilevare che oltre il 70% delle constatazioni della prescrizione
																						avviene al momento dell’istruzione del processo. Questi dati statistici
																						dimostrano come la procedura della prescrizione sia totalmente viziata dal
																						fatto che esistono scarse possibilità di sospenderla o perfino di interromperla
																						una volta che è stata avviata l’inchiesta o l’istruzione. 
																						35. Un disegno di legge,21 in
																						discussione al Parlamento, prevede delle modifiche piuttosto inquietanti del
																						modo di calcolo dei tempi, ai fini della prescrizione. Il progetto prevede che
																						i reati si possano considerare estinti dopo che è trascorso un periodo pari
																						alla pena massima che potrebbe essere inflitta, con un minimo di 6 anni per i
																						reati e di 4 anni per le contravvenzioni. Prevede inoltre di rendere più severo
																						l’istituto della sospensione e dell’interruzione della prescrizione. Tali
																						modifiche rischierebbero di rendere ancora più frequenti i casi di prescrizione
																						delle infrazioni, e di veder estinti centinaia di procedimenti penali in corso
																						per casi di truffa, minaccia alla sicurezza nazionale, calunnia o corruzione,
																						se la legge dovesse essere adottata. Uno studio realizzato dalla Corte di
																						appello di Bologna dimostra d’altronde che, per i reati punibili con una
																						detenzione da cinque a dieci anni, la proporzione dei reati caduti in
																						prescrizione passerebbe dall’attuale 9,6 % a circa il 47 % con l’entrata in
																						vigore della nuova legge22. 
																						36. D’altra parte, sono del parere che l’attuale meccanismo della
																						prescrizione nuoccia al rispetto dello stato di diritto e all’istituzione della
																						giustizia nel suo insieme. Non va dimenticato che un ricorso troppo frequente a
																						manovre dilatorie rallenta notevolmente il normale funzionamento della
																						giustizia e obbliga i magistrati a emettere atti resi poi inutili, poiché lo
																						scopo della difesa in tal caso è spesso quello di guadagnare tempo. 
																						37. Infine, l’estinzione per prescrizione in un numero troppo
																						elevato di casi giudiziari discredita la giustizia penale, dimostrandola
																						incapace di perseguire e di condannare dei criminali. Una delle funzioni
																						precipue della giustizia è di proteggere la società e i suoi membri contro
																						qualsiasi violazione delle norme emanate. La norma penale racchiude in sé una
																						funzione fondamentale di minaccia di sanzione. Il meccanismo della prescrizione
																						e l’uso che ne viene fatto viziano seriamente tale carattere dissuasivo. La
																						riforma del sistema giudiziario italiano dipende quindi anche da una riforma
																						dei meccanismi relativi alla prescrizione, con il duplice obiettivo di
																						escludere i ricorsi dilatori dal computo della prescrizione e di garantire che
																						non consentirà più ad accusati chiaramente identificati e contro i quali sono
																						state aperte delle procedure penali di sfuggire a una sentenza, o addirittura a
																						una condanna. A mio avviso, soltanto il tempo di inerzia delle autorità
																						pubbliche dovrebbe essere computato ai fini della prescrizione. 
																						Conclusioni 
																						38. Nel campo della riforma della giustizia, l’Italia si è
																						mostrata esitante ad adottare un progetto globale, che nondimeno risulta il
																						solo in grado di risolvere l’insieme delle difficoltà. Al contrario, sono state
																						spesso adottate delle disposizioni parziali, per tentare di risolvere un
																						aspetto della questione23. Per
																						realizzare tale riforma, si dovrebbe anzitutto snellire il formalismo dei
																						procedimenti penali e civili, aumentare il budget concesso alla magistratura e
																						trasformare i meccanismi di appello. Tali punti costituiscono solo alcuni
																						suggerimenti, per cercare una via d’uscita, non foss’altro parziale, ai
																						problemi che affliggono la giustizia italiana. Mi sembra urgente ricercare un
																						consenso tra magistrati, avvocati, politici e società civile intorno
																						all’esigenza di una riforma globale. Dopo di che, si potranno definire le
																						disposizioni normative e pratiche da modificare per permettere l’attuazione di
																						una giustizia efficace e ben accetta da tutti. 
B. Riforme in materia
																						penale 
																						a) Riapertura di un
																						procedimento penale e sentenze in contumacia 
																						39. L’Italia è uno dei rari paesi europei a non disporre di un
																						meccanismo che consenta la riapertura di un processo penale in presenza di
																						nuovi fatti o di decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo. Il caso Dorigo24 ne è
																						un buon esempio; malgrado una sentenza della Corte europea, che ha constatato
																						una violazione flagrante dell’articolo 6 della Convenzione, il ricorrente non
																						ha potuto ottenere di essere nuovamente giudicato nell’ambito di un processo
																						equo e secondo i principi del contradditorio. 
																						40. Vari progetti di legge sono stati preparati in Italia sulla
																						questione, ma nessuno è stato adottato. Ad onta del suo carattere molto
																						restrittivo, l’ultimo progetto di legge non è mai stato adottato dal Senato,
																						per timore che la legge venga utilizzata da membri di organizzazioni criminali
																						condannati sulla base delle testimonianze dei pentiti. Pur essendo legittimo,
																						tale timore può essere ridimensionato alla luce delle esperienze di altri paesi
																						europei, che indicano come tali rischi possano essere controllati e
																						opportunatamente incanalati ed evitati. 
																						41. Nonostante l’assenza, in Italia, di un meccanismo che consenta
																						la riapertura dei procedimenti penali, si devono osservare con favore i
																						progressi ottenuti di recente per quanto concerne le sentenze in contumacia.
																						Per moltissimo tempo, l’Italia ha vissuto, come lo afferma la Corte europea,
																						« un problema strutturale legato alla disfunzione della legislazione e
																						della prassi italiana, causata dall’impossibilità per le persone condannate in
																						contumacia di ottenere che una giurisdizione si pronunci ex novo sulla
																						fondatezza dell’accusa »25. Il
																						decreto-legge del 21 febbraio 2005 ha fornito la possibilità a un condannato in
																						contumacia di veder riaprire il proprio processo. Non posso fare a meno di
																						auspicare che la volontà di riforma dimostrata con questo decisivo cambiamento
																						si rispecchi ugualmente negli altri progetti in attesa di adozione, e in
																						particolare in quello relativo alla riapertura dei processi penali. 
																						b) Divieto della tortura 
																						42. L’articolo 13 della Costituzione italiana dispone che « è
																						punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a
																						restrizione di libertà ». L’Italia ha ratificato molteplici strumenti
																						internazionali in materia di protezione contro la tortura, segnatamente la
																						Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti
																						inumani o degradanti, il 29 dicembre 1988. Sempre lo stesso anno, ha ratificato
																						la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, che contiene una
																						disposizione secondo la quale viene imposto agli Stati parte di introdurre il
																						reato di tortura nelle legislazioni penali interne26.
																						Ciononostante, e malgrado i ripetuti appelli della società civile e delle
																						organizzazioni internazionali, il codice penale italiano non ha ancora definito
																						il reato di tortura. 
																						1) Diritto attualmente
																						applicabile 
																						43. La nozione di tortura, che non esiste nel codice penale
																						ordinario, è stata recentemente introdotta nel codice penale militare, che
																						risale al 1941 e si applica a “tutti i corpi di spedizione
																						all’estero, per realizzare operazioni militari”, anche in tempo di pace.
																						L’articolo 185 bis della legge n° 6 del 31 gennaio 200227
																						dispone che “salvo che il fatto costituisca più grave reato, il militare che,
																						per cause non estranee alla guerra, compie atti di tortura o altri trattamenti
																						inumani […] in danno di prigionieri di guerra o di civili o di altre persone
																						protette dalle convenzioni internazionali medesime, è punito con la reclusione
																						militare da uno a cinque anni”. L’introduzione di tale articolo è
																						innegabilmente un progresso, ma il testo è comunque perfettibile, poiché si
																						applica solo ai militari al di fuori del territorio nazionale italiano e
																						prevede sanzioni relativamente lievi. 
																						44. Sul piano del diritto penale ordinario, in assenza del delitto
																						di tortura, esiste un reato relativo alle lesioni inflitte ad altri. Gli
																						articoli 582 e seguenti del codice penale prevedono quattro livelli di
																						infrazione, in funzione dei danni subiti dalla vittima28. Le
																						pene di reclusione sono anch’esse inflitte in funzione delle lesioni, e vanno
																						da tre mesi a tre anni, quando l’atto ha provocato un’incapacità di
																						attendere alle ordinarie occupazioni di meno di 40 giorni, da tre a sette
																						anni per i danni di oltre 40 giorni di incapacità e da sei a dodici anni di
																						carcere per le infrazioni più gravi (indebolimento permanente di un senso,
																						mutilazione, malattia incurabile, ecc.). 
																						45. Le infrazioni relative alle lesioni corporali o psicologiche
																						hanno però numerosi limiti. Riguardano in primo luogo l’insieme dei danni
																						causati da un’altra persona, chiunque essa sia (sconosciuto, membro della
																						famiglia, o persona che esercita un’autorità). D’altra parte, va segnalato che
																						l’intervento del Pubblico Ministero non è sempre possibile. Infatti, per le
																						infrazioni che hanno provocato danni inferiori ai 20 giorni, solo la vittima
																						può intentare un’azione penale. Tale limite dell’azione del Procuratore sembra
																						in contraddizione con la necessità di tutelare gli individui e l’ordine
																						pubblico, in particolar modo quando le violenze sono state commesse da agenti
																						giurati. In tal modo, nei casi di violenza delle forze di polizia, nel cui
																						contesto le vittime sono spesso reticenti ad intentare un’azione giudiziaria,
																						le lesioni dovranno essere superiori a 20 giorni perché il Procuratore possa
																						aprire un’inchiesta di ufficio e quindi, non soltanto a querela della parte
																						offesa. 
																						2) Disegni di legge
																						relativi all’introduzione del delitto 29 di tortura nel codice penale 
																						46. Dei progetti di legge destinati ad introdurre la tortura in
																						quanto infrazione penale sono stati presentati alla Camera dei Deputati in più
																						occasioni, senza giungere all’adozione di una legge. 
																						47. Dal 2001, numerose proposte di legge sono state sottoposte
																						alla Camera dei Deputati. Hanno portato all’adozione di un testo unico, che
																						prevede l’introduzione dell’articolo 613 bis del codice penale. La Camera dei
																						Deputati ha esaminato tale testo unico il 22 aprile 2004. In tale occasione,
																						sono stati adottati tre emendamenti, nei quali il delitto di tortura viene
																						definito come il ricorso, da parte di un « funzionario pubblico o di un
																						funzionario incaricato di un servizio pubblico » a mezzi che comportano
																						« violenze o minacce reiterate ». 
																						48. L’adozione del progetto di legge così emendato da parte della
																						Camera dei Deputati30
																						solleva un certo numero di difficoltà, la principale delle quali risiede nella
																						necessità che l’atto abbia un carattere ripetitivo, per essere considerato un
																						atto di tortura. Ebbene, nessuna definizione internazionale prevede tale
																						criterio. E’ soprattutto contrario allo spirito e al principio della nozione di
																						tortura. Infine, riguarda unicamente gli atti di tortura commessi da un
																						funzionario pubblico o da altro personale assimilato, e non penalizza le
																						torture che potrebbero essere inflitte da persone che non sono titolari di un
																						incarico pubblico. Dal momento di tale adozione, è stata discussa in Parlamento
																						una definizione maggiormente consensuale del delitto di tortura, ma la Camera
																						dei Deputati non può ritornare su un testo e su emendamenti che ha già adottato
																						in sessione. Il dibattito parlamentare prosegue per decidere se il testo
																						adottato può e deve essere modificato. 
																						49. Alcuni interlocutori mi hanno indicato che la nozione del
																						carattere ripetitivo era necessaria per la conformità con la Costituzione, che
																						impone di definire con precisione le infrazioni penali. Le mie discussioni con
																						vari esponenti del mondo giudiziario mi hanno almeno rassicurato; la
																						Costituzione prevede effettivamente che le infrazioni siano chiaramente
																						definite per legge, ma non impone criteri specifici, quali la reiterazione
																						dell’atto. Invito quindi le autorità italiane ad introdurre quanto prima il
																						delitto di tortura nel codice penale, conciliando le volontà politiche e la
																						definizione comunemente accettata a livello internazionale. 
III. IL SISTEMA CARCERARIO 
																						A. Situazione generale 
																						50. Come avviene nella maggior parte dei paesi europei, le carceri
																						italiane sono sovraffollate. Al 31 dicembre 2004, la popolazione detenuta
																						comprendeva 56.068 persone – tra cui 2.589 donne –, per una capacità massima
																						degli istituti penitenziari di 42.478 posti. Il tasso medio di occupazione è
																						quindi di oltre il 130%. Viste le disfunzioni e la lentezza della giustizia
																						penale, oltre il 35% dei detenuti sono in attesa di giudizio definitivo. Nel
																						corso della mia visita al carcere di Rebibbia Nuovo Complesso, ho potuto
																						constatare l’entità di tale sovraffollamento. La prigione ospitava 1.610
																						detenuti, mentre la sua capacità effettiva è di 1.070, e la sua capacità
																						massimale tollerabile è di 1.271 persone. Tale sovraffollamento, oltre ad
																						incidere sulle condizioni materiali della detenzione, complica inevitabilmente
																						l’efficacia dell’amministrazione carceraria. Non si è più in grado di separare
																						varie categorie di detenuti, che dovrebbero essere sistemati in sezioni distinte–
																						imputati e detenuti condannati, giovani delinquenti e detenuti più anziani,
																						malati e sani. Il personale e le risorse sono insufficienti, con la
																						conseguenza, come è avviene sfortunatamente anche in altri paesi europei, che
																						in Italia non viene accordata un’attenzione sufficiente alle attività di
																						reinserimento. 
																						51. Tra le ragioni indicate per spiegare la mancanza di posti
																						nelle carceri si devono annoverare le scarse possibilità di fornire misure
																						alternative. Per fare un esempio, al 31 dicembre 2004, il regime di
																						semi-libertà era concesso solo a 1.642 detenuti, e la residenza sorvegliata
																						soltanto a circa 6.000 soggetti31.
																						Inoltre, come mi è stato indicato dal Direttore dell’amministrazione
																						penitenziaria, i meccanismi relativi al lavoro di pubblica utilità sono
																						lasciati all’apprezzamento discrezionale del giudice, il che ne limita la
																						portata, e non esistono, in diritto italiano, interventi di sostegno e di
																						controllo per la sospenzione condizionale della pena. Una riforma nel senso di
																						una maggiore diversità delle pene alternative permetterebbe di diminuire in
																						modo non trascurabile il tasso di sovraffollamento delle carceri. 
																						52. La gravità del sovraffollamento delle carceri viene aumentata
																						dalla vetustà delle infrastrutture o talvolta dalla loro inadeguatezza,
																						rispetto alle esigenze moderne. Conscio di tale difficoltà, il Ministro della
																						giustizia mi ha esposto un programma edilizio ambizioso del valore di un
																						miliardo di euro per i prossimi quindici anni. Tale programma prevede di
																						vendere certi istituti penitenziari, che non sono più adatti al mondo
																						carcerario moderno, hanno costi di manutenzione troppo elevati, o che si
																						trovano in luoghi privilegiati, per investire il ricavo nella costruzione di
																						nuove strutture più idonee. In totale, il Ministro spera di poter costruire 24
																						nuove carceri. Due sono già in corso di realizzazione. Tali programmi creano
																						certamente i presupposti per imboccare la buona strada. E’ indispensabile che
																						vengano completamente realizzati e che siano accompagnati da un aumento del
																						personale penitenziario. Mi è stato infatti indicato che il personale attuale
																						non solo è in numero insufficiente, ma che i posti vacanti sono in gran parte
																						dovuti alla sua scarsa retribuzione. Garantire un’adeguata proporzione tra
																						guardie carcerarie e prigionieri è essenziale sia per la buona amministrazione
																						del carcere, che per la sicurezza e il benessere dei custodi e dei detenuti. 
																						53. Tale penuria di personale non è certo l’unica causa dei
																						numerosi decessi in carcere, ma non è in grado di evitarli. Tra gennaio e
																						maggio 2005, sono deceduti 43 detenuti, 26 dei quali per suicidio32.
																						Queste cifre, senza essere allarmanti come in altri paesi europei,
																						rappresentano pur sempre un motivo di preoccupazione, tanto più che si rileva
																						che alcuni fatti sono rimasti impuniti o che la giustizia non si è ancora
																						pronunciata, sebbene si siano verificati negli anni ‘90. In tali circostanze,
																						dovrebbe essere presa in considerazione l’istituzione della figura del
																						Mediatore nazionale, a cui i detenuti possano rivolgere le loro lagnanze. 
B. La salute in prigione 
																						54. In maniera generale, i detenuti incontrano gravi difficoltà
																						per accedere ai servizi sanitari. Per esempio, pare che le farmacie dei
																						penitenziari non siano approvvigionate secondo i fabbisogni dei detenuti, e
																						alcuni di loro mi hanno segnalato serie difficoltà a consultare degli specialisti.
																						Devono già aspettare parecchi giorni prima di poter incontrare il medico del
																						carcere, ma quando è necessario consultare uno specialista esterno, tale attesa
																						può prolungarsi per più settimane. Delle cure dermatologiche, dentistiche o
																						reumatologiche non mi sembrano superflue, e le restrizioni finanzarie non
																						devono impedire a persone già private di libertà di godere di trattamenti o di
																						cure essenziali. 
																						55. Ho avuto la possibilità di discutere a lungo la questione
																						dell’accesso alle cure sanitarie con vari direttori di carcere e con
																						responsabili dell’amministrazione penitenziaria incontrati nel corso della mia
																						visita. Tutti hanno espresso preoccupazione per le difficoltà di accesso ai
																						servizi ospedalieri. Si tende attualmente a ricoverare i detenuti malati negli
																						ospedali civili, per evidenti ragioni economiche. Dal momento che gli ospedali
																						civili sono già sovraccarichi di lavoro, i detenuti devono aspettare più del
																						tempo ragionevole per un ricovero in ospedale, soprattutto quando è
																						programmato. Questa attesa prolungata per patologie non urgenti aumenta
																						notevolmente il rischio di aggravare la malattia. Nel caso invece di un
																						ricovero di urgenza, tutti i direttori mi hanno indicato di non avere
																						difficoltà a fare accettare in ospedale un detenuto malato, se richiede un
																						intervento immediato. Mi sembra quindi necessario, al riguardo, che vengano
																						stanziati mezzi più considerevoli per tutelare la salute dei detenuti. 
C. Attività proposte ai
																						detenuti 
																						56. Le possibilità di lavoro in carcere si rivelano difficili,
																						secondo i direttori, viste le restrizioni normative e di bilancio. Nel corso
																						degli ultimi 14 anni, si è assistito a un aumento del numero dei detenuti che
																						svolgono un lavoro, poiché si contano 3.660 persone in più, ma è praticamente
																						raddoppiata la popolazione carceraria totale, che è salita a 56.06833
																						persone. Al 31 dicembre 2004, 14.686 detenuti disponevano di un lavoro, pari a
																						circa un quarto dell’intera popolazione carceraria. I due terzi di tali
																						mansioni consistevano in compiti legati all’attività e al funzionamento delle
																						carceri (cucina, pulizie, manutenzione, ecc.). Tali dati confermano la
																						situazione da me constatata nel carcere di Rebibbia Nuovo Complesso. Al momento
																						della mia visita, sui 1.600 detenuti, 321 lavoravano alle dipendenze
																						dell’amministrazione del carcere e svolgevano lavori domestici, di
																						miglioramento, di manutenzione ordinaria e di agricoltura. 
																						57. Nel carcere di Venezia –la Giudecca, da me ugualmente
																						visitato, la direttrice ha creato dei laboratori in funzione dei fabbisogni del
																						Veneto. Nel carcere femminile, sono stati aperti tre reparti (orto biologico,
																						lavanderia e produzione di articoli per il bagno) legati direttamento al
																						turismo, attività principale di Venezia. Tale progetto, encomiabile e fonte di
																						orgoglio per l’amministrazione e le detenute, presenta tuttavia l’inconveniente
																						di offrire meno posti di quelli richiesti. Per ovviare almeno parzialmente al
																						problema, è stato istituito un sistema di turni. 
																						58. Questo esempio preciso sembra essere rappresentativo della
																						situazione generale del lavoro nelle carceri italiane, salvo che non viene
																						sempre organizzato un sistema di turni, per la condivisione del lavoro. Mi è
																						stato spiegato che le disposizioni legali relative alla retribuzione del lavoro
																						dei detenuti rendono difficile trovare e finanziare delle attività redditizie.
																						Vista l’importanza rappresentata dal lavoro nella vita in carcere e per
																						favorire le possibilità di reinserimento dei detenuti, sarebbe auspicabile
																						trovare i mezzi per accrescere il numero di posti di lavoro, che potrebbero
																						essere offerti sia dall’amministrazione italiana, che tramite la conclusione di
																						convenzioni con aziende private. 
																						59. A parte le attività lavorative, i detenuti possono seguire
																						delle formazioni qualificanti per un mestiere. Nel 2004, oltre 8.000 persone
																						hanno seguito una formazione professionale34.
																						Possono poi seguire dei corsi di alfabetizzazione, dei corsi scolastici e
																						universitari. Ho tuttavia potuto constatare che, per mancanza di mezzi, tali
																						attività occupano un numero limitato di detenuti, mentre il resto della
																						popolazione carceraria ha, come unica attività giornaliera, la passeggiata nel
																						cortile. 
																						60. Mi consta che l’aumento della popolazione carceraria non sia
																						stato seguito da un relativo potenziamento delle risorse stanziate per
																						programmi e attività. Di conseguenza, i direttori delle carceri non sono in
																						grado di offrire attività corrispondenti al numero di detenuti, il che rende le
																						carceri degli spazi che non offrono orizzonti. Si dovrebbe avviare una politica
																						mirante a un migliore stanziamento dei fondi, accompagnata da un aumento dei
																						posti di lavoro offerti da imprese esterne, in vista di offrire ai detenuti
																						migliori possibilità di reinserimento. 
D. Neonati e bambini in
																						tenera età conviventi in carcere con le madri 
																						61. Nel corso della mia visita del carcere femminile di Venezia–
																						Giudecca, ho potuto valutare il regime speciale di detenzione per giovani
																						madri. In quel momento, conviveva con le madri, una decina di bambini. La
																						direttrice mi ha spiegato che esistono altre alternative (il bambino viene
																						affidato a parenti, a strutture specifiche, ecc), ma che, nonostante tutto, le
																						donne che lo desiderano possono tenere con sè in carcere il bambino fino ai tre
																						anni. Il carcere dispone di una sezione « nido » per bambini ed è
																						stato creato un programma per preparare la madre al momento in cui il figlio
																						uscirà dalla prigione e si dovrà trovare una soluzione di accoglienza
																						all’esterno. Nella maggior parte dei casi si tratta di bambini la cui madre non
																						ha sempre dei parenti che vivono nelle vicinanze. Il bambino in carcere
																						usufruisce talvolta di un miglior trattamento sanitario di quello che potrebbe
																						trovare all’esterno. Il personale dirigente mi ha dato inoltre l’impressione di
																						accordare tutta l’attenzione necessaria a queste situazioni particolari. 
																						62. Secondo le statistiche del Ministero della giustizia, al 31
																						dicembre 2004, convivevano con le madri detenute nelle carceri italiane 60
																						bambini di meno di tre anni. Tenendo conto che a quel momento 24 detenute erano
																						incinte, se ne può dedurre che il numero di bambini in tenera età presenti
																						nelle carceri resterà limitato. La prigione non è certo un luogo adatto ai
																						bambini in tenera età, ma, a mio avviso, la loro presenza in un ambiente
																						adeguato, come ho potuto giudicare quello della Giudecca, può essere meno
																						traumatizzante sia per la madre, che per loro, rispetto a una completa separazione
																						in un momento così importante della loro vita. 
E. Detenuti sottoposti alle
																						disposizioni dell’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario 
																						63. L’Italia dispone di tre « circuiti » penitenziari.
																						Il primo, quello ordinario, per i criminali che non pongono difficoltà
																						particolari. Il secondo, chiamato « regime di sorveglianza
																						particolare » viene applicato a detenuti considerati pericolosi, in
																						special modo per i loro legami con la criminalità organizzata. 
																						64. Al terzo circuito di detenzione vengono assegnati gli elementi
																						più pericolosi e più importanti del crimine organizzato, in virtù dell’articolo
																						41 bis dell’ordinamento penitenziario. Scopo di tale regime è, in linea di
																						massima, di isolare completamente tali detenuti dal loro ambiente sociale di provenienza,
																						con l’obiettivo dichiarato di impedire che si ristabiliscano e/o si rafforzino
																						dei contatti tra il detenuto e il suo gruppo criminale di provenienza, sia
																						all’interno, che all’esterno del carcere. In base alle statistiche disponibili,
																						sebbene le disposizioni dell’articolo 41 bis possano applicarsi alle
																						organizzazioni terroristiche, tutti i detenuti del regime 41 bis nel 2004 erano
																						legati alle varie organizzazioni mafiose italiane e in particolare a cosa
																						nostra, ‘ndrangheta e camorra35. 
																						65. L’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario, introdotto
																						nel 1992, autorizza il Ministro della Giustizia, sia d’ufficio, sia a richiesta
																						del Ministro dell’Interno, a sospendere parzialmente o totalmente, per ragioni
																						di sicurezza e di ordine pubblico, l’applicazione delle norme penitenziarie
																						ordinarie, nel caso di persone incarcerate per atti di criminalità organizzata
																						o per certi delitti gravi. Previsto inizialmente come temporaneo, l’articolo 41
																						bis è diventato in seguito la base della detenzione dei grandi criminali
																						mafiosi. Nel corso del mio incontro con il Ministro della Giustizia, sono stato
																						informato che il regime attualmente in vigore dovrebbe concludersi alla fine
																						del 2005, e che in seguito spetta ai parlamentari decidere se debba essere
																						rinnovato o meno. 
																						66. Questo terzo circuito, costituito da un numero molto limitato
																						di istituti penitenziari, ospita meno di 700 detenuti e imputati. Le
																						« carceri 41 bis » possono essere delle sezioni distinte di un
																						carcere tradizionale più grande, (come per esempio a Rebibbia Nuovo Complesso,
																						che ho visitato), oppure un edificio isolato, destinato unicamente alla
																						detenzione di questi particolari detenuti. Nel secondo caso, tali carceri si
																						trovano in località isolate, essenzialmente nel Nord del paese, per diminuire
																						le possibilità di evasione o di contatti inopinati con l’esterno. 
																						67. Nel corso degli anni, il regime secondo l’articolo 41 bis è
																						stato progressivamente mitigato36 a
																						seguito delle decisioni delle giurisdizioni interne37 o
																						delle raccomandazioni del CPT. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha
																						inoltre condannato a più riprese l’Italia, segnatamente nel 200438, per
																						mancata protezione giuridica nell’applicazione dell’articolo 41 bis e per
																						mancato rispetto dei diritti di corrispondenza e di visite. A seguito di queste
																						decisioni, l’Italia ha adottato la legge n° 95 del 2004, che modifica il
																						controllo della corrispondenza e rafforza le garanzie offerte ai detenuti
																						sottoposti al regime 41 bis. La legge dà la possibilità di presentare ricorso
																						contro il controllo della corrispondenza, e il giudice deve pronunciarsi entro
																						10 giorni. Nella pratica, pare che il detenuto possa aspettare più mesi prima
																						della decisione, e che talvolta essa giunga quando la misura è già stata
																						revocata. 
																						a) Procedure per
																						l’assegnazione e il ricorso 
																						68. Possono essere assegnati al regime dell’articolo 41 bis tanto
																						gli imputati, che i condannati. L’assegnazione è sotto forma di decreto unico
																						motivato del Ministro della Giustizia. E’ valido per una durata da uno a due
																						anni, rinnovabili, fino alla scomparsa dei legami con il mondo delle
																						organizzazioni criminali. Il decreto stabilisce una presunzione di
																						pericolosità, per la supposta appartenenza a un’organizzazione a delinquere, e
																						l’eventuale buona condotta in carcere non basta ad invertire la situazione. Può
																						essere revocato in qualsiasi momento, non appena viene dimostrata la scomparsa
																						dei legami con la mafia o con altre organizzazioni terroristiche. Tale caso
																						porta a capovolgere l’onere della prova, poiché si presume che vengano
																						mantenuti i legami con le organizzazioni criminali, e spetta al detenuto
																						dimostrare con certezza assoluta che tali legami sono effettivamente scomparsi. 
																						69. Il decreto di assegnazione al regime dell’articolo 41 bis
																						specifica il regime di detenzione applicabile a ogni detenuto. Contiene un
																						riferimento ai vari articoli dell’ordinamento penitenziario la cui applicazione
																						è sospesa o limitata39. Per
																						quanto concerne le garanzie procedurali, occorre notare anzitutto che
																						l’interessato non è informato che è stata aperta nei suoi confronti una
																						procedura relativa all’applicazione del regime 41 bis. Non dispone quindi di
																						alcuna possibilità di esporre il proprio punto di vista o di presentare la
																						propria difesa prima che venga adottato il suddetto decreto. Dopo la sua
																						adozione, il decreto è notificato al detenuto, che dispone di dieci giorni per
																						introdurre il ricorso presso il Tribunale di Sorveglianza competente. 
																						b) Trattamento dei detenuti 
																						70. La detenzione dei carcerati sottoposti al regime dell’articolo
																						41 bis avviene in strutture specifiche o in sezioni separate delle carceri
																						ordinarie. In ogni modo, tali detenuti vengono mantenuti il più possibile
																						lontani dal contatto con altre persone, sia detenute, che sorveglianti. 
																						71. Le disposizioni della circolare dell’Amministrazione
																						penitenziaria N° 3470/5920 del 20 febbraio 1998 che emendano il regime di
																						detenzione « 41 bis » si applicano all’insieme dei detenuti
																						sottoposti a tale regime e stabiliscono le seguenti modalità40 : 
																						1. un periodo di 4 ore al giorno fuori dalla cella, di cui due ore
																						di passeggiata all’aperto, in piccoli gruppi; 
																						2. attività in comune per un massimo di due ore al giorno, in
																						piccoli gruppi, in una sala allestita a scopi culturali, di svago o di sport, situata
																						all’interno del quartiere di detenzione; 
																						3. un unico colloquio al mese – due in casi speciali – in locali
																						adattati, con un vetro di separazione, di un’ora, con un massimo di 3 persone;
																						possibilità di contatti fisici con i figli di meno di 12 anni, per 10 minuti al
																						massimo alla fine della visita dei familiari; 
																						4. colloqui non limitati nel tempo, né nel numero con il proprio
																						difensore, ma sotto il controllo dell’amministrazione penitenziaria41 ; 
																						5. un colloquio telefonico, una volta al mese, per i detenuti che
																						non ricevono visite per quel determinato mese, ma il destinatario della
																						telefonata deve recarsi in un commissariato di polizia o in un carcere per
																						riceverla; 
																						6. la corrispondenza non è limitata nel numero di lettere, ma è
																						sottoposta a censura e al controllo dell’amministrazione penitenziaria, ad
																						eccezione degli scambi con membri del Parlamento, delle istituzioni europee o
																						nazionali competenti in materia di giustizia; 
																						7. una severa regolamentazione in materia di trasferimenti; 
																						8. un numero di pacchi limitato, divieto di possedere
																						musicassette, un lettore di dischi compatti, o una radio a modulazioni di
																						frequenza. 
																						c) Isolamento diurno 
																						72. Le giurisdizioni penali hanno la possibilità di condannare un
																						criminale all’isolamento diurno42 in
																						virtù dell’articolo 72 del codice penale, in quanto misura aggiuntiva a una
																						pena all’ergastolo, nel caso in cui il criminale abbia commesso, oltre ai reati
																						che comportano la pena dell’ergastolo, uno o più reati punibili con pene
																						detentive temporanee. La decisione dell’isolamento diurno è limitata a un
																						massimo di 18 mesi. Secondo le autorità italiane, tale sanzione penale
																						aggiuntiva intende punire un criminale che abbia commesso più delitti43. 
																						73. L’isolamento diurno è una decisione di competenza dei
																						tribunali, ed è sempre distinta da quella dell’applicazione del regime
																						« 41 bis », che è invece di competenza del Ministro della Giustizia.
																						I due regimi sono quindi cumulativi. Questi detenuti, già sottoposti a severe
																						condizioni di detenzione in virtù della decisione amministrativa « 41
																						bis » al momento della custodia preventiva, subiscono ulteriori limitazioni
																						delle loro attività già molto limitate una volta condannati. Sulla base delle
																						discussioni che ho potuto avere nel corso della mia visita, pare che quasi
																						tutte le persone sottoposte al regime « 41 bis » siano oggetto di una
																						decisione di isolamento diurno al momento della condanna, a causa dell’estrema
																						gravità dei delitti commessi, il che provoca talvolta nei soggetti disturbi
																						psicologici irrimediabili. In considerazione della severità del regime che
																						cumula la detenzione secondo l’articolo 41 bis e l’isolamento diurno, è
																						indispensabile che venga garantito un controllo psicologico regolare per tali
																						detenuti e che il giudice incaricato dell’esecuzione delle pene ne sia
																						debitamente informato. 
																						d) Sospensione del
																						« regime 41 bis » 
																						74. Secondo quanto esposto da un responsabile dell’amministrazione
																						penitenziaria da me incontrato, esistono solo tre mezzi perché un detenuto si
																						veda sospendere il regime 41 bis: la collaborazione con le autorità, una
																						decisione giudiziaria di revoca o il decesso. Se ne deduce quindi un’altra
																						finalità della severità del regime “41 bis”. 
																						75. L’articolo 41 bis serve evidentemente a interrompere i
																						rapporti tra un « padrino » della mafia e la sua organizzazione. La
																						lotta condotta dall’Italia contro una criminalità organizzata particolarmente potente
																						è fondamentale per garantire e tutelare la sicurezza di tutti. In tale
																						contesto, un regime quale il « 41 bis » può giustificarsi, ma
																						unicamente se il suo obiettivo non va oltre quello di evitare il persistere
																						dell’influenza del detenuto sulle strutture criminali esterne, e in tal modo di
																						prevenire che vengano commessi altri crimini. 
																						76. Nel visitare la sezione 41 bis del carcere di Rebibbia, non ho
																						potuto fare a meno di sospettare che questo regime non sia stato unicamente
																						elaborato per tagliare i legami dei detenuti con l’esterno, ma anche per
																						spezzarne la volontà, per incoraggiare la loro cooperazione (che consente di
																						revocare le restrizioni) e per mostrare la forza dello Stato. Sono stato per
																						esempio sorpreso dall’osservazione di un detenuto, che mi ha detto che
																						« sono trattati meglio i leoni in gabbia». Ho compreso tale osservazione
																						visitando lo spazio riservato alla passeggiata. I detenuti del 41 bis
																						trascorrono solo due ore al giorno all’aria. Ebbene, il “passeggio” è
																						costituito da due gabbie di circa 10 m², circondate da inferriate – anche al di
																						sopra della testa– e con mattonelle sul pavimento. Ciascuna delle 4 vasche di
																						passeggio dispone di un gabinetto e di un lavabo. Per tutta la durata della
																						loro detenzione in questo carcere, i detenuti non vedono quindi mai una pianta,
																						un albero o qualcosa che ricordi loro la terra, e hanno come unico orizzonte
																						delle gabbie sempre recintate da fitti reticolati. 
																						77. Alla luce di questi elementi e delle condizioni di vita
																						succitate, è evidente che questo tipo di trattamento è creato per spingere il
																						detenuto alla collaborazione con la polizia e con la giustizia, in modo da
																						ottenere lo status di collaboratore di giustizia e la sospensione del regime 41
																						bis. Per certi detenuti, sono stati constatati dei disturbi psicologici44,
																						come lo dimostra d’altronde la presenza nel carcere di Rebibbia di un detenuto
																						con turbe mentali da quando è sottoposto al regime dell’articolo 41 bis. Come
																						l’ho fatto osservare al Ministro della Giustizia, rendere più umane le
																						condizioni di vita nelle carceri 41 bis non significa per questo facilitare i
																						contatti con le organizzazioni esterne. Tale regime si giustifica per la sua
																						funzione preventiva, e non punitiva. Devono di conseguenza essere compiuti
																						sforzi e si deve accordare un’attenzione particolare per garantire che venga
																						pienamente rispettata tale distinzione. 
IV. GIUSTIZIA MINORILE 
																						78. L’Italia ha un sistema di giustizia minorile specializzata
																						apprezzabile, in particolare grazie a giurisdizioni separate per i minorenni,
																						giudici di istruzione e procuratori presso i tribunali per i minorenni e una
																						sezione minorile presso le corti di appello. In Italia, i ragazzi di età
																						inferiore ai 14 anni non sono penalmente perseguibili. L’arresto di un minore e
																						la sua detenzione preventiva sono autorizzati unicamente per infrazioni penali
																						gravi, per le quali la legge prevede pene di almeno nove anni di reclusione, o
																						per altri reati “gravi” (stupro, furto aggravato, ecc.). A. Giustizia minorile 
79. Nel 1998, l’Italia ha istituito dei centri per minori in stato
																						di fermo, onde evitare loro un’eventuale esperienza negativa nei commissariati
																						di polizia, dove i locali e il personale non sono sempre adattati alla loro
																						età. I ragazzi vi sono condotti nella maggior parte dei casi dopo la
																						constatazione di flagrante delitto, e vengono affidati ai servizi della polizia
																						penitenziaria, che gestisce tali centri. Non possono essere trattenuti per più
																						di quattro giorni, duranti i quali i servizi per l’infanzia preparano un
																						rapporto sulla situazione del minorenne, da presentare al giudice minorile. Nel
																						frattempo, i minori, oltre a rispondere agli interrogatori della polizia,
																						partecipano ad attività educative e ricreative adatte alla loro età. Tale
																						meccanismo merita un plauso, poiché evita ai minori di essere trattenuti in
																						stato di fermo nei commissariati, luogo fondamentalmente inadatto
																						all’accoglienza di una popolazione giovane e fragile. 
																						80. Nel corso della mia visita a Roma, ho potuto visitare una
																						struttura di accoglienza per giovani delinquenti. Il Centro di Prima
																						accoglienza per minorenni di Roma ha una capacità di accoglienza per 30
																						ragazzi, anche se in media sono presenti solo circa 10 ragazzi. In totale, vi
																						soggiornano ogni anno 1200 ragazzi, ossia un terzo di tutti i minorenni in
																						stato di fermo in Italia. Gli edifici sono recenti, mentre il materiale mi è
																						parso piuttosto antiquato; la direzione mi ha d’altronde spiegato che mancano i
																						fondi per poter acquistare mobili più adattati. 
																						B. Carceri minorili 
																						81. La maggior parte degli atti illeciti commessi da minori si
																						verifica nel Nord e nel centro dell’Italia, mentre i centri di detenzione si
																						trovano al Sud. Esistono 17 carceri minorili nel paese, di cui solo 4
																						dispongono di una sezione femminile. Più della metà di questi minori è di
																						origine straniera. Nel corso dei miei spostamenti in Italia, ho potuto visitare
																						due carceri minorili, uno vicino a Napoli, Istituto penitenziario minorile
																						di Nisida e l’altro a Roma, Istituto penale minorile « Casal del
																						Marmo ». Colgo l’occasione per ringraziare i direttori e il loro
																						personale per l’accoglienza e vorrei congratularmi con loro per il lavoro che
																						svolgono in condizioni spesso difficili. 
																						82. Il regime di detenzione è piuttosto aperto e lascia ai minori
																						la possibilità di spostarsi all’interno della struttura. Contrariamente alle
																						carceri per adulti, gli agenti di custodia sono vestiti in borghese, per cui il
																						luogo perde un poco il suo carattere carcerario. I ragazzi detenuti hanno tra i
																						14 e i 21 anni. Quando diventano maggiorenni, possono restare nel sistema
																						carcerario minorile ancora per tre anni, il tempo di scontare la pena o di
																						trovare una soluzione alternativa con gli educatori e il giudice di
																						sorveglianza. In mancanza di alternative, devono scontare il resto della pena
																						in un istituto penitenziario per adulti. Il regime di detenzione delle ragazze
																						con bambini in tenera età è lo stesso di quello delle donne detenute nelle
																						carceri per adulti. La madre può tenere con sé il bambino fino all’età di tre
																						anni; da quanto mi hanno detto i direttori, tali situazioni, come per le
																						detenute adulte, sono relativamente poco frequenti. 
																						83. L’Italia dispone di un sistema molto sviluppato in materia di
																						pene alternative per minori. Di conseguenza, il numero di minori detenuti è
																						relativamente basso (in genere, meno di 500 ragazzi), con un periodo di
																						detenzione piuttosto breve, tra i quattro e i cinque mesi. Pare però
																						sproporzionata la percentuale di ragazzi Rom o stranieri detenuti. Certi
																						singoli casi possono essere spiegati in base a fattori obiettivi, legati a
																						determinate condizioni familiari o all’alloggio precario, ma è importante
																						garantire che nella pratica non si verifichi alcuna discriminazione, e, d’altra
																						parte, occorrerebbe procedere a un esame dettagliato delle statistiche, per
																						determinare le cause di tale percentuale sproporzionata. 
																						84. Nei due istituti da me visitati, esistono numerosi programmi
																						per educare, istruire e divertire i minori. Gli insegnamenti professionali sono
																						in generale legati alla cultura e alle tradizioni della città o della regione.
																						A Nisida, un laboratorio permette di realizzare dei presepi in ceramica, mentre
																						a Roma i minori possono imparare a lavorare il cuoio. Per mancanza di mezzi,
																						tali attività sono spesso inquadrate da volontari, e il materiale è offerto
																						dalle aziende. 
																						85. Ho soprattutto potuto riscontrare una carenza manifesta di
																						mezzi per quanto riguarda le attrezzature e il mobilio dei vari reparti del
																						centro « Casal del Marmo ». I muri dei padiglioni erano rovinati e
																						degradati, le camere erano allestite in modo molto sommario, con vecchi letti
																						spesso arrugginiti, e pochi mobili deteriorati e i servizi igienici non erano
																						adatti a un uso regolare. Questa palese mancanza di mezzi è in contrasto con le
																						condizioni di vita molto soddisfacenti che ho potuto constatare a Nisida.
																						Sarebbe pertanto indispensabile che le autorità italiane prevedano di stanziare
																						fondi sufficienti per i 17 istituti penali per minorenni esistenti in Italia,
																						per consentire a ciascuno di essi di accogliere i minori in condizioni di vita
																						decenti, in modo che la loro detenzione non rappresenti soltanto una punizione,
																						bensì anche un mezzo per favorire la loro riabilitazione. 
																						V. IL SISTEMA PSICHIATRICO 
																						A. Sistema psichiatrico
																						ordinario 
																						86. Il sistema psichiatrico italiano è strutturato sulla base
																						della legge n° 180 del 13 maggio 1978, la cosiddetta legge Basaglia, relativa
																						agli « Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori ».
																						L’articolo 32 della Costituzione prevede ugualmente delle disposizioni
																						sull’accesso alla salute, il rispetto della dignità umana, e contiene il
																						divieto a un trattamento sanitario obbligato, se non per disposizione di legge45. 
																						87. Prima dell’adozione della suddetta legge, l’internamento
																						avveniva sulla base di un semplice certificato medico, ratificato dall’autorità
																						locale di pubblica sicurezza, e il soggetto poteva essere internato in grandi
																						strutture impersonali e spesso vetuste. Negli anni sessanta, un movimento, che
																						faceva capo a Franco Basaglia, ha rimesso in questione le strutture
																						psichiatriche, raccomandando e ottenendo l’abolizione della legge in vigore. La
																						questione ha sollevato vasti dibattiti, che spesso si riaccendono nella società
																						italiana. Oltre al dibattito ideologico, questa rimessa in discussione del
																						sistema psichiatrico era dettata dalla volontà di migliorare le condizioni di
																						vita dei malati ospitati negli ospedali psichiatrici. All’epoca, le cure erano
																						poco diversificate e molti ospedali mancavano di umanità. Indubbiamente, il
																						dibattito ha aperto la via alla creazione di strutture alternative e a una
																						migliore attenzione ai pazienti. 
																						88. Con la legge n° 180, la definizione della persona affetta da
																						disturbi mentali si basa ormai su criteri medici. Il malato ha acquisito il
																						diritto di essere curato, invece di essere semplicemente
																						« custodito » perché costituisce un pericolo sociale. La legge
																						prevedeva soprattutto la chiusura progressiva degli ospedali psichiatrici, sia
																						pubblici, che privati, cui veniva vietato di accogliere nuovi pazienti, pur
																						prevedendo, nel contempo, l’istituzione di strutture alternative per la cura
																						dei malati46. 
																						89. L’applicazione completa della legge n° 180 è avvenuta soltanto
																						a partire dal 1994, quando la legge finanziaria n° 724 ha previsto la chiusura
																						di tutti gli istituti psichiatrici ancora operanti sul territorio italiano al
																						31 dicembre 1996. A partire dal 1997, è stato istituito un monitoraggio della
																						progressiva chiusura degli ospedali psichiatrici e dell’integrazione dei malati
																						in servizi alternativi. 
																						a) La
																						de-istituzionalizzazione degli ospedali psichiatrici 
																						90. Nel 1997, prima che gli ospedali psichiatrici fossero chiusi,
																						c’erano ancora 62 ospedali psichiatrici pubblici e 14 strutture private, con un
																						totale di 17.078 pazienti (11.892 nelle strutture pubbliche, e 5.186 in quelle
																						private)47. 
																						91. Dal 1998, la responsabilità delle questioni sanitarie, nel
																						quadro del decentramento delle competenze, è stata trasferita alle Regioni e
																						alle Province autonome. Hanno quindi istituito dei programmi specifici, per
																						chiudere gli ospedali psichiatrici, inserendo i pazienti in strutture
																						appropriate. Col tempo, tale trasferimento di competenze ha inevitabilmente
																						creato certe disparità tra le regioni, in considerazione dei mezzi disponibili
																						e della volontà politica di ciascuna autorità locale. 
																						92. Per procedere al reinserimento dei malati nelle strutture
																						alternative, sono state stabilite due categorie: i « pazienti
																						psichiatrici » e i « pazienti non psichiatrici », ovverosia
																						soggetti che non presentano problemi psichiatrici nel vero senso della parola
																						(anziani e persone con una minorazione psichica o sensoria e in stato di
																						abbandono). 
																						93. Una parte dei malati ha fatto ritorno a casa, in famiglia. Gli
																						altri sono stati ricoverati in strutture aperte sotto l’autorità delle regioni.
																						Sono strutture residenziali di vario tipo, in funzione della gravità dei
																						disturbi psichici. I pazienti meno gravi hanno accesso a residenze di
																						reintegrazione sociale, con assistenza non permanente. I malati più gravi sono
																						invece ospitati in strutture residenziali terapeutiche e di reinserimento, dove
																						viene garantita una sorveglianza permanente. Tuttavia, l’insieme dei miei
																						interlocutori ha riconosciuto che tali strutture non sono sufficienti, visto il
																						numero di malati. Come ho potuto constatarlo nel corso della mia visita
																						all’ospedale psichiatrico giudiziario (Ospedali Psichiatrici Giudiziari, OPG)
																						di Aversa, la mancanza di infrastrutture disponibili comporta conseguenze
																						inaccettabili per i malati. 
																						b) Servizi psichiatrici
																						alternativi 
																						94. La legge n° 180 conferisce alle regioni la competenza di
																						organizzare nuovi servizi alternativi, senza definire i servizi che devono
																						essere creati. Nel 1994, un progetto nazionale48
																						istituito per Decreto del Presidente della Repubblica, ha definito la tipologia
																						delle strutture alternative da creare sul territorio nazionale. Il progetto,
																						inizialmente previsto per un periodo di due anni, è stato prorogato e si
																						applica tuttora. 
																						95. Tale progetto ha istituito il Dipartimento di Salute Mentale
																						(DSM) in quanto autorità centrale responsabile di tutte le attività
																						territoriali che gestiscono servizi alternativi: 
																						· i Centri di Salute Mentale:
																						sono centri per il coordinamento degli interventi; sono attualmente 1244 e
																						operano 6 giorni alla settimana e 12 ore al giorno. Si tratta di centri di
																						accoglienza, che effettuano le diagnosi psichiatriche, definiscono i programmi
																						terapeutici e controllano i centri privati. 
																						· Ospedali diurni: sezione di
																						assistenza semi- residenziale per cure brevi. Day-hospitals permettono de
																						effettuare accertamenti completi, di fornire le cure farmacologiche, per
																						ridurre il ricorso all’internamento e limitarne la durata. Esistono ugualmente
																						delle strutture aperte in giornata o in certi orari per un totale de 682
																						centri. 
																						· Le strutture residenziali:
																						1205 strutture extra ospedaliere, pubbliche e private, che possono accogliere
																						dei pazienti in modo permanente. 
																						· I Servizi psichiatrici di
																						diagnosi e di cura (SPDC): si tratta di servizi ospedalieri, dove vengono
																						effettuate cure psichiatriche volontarie e obbligatorie di soggetti ricoverati.
																						Con le Aziende ospedaliere, SPDC accolgono circa 5.000 pazienti. 
																						96. In totale, l’Italia conta circa 3.200 centri49 per
																						le persone affette da disturbi mentali oltre alle SPDC. 
																						c) L’internamento in
																						ospedale (TSO) 
																						97. L’articolo 1 della legge Basaglia dispone che gli accertamenti
																						e le cure sanitarie sono volontari. L’articolo 2 prevede nondimeno
																						l’eventualità che possano essere ordinati dei trattamenti sanitari obbligatori
																						(TSO) se sussistono contemporaneamente tre condizioni: 
																						· Le alterazioni psichiche
																						richiedono un intervento terapeutico urgente;
																						· Le cure (volontarie) non
																						sono accettate dal malato; e
																						· Le condizioni e le
																						circostanze non consentono di adottare misure sanitarie extra ospedaliere. 
																						98. Il Sindaco, in quanto autorità sanitaria locale, decide
																						l’internamento perché venga effettuato un trattamento sanitario obbligatorio.
																						Per prendere una decisione di internamento in ospedale, deve ottenere un parere
																						motivato di un medico, convalidato da un secondo medico. La decisione viene
																						comunicata a un giudice, che può impedire l’internamento. La procedura può
																						sembrare adattata, da un punto di vista puramente formale, ma si deve notare
																						che la legislazione non dispone che almeno uno dei due medici sia uno
																						psichiatra. Inoltre, il secondo parere è unicamente una convalida del primo,
																						senza colloquio con il malato. Questa decisione, che richiede l’intervento di
																						quattro persone diverse, godrebbe di maggiore trasparenza se prevedesse il
																						ricorso obbligatorio a uno psichiatra, sola persona veramente in grado di
																						diagnosticare la patologia del malato e di valutare in modo globale la
																						necessità dell’internamento. 
																						99. L’internamento in ospedale non può essere superiore ai sette
																						giorni, tranne nei casi in cui il responsabile del reparto psichiatrico ne
																						faccia domanda al sindaco, che è l’autorità competente per autorizzare un
																						prolungamento. Nella pratica, il ricorso a un internamento superiore a una
																						settimana è frequente, poiché mancano le strutture in grado di ospitare e
																						curare tali pazienti durante le loro crisi. 
																						B. Ospedali psichiatrici
																						giudiziari (OPG) 
																						100. La legge n° 180 voleva chiudere gli istituti psichiatrici, ma
																						non ha previsto la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG).
																						Vengono chiamati ospedali, ma sono in realtà delle strutture penitenziarie
																						gestite dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del Ministero della
																						Giustizia. 
																						101. Nel corso della mia visita ufficiale, ho avuto la possibilità
																						di visitare uno dei sei ospedali psichiatrici giudiziari, quello di Aversa,
																						vicino a Napoli, e di avere un lungo colloquio con il suo direttore e i suoi
																						collaboratori. Tengo a ringraziarli tutti per la loro pazienza e disponibilità,
																						e per avermi permesso di comprendere meglio, con questa mia visita, la
																						complessità dei meccanismi di tutela delle persone affette da disturbi mentali
																						in Italia. 
																						102. Il fabbricato principale di Aversa è circondato da varie
																						strutture più piccole, destinate ad ospitare certi pazienti-detenuti. In tal
																						modo, i casi più difficili sono ricoverati in una sezione separata dagli altri
																						internati. Ho potuto visitare inoltre una sezione separata e autogestita per i
																						malati meno gravi. Questa sezione, dove non è presente la polizia
																						penitenziaria, mira a ricreare condizioni di vita il più possibile simili a
																						quelle dell’esterno. In modo generale, le strutture mi sono parse vetuste, tali
																						da offrire ai ricoverati condizioni di vita al limite della decenza, malgrado i
																						considerevoli sforzi del personale dirigente. L’istituto manca veramente di
																						mezzi necessari sia per ristrutturare certi spazi e sostituire il mobilio ormai
																						vetusto, che per garantire attività e programmi diversificati. 
																						103. Pur avendo una capacità totale di 189 ricoverati, l’OPG di
																						Aversa al momento della mia visita ne accoglieva 230. Tale fenomeno di
																						sovraffollamento, presente nei 6 OPG dell’Italia, è in gran parte dovuto,
																						secondo il direttore, alla pratica di prolungare gli internamenti, per mancanza
																						di strutture adattate all’esterno. Ho ritenuto allarmante tale situazione, e ho
																						voluto studiare più a fondo la questione. Vorrei esprimere i miei più vivi
																						ringraziamenti ai miei interlocutori ad Aversa e al Ministero della Giustizia,
																						che mi hanno aiutato a tracciare un quadro più completo della situazione. 
																						104. Il Codice penale italiano stabilisce, agli articoli da 199 a
																						235, le « Misure di sicurezza personale », una delle quali può essere
																						l’internamento in un ospedale OPG delle persone « socialmente
																						pericolose » (art. 202). Numerose decisioni della Corte costituzionale50 e
																						una revisione dell’ordinamento legislativo51
																						hanno adattato il meccanismo dell’internamento psichiatrico giudiziario ai
																						diritti fondamentali dei pazienti, in particolare permettendo un maggior
																						controllo da parte del giudice. Per decidere il ricovere in un OPG, devono
																						essere soddisfatti più criteri. 
																						a) La nozione di
																						« persona socialmente pericolosa » 
																						105. Le misure di sicurezza che determinano l’internamento in un
																						OPG si applicano alle « persone socialmente pericolose » che hanno
																						commesso un reato. Il codice penale prevede inoltre il caso in cui le persone
																						socialmente pericolose, che non hanno commesso un fatto previsto dalla legge
																						come reato possono essere oggetto di una misura di sicurezza (art. 202). In
																						base all’articolo 203 del codice penale, è socialmente pericolosa la persona
																						che, anche se non imputabile o non punibile, ha commesso uno dei fatti previsti
																						dalla legge come reato, quando esiste la probabilità che commetta nuovi reati.
																						La qualità di persona socialmente pericolosa viene determinata dall’autorità
																						giudiziaria competente sulla base di un accertamento psichiatrico del malato. 
																						b) Decisione del giudice 
																						106. Conformemente all’articolo 205 del codice penale, le misure
																						di sicurezza, e, di conseguenza, l’internamento sono ordinati da un giudice
																						nella sua sentenza di condanna del reato commesso dal malato. Può anche
																						intervenire una decisione ulteriore, o in altri momenti del procedimento
																						penale. 
																						107. Nel corso dell’istruzione, l’autorità giudiziaria competente
																						può disporre che un malato venga provvisoriamente ricoverato in un OPG52. Il
																						giudice revoca l’ordine quando ritiene che la persona non sia più socialmente
																						pericolosa. Il tempo dell’esecuzione provvisoria deve tuttavia essere computato
																						nella durata della misura di sicurezza. Il giudice può inoltre ordinare
																						l’internamento in un OPG di una persona sottoposta a un’altra misura detentiva
																						e affetta da una malattia psichica, fino alla scomparsa della malattia. 
																						108. Il giudice può infine ordinare l’internamento ai sensi
																						dell’articolo 148 del codice penale, quando il condannato è colpito da una
																						malattia mentale manifestatasi anteriormente o sopravvenuta nel corso
																						dell’esecuzione di una pena detentiva, se ritiene che l’infermità sia tale da
																						impedire l’esecuzione della pena. Il provvedimento di internamento è revocato e
																						il condannato deve scontare la pena quando sono venute meno le cause che hanno
																						determinato tale provvedimento. In tal caso, il periodo trascorso nell’OPG è
																						integrato nella pena che resta da scontare. 
																						c) Durata dell’internamento 
																						109. Come mi è stato indicato dal direttore dell’OPG di Aversa, la
																						durata dell’internamento dipende direttamente dalla durata della pena prevista
																						per l’infrazione commessa. Questa decisione di giustizia soddisfa quindi più
																						una necessità di punire per il fatto commesso, che di fornire cure al malato.
																						La decisione iniziale di internamento, presa dal giudice, può essere di due
																						anni, di cinque o di dieci anni. 
																						110. In virtù della legge n° 663 del 1986, la durata
																						dell’internamento può essere riveduta dal giudice prima della sua scadenza.
																						Egli può ordinare la revoca della misura di internamento, quando constata che
																						l’internato non è più socialmente pericoloso. Tuttavia, come mi è stato
																						chiaramente indicato dai medici incontrati, è estremamente raro che una misura
																						di internamento venga revocata prima del suo termine, vista la mancanza di
																						posti nelle strutture esterne, non giudiziarie. 
																						d) Il mantenimento degli
																						internati negli OPG 
																						111. Il codice penale italiano e la giurisprudenza della Corte
																						costituzionale permettono di mantenere gli internati negli OPG al di là della
																						decisione iniziale unicamente qualora il giudice constati il permanere della
																						pericolosità sociale. Ai sensi dell’articolo 208 del codice penale, decorso il
																						periodo di internamento, il giudice riprende in esame le condizioni della
																						persona sottoposta a tale misura, per stabilire se è ancora socialmente
																						pericolosa. In tal caso, il giudice fissa un nuovo termine per un esame
																						ulteriore, generalmente sei mesi dopo. 
																						112. L’articolo 112 § 6 del decreto n° 230/2000 obbliga la
																						direzione degli OPG a informare mensilmente le autorità giudiziarie sulle
																						condizioni psichiche degli internati. Di conseguenza, il giudice è informato
																						dell’evoluzione delle condizioni mentali di ogni internato e può quindi
																						prendere in esame la possibilità di revocare il provvedimento di internamento
																						in qualunque momento, se ritiene che sia cessato il pericolo. 
																						113. Secondo le spiegazioni che mi sono state fornite, la nozione
																						di pericolosità sociale di un infermo internato si basa su vari criteri. Anzitutto,
																						si deve prendere in considerazione la pericolosità della persona verso se
																						stessa, poi nei confronti della società. In tale valutazione, i medici e il
																						giudice prendono in esame la capacità del malato di vivere in società, ma anche
																						la capacità della famiglia e della società di accogliere il malato. 
																						114. Nella pratica, l’internamento si prolunga in generale molto
																						oltre il termine stabilito inizialmente dal giudice, poiché i servizi
																						psichiatrici esterni o le famiglie non sono in grado di accogliere i malati una
																						volta dimessi. Dopo aver scontato la « pena », il malato è talvolta
																						messo in libertà per un periodo di prova. L’assenza di strutture specifiche
																						obbliga troppo spesso a un ritorno non desiderato e non auspicabile in seno
																						alla famiglia, con il conseguente rapido ritorno del malato presso l’OPG, dato
																						che la famiglia non è in grado di gestire le sue crisi e la demenza. 
																						115. In maniera più generale, anche se l’internato cessa di essere
																						una « persona socialmente pericolosa», il magistrato di sorveglianza è
																						obbligato di prolungarne il ricovero fino a quando non potrà essere accolto in
																						un servizio esterno. La nozione di pericolosità non è quindi assoluta, e
																						dipende in gran parte dalle strutture di accoglienza disponibili. 
																						116. In base alle informazioni fornite dal direttore, circa il 40%
																						degli internati presso l’OPG di Aversa è in periodo di prolungamento della
																						misura di internamento e il 60% vi rimane per mancanza di soluzioni di
																						accoglienza. Dei 230 internati al momento della mia visita, circa 55 non dovrebbero
																						trovarsi all’interno del sistema penitenziario. La situazione non è nuova, come
																						lo dimostrano le raccomandazioni del CPT, dopo la sua visita nello stesso
																						istituto nel 199553 e
																						pare essere la causa principale del sovraffollamento delle OPG. Il
																						prolungamento incide quindi negativamente non solo sull’interessato, che non
																						viene rimesso in libertà e deve continuare a scontare una pena, ma anche sugli
																						altri internati, costretti a vivere in istituti sovraffollati. 
																						117. Gli ospedali psichiatrici giudiziari, pur ospitando e
																						seguendo psicologicamente gli internati, sono malgrado tutto dei centri
																						penitenziari, gestiti dall’amministrazione giudiziaria. E’ pertanto
																						inconcepibile e inaccettabile, a mio avviso, che delle persone siano costrette
																						a restare in una struttura carceraria perché mancano posti all’esterno. 
																						118. La regionalizzazione del sistema sanitario va ad aggravare le
																						difficoltà di trovare soluzioni alternative e di ospitare gli internati in
																						strutture esterne. Un esempio sintomatico è quello di Aversa. Dal momento che
																						esistono solo 6 OPG in tutta Italia, l’ospedale psichiatrico giudiziario di
																						Aversa ospita pazienti provenienti da altre regioni italiane. Perché un
																						internato che abbia trascorso più di 3 anni in un OPG possa tornare nella
																						propria regione di provenienza, occorre che la sua pratica venga accettata
																						dalla USL di tale regione, e che vi abbia risieduto per almeno 6 mesi. Per
																						questo, per realizzare tale « trasferimento », gli impiegati dell’OPG
																						devono recarsi direttamente sul posto per discutere con l’amministrazione
																						locale le possibilità e le modalità di tale ritorno, il che richiede molto
																						tempo e risorse non indifferenti. Il fatto che gli OPG siano sparsi in tutta
																						Italia e che siano poco numerosi causa spesso delle difficoltà e perfino una
																						interruzione dei legami tra il malato e la sua famiglia, contribuendo a
																						diminuire ulteriormente le sue possibilità di un ritorno a casa o vicino ai
																						suoi. Viste le difficoltà, si capisce bene perché il 40 % degli internati sia
																						in situazione di prolungamento della pena. 
																						119. La qualità di persona socialmente pericolosa deve anche
																						essere analizzata alla luce dei meccanismi di tutela dei malati. Poiché la
																						legge Basaglia ha portato alla progressiva chiusura dei centri di internamento
																						civili, le famiglie, che non possono trovare posti disponibili nei rari
																						istituti adattati esistenti, devono inevitabilmente tenersi a casa le persone
																						colpite da disturbi mentali gravi, anche se non è per loro il luogo di vita
																						adeguato. Può quindi crearsi un ingranaggio, per cui il malato è spinto a
																						commettere atti punibili ai sensi del codice penale e a ritrovarsi in un
																						ospedale psichiatrico giudiziario. 
																						120. La mancanza di strutture civili per ospitare i malati più
																						gravi ha pertanto due conseguenze. Innanzitutto, vengono internate in
																						ospedali-prigioni delle persone che dovrebbero essere ricoverate in strutture
																						civili, con cure più adattate. La carenza di posti negli ospedali psichiatrici
																						le fa diventare un pericolo per la società, sia che abbiano già commesso
																						un’infrazione, o unicamente a causa del rischio di pericolosità.
																						Secondariamente, tale mancanza di posti obbliga le autorità mediche e
																						giudiziarie a mantenere tali persone in un OPG, struttura carceraria, in
																						assenza di possibilità di reinserimento nella società. 
																						Conclusioni 
																						121. In questi ultimi anni, sono stati studiati dalla Commissione
																						Affari sociali della Camera dei Deputati più di venti progetti di riforma della
																						legge n° 180, il principale dei quali, il progetto Burani Procaccini, è stato
																						respinto nell’aprile 2004. Perfino le associazioni specializzate sono divise
																						sull’argomento. Alcune ritengono che qualsiasi cura obbligatoria sia una forma
																						di violenza nei confronti dei pazienti (comprese le cure farmacologiche),
																						mentre altre sostengono la riforma e fanno notare la necessità di creare
																						strutture per i pazienti più gravi. Non intendo interferire su un dibattito
																						politico e specifico all’Italia e alla sua società. Nondimeno, è mio compito
																						rammentare che lo stato ha la responsabilità di offrire alle persone affette da
																						disturbi mentali e alle loro famiglie delle strutture adattate alle loro
																						malattie. Alcune patologie richiedono un’assistenza completa e cure costanti,
																						che possono essere fornite solo in strutture ospedaliere chiuse. Pertanto,
																						occorre offrire un numero di posti letto negli ospedali psichiatrici corrispondente
																						ai fabbisogni dei malati. In una società prospera e benevola come quella
																						dell’Italia, è difficile ammettere che persone colpite da malattie mentali
																						molto gravi finiscano in strutture penitenziarie, per mancanza di strutture non
																						giudiziarie disponibili. 
																						122. Dopo aver esposto le mie osservazioni al Ministro della
																						Giustizia e ai Direttori delle carceri nel corso della mia visita, ho avuto il
																						piacere di apprendere che una lettera indirizzata nel mese di luglio ai
																						direttori regionali dell’amministrazione penitenziaria li invitava a sviluppare
																						dei protocolli con le amministrazioni locali e regionali per favorire il
																						reinserimento nella società dei malati internati negli OPG. Tali sforzi
																						potranno agevolare e certamente accelereranno la liberazione di numerosi
																						malati, mantenuti in detenzione per ostacoli di natura amministrativa. Mi
																						auguro che saranno la prima tappa di una riflessione più globale sul sistema
																						psichiatrico e che permetteranno di offrire un numero maggiore di posti letto
																						negli istituti psichiatrici che possono ospitare in modo continuo (con ricovero
																						diurno e notturno) i malati cronici di lunga durata che non possono trovare una
																						soluzione di vita nel loro ambiente familiare o nelle strutture diurne. 
																						VI. IMMIGRAZIONE E ASILO 
																						A. Contesto politico e
																						giuridico 
																						123. Secondo i dati del Ministero dell’Interno, al 31 dicembre
																						2003, la popolazione straniera residente legalmente in Italia era di circa 2,2
																						milioni, cifra corrispondente al 4% della popolazione54.
																						Secondo le stime, esistono inoltre circa 500.000 clandestini nel paese,
																						provenienti dall’Africa, dall’Europa dell’Est, dal Medio Oriente e dalla Cina.
																						Eppure, l’Italia è stata a lungo terra di emigrazione, ed è solo a partire
																						dagli anni ’70 che si è registrato questo capovolgimento della situazione
																						migratoria. L’immigrazione in Italia ha avuto agli inizi una portata limitata,
																						per poi assistere a un aumento esponenziale a partire dal 1990. Dopo i
																						conflitti nei Balcani e la crisi politica ed economica vissuta dall’Albania,
																						l’Italia ha dovuto far fronte a ondate migratorie dirette essenzialmente verso
																						la Puglia e la Basilicata. In questi ultimi anni, sono diminuiti i flussi
																						migratori provenienti dai Balcani, e soprattutto dall’Albania, e sono stati
																						progressivamente sostituiti dagli sbarchi in Sicilia e nelle isole del Sud, in
																						provenienza da Tunisi e soprattutto dalla Libia. 
																						124. Infatti, visti gli ostacoli per l’ingresso regolare in
																						Europa, i richiedenti asilo, come pure i migranti per ragioni economiche
																						ricorrono sempre più spesso a rotte tortuose tracciate da trafficanti senza scrupoli,
																						che fanno sbarcare i più fortunati e i più resistenti sulle coste dell’Europa
																						meridionale. Stati come l’Italia, Malta, la Spagna, Cipro o la Grecia si
																						trovano a dover soccorrere e accogliere questi immigrati irregolari che non
																						avevano come meta particolare uno di questi paesi, bensì l’Europa in generale.
																						L’Unione europea sta cominciando soltanto ora ad armonizzare la sua risposta di
																						fronte a questa pressione migratoria provocata dall’instabilità politica e
																						dallo squilibrio economico mondiale. E’ chiaro che occorre una migliore
																						cooperazione tra gli stati membri, per rispondere efficacemente e degnamente a
																						tale sfida. 
																						125. In assenza di una risposta coordinata dell’Ue, l’Italia ha
																						tentato, come altri paesi, di rispondere a questa ondata di sbarchi rafforzando
																						la propria legislazione in materia di immigrazione. L’innovazione principale è
																						stata la legge n° 189 del 30 luglio 2002, la cosiddetta legge Bossi-Fini, che
																						tratta l’insieme delle questioni legate all’immigrazione: controllo alle
																						frontiere, permesso di soggiorno, espulsione, ma anche le norme applicabili in
																						materia di asilo. 
																						126. Pur essendo innegabile che i paesi hanno non solo il diritto,
																						ma il dovere di controllare efficacemente gli ingressi sul loro territorio, è
																						essenziale che le misure adottate in tal senso garantiscano ai nuovi arrivati
																						un accesso alle procedure di asilo e un trattamento degno e umano, dal loro
																						ingresso, fino al loro eventuale respingimento. I migranti economici possono
																						infatti aver violato le norme sull’immigrazione, ma non per questo devono
																						essere considerati dei criminali, o trattati come tali. Mentre è chiaro che i
																						trafficanti debbano essere perseguiti e processati con la massima fermezza, le
																						loro vittime, queste persone che fuggono la miseria, i conflitti o che sperano semplicemente
																						di trovare un futuro migliore, devono essere trattate con rispetto e dignità. 
																						127. Non è certo un compito facile conciliare gli obblighi di un
																						controllo efficace dell’immigrazione con il rispetto dei diritti dei migranti;
																						non è però impossibile; il tutto dipende evidentemente dalle risorse stanziate
																						e dalla volontà politica. L’Italia è stata criticata in questo campo,
																						soprattutto riguardo alle condizioni di trattenimento e alle garanzie
																						procedurali offerte ai migranti che sbarcano a Lampedusa. Dal canto mio, sono
																						stato colpito, nel corso dei miei colloqui con il Ministro dell’interno prima e
																						dopo la mia visita sull’Isola, dalla chiara volontà di trovare soluzioni
																						appropriate e degne ai problemi di natura umanitaria e di tutela dei diritti umani
																						provocati da tale situazione. Infatti, alcuni suggerimenti che avevo avanzato
																						nei miei incontri, per quanto riguarda la trasparenza delle procedure a
																						Lampedusa sono stati prontamente accolti. I problemi permangono, nondimeno, e
																						tenterò di analizzarli nel modo più giusto e imparziale possibile. In un
																						contesto più generale, la legge Bossi-Fini ha trasformato radicalmente il
																						sistema di asilo e ha largamente esteso il ricorso al trattenimento degli
																						irregolari al loro ingresso e prima del loro respingimento. Tali riforme, pur
																						contenendo numerosi elementi positivi, destano nondimeno un gran numero di
																						preoccupazioni in merito al principio e alla sua applicazione. 
																						B. L’ingresso degli
																						immigrati in Italia 
																						128. Prima di esaminare il funzionamento del sistema di asilo
																						nella sua globalità, vorrei sollevare un certo numero di questioni relative al
																						trattamento degli stranieri al momento del loro ingresso sul territorio
																						italiano, che hanno un’incidenza diretta sulla loro possibilità di accedere
																						rapidamente alle procedure di asilo. E’ evidente che il modo in cui sono
																						accolti gli stranieri varia molto a seconda che giungano via mare, via terra, o
																						per via aerea. 
																						129. Ho visitato i vari centri per stranieri richiedenti asilo
																						giunti illegalmente all’aeroporto di Fiumicino, a Roma. L’aeroporto, che è il
																						punto di ingresso di otto milioni di persone all’anno, provenienti da paesi al
																						di fuori della zona Schengen, riceve circa un migliaio di richiedenti asilo
																						ogni anno. Il centro di polizia per l’accoglienza degli stranieri in arrivo e
																						di quelli in via di espulsione mi è sembrato del tutto adeguato alle esigenze.
																						Da un anno, il Ministero dell’interno utilizza dei mediatori culturali che
																						fanno da tramite culturale e linguistico tra le forze dell’ordine e gli
																						stranieri arrestati all’interno dell’aeroporto. Tale iniziativa ha permesso di
																						facilitare i contatti e di diminuire le tensioni che possono sorgere in tale
																						contesto. 
																						130. Quanto mi ha colpito maggiormente, devo dire, è l’esistenza
																						di uno sportello speciale a disposizione dei richiedenti asilo. Parallelamente
																						agli sportelli e alle file di attesa per il controllo di polizia, esiste
																						infatti uno sportello, indicato chiaramente con frecce e segnalazioni in più
																						lingue, destinato unicamente ai richiedenti asilo. Si trova sotto la completa
																						responsabilità del CIR (Consiglio Italiano Rifugiati), un collettivo di
																						organizzazioni, formato da ONG, associazioni religiose e sindacati. Non appena
																						il richiedente asilo si presenta, il CIR lo assiste a compilare le formalità
																						necessarie al suo ingresso sul territorio, alla sua domanda di asilo e gli
																						fornisce l’assistenza di consulenti giuridici e di consiglieri pratici per
																						spiegargli tutte le pratiche da avviare. La polizia resta però l’autorità
																						competente per decidere l’ammissione dello straniero sul territorio italiano.
																						Tale sistema, che garantisce la presenza di un controllo indipendente e
																						fornisce consigli immediati ai richiedenti asilo, esiste nella maggior parte
																						dei punti di ingresso in Italia: aeroporto di Milano-Malpensa, aeroporto di
																						Venezia, ai punti di frontiera terrestri tra l’Italia e la Slovenia e nei porti
																						di Bari e di Ancona. Si tratta di un meccanismo che esisteva prima della legge
																						Bossi-Fini, e che non è stato modificato. Tengo ad esprimere il mio
																						apprezzamento per la trasparenza di tale sistema e per l’effettivo accesso che
																						offre agli stranieri in arrivo desiderosi di avviare la procedura di asilo. 
																						131. La situazione è alquanto diversa per molti dei 12.000
																						stranieri giunti irregolarmente via mare nel 2004. Arrivi così massicci
																						rappresentano per l’Italia un’enorme sfida, sia a livello amministrativo, che
																						umanitario. Le navi che vengono avvistate in mare – sebbene sia più adeguato,
																						nella maggior parte dei casi, dire che sono soccorse55 –
																						sono condotte a Lampedusa. A fine di capire l’ampiezza di questo fenomeno
																						migratorio, conviene ricordare che nel 2003, 163 interventi e 9325 persone sono
																						state soccorse in mare ; 171 interventi e 11173 persone salvate nel 2004 e
																						141 interventi e 11194 persone soccorse dal 1° gennaio al 30 settembre 2005. Il
																						sistema funzionante, al momento della mia visita sull’isola e al contrario di
																						altri punti d’accesso, no disponeva di una presenza esterna indipendente che
																						garantisse agli arrivati l’accesso ad una procedura di asilo. In seguito alle
																						mie discussioni con il Ministro dell’Interno, questa situazione sta per essere
																						risolta in modo soddisfacente. 
																						132. Nel 2004, le autorità competenti hanno ricevuto 9.722
																						richieste di asilo, 8.701 delle quali sono state trattate nel corso dell’anno56. In
																						totale, l’Italia ha accolto meno di 0,2 domande di asilo per 1.000 abitanti. A
																						titolo di confronto, la media nell’Unione europea in materia è di 0,6 per 1.000
																						abitanti. Malgrado questi arrivi massicci di migranti via mare, non si può
																						quindi affermare che l’Italia subisca, in generale, una pressione insostenibile
																						per quanto riguarda il numero di richiedenti asilo accolti sul suo territorio. 
																						C. Diritto applicabile in
																						materia di asilo e di protezione sussidiaria 
																						133. Il diritto italiano riconosce un valore costituzionale al
																						diritto d’asilo, e l’articolo 10 della Costituzione stabilisce che « […]
																						lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle
																						libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo
																						nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge». 
																						134. Malgrado tale disposizione costituzionale, l’Italia è uno dei
																						rari Stati membri del Consiglio d’Europa a non disporre di una legge organica
																						sull’asilo. Le disposizioni legislative relative all’asilo sono attualmente
																						incluse nella sezione II della legge n° 189, che contiene molteplici
																						riferimenti a norme anteriori, e in particolare al decreto-legge n° 286
																						del 1998. Questo intrico normativo aumenta la confusione e rende difficile la
																						comprensione globale del diritto applicabile. Di norma, l’inclusione delle disposizioni
																						relative all’asilo in una legge più generale non costituisce un ostacolo,
																						fintantoché il diritto d’asilo è correttamente tutelato. Tuttavia, l’adozione
																						di una legge specifica consente di affermare meglio la particolarità dell’asilo
																						rispetto alle altre questioni legate all’immigrazione e conferisce all’asilo
																						una migliore accessibilità e leggibilità. 
																						135. La completa applicazione della legge Bossi-Fini è stata
																						possibile solo dopo l’entrata in vigore di tutti i decreti applicativi, quindi
																						a partire dal 21 aprile 2005. Nel corso della mia visita, nel giugno 2005, mi è
																						stato indicato a più riprese che non potevano essere totalmente valutati
																						l’impatto esatto o le conseguenze della nuova legge, poiché la sua applicazione
																						era troppo recente. 
																						D. Procedura di asilo 
																						136. A titolo preliminare, occorre rammentare la procedura
																						prevalentemente seguita prima della legge Bossi-Fini. Le domande di asilo erano
																						trattate in modo centralizzato a Roma dalla Commissione centrale per i
																						rifugiati. La legge n° 189/02 istituisce un meccanismo decentrato per la
																						concessione del diritto di asilo, mediante l’istituzione delle Commissioni
																						Territoriali (CT), che devono deliberare in prima istanza. Sono composte da un
																						Prefetto, che le presiede, e da rappresentanti della Questura, delle autorità
																						locali e dell’ACNUR. Ogni rappresentante ha un supplente. Infine, un
																						rappresentante del Ministero degli Affari esteri può partecipare alla
																						decisione, in caso di ingressi massicci di richiedenti asilo, o allorquando la
																						valutazione del suddetto Ministero può aiutare a esaminare meglio gli elementi
																						della pratica del richiedente. 
																						137. In virtù del decreto applicativo del settembre 2004, sono
																						state istituite 7 Commissioni territoriali, ciascuna competente per una grande
																						regione italiana: a Milano per il Nordovest, a Gorizia per il Nordest, a Roma
																						per il Centro, a Foggia per il Sudest, a Crotone per il Sudovest, a Siracusa
																						per l’Est della Sicilia e a Trapani per l’Ovest della Sicilia. 
																						138. La composizione delle CT conferisce all’ACNUR un diritto di
																						voto e di partecipazione alle decisioni delle Commissioni, mentre quest’ultima
																						disponeva unicamente di un ruolo consultivo in seno alla Commissione centrale
																						per i rifugiati. Consente inoltre alle autorità locali responsabili in materia
																						di accoglienza e di assistenza di partecipare al processo decisionale.
																						Ciononostante, certe ONG hanno espresso inquietudini per tale presenza. Temono
																						di veder apparire, tra i criteri delle commissioni territoriali, la ricerca di
																						un incontro tra il numero di rifugiati ammessi e l’offerta di alloggio o di
																						strutture di accoglienza. Le discussioni che ho potuto avere al riguardo con
																						rappresentanti comunali e regionali mi portano a ritenere che allo stato
																						attuale delle cose, tali timori non siano fondati. L’applicazione di una
																						pratica costante e rispettosa dei diritti dei richiedenti asilo permetterà, a
																						mio avviso, di dissipare gli ultimi dubbi. In maniera globale, si devono
																						apprezzare i progressi derivanti dalla nuova legge che regionalizza le
																						procedure e conferisce all’ACNUR un ruolo attivo. 
																						139. Pur essendo prematuro analizzare in modo dettagliato il
																						funzionamento di tali Commissioni, è possibile accennare a una eventualità.
																						L’assegnazione a ogni Commissione di un settore territoriale, e l’obbligo di
																						presentare la domanda di asilo fin dall’ingresso sul territorio rischiano di
																						provocare uno squilibrio delle domande ricevute dalle varie Commissioni
																						territoriali. Quando uno straniero è arrestato in situazione irregolare sul
																						territorio italiano, la Questura ha la possibilità di inviarlo in un
																						centro di identificazione; lo straniero ha la possibilità di domandare asilo in
																						qualsiasi momento. I centri di identificazione di Crotone, Trapani e Foggia
																						possono quindi fornire un numero importante di domande di asilo alle
																						Commissioni territoriali competenti per le loro rispettive regioni. Bisogna
																						quindi tenere conto di tale squilibrio e concedere mezzi finanziari e umani
																						proporzionati alle necessità di ciascuna delle commissioni territoriali. 
																						140. Le CT sono competenti per trattare le domande di asilo e per
																						accordare lo status di rifugiato, ma possono anche, se del caso, accordare una
																						protezione sussidiaria57. Per
																						quanto riguarda il riconoscimento dei diritti, il sistema normativo assimila i
																						beneficiari del diritto di asilo a coloro che usufruiscono di una protezione
																						umanitaria. 
																						141. La Commissione centrale per i rifugiati, già organo
																						competente in materia di asilo, è trasformata dalla legge Bossi-Fini in
																						Commissione nazionale per il diritto di asilo (CNDA). Questo nuovo organo ha
																						competenza per costituire, coordinare e soprintendere alle Commissioni
																						territoriali, raccogliere le statistiche a livello nazionale e decidere la
																						cessazione e la revoca dello status di rifugiato. Come le Commissioni
																						Territoriali, la CNDA è presieduta da un prefetto ed è composta da un
																						rappresentante del Ministero dell’Interno, del Ministero degli Affari esteri,
																						del Consiglio dei ministri e dell’ACNUR, che dispone in questo caso unicamente
																						di un ruolo consultivo. 
																						142. Con l’entrata in vigore della legge Bossi-Fini, le procedure
																						di asilo sono di due tipi: ordinaria o semplificata. La procedura ordinaria è
																						ormai riservata unicamente agli stranieri entrati legalmente sul territorio.
																						Non deve superare un periodo di tre mesi. Accanto ad essa, è stata istituita
																						una procedura semplificata, destinata agli stranieri in situazione irregolare.
																						E’ più breve, ed è soprattutto accompagnata dalla detenzione automatica dei
																						richiedenti asilo ai quali viene applicata. 
																						a) La procedura di asilo
																						ordinaria 
																						143. La legge Bossi-Fini contiene delle disposizioni dettagliate
																						relative al trattamento e ai termini applicabili per la procedura di asilo
																						ordinaria. Due giorni dopo la presentazione della domanda di asilo, la Questura
																						la trasmette alla CT, che deve procedere all’audizione del richiedente entro un
																						periodo di trenta giorni. La legge prevede che il richiedente sia in possesso
																						di un’autorizzazione provvisoria di soggiorno di 35 giorni, rinnovabile fino
																						alla conclusione della procedura. La decisione della commissione, per iscritto
																						e motivata, viene adottata nei tre giorni successivi all’audizione. Se si
																						tratta di una decisione di rifiuto, viene emanato un ordine di espulsione nei
																						confronti del richiedente. Ai sensi della legge, il richiedente ha la facoltà,
																						con una domanda motivata, di sollecitare presso il prefetto l’autorizzazione di
																						restare sul territorio fino alla definizione della procedura di ricorso. 
																						144. Nei quindici giorni successivi al rifiuto, il richiedente ha
																						la facoltà di contestare la decisione dinanzi ad un giudice unico. Il ricorso
																						non ha effetti sospensivi58. Il
																						decreto di attuazione della legge59
																						conferisce tuttavia al Prefetto la competenza per autorizzare lo straniero a
																						rimanere sul territorio fino alla conclusione del ricorso. Per essere
																						ricevibile, questa domanda deve essere motivata e deve allegare fatti nuovi o
																						rischi particolari. La legge indica infine che il ricorso può essere interposto
																						dall’estero attraverso i servizi diplomatici italiani. Una sola decisione
																						amministrativa relativa allo status di richiedente asilo può bastare per
																						comportare l’espulsione, il che a mio avviso va a scapito della protezione
																						offerta. Inoltre, vista l’inerzia e la complessità delle procedure italiane, la
																						possibilità di ricorso dall’estero e soprattutto le sue probabilità di successo
																						sembrano fortemente limitate. 
																						145. Mi sia consentito di aggiungere un’osservazione, di ordine
																						più generale, che riguarda i tempi assegnati alla Commissione territoriale per
																						pronunciarsi, ossia entro i tre giorni successivi all’audizione. La Commissione
																						è composta da quattro o anche cinque membri, che non sono tutti, almeno
																						inizialmente, degli specialisti dei problemi in materia di asilo. Pertanto,
																						pare difficile che le decisioni possano intervenire entro tali termini. Lo
																						stesso vale per i tempi previsti per la procedura di asilo semplificato. 
																						b) La procedura di asilo
																						semplificata 
																						146. Riguarda due categorie di richiedenti: gli stranieri che
																						hanno presentato una domanda dopo essere stati arrestati per passaggio o
																						tentativo di passaggio illegale della frontiera, o che si trovano in situazione
																						irregolare, e coloro che, al momento in cui presentano la domanda, sono già
																						oggetto di un provvedimento di espulsione o di allontanamento. Nel primo caso,
																						non appena ricevuta la domanda, il richiedente è trattenuto in un centro di
																						identificazione. La sua domanda è trasmessa nei due giorni successivi alla CT
																						competente, che gli concede un’audizione entro quindici giorni e decide nei tre
																						giorni successivi. Il richiedente ha la facoltà di domandare una revisione
																						della decisione entro cinque giorni. A questo titolo, la procedura semplificata
																						offre dunque una via supplementare di ricorso per rapporto alla procedura
																						ordinaria. Nel corso della procedura di revisione, il richiedente resta ospite
																						del centro di identificazione. Se viene confermata la decisione di rifiuto
																						della stressa Commissione territoriale supplita da un membro della Commissione
																						nazionale, il richiedente ha la facoltà di introdurre un ricorso non sospensivo
																						dinanzi a un tribunale ordinario. Nell’ambito di tale procedura, la legge
																						autorizza il trattenimento dei richiedenti per un periodo di 20 giorni al
																						massimo. Se, al termine di tale periodo, la CT non si è pronunciata, il
																						richiedente è liberato e ottiene un’autorizzazione di soggiorno di tre mesi,
																						rinnovabile fino alla definizione della procedura. Quando la decisione è
																						negativa, viene accompagnata da un ordine di espulsione. Nel secondo caso
																						(ossia uno straniero che sollecita l’asilo essendo oggetto di provvedimento di
																						allontanamento), viene trattenuto presso un Centro di permanenza temporanea e
																						di assistenza. La procedura seguita è poi la stessa, tranne che può essere
																						trattenuto per un massimo di sessanta giorni, in attesa di decisione. La
																						procedura semplificata di asilo non costituisce quindi una procedura
																						sbrigativa. Se applicata con i mezzi e il rigore necessari, pare offrire le
																						stesse garanzie procedurali della procedura ordinaria. 
																						147. La legge n° 189/2002 ribadisce che i richiedenti asilo non
																						devono, in linea di massima, essere trattenuti. Tuttavia, l’articolo 32 della
																						stessa legge prevede che qualsiasi richiedente asilo arrestato in situazione
																						irregolare (al momento dell’ingresso, nel corso del soggiorno o al momento in
																						cui ha cercato di sfuggire a un controllo alla frontiera), deve essere
																						trattenuto presso un centro di identificazione. La legge consente inoltre al
																						capo della Questura di richiedere il trattenimento in un centro di
																						identificazione, per un massimo di 20 giorni, per qualsiasi richiedente asilo,
																						al fine di: 
																						- Verificarne l’identità o la nazionalità (in caso di dubbio o di
																						assenza di documenti) 
																						- Verificare gli elementi della sua richiesta di asilo, qualora
																						tali elementi fossero altrimenti andati persi
																						- Stabilire se il richiedente asilo è ammissibile sul territorio. 
																						148. Il decreto di applicazione della legge precisa che si tratta
																						di centri chiusi. Tuttavia, certi migranti possono godere di un regime di
																						« semi-libertà » tra le 8 e le 20, concesso dal direttore del centro.
																						Delle autorizzazioni di uscita più lunghe possono essere accordate per motivi
																						personali, di salute o familiari, o per esigenze legate all’esame della domanda
																						di asilo. Pur esistendo, in linea di massima, non pare che tale possibilità sia
																						molto applicata, nella realtà. Inoltre, il mancato rispetto delle norme
																						relative ai permessi di uscita è considerato come una rinuncia alla domanda di
																						asilo. 
																						149. Sono stati istituiti vari tipi di centri di accoglienza e di
																						permanenza per stranieri. La legge Bossi-Fini prevede la creazione di centri di
																						identificazione, destinati a trattenere in detenzione gli stranieri la cui
																						identità (CDI) deve essere verificata. Esistono inoltre dei centri di permanenza
																						temporanea e di assistenza (CPTA), in cui gli stranieri sono trattenuti prima
																						della loro espulsione. Esistono attualmente 3 centri di identificazione: a
																						Foggia (378 posti), Crotone (300 posti) e Trapani (210 posti). Il Governo ha
																						l’intenzione di aprire un CDI a Gorizia (150 posti, apertura prevista nel
																						maggio 2006), Milano (200 posti previsti), Roma e Siracusa (progetti da
																						determinare). Nell’attesa dell’apertura di 
																						queste nuove strutture, alcuni centri vengono utilizzati sia come
																						centro di prima accoglienza, che come centro di identificazione e CPTA, il che
																						contribuisce a creare confusioni e a trattenere insieme gli stranieri per i
																						quali è in corso l’identificazione e quelli oggetto di un provvedimento di
																						espulsione. 
																						150. E’ legittimo per uno Stato voler controllare il flusso
																						migratorio e verificare che la procedura di asilo non venga sviata dalla sua
																						finalità, che è quella di proteggere delle persone perseguitate. Occorre però
																						tenere presente, come del resto lo ricorda la legge Bossi-Fini, che il posto di
																						un richiedente asilo non è in un centro di detenzione, o, in modo più generale,
																						in un luogo in cui è privato della libertà di muoversi liberamente. 
																						151. Il trattenimento dei richiedenti asilo è accettabile solo per
																						brevi periodi e per ragioni specifiche. La legge istituisce una distinzione tra
																						i richiedenti entrati regolarmente, che usufruiscono di una procedura ordinaria
																						e della libertà di movimento, e gli altri, la cui domanda è analizzata con
																						procedura semplificata e che vengono trattenuti in un centro. Tale
																						differenziazione offre un « vantaggio » a coloro la cui pratica di
																						asilo dovrebbe essere facilitata dal punto di vista amministrativo, poiché sono
																						entrati legalmente sul territorio con un documento di identità in regola. In
																						compenso, rende la procedura semplificata più difficile per gli
																						« irregolari », mentre in realtà non esiste nessuna distinzione tra
																						questi due tipi di domande di asilo. 
																						152. Nella pratica, pochissimi richiedenti asilo entrano
																						legalmente sul territorio, disponendo per di più di documenti di
																						identificazione. Posso comprendere la volontà dell’Italia di agevolare e
																						regolare le procedure di asilo, ma occorre che le distinzioni non avvengano
																						unicamente su questioni di ordine amministrativo, e soprattutto che la pratica
																						detentiva non costituisca la norma, bensì piuttosto una misura applicata dopo
																						lo studio di ogni singolo caso. 
																						E. I centri di permanenza
																						temporanea e di assistenza 
																						a) Gestione e funzionamento
																						dei CPTA 
																						153. I Centri di permanenza temporanea e di assistenza (CPTA),
																						creati nel 1998, sono destinati a mantenere sotto il controllo
																						dell’amministrazione, ovverosia in detenzione, gli stranieri oggetto di un
																						provvedimento di allontanamento. I CPTA sono stati istituiti per trattenere gli
																						stranieri in situazione irregolare, coloro che non hanno il diritto di ingresso
																						o di soggiorno in Italia, coloro che devono essere espulsi o ricondotti alla
																						frontiera, ma per i quali il provvedimento non può essere applicato
																						immediatamente, per ragioni sanitarie, di identificazione, di documenti di
																						viaggio o in attesa di un mezzo di trasporto. 
																						154. L’Italia dispone di 15 CPTA, le cui dimensioni e modi di
																						funzionamento sono variabili. Sono gestiti da associazioni caritative, spesso
																						confessionali, o da cooperative sociali, come ho potuto constatarlo a Ponte
																						Galeria (Croce Rossa) e a Lampedusa (Confraternita nazionale della
																						Misericordia). Queste organizzazioni hanno concluso una convenzione con il
																						Ministero dell’Interno, che rimane l’autorità di tutela dei centri. Questa
																						delega nella gestione dei centri evita l’onnipresenza del personale del
																						Ministero dell’Interno, che è incaricato unicamente di garantire la sicurezza.
																						Inoltre, come ho potuto apprezzarlo nel corso delle mie visite a Ponte Galeria
																						e a Lampedusa, il personale di tali centri dimostra grande spirito di dedizione
																						e capacità di ascolto nei confronti degli stranieri. 
																						155. Il funzionamento dei CPTA è disciplinato da una circolare del
																						Ministero dell’interno del 30 agosto 2000, « Direttiva generale in
																						materia di Centri di Permanenza e di Assistenza ai sensi dell’art. 22, comma i)
																						del DPR 31 agosto 1999 », che contiene una carta dei diritti e dei
																						doveri dei migranti detenuti. Tale direttiva non ha ancora permesso di
																						garantire un’omogeneità nella gestione e nel funzionamento dei vari centri, per
																						cui il Ministero dell’Interno mi ha spiegato di aver emanato il 27 novembre
																						2002 delle « Linee guida per la gestione dei CPTA ». 
																						156. Si tratta di norme che riconoscono un certo numero di diritti
																						ai migranti trattenuti nei centri e garantiscono loro dei servizi. Hanno per
																						esempio il diritto di praticare la loro religione, il diritto alla riservatezza
																						dei colloqui con il loro avvocato, o di esprimersi nella propria lingua o in
																						un’altra a loro nota, se necessario tramite un interprete. Possono inoltre ricevere
																						le visite di membri della famiglia, delle autorità diplomatiche o dei ministri
																						del culto. Infine, secondo la circolare del 30 agosto 2000, le associazioni che
																						gestiscono i centri devono fornire il vitto e l’alloggio, un’assistenza medica,
																						vestiti e prodotti di igiene alle persone trattenute, e una tessera telefonica
																						di 5 €, come pure l’invio di 10 lettere ogni 10 giorni. 
																						157. Per quanto riguarda la visita delle ONG, soltanto i membri
																						delle associazioni che lavorano nel centro sono autorizzati ad entrarvi. Molte
																						ONG e altre organizzazioni attive nel campo dei diritti dei migranti mi hanno
																						informato della loro impossibilità ad avere accesso ai centri. Sebbene i
																						rappresentanti dell’ACNUR siano autorizzati a recarsi nei CPTA in qualsiasi
																						circostanza, in virtù dell’articolo 32 della Bossi-Fini, ritengo essenziale che
																						delle organizzazioni responsabili e indipendenti possano accedere a tali centri
																						in cui sono trattenuti degli stranieri, per garantire la trasparenza e la
																						conformità delle procedure di trattenimento e di espulsione. 
																						b) Condizioni di vita nei
																						CPTA 
																						158. Le condizioni di vita nei diversi CPTA variano molto in
																						funzione dell’infrastruttura, del modo di gestione e della popolazione
																						presente. Ho visitato il CPTA di Ponte Galeria, situato nel comune di Roma. Al
																						momento della mia visita, ospitava 265 stranieri, per una capacità di 300
																						posti. Il trattamento riservato agli stranieri dalla Croce Rossa italiana mi è
																						parso del tutto soddisfacente. I trattenuti sono alloggiati in
																						« casette » che ospitano al massimo 8 persone. I posti vengono
																						assegnati in funzione della provenienza e della storia della persona. Ogni
																						struttura dispone di un piccolo cortile, circondato da alte inferriate. Le
																						porte delle casette e dei cancelli sono aperte durante la giornata, il che consente
																						una libera circolazione ai trattenuti in uno spazio più grande di quello della
																						loro struttura. 
																						159. Pare che non sia sempre il caso. Mi è stato indicato che
																						certi CPTA non dispongono sempre di strutture adeguate (stranieri alloggiati in
																						tende, assenza di spazi di ricreazione, poche possibilità di accesso
																						all’esterno). Il numero di stranieri trattenuti varia a seconda dei flussi
																						migratori e degli arresti. Il sovraffollamento di certi CPTA è d’altronde
																						frequente, e incide negativamente sulle condizioni igieniche delle persone e
																						dei centri60. 
																						160. Sotto il profilo medico, l’accesso alle cure nei CPTA e la
																						presa in considerazione della salute psicologica degli stranieri sono state
																						vivamente criticate, e considerate molto carenti61. Le
																						condizioni constatate al CPTA di Ponte Galeria mi sono invece parse adattate;
																						il centro dispone di una struttura medica moderna e offre le cure necessarie
																						agli stranieri trattenuti. La visita medica, garantita dalla Croce Rossa
																						italiana, avviene all’ingresso e all’uscita dal centro. Questa mia unica visita
																						non può tuttavia rispecchiare la situazione di tutti i 15 CPTA. 
																						161. Infine, nel corso della mia visita, ho notato che era in
																						preparazione la costruzione di un Centro di identificazione nello stesso
																						complesso del CPTA di Ponte Galeria. Questa integrazione di due centri
																						corrisponde all’auspicio formulato dal Ministro dell’Interno di costruire dei
																						centri multifunzionali, che contengano le strutture che vanno dall’accoglienza,
																						all’espulsione, passando dal trattamento dei richiedenti asilo. Il trattamento
																						più rapido delle pratiche di asilo che ne deriverà non deve tuttavia avvenire a
																						scapito delle garanzie e delle tutele offerte. 
																						F. La situazione
																						particolare nell’isola di Lampedusa 
																						162. L’isola di Lampedusa è il punto più a sud dell’Italia,
																						situata a soli 113 Km dalle coste tunisine. Con una superficie di 20 Km² per
																						5.500 abitanti, l’isola è una destinazione privilegiata del turismo estivo
																						italiano. Tuttavia, ormai da quasi dieci anni, è anche diventata una delle
																						porte di ingresso in Europa per dei migranti provenienti dall’Africa, dal Medio
																						Oriente e dall’Asia, via l’Africa del Nord. 
																						163. E’ stato aperto nel 1998 un CPTA provvisorio, nelle immediate
																						vicinanze dell’aeroporto, per fronteggiare gli arrivi dei migranti che giungono
																						via mare, soprattutto dalla Libia. Il centro è costituito da strutture
																						prefabbricate, che possono ospitare una quindicina di migranti ciascuna, e la
																						sua capacità è di 190 persone al massimo. Al momento della mia visita, erano
																						trattenuti 178 uomini. Vista la sua ubicazione, il centro è piuttosto esiguo, e
																						offre poco spazio libero attorno alle baracche di abitazione. 
																						164. Il centro è gestito dall’organizzazione religiosa Confraternita
																						nazionale della Misericordia, che impiega circa 25 persone. Come a
																						Ponte Galeria, l’associazione si occupa dell’alloggio e del vitto dei migranti.
																						Gli stranieri con i quali ho parlato mi hanno detto di essere trattati con
																						umanità e rispetto sia dal personale della Misericordia, che dalla
																						polizia che garantisce la sicurezza e l’ordine pubblico all’interno del CPTA.
																						Il personale del centro, e in particolare il suo direttore mi hanno indicato di
																						essere soddisfatti del loro lavoro, malgrado le importanti difficoltà al
																						momento di arrivi massicci. 
																						165. Tuttavia, dopo la mia visita a Lampedusa, sono state
																						pubblicate nella stampa delle dichiarazioni inquietanti relative a
																						maltrattamenti e ad angherie nei confronti degli stranieri trattenuti a
																						Lampedusa. E’ indispensabile fare luce completa e trarre tutte le conseguenze
																						sia sulle responsabilità individuali, che sulle possibili carenze strutturali
																						suscettibili di aver permesso il verificarsi di tali episodi. 
																						166. Infatti, con l’arrivo dell’estate, le navi affluiscono sempre
																						più numerose verso l’isola, ed è frequente che il centro accolga un numero di
																						migranti ben superiore alla sua capacità massima. L’anno scorso, il centro ha
																						accolto fino a 1.200 migranti nello stesso tempo. In caso di afflusso
																						massiccio, i nuovi arrivati restano poco tempo – circa due o tre giorni – il
																						tempo necessario perché l’amministrazione possa organizzare il loro trasferimento
																						verso altri centri della Sicilia o del continente. 
																						167. Come ho avuto modo di constatarlo, il centro non è affatto
																						adattato per accogliere una tale quantità di persone, anche per un breve
																						periodo. Oltre alle baracche, esistono pochissimi spazi disponibili all’interno
																						del recinto, e non permettono assolutamente di installare degli alloggi,
																						nemmeno in modo provvisorio. Non posso immaginare quali debbano essere state le
																						condizioni di promiscuità e di sovraffollamento al momento di questi arrivi
																						massicci. Il centro non soddisfa affatto i criteri minimi necessari per
																						accogliere in modo decente un numero di persone superiore a quello della sua
																						capacità massima, sia dal punto di vista dell’alloggio, che per ragioni
																						sanitarie. D’altro canto, questo sovraffollamento ha provocato un
																						deterioramento accelerato delle strutture di accoglienza e in particolare dei
																						servizi igienici, che spesso sono degradati (porte staccate, gabinetti
																						intasati, lavabi rovinati). 
																						168. Conscio di tali condizioni inaccettabili, il Ministero
																						dell’Interno aveva predisposto di costruire un altro centro sull’isola,
																						progetto che è stato nel frattempo abbandonato, a causa dell’opposizione della
																						popolazione locale. Ormai si prevede di trasformare una struttura già
																						esistente, un’ex caserma, in un nuovo centro, che potrebbe accogliere fino a
																						300 persone. Mi sono stati mostrati i piani di questo centro futuro, e sono
																						stato informato che i lavori inizieranno prossimamente per una messa in
																						servizio prevista per l’estate del 2006. Dopo la mia visita, sono stato
																						informato che il Ministero dell’Interno intendeva modificare lo statuto del
																						centro di Lampedusa per farne un “centro di soccorso e di prima accoglienza”
																						con lo scopo di trasferire al più presto gli arrivati verso altri centri
																						preesistenti o in via di progettazione62.
																						Devo quindi congratularmi di questa iniziativa ed invitare le autorità italiane
																						a realizzarle al più presto. In effetti, è indispensabile aumentare la capacità
																						dei centri di accoglienza per fare fronte agli arrivi massicci e migliorare la
																						gestione amministrativa, logistica e umana di queste situazioni in modo da
																						evitare che gli eventi passati si riproducano. 
																						169. Poco prima della mia visita63, il
																						Ministero dell’Interno ha aperto un ufficio all’interno del CPTA e sono ormai
																						presenti in permanenza sull’isola due poliziotti incaricati di trattare le
																						questioni di immigrazione. Precedentemente, i poliziotti dovevano arrivare da
																						Agrigento (città del sud della Sicilia, a 250 Km da Lampedusa) ogni volta che
																						era avviata una procedura amministrativa. Il giudice di pace, invece, che
																						teoricamente deve ascoltare ogni straniero quando è pronunciata nei suoi
																						confronti una decisione di espulsione o di riaccompagnamento alla frontiera,
																						continua a risiedere ad Agrigento, e dovrebbe quindi recarsi a Lampedusa in
																						elicottero o via nave ogni qualvolta si riveli necessario. 
																						G. L’allontanamento di
																						certi stranieri respinti 
																						170. Nel corso della mia visita, molti dei miei interlocutori
																						hanno sollevato la questione delle circostanze nelle quali si procede
																						all’allontanamento di un certo numero di stranieri. Come mi hanno spiegato le
																						autorità italiane, numerosi stranieri sono rinviati in gruppo per mezzo di voli
																						organizzati, rapidamente dopo il loro arrivo sull’isola, verso vari paesi, e
																						soprattutto la Libia. Per esempio, sui 3.000 stranieri sbarcati a Lampedusa tra
																						settembre 2004 e marzo 2005, 1.647 sono stati rinviati in Libia, e 126 in
																						Egitto64. 
																						171. In base alle informazioni che mi sono state comunicate, le
																						autorità italiane inviano verso la Libia i cittadini libici come pure degli
																						« Egiziani ». Mi è stato inoltre spiegato che tale riaccompagnamento
																						alla frontiera viene effettuato sulla base di un’identificazione sommaria degli
																						arrivati. Di norma, tale genere di allontanamento viene praticato poco dopo
																						l’arrivo dei migranti nel centro di Lampedusa. Questi allontanamenti sono
																						effettuati in un contesto poco trasparente, senza un controllo esterno e
																						indipendente, contrariamente a quanto avviene negli altri punti di ingresso in
																						Italia. 
																						172. La legge prevede che la polizia delle frontiere abbia la
																						possibilità di respingere gli stranieri che si presentano alla frontiera senza
																						i documenti necessari per essere ammessi sul territorio italiano. Viene
																						riservata la stessa sorte a coloro che tentano di entrare illegalmente e sono
																						arrestati alla frontiera o subito dopo. Un terzo caso di respingimento riguarda
																						coloro che, pur non soddisfacendo le condizioni di ingresso, sono stati
																						accettati a titolo provvisorio sul territorio, per ragioni umanitarie: è il
																						caso in particolare di coloro che sbarcano sulle coste, o sono recuperati in
																						mare e che giungono a Lampedusa. La legge precisa tuttavia, conformemente al
																						principio di non respingimento della Convenzione di Ginevra, che il
																						respingimento non è applicato agli stranieri che presentano una domanda di
																						asilo. Le condizioni e i criteri secondo i quali tali stranieri sono rimpatriati
																						sono quindi determinanti per garantire il rispetto del principio di non
																						respingimento. 
																						a) Identificazione degli
																						stranieri allontanati 
																						173. Prima del respingimento, le autorità italiane effettuano
																						un’identificazione sommaria, per stabilire il paese di origine dello straniero.
																						La maggior parte di coloro che sbarcano a Lampedusa sono sprovvisti dei
																						documenti di identità, o perché li hanno persi nel corso del viaggio, o perché
																						li hanno essi stessi distrutti, spesso consigliati dai “passatori”, per rendere
																						più complicata la procedura di identificazione. Gran parte delle persone
																						rinviate in Libia, secondo le autorità italiane, sono degli Egiziani. Non
																						possono però essere allontanati in Egitto, in assenza di un’identificazione
																						ufficiale delle autorità consolari egiziane in Italia. In pratica, la
																						nazionalità degli stranieri viene determinata sulla base di un breve colloquio
																						con un poliziotto e un interprete, durante il corso del quale loro potrebbero
																						eventualmente chiedere l’asilo, e soprattutto sulla base della lingua parlata e
																						dell’accento. A mio avviso, una decisione così greve di conseguenze, poiché si
																						tratta di determinare la nazionalità e l’allontanamento dello straniero, non
																						può essere presa basandosi su un presunto accento o sulla lingua parlata. 
																						174. Per svariate ragioni, l’amministrazione italiana non ricorre
																						sempre a interpreti professionali nel corso di questi colloqui65.
																						L’assenza di interpreti giurati rafforza i timori sulla parzialità della
																						procedura e sulla sua assenza di trasparenza, che ho già esposto
																						precedentemente. Malgrado il costo economico di tale misura, è indispensabile
																						garantire che sia presente un interprete professionale a tali colloqui, per
																						accertarsi che le affermazioni degli stranieri siano correttamente
																						interpretate. 
																						175. E’ comprensibile che uno Stato desideri rinviare gli
																						stranieri irregolari che non sono dei richiedenti asili, o che non rientrano
																						nell’ambito di una tutela particolare. E’ tuttavia imperativo accordare un
																						tempo sufficiente perché le persone possano eventualmente formulare tale
																						domanda66. Gli
																						stranieri arrivano spesso in condizioni fisiche e morali pietose, prostrati
																						dopo un viaggio pericoloso, e non sanno esattamente neppure dove sono giunti e
																						quale sarà la loro sorte. Pare quindi poco probabile che possano formulare
																						immediatamente una domanda di asilo, o far comprendere che rischiano di subire
																						una persecuzione o una violazione dei diritti dell’uomo, durante un colloquio
																						sommario prima dell’allontanamento. 
																						176. In questo caso, gli allontanamenti si realizzano sulla base
																						dell’articolo 10 della legge sull’immigrazione e l’asilo che prevede la
																						possibilità, in certe condizioni, di respingere gli stranieri che siano entrati
																						in modo irregolare nel territorio italiano. La decisione di respingere, a
																						differenza di quella di espulsione, non richiede l’intervento di un giudice. Così,
																						questi respingimenti sono realizzati dall’amministrazione senza alcun controllo
																						esterno, nell’assenza, nel centro, di un’organizzazione o autorità
																						indipendente. Sembra dunque che questa procedura sia poco trasparente e non
																						offra garanzie sufficienti agli arrivati. 
																						b) Paesi di destinazione
																						delle persone allontanate 
																						177. Pare che l’Italia consideri l’Egitto e la Libia come Stati
																						sicuri, verso i quali possano essere respinti degli individui, senza rischio di
																						violare il principio di non respingimento e senza esporli a trattamenti
																						contrari all’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Come
																						l’ho già indicato in un parere67,
																						anche nei paesi democratici generalmente sicuri, si possono verificare delle
																						situazioni nelle quali non tutti gli individui o non tutti i gruppi si trovano
																						in sicurezza. 
																						178. Senza procedere a un’analisi dettagliata dei due paesi
																						sopraccitati, si può facilmente ammettere che il loro carattere democratico
																						possa essere considerato per lo meno perfettibile. Bisogna poi rammentare che
																						la Libia non ha ratificato, e non ha nemmeno firmato la Convenzione di Ginevra
																						del 1951, relativa alla protezione dei rifugiati. L’esistenza di accordi
																						bilaterali tra tali paesi e l’Italia, o l’attuazione di una cooperazione
																						rafforzata in settori quali il rispetto dei diritti dell’uomo o la tutela dei
																						richiedenti asilo, non dovrebbero bastare per esentare il paese di accoglienza
																						dall’effettuare un’analisi sufficiente sulla situazione di ogni singola persona
																						ricondotta alla frontiera, come lo esigono i principi del diritto internazionale
																						umanitario e dei diritti umani. 
																						179. Le autorità italiane hanno riconosciuto che il rinvio verso
																						la Libia costituiva solo una tappa e che spettava poi alle autorità libiche
																						decidere l’espulsione degli stranieri verso il loro paese di provenienza. I
																						principi internazionali che disciplinano il riaccompagnamento alla frontiera,
																						segnatamente il principio di non respingimento, impongono tuttavia agli Stati
																						di garantire che le persone allontanate non siano dei richiedenti asilo
																						potenziali. Obbligano inoltre ad accertarsi che lo Stato verso cui sono
																						estradate le persone non le esporrà a un rischio di tortura o di morte,
																						mediante un nuovo allontanamento68.
																						Qualora lo straniero non abbia potuto avere un accesso a una procedura di
																						asilo, tale pratica costituisce un respingimento indiretto e consente a uno
																						Stato non democratico, che per di più si rifiuta di impegnarsi a rispettare il
																						diritto dei rifugiati a livello internazionale, di decidere della sorte dei
																						richiedenti asilo potenziali, o di quella di persone che potrebbero subire violazioni
																						dei loro diritti più fondamentali. 
																						180. Preoccupato dal rischio che le autorità italiane allontanino
																						dei richiedenti asilo potenziali, ne ho discusso con il Ministro dell’Interno.
																						Mi ha innanzitutto espresso la sua ferma volontà di garantire pienamente il
																						rispetto del diritto, ma ha convenuto con me che questa mancanza di trasparenza
																						nella procedura dà adito a dubbi, critiche e eventuali abusi. Visto il successo
																						del partenariato tra la società civile e l’amministrazione italiana in materia
																						di migrazioni– sia per l’ingresso sul territorio, con il CIR, che per la
																						gestione dei CPTA –, il Ministro ha pertanto accettato la mia proposta di
																						permettere la presenza permanente di un ufficio dell’ACNUR a Lampedusa i cui
																						membri beneficerebbero di un accesso permanente al centro. Dopo la mia visita,
																						il Ministro mi ha personalmente informato che i suoi servizi hanno preso
																						contatto con l’ACNUR e che l’ufficio sarà aperto prossimamente. Il Ministro ha
																						esteso tale offerta di cooperazione all’IOM e alla Croce Rossa italiana e
																						suppongo che le tappe pratiche necessarie per consolidare tale accordo siano
																						ormai a uno stadio avanzato. Mi compiaccio vivamente di tale iniziativa, che
																						consentirà, ne sono certo, di dissipare i dubbi che potevano sussistere in
																						materia di allontanamento delle persone, e di garantire maggiormente il
																						completo rispetto del diritto nazionale e internazionale. 
																						H. Procedure di espulsione 
																						181. Prima della legge Bossi-Fini, la maggior parte delle
																						decisioni di espulsione conteneva un invito a lasciare il territorio entro 15
																						giorni. Dopo l’entrata in vigore della nuova legge, l’accompagnamento alla
																						frontiera è diventato la norma. Nel caso in cui un riconducimento non potesse
																						essere immediatamente attuato, lo straniero è allora trattenuto in un CPTA. Gli
																						stranieri possono introdurre un ricorso dinanzi a un giudice di pace contro la
																						decisione di espulsione emanata dal Prefetto. Il ricorso può essere introdotto
																						entro 60 giorni e il giudice deve pronunciarsi nei 20 giorni seguenti. Il
																						ricorso non ha tuttavia effetto sospensivo sulla misura di espulsione. 
																						182. A seguito di una decisione della Corte costituzionale, è
																						stato apportato un emendamento alla legge Bossi-Fini69 per
																						garantire un controllo giurisdizionale delle decisioni di espulsione. Ormai,
																						dopo la comunicazione allo straniero della sua espulsione con esecuzione
																						immediata da parte della Questura, un giudice di pace viene adito nelle 48 ore
																						e deve pronunciarsi nelle 48 ore successive sull’opportunità della misura. Lo
																						straniero compare dinanzi al giudice di pace nel CPTA assistito da un avvocato.
																						E’ possibile presentare ricorso contro la decisione del giudice di pace, ma
																						tale ricorso non è sospensivo. 
																						183. In caso di impossibilità, per l’amministrazione, di procedere
																						all’espulsione entro i termini assegnati, lo straniero è rimesso in libertà,
																						con obbligo di lasciare il paese entro 5 giorni. In caso di mancato rispetto di
																						tale ordine, lo straniero può essere perseguito penalmente, con pene che vanno
																						da sei mesi a quattro anni di carcere, accompagnate dal divieto di rientro sul
																						territorio italiano per un periodo che va da cinque a dieci anni70.
																						Interdetto di soggiorno, spesso non può nemmeno ritornare nel suo paese per le
																						stesse ragioni che ne hanno impedito l’espulsione, (mancanza di documenti di
																						viaggio, mancanza di risorse finanziarie). Di conseguenza, lo straniero che non
																						ha potuto essere oggetto di un provvedimento di espulsione diventa di fatto un
																						« irregolare regolare » se resta sul territorio italiano dopo il
																						termine dei 5 giorni. Da notare che gli stranieri irregolari hanno accesso
																						gratuito alle cure mediche di pronto soccorso. 
																						184. Sebbene non mi sia stata riferita nessuna dichiarazione circa
																						presunte violenze delle autorità italiane nel corso delle espulsioni, ho
																						tuttavia indicato al Ministro dell’Interno che la presenza di un osservatore
																						esterno e imparziale potrebbe garantire e rafforzare il pieno rispetto della
																						dignità umana e la buona reputazione dell’Italia in materia. E’ quindi con
																						piacere che ho ricevuto le sue informazioni, in base alle quali sono in corso
																						delle discussioni per permettere ai medici della Croce Rossa italiana di
																						accompagnare gli stranieri fino all’imbarco sull’aereo nel corso delle
																						espulsioni. In caso di ricorso a voli non commerciali per trasportare degli
																						stranieri allontanati, occorrerebbe che gli stessi medici fossero presenti al momento
																						del volo. 
																						185. Secondo le informazioni fornite dal Ministro dell’Interno,
																						l’Italia ha riaccompagnato alla frontiera e allontanato dal territorio 59.965
																						stranieri nel 2004. Si noti che la cifra è in calo rispetto agli anni
																						precedenti71. Il
																						Ministro ha tenuto a rammentare che tali ritorni hanno un costo economico
																						importante– intorno ai 21 milioni di euro per il 2004. Vanno inoltre segnalate,
																						al riguardo, le difficoltà incontrate dalle autorità italiane, come del resto
																						da altre autorità in Europa, sul piano della mancata cooperazione da parte dei
																						consolati. Molti Stati rifiutano semplicemente di fornire delle informazioni
																						sui loro cittadini, o di cooperare per il rilascio dei documenti necessari.
																						L’Italia, vittima della sua posizione geografica, come altri paesi al sud o
																						all’est dell’Europa, deve assumersi da sola l’onere finanziario del ritorno dei
																						migranti economici che sono riusciti a raggiungere le porte dell’Europa. Come
																						non ho mai mancato di rammentarlo72,
																						pare indispensabile che gli Stati membri dell’Unione europea condividano le
																						loro responsabilità per quanto riguarda questi migranti desiderosi di accedere
																						al territorio europeo, per poter garantire loro un’accoglienza degna e il
																						rispetto dei loro diritti fondamentali e umanitari. Inoltre, l’Unione europea,
																						in cooperazione con gli Stati interessati del continente africano, potrebbe
																						istituire una politica efficace e coordinata che offra a queste persone, oggi
																						condannate a una disperata erranza, una possibilità di restare nel loro paese
																						d’origine, con una scelta di vita sufficientemente dignitosa per loro e le loro
																						famiglie. 
																						I. Decreto antiterrorismo e
																						espulsione 
																						186. Poco dopo la mia visita, l’Italia ha adottato una legge
																						relativa alla lotta al terrorismo73.
																						Tale decreto permette di limitare l’accesso a un avvocato nel corso delle prime
																						24 ore della custodia cautelare per una persona sospettata di avere legami con
																						attività terroristiche. L’articolo 3, in particolare, consente a un prefetto –
																						e non più a un giudice- di disporre l’espulsione di uno straniero per prevenire
																						un atto terroristico. Inoltre, tale decisione amministrativa può essere presa
																						unicamente sulla base di indizi o del sospetto che la persona minacci la
																						sicurezza del paese. Il decreto, ancora in deroga al diritto comune, consente
																						di contestare la decisione di espulsione unicamente dinanzi ai tribunali
																						amministrativi. Questa procedura giurisdizionale non ha effetti sospensivi. Fin
																						dalla sua adozione, le autorità hanno fatto uso di questa disposizione per
																						arrestare, interrogare ed espellere degli stranieri sospettati di essere
																						vincolati con delle attività terroristiche ma contro chi, si possa supporre che
																						gli elementi di prova non erano sufficienti per iniziare una procedura penale. 
																						187. Secondo le informazioni fornite dalle autorità italiane,
																						queste espulsioni, come nel caso delle espulsioni ordinarie, non possono essere
																						effettuate qualora esistesse un rischio di persecuzione per lo straniero.
																						Questa garanzia è, in effetti, indispensabile. A mio avviso, è indispensabile
																						che l’esame di tali rischi sia debitamente realizzato da un’autorità
																						giudiziaria e non soltanto da un’istanza amministrativa rappresentando il
																						Governo, nel caso di specie il Prefetto. Il ricorso giudiziario a posteriori,
																						senza effetti sospensivi, non può essere una garanzia sufficiente. 
																						188. In materia di terrorismo, è fondamentale che il sistema da
																						privilegiare sia il perseguimento penale dei terroristi e non il rinvio verso
																						un altro paese. Questa facilità di espulsione offerta si limita a spostare un
																						rischio potenziale, senza per questo combatterlo efficacemente. D’altro canto,
																						è indispensabile, in tali casi, che vengano debitamente analizzati da parte di
																						un’autorità giudiziaria, e non unicamente di un’autorità amministrativa, i
																						rischi che la persona subisca atti di tortura nel paese verso il quale viene
																						rinviata. Il ricorso giudiziario a posteriori non può costituire una
																						garanzia sufficiente. Come l’ho spesso ripetuto, la lotta al terrorismo non
																						deve avvenire a scapito di principi quali la democrazia e il rispetto dei
																						diritti fondamentali. L’adozione di procedure accelerate per ragioni specifiche
																						non può avvenire privando una persona del diritto di difendersi in modo
																						appropriato. Invito pertanto le autorità italiane a rivedere rapidamente questo
																						decreto, per garantire che i diritti della Convenzione europea dei diritti
																						dell’uomo e il principio del rifiuto del respingimento siano pienamente
																						rispettati. 
																						J. Strutture offerte ai
																						richiedenti asilo 
																						189. Il decreto applicativo della legge Bossi-Fini non precisa i
																						diritti dei richiedenti asilo nel corso della procedura. Le norme precedenti
																						restano quindi applicabili. Il permesso di soggiorno accordato ai richiedenti
																						asilo non permette loro di lavorare e viene in genere rilasciato entro tre -
																						cinque mesi dopo la presentazione della domanda. Tale permesso dà diritto alla
																						previdenza sociale, a una carta di soggiorno e a un contributo giornaliero di
																						17,56 euro per 45 giorni, accordato in media con sei mesi di ritardo74.
																						Invece di percepire tale contributo, i richiedenti asilo possono essere
																						ospitati in un centro di accoglienza. Occorre tuttavia precisare che tali
																						misure sono destinate ai richiedenti asilo che non sono trattenuti, quindi
																						essenzialmente a coloro che sono entrati legalmente sul territorio. 
																						190. Il programma nazionale di accoglienza dei richiedenti asilo e
																						dei rifugiati (Programma Nazionale Asilo, PNA) è stato istituito nel
																						2001 su invito del Ministero dell’Interno, dell’ACNUR e dell’associazione dei
																						comuni italiani, con un cofinanziamento del Fondo europeo per i rifugiati. Vi
																						partecipano numerose ONG a livello nazionale e locale, e consiste in una rete
																						decentrata di centri di accoglienza, che offrono un alloggio in piccole
																						strutture, spesso in appartamenti, nonché un’assistenza legale e sociale. Dopo
																						tre anni di funzionamento, il PNA è stato sostituito nel 2004 da un nuovo
																						programma, il SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati),
																						con aumento dei fondi stanziati. La legge ormai affida all’ANCI (associazione
																						dei comuni) la gestione dei fondi, a cui va ad aggiungersi
																						l’« 8/1000 », prelevato sull’imposta sui redditi. In totale, sono
																						circa 90 i comuni coinvolti nel SPRAR, per 2.250 posti complessivi. 
																						191. La qualità delle condizioni di accoglienza organizzate nel
																						quadro del SPRAR pone in evidenza le disparità di trattamento tra i richiedenti
																						asilo, dal momento che questo programma copre una minima parte dei bisogni.
																						Oltre al fatto che il budget assegnato è insufficiente, viene anche suddiviso
																						in modo molto poco equilibrato sul territorio italiano, privilegiando certe
																						aree, a scapito in particolare del Sud e soprattutto della Sicilia, che riceve
																						invece un numero importante di richiedenti asilo. Le carenze del dispositivo
																						sono certo ovviate dal grande numero di soluzioni di accoglienza di tipo
																						caritativo o associativo, nondimeno la responsabilità maggiore in materia
																						spetta alle autorità comunali e regionali, che devono farsi carico dell’accoglienza,
																						dell’assistenza e dell’alloggio dei richiedenti asilo. 
																						192. Durante la mia visita a Roma, ho potuto constatare gli
																						investimenti realizzati dal Comune per dirigere o sovvenzionare dei centri di
																						accoglienza e di alloggio per i richiedenti asilo. Annualmente, il Comune
																						investe 4,8 milioni di euro per gestire o finanziare 19 centri, con una
																						capienza di 1.100 persone al massimo. Il rappresentante del Comune mi ha
																						spiegato che Roma si trova in una situazione particolare, a causa della vecchia
																						procedura di asilo, che all’epoca della Commissione centrale per i rifugiati
																						era centralizzata a Roma. Le persone la cui procedura era in corso avevano
																						tendenza a voler risiedere non lontano dalla Commissione, e quindi di
																						preferenza a Roma. La settorizzazione delle procedure di asilo dovrebbe portare
																						a un calo del numero di richiedenti asilo nella capitale. Un’altra spiegazione
																						di questa numerosa presenza di richiedenti asilo a Roma è data dai notevoli
																						investimenti realizzati dalla città per svolgere nel miglior modo possibile il
																						ruolo che le spetta in materia di alloggio. Ho per esempio visitato un centro
																						di accoglienza gestito direttamente dal comune e un altro gestito dal Jesuit
																						Refugee Service. In entrambi i casi, ho potuto constatare come il personale
																						fosse disponibile e all’ascolto degli stranieri e come fossero stati realizzati
																						dei programmi specifici: di alfabetizzazione, di lingua italiana, o di
																						formazione professionale. In ogni caso, prima di stabilire un progetto di
																						integrazione, vengono presi in considerazione gli obiettivi dei richiedenti
																						asilo e delle loro famiglie. 
																						193. In considerazione del fatto che l’assistenza ai richiedenti
																						asilo è di competenza degli enti locali, non è identica sull’insieme del paese.
																						Gli investimenti dipendono molto dalla volontà politica degli enti locali, ed è
																						questo che provoca divari tra le regioni. Spetta quindi alle autorità nazionali
																						garantire pari diritti ai richiedenti asilo su tutto il territorio, con il
																						rischio di concentrare le domande nelle città più generose. 
																						K. Minori migranti non
																						accompagnati 
																						194. I minori migranti non accompagnati sono posti sotto la tutela
																						del Tribunale per i minorenni e le amministrazioni locali se ne fanno carico,
																						quando è impossibile il loro rimpatrio. Qualsiasi minore straniero non accompagnato
																						trovato sul territorio nazionale deve essere segnalato al Comitato Minori
																						stranieri (CMS) che dipende dal Ministero del lavoro. L’Italia registra poche
																						domande di asilo da parte di minori separati dalla famiglia per due ragioni. In
																						primo luogo, perché i paesi di provenienza di questi ragazzi non attraversano
																						crisi o pericoli particolari, e soprattutto, perché l’esistenza di un
																						meccanismo di tutela specifico per i minori non accompagnati non li obbliga,
																						come in altri paesi, a ricorrere al sotterfugio di presentarsi come richiedenti
																						asilo. 
																						195. Nel 2004, i minori non accompagnati registrati presso i
																						comuni in Italia erano 5.573, essenzialmente rumeni (37%), marocchini (20%) e
																						albanesi (16%). La cifra riguarda però unicamente i minori dichiarati e non è
																						rappresentativa della totalità dei minori non accompagnati. Molti di loro
																						restano fuori dal sistema, sia perché non desiderano usufruire dell’assistenza
																						offerta, sia perché non possono accedervi, essendo vittime di reti di lavoro
																						forzato o di prostituzione. Nei centri di accoglienza sono frequenti i casi di
																						scomparsa di minori, poiché alcuni vi restano solo poco tempo, e poi fuggono.
																						E’ stato provato che tali situazioni sono spesso legate alla tratta degli
																						esseri umani. Per questo, il Consiglio municipale di Torino ha creato un centro
																						per proteggere i ragazzi sfruttati, dove restano per un periodo massimo di 60
																						giorni e non possono uscire senza essere accompagnati da un educatore. Il
																						meccanismo permette di evitare le fughe, di disporre di tempo sufficiente per
																						identificare il ragazzo e soprattutto di instaurare con lui un rapporto di
																						fiducia, per potere poi decidere del suo futuro. 
																						196. L’Italia riconosce ai minori stranieri non accompagnati gli
																						stessi diritti dei minorenni italiani in situazione di abbandono. Usufruiscono
																						quindi di una carta di soggiorno, dell’accesso al sistema scolastico e alle
																						cure mediche. Non sono tuttavia autorizzati a lavorare. Come per i richiedenti
																						asilo, spetta agli enti locali la responsabilità in materia di accoglienza e di
																						tutela dei minori. Anche in questo caso, emergono grandi disparità nei
																						trattamenti. In certe città, infatti, i centri appropriati possono accogliere
																						tutti i ragazzi della regione, mentre in altre le strutture sono insufficienti.
																						Sono stato per esempio informato che l’assenza di posti obbligava certe città
																						ad alloggiare dei minori non accompagnati in centri di accoglienza per adulti. 
																						197. In virtù del decreto applicativo n° 303/2004, non possono
																						essere trattenuti in un centro per stranieri. Mi sono stati tuttavia esposti
																						dei casi in cui dei minorenni erano trattenuti con degli adulti in centri di
																						identificazione, al loro ingresso in Italia. Qualora il rimpatrio non sia
																						possibile, la legge n° 189/2002 accorda il permesso di studio o di lavoro a
																						tali giovani, quando diventano maggiorenni, se hanno risieduto in Italia per
																						tre anni e hanno seguito un progetto di integrazione per almeno due anni.
																						Durante la mia visita al Centro minori stranieri non accompagnati
																						« Scuola di Volo » a Roma, ho potuto discutere l’attuazione di
																						questa nuova disposizione introdotta dalla legge Bossi-Fini. Anzitutto, occorre
																						dire che la maggior parte dei minori non accompagnati ha in genere più di 15
																						anni quando giunge in Italia. D’altronde, è molto difficile dimostrare
																						materialmente una presenza continua di tre anni sul territorio italiano. Se la
																						procedura di regolarizzazione ordinaria non viene accettata al momento in cui
																						il ragazzo diventa maggiorenne, gli è concessa un’altra procedura, mediante la
																						quale può sperare di restare in Italia, dimostrando che dispone di un lavoro e
																						che è integrato nella società italiana. Pur presentando alcuni aspetti che
																						potrebbero essere perfezionati, in particolare aumentando il numero di centri
																						di accoglienza per minori, il sistema di tutela dei minori non accompagnati in
																						Italia sembra soddisfacente. 
																						VII. STRANIERI REGOLARI 
																						198. Oltre alla politica relativa alle migrazioni irregolari e
																						alla procedura di asilo, l’Italia ha introdotto delle procedure riguardanti la
																						migrazione regolare. Dagli inizi degli anni ’90, i governi italiani hanno
																						progressivamente ridotto le condizioni di ingresso e di soggiorno sul
																						territorio, procedendo ad intervalli regolari a delle regolarizzazioni massicce
																						di immigrati irregolari. Tra il 1986 e il 1998, sono stati regolarizzati circa
																						800.000 stranieri, in successive cinque « ondate di
																						regolarizzazione » (1986, 1990, 1995 e 1998). L’ultima risale al 2003 e ha
																						permesso di regolarizzare 641.638 stranieri, secondo le cifre comunicate dal
																						Ministero dell’Interno. Per ottenere tale regolarizzazione, gli stranieri
																						dovevano dimostrare di disporre di un posto di lavoro di oltre tre mesi in
																						Italia. 
																						A. Quote annue di
																						immigrazione 
																						199. Da parecchi anni, l’Italia ha istituito una politica di quote
																						annue di ingressi per i lavoratori stranieri, secondo le nazionalità e le
																						esigenze del mercato del lavoro. Inoltre, accorda quote privilegiate ai paesi
																						che collaborano con l’Italia nella lotta all’immigrazione clandestina e che
																						hanno firmato degli accordi di riammissione75. Il
																						decreto del presidente del Consiglio prevedeva per il 2004 79.500 posti di
																						lavoro, di cui 50.000 per lavoratori temporanei, a cui si deve aggiungere
																						l’autorizzazione di ingresso per i lavoratori provenienti da 8 dei nuovi Stati
																						dell’Unione europea76. Per
																						permettere l’arrivo di un lavoratore extra-comunitario, un datore di lavoro
																						deve garantire un alloggio decente, impegnarsi a pagare le spese di viaggio di
																						ritorno e fornirgli un contratto di lavoro. 
																						200. Merita plauso l’impostazione positiva seguita dall’Italia per
																						questa politica, che offre una via legale ai lavoratori desiderosi di migrare e
																						un’alternativa all’immigrazione clandestina. Nella pratica, la politica delle
																						quote potrebbe avere un effetto benefico maggiore, se corrispondesse pienamente
																						ai reali fabbisogni dei datori di lavoro. Gli imprenditori che ho incontrato
																						nel Veneto mi hanno espresso il loro senso di frustrazione per i metodi
																						utilizzati per definire i bisogni nazionali, regionali e locali. Pare che il
																						numero di permessi di lavoro accordati non coincida sempre con i bisogni reali
																						e che gli imprenditori si ritrovino quindi talvolta con posti di lavoro non
																						coperti per mancanza di personale. Nel 2004, per esempio, avevano valutato le
																						loro necessità intorno a 6.000 lavoratori stranieri. Hanno infine ottenuto
																						l’autorizzazione di assumere solo 2.300 lavoratori extra-comunitari. Un
																						migliore incontro tra le quote e il bisogno reale permetterebbe di rafforzare
																						la politica italiana di migrazione economica legale controllata, oltre che di
																						diminuire il lavoro non dichiarato, frequente nei lavori stagionali e non
																						qualificati. 
																						B. Diritto di voto e
																						partecipazione degli stranieri regolari 
																						201. L’autonomia delle regioni italiane ha offerto alle autorità
																						locali la possibilità di accordare agli stranieri il diritto di voto e di
																						partecipazione. Si devono sottolineare queste iniziative positive, poiché
																						permettono di facilitare l’integrazione degli stranieri nella società italiana,
																						riconoscendo loro l’importanza del loro posto e del ruolo che svolgono. Il
																						comune di Genova ha adottato il 27 luglio 2004 l’atto che consente
																						l’eleggibilità e il diritto di voto agli stranieri regolari in Italia da 5 anni
																						e nel comune da 2 anni. Il Consiglio di Stato, consultato dalla Regione
																						Emilia-Romagna in materia di diritto di voto alle elezioni locali per i
																						cittadini extra-comunitari, ha espresso un parere favorevole77
																						malgrado la circolare del Ministro dell’Interno, che conteneva un parere
																						contrario78. 
																						202. A Roma esiste un Consiglio degli stranieri, composto da 4
																						personalità elette, che rappresentano 298.000 stranieri residenti a Roma.
																						Questi consiglieri stranieri possono presentare delle proposte di delibere, di
																						ordine del giorno, e partecipare alle Commissioni del Consiglio municipale
																						senza diritto di voto. Come in altre città italiane, ciascuno dei 19 circondari
																						della città di Roma dispone di un consigliere straniero. In occasione della mia
																						visita, ho potuto incontrare il rappresentante africano e quello delle Americhe
																						del Consiglio degli stranieri di Roma, con i quali mi sono intrattenuto a lungo
																						sulla situazione degli stranieri regolari in Italia. Secondo i miei vari
																						interlocutori, a parte i problemi legati all’abitazione, la difficoltà
																						principale per gli stranieri regolari riguarda il rilascio e il rinnovo del
																						titolo di soggiorno. 
																						C. Rilascio e rinnovo dei
																						titoli di soggiorno 
																						203. Con l’entrata in vigore della legge Bossi-Fini, i criteri di
																						conferimento dei titoli di soggiorno sono stati rinforzati. gli stranieri che
																						hanno beneficiato della procedura di regolarizzazione verificatasi nel 2002,
																						hanno ottenuto dei titoli di soggiorno. Tuttavia, questi titoli devono essere
																						rinnovati ogni anno, a differenza dei titoli rilasciati precedentemente agli
																						stranieri. Per quanto riguarda il conferimento di una carta di soggiorno, gli
																						stranieri devono dimostrare una presenza regolare e continua di, al meno, sei
																						anni sul territorio italiano, di avere un contratto di lavoro e di disporre di
																						un alloggio decente. 
																						204. Molte associazioni, come pure i membri del Consiglio degli
																						stranieri di Roma hanno espresso la loro insoddisfazione per il modo in cui
																						vengono trattate le domande per il rilascio o il rinnovo dei titoli di
																						soggiorno. Bisogna presentare la pratica, è spesso necessario aspettare
																						parecchi giorni, vista la mancanza di personale nelle questure per trattare le
																						domande. Dopo di che, ed è questo aspetto, soprattutto, che risulta
																						problematico, i tempi per ottenere il rilascio del nuovo titolo sono spesso
																						superiori alla sua validità. Ci vogliono talvolta fino a due anni di attesa per
																						ottenere un titolo di soggiorno la cui validità è solo di un anno. E’ quindi
																						già scaduto quando lo si riceve e il beneficiario deve immediatamente intraprendere
																						le pratiche per il suo rinnovo. E’ chiaro che sono necessarie risorse maggiori,
																						o semplicemente una migliore efficacia, per evitare di creare dei
																						« sans-papiers regolari » a causa dell’inerzia amministrativa. 
																						VIII. LA COMUNITA’ ROM 
																						205. Nel 1999 è stata adottata la legge sulla tutela delle
																						minoranze linguistiche storiche. La legge, in attuazione dell’articolo 6 della
																						Costituzione italiana, prevede la tutela delle minoranze linguistiche storiche
																						in Italia79,
																						oltre a certi altri provvedimenti di tutela in zone territoriali specifiche. I
																						Rom sono stati esclusi dai vantaggi di tale legge, per il fatto che questo
																						gruppo non è legato a un territorio determinato. Non esiste d’altronde uno
																						status specifico per loro, nella legislazione italiana. Le mie discussioni con
																						le autorità italiane e con i rappresentanti della comunità Rom hanno inoltre
																						messo in luce l’assenza di una politica globale che tenga conto dei loro
																						problemi, fatto che gli interessati deplorano moltissimo. 
																						206. In base a certe stime, le comunità rom in Italia sono composte
																						da circa 120.000 persone, essenzialmente nel centro e nel sud del paese. Sempre
																						secondo le stime, ci sarebbero tra i 60.000 e i 90.000 Rom italiani e tra
																						45.000 e 70.000 Rom « stranieri » (nati al di fuori dall’Italia, o in
																						Italia, ma da genitori non italiani) originari soprattutto dei Balcani -
																						ex-Jugoslavia, Bulgaria e Romania. 
																						207. Come lo ricorda il rapporto dell’ECRI80, le
																						autorità italiane hanno tendenza a considerare che i Rom siano dei nomadi che
																						desiderano vivere negli accampamenti. Secondo un pregiudizio corrente sono considerati
																						stranieri, mentre una grande parte della comunità Rom è italiana. 
																						A. Accesso all’occupazione 
																						208. Nei miei incontri con vari rappresentanti della comunità Rom,
																						mi è stato spiegato che le difficoltà da essi incontrate dipendono dalla loro
																						nazionalità, anche se spesso abitano gli stessi quartieri e condividono gli
																						stessi obiettivi. Tra i Rom italiani, circa 40.000 sono sedentarizzati, e il
																						resto ha una vita nomade, e continua a praticare i mestieri tradizionali, quali
																						l’allevamento dei cavalli o i mestieri del circo. Hanno dei problemi per
																						continuare a svolgere tali attività, a causa, evidentemente, dell’evoluzione
																						della società, ma anche dell’assenza dell’applicazione di certe leggi. Per
																						esempio, la legge n° 337 del 1968 sugli spettacoli impone ai comuni di
																						riservare delle aree apposite per gli spettacoli viaggianti; pare invece che
																						tali aree siano sempre più assegnate ad altri obiettivi, il che priva la gente
																						del circo di possibilità di reddito e porta alla progressiva scomparsa di tali
																						mestieri. Secondo i miei interlocutori, talvolta, per di più, vengono loro
																						rifiutate dalle autorità locali le autorizzazioni di organizzare i loro
																						spettacoli, con l’accusa che la loro presenza provoca un aumento dei furti e
																						degli atti di piccola delinquenza. Invito quindi le autorità italiane a mettere
																						pienamente in atto la legislazione relativa agli spettacoli e a perseguire con
																						fermezza ogni atto o discorso razzistico. 
																						209. I Rom non italiani incontrano difficoltà per il rilascio dei
																						titoli di soggiorno validi o per ottenere la naturalizzazione. In effetti, la
																						legislazione applicabile in materia prevede, tra l’altro, che il suo
																						conferimento sia subordinato al previo ottenimento di un titolo di soggiorno
																						anche nei casi in cui hanno vissuto in Italia in modo continuo da parecchi
																						decenni. Questa situazione ha delle conseguenze evidenti sull’accesso ai
																						servizi di sanità e di educazione. 
																						B. Condizioni di vita 
																						a) Accesso all’abitazione 
																						210. La comunità Rom presenta delle diversità a seconda delle sue
																						origini, delle sue pratiche e delle sue risorse finanziarie. Sebbene taluni
																						vivano in alloggi tradizionali (case popolari o di proprietà privata), una
																						grande parte risiede in campi, i cosiddetti « quartieri ». Esistono
																						due tipi di quartieri Rom: gli autorizzati e quelli abusivi. I quartieri
																						autorizzati a Roma sono costituiti da abitazioni prefabbricate, mentre in altre
																						città gli alloggi possono talvolta essere delle roulotte o delle tende. Anche
																						nei quartieri abusivi, i Rom vivono in prefabbricati, in roulotte o in baracche
																						rudimentali. 
																						211. Durante la mia visita, mi sono recato al Campo Nomadi
																						Casilino 900 di Roma, considerato come abusivo. Tengo a precisare,
																						tuttavia, che il fatto che sia abusivo non impedisce affatto al Comune della
																						città di impegnarsi a cercare di migliorare la vita dell’accampamento. Circa
																						650 persone vivono oggi in questo campo, inizialmente occupato da Rom
																						provenienti dalla Jugoslavia a partire dal 1969. Un piccolo numero di Rom che
																						vivono in questo accampamento ha la nazionalità italiana, ma la maggior parte è
																						costituita da stranieri, malgrado il fatto che alcuni siano in Italia da
																						parecchi decenni. Le condizioni di vita da me constatate rispecchiano la
																						situazione di altri campi in Italia: accesso sommario all’acqua e
																						all’elettricità, assenza di nettezza urbana, di illuminazione, di evacuazione
																						delle acque reflue o di drenaggio del sito. Le abitazioni sono delle roulotte
																						vetuste o baracche costruite con materiale di recupero. In altri termini, non è
																						altro che una bidonville. 
																						212. Il rappresentante Rom del quartiere mi ha tuttavia indicato
																						che sono stati recentemente realizzati importanti progressi, grazie all’attivo
																						coinvolgimento del Comune di Roma. Da due anni, per esempio, è nato un
																						programma cogestito di sorveglianza e di sicurezza dell’accampamento. Consente
																						di coinvolgere maggiormente la comunità del luogo, migliorando le relazioni con
																						le forze dell’ordine. Inoltre, viene organizzata una raccolta regolare delle
																						immondizie, il che permette di diminuire i rischi di malattie e di migliorare
																						la salubrità dell’accampamento. Il comune ha inoltre fornito alcuni gabinetti
																						chimici. 
																						213. I rappresentanti del Comune presenti nel quartiere al momento
																						della mia visita sono consci dell’inadeguatezza del sito e mi hanno comunicato
																						il desiderio della città di trovare soluzioni più adattate per ospitare in
																						condizioni decenti i Rom che vivono nell’accampamento. L’entità del problema va
																						sfortunatamente ben oltre la situazione del Campo Nomadi Casilino 900 di
																						Roma e viene rispecchiata nel ricorso collettivo relativo all’accesso
																						all’alloggio per i Rom in Italia, recentemente dichiarato ricevibile dal
																						Comitato europeo dei diritti sociali81. 
																						b) Accesso alle cure 
																						214. Un’unità medica mobile si reca regolarmente nel Campo
																						Nomadi Casilino 900; era presente il giorno della mia visita, per cui ho
																						avuto la possibilità di parlare con il personale medico. I medici mi hanno
																						spiegato che le condizioni di vita estremamente penose, oltre alla povertà e
																						alle difficoltà di integrazione, hanno importanti conseguenze sulla salute dei
																						Rom che vivono nell’accampamento. Oltre alle malattie croniche abituali, i Rom
																						sviluppano molteplici affezioni dermatologiche e respiratorie, spesso difficili
																						da curare. Il controllo medico è reso tanto più difficile dal fatto che il loro
																						accesso alle cure dipende da questa unità medica mobile o dal pronto soccorso
																						degli ospedali. L’accesso alle cure dentistiche è ancora più difficile, e causa
																						danni irreparabili, anche per i bambini, per mancanza di cure e di igiene. 
																						215. Questa situazione particolare sembra essere ancora una volta
																						rivelatrice della situazione sanitaria di una parte non trascurabile della
																						comunità Rom in Italia. Pur avendo in teoria gli stessi diritti, l’accesso
																						diretto alle cure è ostacolato da vari fattori, quali l’assenza di documenti di
																						identità o la scarsa conoscenza del sistema. La povertà impedisce poi di
																						consultare un medico e troppo spesso le cure vengono prodigate all’ospedale,
																						cui ci si rivolge come ultima risorsa. 
																						C. Educazione 
																						216. Il problema dei trasporti per i bambini rom che vivono in
																						campi situati lontano dalle scuole e la situazione finanziaria precaria di
																						molti genitori limitano il loro accesso all’istruzione. Se si aggiunge una
																						certa reticenza culturale nei confronti della scuola da parte di alcuni
																						genitori Rom, si giunge a un tasso di assenteismo scolastico anormalmente
																						elevato. Sono da sottolineare, tuttavia, come viene indicato dall’ECRI nel suo
																						rapporto sull’Italia82, che
																						sono stati compiuti sforzi in questo settore, grazie in particolare
																						all’istituzione della figura del mediatore culturale. Sono inoltre stati
																						avviati corsi di lingua italiana per adulti e delle formazioni professionali. 
																						217. Sono stato particolarmente colpito da un ostacolo
																						all’istruzione, che sarebbe invece semplice da superare. I genitori Rom mi
																						hanno indicato le loro grandi difficoltà a iscrivere i figli a scuola. La
																						scolarizzazione dei giovani fino ai 13 anni non pone problemi, perché la scuola
																						è d’obbligo per tutti i ragazzi fino a tale età e non occorre fornire documenti
																						di identità o un titolo di soggiorno per iscrivere i figli a scuola. Oltre a
																						quell’età, la scolarizzazione avviene su presentazione di un titolo di
																						soggiorno in regola. La maggior parte dei bambini rom che non ha la nazionalità
																						italiana, non ha nemmeno un titolo di soggiorno in regola, anche se molti di
																						loro sono nati in Italia. Come ho potuto constatarlo presso il Campo Nomadi
																						Casilino 900, l’assenza di una registrazione formale della loro situazione,
																						o l’assenza di un domicilio legale riconosciuto dall’amministrazione può
																						impedire loro di accedere all’istruzione. I genitori mi hanno mostrato di
																						essere scoraggiati di fronte a questa situazione inestricabile. Senza
																						istruzione, i loro figli hanno pochissime possibilità di trovare un lavoro, in
																						particolar modo nella società italiana, che accorda un’importanza sempre
																						maggiore ai titoli di studio; senza lavoro, non è possibile l’integrazione, né
																						è possibile ottenere documenti in regola. Da parte loro si manifesta una
																						volontà di spingere i figli a proseguire gli studi, ma non viene sostenuta
																						dall’amministrazione. Non è concepibile, per me, che dei ragazzi desiderosi di
																						proseguire gli studi non possano accedere all’insegnamento e al sapere per
																						ragioni puramente amministrative. Preme trovare una soluzione che consenta alle
																						nuove generazioni Rom di seguire un cursus scolastico normale. 
																						IX. PROTEZIONE DELLE
																						VITTIME DELLA TRATTA 
																						218. Il fenomeno della tratta di esseri umani colpisce l’insieme
																						dell’Europa; reti sempre più organizzate obbligano uomini, donne e perfino
																						bambini a condizioni di vita inumane, avviandoli alla prostituzione, al lavoro
																						clandestino, alla delinquenza o alla criminalità. Spetta di conseguenza ad ogni
																						Stato adottare un approccio di prevenzione e di repressione, in cooperazione
																						con i paesi vicini. Gli sforzi dell’Italia in tutti questi settori sono
																						particolarmente ammirevoli. 
																						219. Il decreto-legge 286/98, entrato in vigore nel 2000, e
																						segnatamente l’articolo 18, ha segnato un notevole progresso nel campo della
																						protezione delle vittime. L’articolo prevede che venga rilasciato un permesso
																						« per motivi di protezione sociale », della durata di 6 mesi,
																						rinnovabile, alle vittime della tratta che collaborano con le autorità di
																						polizia o con la giustizia. Al 31 ottobre 2003, erano stati rilasciati 3.757
																						permessi di residenza per motivi di protezione sociale. Ottenuto tale permesso,
																						la vittima può lavorare, studiare, usufruire dell’assistenza medica e sociale,
																						tramite un programma di protezione e di assistenza sociale. Il permesso
																						specifico per « protezione sociale » si può in seguito trasformare in
																						permesso di lavoro normale. 
																						220. In modo più generale, la legge riconosce e sostiene il ruolo
																						fondamentale svolto dalle autorità locali e dalle ONG. I programmi di
																						protezione e di assistenza sono promossi dal settore pubblico e
																						dall’associazionismo. Per questo, le istituzioni aperte alle vittime sono molteplici:
																						alcune forniscono consulenze giuridiche, protezione materiale, alloggio di
																						durata più o meno lunga, o un accompagnamento psicologico. 
																						221. Nel 2003 è stata adottata una legge che rende più severa la
																						penalizzazione degli atti legati alla tratta, privando in particolare i
																						trafficanti di certi diritti, per evitare che proseguano le loro attività dal
																						carcere, e rafforzando le pene che possono essere inflitte ai membri delle reti
																						della tratta. Completa le disposizioni della legge n° 286/98 in materia di
																						permesso di lavoro o di permesso di residenza per le vittime. Tale
																						miglioramento del livello di protezione delle vittime, accompagnato da pene più
																						severe e dal potenziamento dei mezzi di indagine ha facilitato la lotta alla
																						tratta in Italia. Il numero di denunce per tratta è così passato da 1.300 nel
																						2002, a 2.200 nel 2003. 
																						222. Sono ora accessibili alle vittime della tratta dei centri di
																						accoglienza e di formazione professionale. Infine, sono stati istituiti dei
																						programmi di assistenza e di stimolo al ritorno volontario. La legge ha
																						istituito un fondo a favore delle vittime (per l’assistenza giuridica, la
																						formazione, o qualunque altra assistenza per l’integrazione), alimentato dallo
																						Stato, ma anche attraverso la confisca dei beni dei trafficanti. L’Italia ha
																						inoltre istituito dei programmi internazionali, in partenariato con alcune ONG,
																						per facilitare il ritorno delle vittime nel loro paese, in particolare dei
																						minori non accompagnati. 
																						223. L’Italia dispone quindi di tutto un corpus legislativo ben
																						adattato per tutelare le vittime, perseguire i membri delle reti della tratta,
																						che, per molti aspetti è superiore alle esigenze minime previste dalle norme
																						europee. Realizza inoltre un importante lavoro in materia di prevenzione,
																						organizzando, in collaborazione con altri governi e delle ONG, delle campagne
																						di sensibilizzazione, sia sul territorio nazionale, che nei paesi di origine.
																						Tengo quindi a complimentarmi per il lavoro svolto dall’Italia per contrastare
																						la tratta, che consiste in una ferma repressione, una protezione delle vittime
																						e in un’opera svolta a monte per bloccare il fenomeno. 
																						X. LE ISTITUZIONI DI DIFESA
																						DEI DIRITTI DELL’UOMO 
																						A. La questione di
																						un’istituzione nazionale dei diritti dell’uomo 
																						224. Dal 1997, il Governo italiano ha istituito un Comitato
																						interministeriale per i diritti dell’uomo (CIDU) in seno al Ministero degli
																						Affari esteri. E’ composto da rappresentanti di vari dicasteri, e di differenti
																						istituzioni pubbliche. Il Ministro degli Affari esteri designa ugualmente, per
																						una durata di tre anni, 3 personalità nel campo dei diritti umani. La società
																						civile, pur essendo spesso consultata, non è rappresentata all’interno di
																						questo Comitato. Esso ha in particolare la responsabilità di effettuare un
																						monitoraggio di tutte le norme adottate dalle autorità italiane in relazione
																						agli impegni internazionali assunti dall’Italia, di verificare il rispetto
																						delle convenzioni internazionali sul territorio, e di mantenere i contatti con
																						la società civile. 
																						225. Nel corso del mio colloquio con dei membri del CIDU e con il
																						suo presidente, il Ministro plenipotenziario Giuseppe Calvetta, abbiamo
																						discusso la possibilità di creare un’istituzione nazionale dei diritti
																						dell’uomo nel rispetto dei principi di Parigi. L’on. Calvetta mi ha indicato la
																						ferma volontà del Governo italiano di creare tale istituzione, prendendo come
																						esempio il modello messo a punto nei paesi francofoni, e adattandolo alla
																						cultura e alle tradizioni italiane. Gli ho evidentemente confermato che il mio
																						Ufficio resta a disposizione delle autorità italiane per aiutarle
																						nell’elaborazione di tale progetto, che mi auguro vivamente potrà
																						concretizzarsi quanto prima. 
																						B. L’istituto dei mediatori 
																						226. L’Italia, pur non essendo uno Stato federale, si trova in una
																						situazione simile a quella della Germania, o della Svizzera, e dispone
																						unicamente di Mediatori regionali, ma non di un Mediatore nazionale. Dei
																						mediatori operano nelle varie regioni italiane, senza però coprire l’insieme
																						del territorio. Ciascuno di loro dispone di competenze e di mezzi variabili,
																						legati alla storia e alla volontà delle Regioni, ma il loro ruolo è
																						fondamentale, viste le competenze conferite dall’Italia ai poteri regionali, in
																						particolare in materia di alloggio o di sanità. Sono convinto della grande
																						utilità dei mediatori regionali, per tutelare gli amministrati e, in modo più
																						generale, per difendere i diritti dell’uomo, tanto più in assenza di un
																						mediatore a livello nazionale. Chiedo pertanto alle autorità regionali di
																						istituire dei mediatori laddove tale istituto non esiste, di eleggerli,
																						eventualmente, e invito vivamente le altre regioni a conferire all’azione dei
																						mediatori esistenti le competenze e i mezzi necessari. 
																						227. Inoltre, è in discussione da 20 anni l’opportunità di
																						istituire la figura del mediatore nazionale in Italia. L’esistenza di mediatori
																						regionali e di un’eventuale istituzione nazionale dei diritti dell’uomo non
																						elimina affatto la necessità di creare un mediatore nazionale. Numerosissimi
																						paesi europei dispongono delle attività congiunte di un Mediatore nazionale, di
																						mediatori regionali, e talvolta di una Commissione dei diritti dell’uomo, nel
																						rispetto dei principi di Parigi. Anche se l’organizzazione statale italiana è
																						largamente decentrata, resta il fatto che un numero importante di competenze
																						dipendono sempre dall’autorità nazionale. Un controllo esercitato da un
																						Mediatore nazionale dovrebbe consentire di facilitare i rapporti tra gli
																						amministrati e l’amministrazione. Inoltre, un Mediatore indipendente e
																						riconosciuto permetterebbe sicuramente di diminuire il numero dei ricorsi
																						presentati dinanzi alle giurisdizioni civili e amministrative, e ridurrebbe in
																						tal modo il sovraccarico di lavoro dei tribunali. Con tali riflessioni vorrei
																						invitare le autorità italiane a prendere in esame la possibilità di istituire
																						la figura del Mediatore nazionale, come lo hanno già fatto 37 dei 46 Stati
																						membri del Consiglio d’Europa. 
																						XI. ALTRI MOTIVI DI
																						PREOCCUPAZIONE 
																						228. Nel corso della mia visita, ho rilevato varie problematiche
																						che non ho potuto affrontare nei miei colloqui con le autorità. Tengo perciò ad
																						esporle succintamente, in considerazione della loro importanza. 
																						229. L’Italia, - e in particolare le sue grandi città, come Roma o
																						Milano -, sta attraversando una grave crisi in materia di alloggi. La questione
																						è stata sollevata in questo rapporto, in relazione all’accesso all’alloggio per
																						i Rom e gli stranieri. Il problema è però molto più ampio, perché l’insieme dei
																						residenti in Italia, sia italiani, che stranieri, incontra difficoltà a trovare
																						un alloggio decente. La speculazione immobiliare, il rapido sviluppo di certe
																						città e la carenza di alloggi sociali portano ad escludere i più bisognosi
																						dagli alloggi del parco immobiliare privato. D’altro canto, il parco delle case
																						popolari non è in grado di soddisfare tutte le richieste, a causa degli scarsi
																						investimenti realizzati. Dovrebbe essere condotta una riflessione di grande
																						portata sull’investimento pubblico, sulla concessione di sgravi fiscali ai
																						proprietari, o sul rilancio di programmi edilizi, al fine di permettere a ogni
																						persona residente in Italia di poter disporre di un’abitazione decorosa. 
																						230. La società civile ha espresso preoccupazioni circa le
																						violenze della polizia e le azioni penali intraprese contro certe forze
																						dell’ordine. Le manifestazioni di Genova nel 2001, ed altre manifestazioni, in
																						particolare contro la guerra in Iraq nel 2004, hanno dato luogo a interventi
																						della polizia e a un eccessivo ricorso alla violenza, compreso perfino l’uso di
																						armi da fuoco. Le indagini e le azioni penali sono in corso, e si sono del resto
																						già svolti certi processi. Insieme alle ONG, ritengo indispensabile che venga
																						stabilita la verità dei fatti e che i responsabili di tali atti ne rispondano
																						al più presto dinanzi alla giustizia. 
																						231. Infine, la questione dell’indipendenza dei media è un
																						argomento sul quale varie personalità hanno richiamato la mia attenzione. Mi
																						sono state soprattutto esposte le leggi Gasparri e Frattini. La cosiddetta
																						legge Gasparri83
																						trasferisce il limite di concentrazione dei media al loro insieme. I gruppi di
																						media sono ormai sottoposti a un limite del 20% del mercato dei media, e non
																						più unicamente della televisione o della stampa. La legge Frattini84
																						istituisce un organo amministrativo che garantisce che i membri del Governo non
																						utilizzino il loro potere a fini personali e stabilisce il divieto di
																						conservare responsabilità dirette in seno ad imprese. Per quanto concerne
																						queste leggi, mi rimetto completamente al parere reso dalla Commissione europea
																						per la democrazia attraverso il diritto – la Commissione di Venezia – sulla
																						compatibilità delle leggi italiane « Gasparri » e « Frattini »
																						con le norme del Consiglio d’Europa in materia di libertà di espressione e di
																						pluralismo dei media85. Nel
																						suo parere, la Commissione di Venezia invita le autorità italiane a sostenere
																						la stampa, vista la concentrazione della pubblicità, e solleva dubbi sulla
																						capacità della legge Gasparri di garantire pienamente il pluralismo dei media
																						in Italia. Per quanto riguarda la legge Frattini, ritiene che i criteri
																						indicati nella legge siano troppo vaghi e le sanzioni insufficienti, e si
																						interroga sul reale impatto di tale legge sulla situazione di certi membri del
																						Governo. 
																						CONCLUSIONI E
																						RACCOMANDAZIONI 
																						232. Il Commissario, conformemente all’articolo, 3, paragragrafi
																						b, c, e, nonché all’articolo 8 della Risoluzione (99) 50 del Comitato dei
																						Ministri, presenta le seguenti raccomandazioni alle autorità italiane: 
																						Per quanto riguarda il
																						funzionamento della giustizia 
																						1. Attuare un programma di riforme per ridurre i ritardi dei
																						procedimenti giudiziari e l’arretrato dei processi, in particolare
																						semplificando le procedure; 
																						2. Potenziare i mezzi finanziari e umani a disposizione della
																						giustizia, in particolar modo reclutando degli assistenti giuridici e dei
																						giudici di pace; 
																						3. Procedere il più rapidamente possibile all’esame e al
																						trattamento dei processi ancora pendenti dinanzi alle sezioni stralcio ; 
																						4. Modificare il meccanismo della prescrizione, per limitarne i
																						possibili abusi o le procedure dilatorie, prendendo unicamente in
																						considerazione il tempo di inerzia delle autorità pubbliche; 
																						Per quanto riguarda la
																						riforma del diritto penale 
																						5. Adottare una legislazione che consenta la riapertura dei
																						processi penali in presenza di nuovi fatti o di una decisione della Corte
																						europea dei diritti dell’uomo; 
																						6. Introdurre nel codice penale il delitto di tortura, quale
																						definito nel diritto internazionale; 
																						Per quanto riguarda il
																						sistema carcerario 
																						7. Adottare provvedimenti tempestivi per diminuire il
																						sovraffollamento delle carceri, segnatamente grazie a misure alternative e
																						aumentando la capacità degli istituti penitenziari; 
																						8. Reclutare il personale penitenziario per i posti attualmente
																						vacanti e garantire che il suo numero sia in proporzionato a quello dei
																						detenuti; 
																						9. Migliorare l’accesso ai servizi sanitari per i detenuti; 
																						10. Sviluppare le attività offerte ai detenuti, in particolar modo
																						le possibilità di svolgere un lavoro; 
																						11. Assegnare i fondi necessari per il buon funzionamento e la
																						ristrutturazione degli istituti minorili; 
																						Per quanto riguarda il
																						regime di “41 bis” 
																						12. Migliorare le condizioni di detenzione per i detenuti
																						sottoposti al regime 41 bis, in particolar modo rendendo più umani i luoghi di
																						vita e di passeggiata, e sviluppando le attività proposte; 
																						13. Garantire un accompagnamento psichiatrico regolare di questi
																						detenuti, in particolare quando il regime dell’articolo 41 bis è accompagnato
																						da una pena di isolamento diurno; 
																						Per quanto riguarda il
																						sistema psichiatrico 
																						14. Richiedere il parere di un medico psichiatra prima di
																						qualsiasi internamento obbligatorio (TSO) ; 
																						15. Aumentare i posti offerti nelle strutture e negli ospedali
																						psichiatrici, in particolare per i malati cronici e di lunga durata; 
																						16. Accertarsi che il mantenimento dei malati detenuti negli
																						ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) non sia legato alla mancanza di posti
																						disponibili all’esterno; 
																						Per quanto riguarda le
																						procedure di asilo e i richiedenti asilo 
																						17. Ricorrere al trattenimento dei richiedenti asilo soltanto nei
																						casi strettamente necessari e dopo studio di ogni singolo caso; 
																						18. Migliorare le condizioni di trattenimento nei centri di
																						identificazione (CDI) e nei centri di permanenza temporanea e di assistenza
																						(CPTA); 
																						19. Garantire che vengano accordati i fondi necessari per il
																						funzionamento delle commissioni territoriali; 
																						20. Stabilire un secondo grado di giudizio nel contesto della
																						procedura ordinaria di asilo. Questo ricorso deve avere effetti sospensivi
																						dell’allontanamento. 
																						21. Accertarsi che vengano rispettati i diritti sociali dei
																						richiedenti asilo sull’insieme del territorio, e segnatamente in materia di
																						accesso ai servizi sanitari; 
																						22. Istituire un programma che consenta a tutti i richiedenti
																						asilo di disporre di un alloggio decente e di vitto, fino alla definizione
																						della procedura di asilo; 
																						Per quanto riguarda il
																						principio del divieto di respingimento 
																						23. Garantire il completo e pieno rispetto del principio del
																						divieto di respingimento al momento delle intercettazioni delle imbarcazioni in
																						mare, come pure al momento degli allontanamenti; 
																						24. Garantire un esame singolo di ogni caso, che apra la
																						possibilità agli stranieri giunti in Italia di chiedere asilo; 
																						Per quanto riguarda
																						l’allontanamento di stranieri 
																						25. Accertarsi che l’espulsione degli stranieri considerati
																						pericolosi per la sicurezza nazionale sia controllata ed autorizzata da una
																						autorità giudiziaria; 
																						26. Autorizzare la presenza di un membro della Croce rossa nei
																						voli non commerciali che trasportano gli stranieri allontanati; 
																						Per quanto riguarda la situazione particolare di Lampedusa 
																						27. Rivedere la gestione e la ripartizione degli arrivi sull’isola
																						di Lampedusa, per evitare che il numero di occupanti superi la capacità massima
																						del centro; 
																						28. Nell’attesa dell’apertura del nuovo centro, migliorare le
																						condizioni di vita nel centro attuale, rinnovando in particolare gli impianti
																						igienici; 
																						29. Fare luce completa sulle dichiarazioni contenute nella stampa
																						nell’ottobre 2005 relative ad atti di maltrattamenti e di angherie, e, se del
																						caso, punire i responsabili; 
																						30. Permettere l’accesso permanente dell’ACNUR al centro di
																						Lampedusa per garantire la trasparenza delle procedure; 
																						Per quanto riguarda gli
																						stranieri in situazione regolare 
																						31. Facilitare le modalità e le procedure per il rilascio dei
																						titoli di soggiorno e l’accesso ad un’abitazione; 
																						Per quanto riguarda la
																						comunità Rom 
																						32. Facilitare l’accesso ai titoli di soggiorno, e, se del caso,
																						alla nazionalità per i membri stranieri della comunità Rom residenti in Italia
																						da numerosi anni; 
																						33. Proseguire i programmi di assistenza per facilitare l’accesso
																						dei Rom al mercato del lavoro; 
																						34. Istituire, in modo prioritario, un programma nazionale
																						finalizzato a offrire condizioni di vita dignitose ai Rom che vivono in
																						bidonville; 
																						35. Permettere ai ragazzi in situazione irregolare, ivi compresi i
																						Rom, di proseguire la loro scolarità dopo i 13 anni; 
																						Per quanto riguarda le
																						istituzioni dei diritti dell’uomo 
																						36. Promuovere l’istituzione della figura del mediatore nazionale
																						e la creazione di un’istituzione nazionale dei diritti dell’uomo, conforme ai
																						principi di Parigi; 
																						37. Istituire i mediatori regionali e rafforzarne le competenze; 
																						Per quanto riguarda la
																						libertà dei media 
																						38. Dare attuazione alle conclusioni della Commissione di Venezia,
																						per rispettare pienamente i principi del Consiglio d’Europa in materia di
																						sostegno, concentrazione e controllo dei media. 
																						APPENDIX 
																						ITALIAN CONSIDERATIONS
																						FOLLOWING THE REPORT OF THE HUMAN RIGHTS COMMISSIONER, Mr. ALVARO GIL-ROBLES,
																						ON HIS MISSION TO ITALY
																						(June, 10-17 2005) 
																						[Rome, December 2005] 
																						PART I 
																						GENERAL CONSIDERATIONS 
																						1. INTRODUCTORY CONSIDERATIONS 
																						Being aware that the domestic legislation of a State is not the
																						only parameter for the protection of fundamental freedoms, Italy deems that the
																						old pattern, by which the State is the only guardian of the rights of its
																						citizens, is outdated. 
																						The Italian Constitution of 1948 had already foreseen it.
																						This envisages the protection of all rights and fundamental freedoms included
																						in relevant international standards, such as the European Convention on Human
																						Rights and Fundamental Freedoms, the Human Rights Universal Declaration or the
																						International Covenant on Civil and Political Rights. The protection and
																						promotion of rights – be it civil and political, economic, social and cultural,
																						be it referred to freedom of expression or to the fight against racism or to
																						the rights of the child and of women – constitute one of the fundamental
																						pillars of both domestic and foreign Italian policies. 
																						In our view, the basic rule, if any, which should guide modern
																						democracies in the protection of rights is the effective implementation of the
																						principle of non-discrimination, one of the main pillars of our constitutional
																						code upon which the domestic legislative system is based, when referring to
																						different categories of people, such as women, minorities and other vulnerable
																						groups. 
																						The Italian legal system aims at ensuring an effective framework
																						of guarantees, to fully and extensively protect the fundamental rights of the
																						individual. In practical terms, before affecting such rights, the Italian legal
																						system provides individuals with a wide range of protection means. No arbitrary
																						conduct against fundamental freedoms is allowed by the Italian legal system.
																						Mention may be made, on a comparative note, of the Italian measures against
																						terrorism and the ones adopted in other countries. 
																						We believe that a legal system based on freedoms should have its
																						own unity and inner coherence so that it can be evaluated as a whole. By
																						isolating single elements, placing them under a magnifying lense, this can
																						cause the loss of the whole picture or, even worse, break down the inner
																						balance of the system. We also believe that a legal system aimed at ensuring
																						the highest level of guarantees requires that the related proceedings must
																						emphasize the content of such rights instead of diluting the impact of its most
																						significant aspects. We, thus, give priority to a system devoted to the
																						protection of freedoms. 
																						As to the system of guarantees, the Italian Constitutional system
																						of procedural guarantees, including the right to defence, is an example, but
																						not the only one. They are expressed inter alia by the so-called “principle of
																						the double level of adjudication ” which takes place, at the domestic level,
																						through a system of appeals, characterised by three possible levels of trial.
																						Each stage constitutes a further level of judgement, controlling the previous
																						one before the superior judge. Such a system can produce some inconvenience:
																						the proceedings go too long. The system of appeals and the three possible
																						levels of trial, while offering the most extensive range of guarantees, delay
																						the conclusion of the controversy. This is an old and long-debated issue of difficult solution that
																						we are facing, given the difficulty to harmonise conflicting needs, such as the
																						high level of guarantees, on one hand, and, on the other, the rapidity of the
																						proceedings. 
																						These considerations refer also to other aspects concerning the
																						right to freedom that, in our view, must prevail on the rationality or the
																						rigidity of the procedures. The latter should be instrumental to the protection
																						of freedom and not be considered separately. We should think about those
																						countries where the death penalty is still in force: many executions are taking
																						place following insufficient (or too rigid) procedural guarantees. 
																						An additional consideration refers to the “rationale” behind the
																						Italian legislation on fundamental rights. When an Italian legal provision
																						apparently seems to affect the basic individual needs expectations, in reality
																						we are facing a "modus procedendi" aimed at protecting fundamental
																						rights, such as the right to life, safety, personal freedom and security. This
																						is somehow a method of “damage containing”; by which a higher requirement is
																						protected while other simply legitimate requirements of the individual are
																						temporarily compressed. Two examples, even though many others could be made. 
																						The “security rooms” - where people are placed as soon as they are
																						arrested - have been criticized as structures of punitive nature. In fact, such
																						rooms are furnished and structured in a way so as to prevent the persons under
																						arrest from hurting themselves or attempting suicide. It is in fact well known
																						that persons arrested for the first time, because of the trauma they undergo,
																						are exposed to some kind of self-injuring attitude while, on the contrary,
																						persons that have gone through a trial and have been convicted, are already
																						used to the idea of being deprived of freedom. Through the security rooms, such
																						as those the Police and Carabinieri forces in Italy are endowed with, suicides
																						of persons just detained for the first time have almost disappeared: they
																						probably sleep badly or find the environment less comfortable, but surely they
																						have not got any pretext to attempt to their own safety! 
																						We are perfectly aware of the fact that “nobody is perfect” and
																						that some legal institutions in the Italian system, as well as in other Western
																						countries, can be improved. We intend to move towards this direction, with only
																						one limit: any future initiative should aim at enlarging the sphere of human
																						freedoms and rights rather than reducing it. This means that in some situations
																						it will be unfortunately necessary to make some choice. 
																						2. Concerning the Italian justice system
																						Turning to other issues, the observations of international
																						organisations, including the Council of Europe, on the measures to be adopted
																						in Italy in order to improve the efficiency of the justice system have been the
																						subject of an in-depth examination by the Italian Government. 
																						With regard to the principle of “due process of law”, this has
																						been implemented, at the constitutional level, by Act no. 2/1999 which entered
																						into force on 7th January 2000 and integrated by five new sections
																						Art.111 of the Constitution. Such amendments were inspired by the principle of
																						“due process of law” stemming from the common law system and aiming at
																						enhancing the accusatory model within our legislative system. The principles thus emanating are as follows: the procedural
																						system is regulated only by statute (“due process of law”); impartiality of
																						judges; taking evidence after hearing both parties to the proceedings and
																						derogations admissible thereto when the defendant provides his/her consent,
																						when it is impossible to take evidence by hearing both parties, or when there
																						is evidence of illicit conduct; “equality of arms” between the prosecution and
																						the defence; the reasonable duration of the process (in this regard, we recall
																						the so-called Pinto Law to deflate the backlog of complaints filed before the
																						Strasbourg Court); the right to be promptly informed. 
																						Within this framework, the principle according to which the penal
																						sanction must be considered as a last resort has been reiterated, inter alia,
																						with a view to reducing the number of the so-called “mere querelles”. This
																						issue has been attentively tackled by decriminalisation legislation adopted
																						over the last 25 years, since the entry into force of Act no. 689/81 (for
																						further details, please read below Appendix no. 1). 
																						The excessive duration of judicial proceedings in Italy are a
																						matter of concern, which is taken into consideration by every level of the
																						system. This is a matter of concern for the negative impact both on Italy
																						position at the international level and on the foreign investments to be
																						brought in our Country. Such problems, particularly in the civil sector, do not
																						facilitate the economic sector and thus affects the “competitiveness”.
																						Therefore, the utmost attention is paid to how to remedy to this plague that
																						entails financial consequences affecting especially the State’s budget,
																						including the financial consequences stemming from the application of Act no.
																						89/2001 (the so-called Pinto Act). 
																						Therefore, a brief judgment is not a just and fair judgment, as
																						well as a long judgement is not unfair for itself. Moreover the length of a
																						procedure is often directly connected to the level of judicial guarantees. All
																						the advanced democratic systems are facing in a more or less serious way the
																						phenomenon of the length of the process. 
																						In Italy among the structural causes of such phenomenon it is
																						useful to draw the attention on the principle, as established in the Italian
																						Constitution, of “the obligatory nature of the penal action”. Such principle,
																						beyond every appraisal of merit, is an objective deterrent to the reduction of
																						the number of penal proceedings. The decriminalisation process does not produce
																						all the effects we wish, especially if we consider, on one hand, that the penal
																						sanction stems from international instruments, on the other the situation which
																						Italy faces vis-à-vis the fight against new and long-standing organised
																						criminal organisations, including terrorism network. 
																						In the civil proceedings field, the structural cause of the delays
																						stems inter alia from the low costs to file a complaint before justice of
																						peace: until December 2004, such proceeding was free while now it costs
																						approximately 30.00 euros. As a matter of fact, the amount of suits for
																						jurisdictional protection is constantly increasing. This trend represents one
																						of the most relevant factors when assessing the judicial situation, within the
																						framework of which we have to recall the backlog of past years. In this regard
																						we talk about "a judicial debt". 
																						Despite the increase in judicial settlements (+ 115% in 2004, with
																						an average length of 44 and 45 days, for the controversies between enterprises
																						and between enterprises and consumers, respectively), a natural inclination of
																						Italy to resolve disputes before a judge determines a development of the means
																						to deflate the process that is not in line with the planned purposes.
																						Nevertheless, positive circumstances drive Italy to continue along this way,
																						particularly in setting aside prejudices and promoting settlement proceedings,
																						in addition to the increase in the allocation of funds for the Italian justice
																						system. 
																						By taking into account the relevant data, including those
																						concerning the high cost of the justice system, the initiatives adopted and
																						those under implementation, it seems feasible the reduction of the length of
																						judicial proceeding in the coming years, without completely changing its
																						timeframe/the duration or the relevant patterns, particularly in the medium
																						term (see Appendix n.1, also for specific information provided by the Italian
																						Ministry of Justice in addition to that one already submitted)
																						3. Concerning the reform of criminal law
																						With regard to the well-known problem of the lack of the insertion
																						and formal definition of the crime of torture in the Italian Criminal Code,
																						does it mean that in Italy torture is tolerated? The absence of such crime from
																						the Criminal Code does not mean in any case that in Italy torture exists.
																						Torture does not exist because this is a practice far from our mentality and
																						because some sections of the Criminal Code severely punish such behaviours,
																						even though the term "torture" is not included in the Code itself.
																						Moreover, we are considering the possibility, in relation to the adjustment of
																						our legal system to the Statute of the International Criminal Court, to insert
																						the crime of torture in our system, through a wider and comprehensive
																						definition than that of the relevant international Conventions. However, the
																						substance will not change, with or without the word "torture" in the
																						Criminal Code. Art.32 of Bill no. 6050 (2005), as introduced before the Senate
																						by Hon. Pianetta, envisages inter alia that: “Anybody who harms an individual
																						under his/her control or custody with serious pains and sorrows, physical and
																						psychological, is punished with detention penalty of up to ten years ...” 
																						In this context, a step forward was made in early 2002 by the
																						introduction of the crime of torture in the Military Penal Code in Time of War
																						(Art. 185 bis of the aforementioned Code). Such provision may be applied to all
																						“the task forces members abroad participating in military armed interventions”,
																						including interventions “in time of peace”. Art. 185 bis of the cited Code
																						provides that “the forces personnel that, on grounds pertaining to war, commit
																						acts of torture or other inhuman treatment…harming prisoners of war or
																						civilians or other protected persons… is convicted to detention penalty of up
																						to five years”. 
																						4. Concerning the penitentiary system
																						The Prison population strongly increased over the last
																						decades: in 1980 the average number of inmates present was about 30.000, while
																						in the year 2004 it was beyond 56.000, and in the current year it did not drop
																						under 59.000, out of a capacity of 43.000 places. 
																						As for the actual accommodation possibilities for prison
																						population, despite the interventions carried out in the penitentiary
																						structures in order to adapt them to the rules of the new enforcement
																						Regulations of the penitentiary Act, the conditions of increasing overcrowding
																						make it difficult to ensure the necessary detention spaces. Some prisons are
																						currently under renovation in order to adapt them to the standards provided for
																						by the above-mentioned new Regulations; at the completion of those works,
																						almost 3000 more places will be available for prisoners (100 of which are
																						available from November 2005). Along these lines, a programme to build twelve
																						new prisons is ongoing (Rieti, Marsala, Savona, Rovigo, Sassari, Cagliari,
																						Tempio Pausania, Forlì, Oristano, Trento, Varese and Pordenone). All those
																						projects are inspired by new criteria included in the new Penitentiary
																						Regulations, which provide for modern and comfortable cells, equipped with
																						toilets and shower, a small kitchen and wall sockets for TV, radio and
																						computer. 
																						In every wing, adequate common spaces will accommodate the whole
																						of treatment activities: education, spare time, religion, sport and work.
																						Classrooms are provided to enable prisoners to carry on their education path.
																						There will be one library and spaces for treatment activities. Special
																						classrooms for theoretical lessons and workshops for practical exercise are
																						provided for vocational training courses. Suitable handicraft workshops with
																						very modern equipments will be at working prisoners’ disposal. Indoor spaces
																						(recreation rooms, theatre-cinema halls) for leisure activities are foreseen,
																						as well as open spaces for outdoor exercise. A gymnasium and a football field
																						will enable sport activities. Different religious worships will be practised in
																						different rooms.
																						On June 2005, 24.899 subjects were assigned to the Probation
																						Service, 2.710 were in semi-liberty, and 10.661 subjects were in home
																						detention, for a total amount of 38.370 persons serving their sentences in the
																						community. 
																						With reference to the issue of the poor access of non-nationals to
																						measures alternative to detention, it must be noted that the Supervisory Court,
																						body of the ordinary Magistracy, orders the relevant provisions, which is
																						independent and autonomous from the Penitentiary Administration. 
																						However, most of foreign non-EU prisoners are illegal. This means
																						that they do not have a residence permit to stay in Italy. This situation
																						prevents the Supervisory Magistracy from granting them measures alternative to
																						detention, since those prisoners do not fulfil one or more requirements
																						provided for by the law (for instance, a permanent address or a permanent job).
																						It is not therefore possible to make any comparison between the number of
																						foreign prisoners and the number of non-nationals living in our Country, since
																						the latter are legal immigrants (whose percentage among the prison population
																						is very small), whereas most foreign prisoners are illegal; there are no
																						definite data as for illegal non-nationals in liberty. 
																						The high number of illegal immigrants in our Country also affects
																						the number of non-nationals in Italian prisons. Indeed, the clandestine
																						immigrant has precarious economic conditions, lives a poor affective life, is
																						socially excluded: these conditions, together with very poor schooling level, lead
																						them to have deviant behaviours and to be easily involved in organised crime
																						activities, performing tasks of low-cost unskilled “labour”. As a consequence,
																						the non-national involved in criminal activities is easily arrested and is held
																						in prison, pending trial, because s/he has neither permanent address, nor
																						identity papers, nor means of subsistence. As a matter of fact, these subjects,
																						due to their condition of clandestine offenders live in prison, as this is the
																						only possible place to stay for them until the end of their trial. 
																						The law provides that the foreign prisoner is informed, in a
																						language that can be understood by him, of the penitentiary rules, of his/her
																						rights and duties and of the possibility to be assisted by an interpreter. They
																						are also entitled to contact their consular authority in order to inform it of
																						their status of detention and to request assistance. 
																						5. Concerning the enforcement of Article 41 bis 
																						The special detention regime provided for by Art. 41-b of the
																						Penitentiary Act (introduced in 1992 and amended in 2003) is a prevention
																						measure, aimed at interrupting the contacts between the imprisoned boss of a
																						criminal, terrorist or mafia organization and the members of such criminal
																						organization, who are at liberty and operating outside prison.
																						
																						That special regime aims at preventing such person from keeping
																						contacts, even though imprisoned, with his/her criminal group operating outside
																						prison, receiving news and information and giving orders, through direct and
																						indirect occasions for contacts with the outside world. Therefore, it is not a
																						worsening of the penalty, but it is just a measure to prevent the commission of
																						further crimes through the orders given by the person imprisoned. 
																						The obligations and prohibitions contained in the Decree by the
																						Minister of Justice applying the 41-b regime entails a drastic reduction of
																						communication means with the outside world; a lower number of visiting hours
																						with relatives (one hour per month, according to such modalities to prevent the
																						possibility of confidential communications, due to the presence of a glass
																						division); visits with persons different from relatives and cohabitants are
																						forbidden; detention in a single cell and limitation of daily outdoor stay –
																						maximum four hours (two hours to be spent in sociality rooms in groups composed
																						of no more than five persons); the limitation of the number of parcels
																						receivable from the outside (up to two parcels for month).With the exception of
																						the above-mentioned limitations, prisoners under the 41-b regime have access to
																						any opportunity provided for by the Penitentiary Act. 
																						The decree by the Minister of Justice applying the 41-b regime is
																						valid for six months. After that period, the decree can be extended for a
																						further six month-term, provided that there is evidence that the conditions
																						which justified it (top position of the person imprisoned and criminal
																						organization operating outside) still exist. 
																						Complaints against the decree of enforcement and extension of the
																						special 41-b regime may be lodged by the prisoner to the Supervisory Court,
																						body of the ordinary magistracy. The Supervisory Court weighs the legitimacy of
																						both the whole provision and the single obligations and prescriptions included
																						in the provision itself. The Supervisory Court has the power to annul the whole
																						provision or some obligations and restrictions provided by it, which are
																						considered useless for the aim pursued. 
																						The health-care service for prisoners under the 41-b regime is not
																						different from common prisoners’ health-care, since they can have recourse to
																						any mean available to the Penitentiary Administration and, where such means
																						prove to be inadequate, they can have access to health-care in outside care
																						centres. 
																						At 13th October 2005, 582 prisoners are subjected to
																						the 41-b special regime; 575 of them are men and 7 of them are women.
																						Non-nationals are just 4. 
																						6. Concerning the psychiatric system
																						In light of Article 32 of the Italian Constitution, all people in
																						the Italian territory access to health care services. The essential levels of
																						health-care – LEA are based, in accordance with the relevant 2001 Presidential
																						Decree, on the following principles/features: to be necessary, appropriate,
																						homogeneous. All citizens are entitled to receive health-care services included
																						in the “essential level” at no cost in terms of access or against payment of a
																						small share for services that are not fully covered by the national Health
																						System. Health care system is based upon the following pattern: Collective
																						health care86;
																						District health care87;
																						Hospital care88. 
																						By adopting Act no. 180/78, Italy closed up the psychiatric
																						hospitals which have been replaced by the so-called National Health Service
																						(Servizio Sanitario Nazionale) established by Act no. 883/78. Italian
																						authorities have thus opted out for intervention measures, well-accepted also
																						by WHO, which envisaged the establishment of Mental Health Departments
																						(Dipartimenti di Salute Mentale) throughout the country, to which local
																						facilities, hospitals and so-called residential and semi-residential facilities
																						are linked. 
																						Against this background, we acknowledge that some episodes concerning
																						the lack of adequate assistance have occurred. Such events did not depend on
																						the lack of facilities but on some organisational shortage: All relevant
																						facilities are in line with the standards laid down by Law, despite some
																						shortage of personnel. In this regard, it is worth recalling that a clear
																						picture of the care services can be taken only by considering different key
																						indicators, namely the so-called facilities indicators (their adequacy to
																						standards), the process-indicators (activity carried out by stakeholders on the
																						basis of scientific evidence), and the outcome indicators (what happens to the
																						patients). 
																						As to the treatment for mentally ill people who complete their
																						stay in the so-called judicial psychiatric hospitals, it is worth emphasizing
																						that their release process may be postponed due to the difficulties to find out
																						rehabilitation solutions, particularly for those with serious problems. Such
																						difficulties do not stem from the lack of facilities, rather from the clear
																						need of an adequate response to be provided, once these people are released
																						(most of these people have committed household criminal behaviour). To better
																						tackle such situation, a joint working group between the Justice Ministry and
																						the Health Ministry is currently working towards the implementation of ad hoc
																						cooperation protocols between the Judicial Psychiatric Hospitals and the Mental
																						Health Departments. 
																						Within this framework, we would like to recall that the so-called
																						Compulsory Health Treatment (Trattamento Sanitario Obbligatorio – TSO)
																						is a measure restricting personal freedom and is to be adopted only upon
																						decision of the Public Health Administration (despite the lack of consent of
																						the patient). Such measure can be taken for the protection of the individual’s
																						health and of population’s. Therefore this is a measure to be adopted only
																						under exceptional circumstances. Moreover, this is proposed
																						exclusively by a physician who ascertains the health conditions of the patient
																						and must be issued only upon a Mayor’s decision as representative of the
																						Public Health Administration. Such process takes place on a double track: on
																						one hand, the Mayor’s measure must mention the place and the facility hosting
																						the patient, on the other, relevant stakeholders will assist the patient in
																						order to get his/her consent. Furthermore, it is worth recalling that such
																						treatment, on one hand, is decided by physicians, aware of their
																						responsibilities, on the other, psychiatrists are involved in the cited
																						process. Along these lines, provided that the treatment under reference must be
																						limited to the rehabilitation of the patient, its duration cannot be set in
																						advance, apart from the obligation over physicians to promptly inform the Mayor
																						and the probate justice about the course of the care intervention (as set forth
																						by the current, relevant legislation). 
																						The right to health-care, acknowledged by the Italian
																						Constitution, is fully assured to the entire prison population, without any
																						distinction between Italian prisoners and non-national prisoners.
																						The first duty of the Penitentiary Administration is to provide
																						prison population with an adequate health-care service, equal to the
																						health-care provided to free people. 
																						In every prison, there is at least one physician, employed by the
																						Penitentiary Administration, helped by indentured medical doctors and nurses,
																						whose number varies according to the number of prisoners. The most required
																						specialist health-care services are provided through agreements with specialist
																						medical doctors, and are paid by the Penitentiary Administration. If the
																						required specialist care is not provided in the prison, scheduled specialist
																						examinations at local hospitals are carried out; moreover, prisoners can also
																						be hospitalised at the Clinic centres of the Penitentiary Administration. 
																						7. Concerning the asylum-seekers
																						8. Concerning the principle of non refoulement
																						9. Concerning the expulsion of illegal immigrants
																						10. Concerning the so-called “Lampedusa case”
																						The serious dimension of the phenomenon of the flow of foreigners
																						irregularly entering our Country is an ever-growing concern. It is therefore
																						with this in mind that Italy is engaged in the implementation of a
																						comprehensive legislation on asylum, as requested by the High Commissioner for
																						Refugees and by the main NGOs. In doing so, we must naturally take into account
																						the aims of the EU, especially following the political integration process
																						provided by the Amsterdam Treaty vis-à-vis the right to freedom of movement and
																						asylum. 
																						Facing problems such as asylum or illegal immigration, the
																						respect for the fundamental rights of men, women and children is the primary
																						criterion guiding our action. The countering of illegal immigration is not
																						in fact marked by mere repressive intentions, instead, above all, it tries to
																						avoid further suffering and violations against these people. Illegal
																						immigration is the first circle in Dante’s Hell as a consequence of trafficking
																						in human beings, trade of organs, exploitation of prostitution, illegal work
																						developing into new forms of slavery. 
																						For geographical reasons, Italy is one of the most exposed main
																						points of transit and destination of such immigration flows and, as
																						such, one of the leading countries in countering such phenomenon. Therefore
																						through a series of initiatives - promoted both at the national and international
																						levels - Italy wants to be in the front-line in the action for prevention,
																						fight and suppression of such despicable phenomenon. 
																						Without reiterating what was just mentioned, when dealing with non
																						refoulement-related issues, including the expulsion of illegal immigrants and
																						particularly the so-called Lampedusa case, the respect for the fundamental
																						rights of men, women and children is the primary criterion guiding our action. 
																						The second criterion could be the transparency. In August
																						2005, the Italian Government presented a proposal to involve UNHCR, IOM and
																						the Italian Red Cross in the rescue activities, as well as in the
																						repatriation procedures towards North Africa, in particular Libya, of illegal
																						immigrants landed on Lampedusa Island. By this proposal, Italy aims at
																						establishing on the above Island focal points of the cited Organisations. 
																						A specific legislation entered into force in April 2005. This
																						envisages the establishment of seven territorial commissions for the
																						recognition of the refugee status, simplification of the relevant procedures
																						and the creation of a Centre for the identification of asylum seekers. Such
																						initiatives have been adopted in order to reinforce and improve practical
																						measures, ensuring adequate health care, legal aid, interpreters and cultural
																						mediators to immigrants. 
																						11. Concerning the fight against terrorism 
																						The world is no longer the same after the 11 September, no one
																						doubts it. Even though the risks of generalised conflicts are remote, people
																						seem to have lost their sense of security also due to a certain atmosphere of
																						uncertainty that marks our era. 
																						Terrorism – but a similar argument can also be used for other
																						relevant phenomena such as organised crime at the national or transnational
																						levels, or for the trafficking in human beings or the submission of persons to
																						new forms of slavery – represents a threat against all liberal and tolerant
																						societies. 
																						One of the basic elements for a firm, strong and clear response to
																						terrorism, is beyond doubts, our capacity to adjust our Western legal systems
																						to the particularly treacherous and evasive nature of the new global terrorism.
																						Prevention and suppression must promptly go hand in hand according to a new
																						judicial approach but fully respecting our constitutional values. 
																						To fight the enemies of freedoms we cannot in fact alter the law
																						in force unduly limiting the freedom of citizens. If we did so, we would be
																						conceding our opponents a real victory. There cannot be a barter between
																						security and freedom, but just mutual support in order to guarantee one of the
																						fundamental freedoms of the great tradition of European democracy: freedom from
																						fear. 
																						The challenges of international terrorism and other similar phenomena, such as organised crime,
																						unfortunately deeply affect Italy that has not resorted to any exceptional
																						measures. Italy hopes that it will not be the case: Italy did not ask for
																						it during the 70’s – 80’s in its fight against domestic terrorism, nor during
																						the 90’s following unusual attacks against the State by Mafia. Therefore Italy
																						hopes not to have to do it in the future. We believe that this is a merit of
																						our country in an era when many countries belonging to all the regions of
																						the world adopted exceptional measures suspending freedom and guarantees.
																						
																						The situation that we just described and the initiative adopted
																						over the last three years confirm the constant engagement of the Italian
																						Government, aiming at ensuring the effective respect of human rights, through a
																						progressive action taking into account the evolution of the social situation. 
																						Law Decree no 144/05 concerning the fight against terrorism was
																						converted into legislation by Act no.155/05 which was adopted by the largest
																						majority of Parliamentarians, amounting to approx. 95%. This measure strictly
																						reflects the cited general principles of respect for freedoms, warrants, and
																						transparency. Within this framework, the expulsion measure is always based upon
																						findings and clear evidence proving the charges over the foreign citizen,
																						including evidence as « a danger for the national security ». As to
																						para. 188 of the relevant Report, it is worth stressing that no accelerated
																						procedure has been envisaged nor adopted. In this regard, it is also worth
																						stressing that relevant measures are adopted upon the findings of serious
																						guilty which allow the Minister of Interior to act with aim of protecting the
																						national security and the public order: The judicial protection is always
																						secured vis-à-vis such decision. 
																						Last, it is important to recall that the cited decision, which is
																						included in the legal systems of most European countries as a basic, preventive
																						measure for the protection of the national security, is an administrative
																						measure and not an alternative to the judicial actions. 
																						12. Concerning the legal immigrants in Italy
																						The Italian Legislative framework and the government policies are
																						based on the principle of integration of foreign citizens in the
																						national-social context and on the recognition of their full right of access to
																						housing, medical assistance and education. All workers – Italian and
																						foreigners – have equal rights and equal social benefits. The Bossi-Fini Law
																						(Act no.189/2002) on the regulation of the migrant flows introduces a new
																						system allowing the foreign citizens to be admitted in Italy for working
																						reasons only if they have a regular working contract and a housing. Their
																						integration in the working field ensures also social integration. Therefore we
																						can affirm that in our country there is no intolerance towards foreign
																						workers. There are about three millions men and women, legally residing in the
																						country. 
																						Recently Italy has concluded bilateral agreements for cooperation
																						in the field of regular immigration with France, Switzerland, Portugal and
																						Malta. We hope to get the same agreements also with the countries of the region
																						of Maghreb. A monitoring system has also been created, called INTI (Integration
																						of Inter-county Nationals) for a better control of the integration of
																						foreigners. 
																						Finally, in this framework, a significant initiative is the recent
																						legislation of “adjustment of the State legislation to the Constitutional Act
																						n.3/ 2001, (Act n. 131/2003)” giving local government bodies the possibility
																						of implementing specific forms of civic participation within the framework of
																						their competencies. On the basis of this legislation, even though the right
																						to vote is not extended to foreigners, neither at the central nor at the local
																						level, some municipalities, first of all the Municipality of Rome, introduced
																						specific legislation providing for the establishment of “Municipal Counsellors”,
																						elected representatives of non- EU citizens. 
																						13. Concerning the Roma community
																						The Italian Roma community cannot be considered as a group which
																						is practically segregated from the rest of the population, since the Italian
																						legislation provides for specific measures in their favour, including enrolment
																						in the registry office, free movement, work licenses and education. In
																						practical terms, Italian legislation does not provide for any distinction among
																						citizens on the grounds of their own ethnic, linguistic or religious origin. 
																						With regard to the circumstance that no stay permits are released
																						for Roma people, mention shall be made of the necessary conditions for their
																						release, which do not differ from the rules set out for aliens, apart from the
																						country or ethnic, linguistic or religious group of origin. The basic principle
																						is the evidence of the regular entry the territory, to have a regular work
																						contract, or to have come for study and health reasons, or family reunification
																						with a family member who is regularly resident in Italy. Moreover, domestic
																						legislation provides for the possibility of challenging each decision regarding
																						the release of stay permits, as well as the subsequent expulsion measures. 
																						Employers have been the main actors of recent regularization
																						procedures, which did not provide for any distinction among aliens. As to the
																						issue of employment, Ministry of Labour and Social Policies concluded
																						“Programme Agreements” with different Regions, with the main purpose of
																						starting experimental projects and innovative methods to facilitate the
																						integration of Non-EC immigrants, including the Roma community, who regularly
																						stays in our country. In particular, some funds have been allocated for
																						projects to be implemented at the relevant information desks concerning the
																						access of aliens to territorial services. Funds were allocated for the
																						implementation of the project entitled “Initiatives against Social Exclusion
																						and for women’s empowerment”. This consists of activities of reception,
																						accompany, and cultural mediation, labs in Italian language, a legal service,
																						workshops and vocational training and work orientation services. 
																						With regard to the improvement of living conditions of the
																						Roma community, as laid down in Title V, Chapter III and IV of the Consolidation
																						Act on Immigration, this competence is of Local Bodies. In this regard, local
																						institutions are still proceeding with the adoption of all pertinent
																						interventions, in particular those ones on the situation of the campsites.
																						Within this framework, as good practice, mention shall be made of the
																						initiative agreed upon between the Prefecture of Naples and the relevant local
																						bodies, aiming at setting up small camps: this is a positive trend which proves
																						to be more functional and more bearable from the point of view of the housing
																						arrangement. Similar initiatives are going to be implemented in Milan and in
																						Rovereto. It must be pointed out the situation of “Casilino 900 camp” which is
																						not an authorised camp, and the outstanding efforts made by the Municipality of
																						Rome to carry out rearrangement works of this area. The “Casilino 900 camp
																						case” does not reflect all the integration initiatives, promoted by the Local
																						Institutions, in tandem with the civil society (and positively started in
																						several camps where the relevant structure and organization seem to meet the
																						needs of the several communities). 
																						Within the framework of the “Permanent Conference”, as set up in
																						the Territorial Government’s Office - Prefecture of Rome, several initiatives
																						and projects have been planned, that have to be defined with the relevant
																						Bodies and Agencies, and focus on integration measures for the Roma community
																						who live in several camp-sites of the capital. 
																						As to the issues regarding the Roma children access to
																						education, it has to be outlined that Roma students have the right and the
																						duty to fulfil their scholastic obligation as all other students, according to
																						the Italian legislation which does not discriminate between Italian and foreign
																						students, legal or illegal ones. It is worth stressing that with the
																						Legislative Decree adopted on March 2005 the scholastic obligation has been
																						extended to all the youth of 18 years old. However, even though the school
																						institutions are willing to take care of them, this population actually shows a
																						scarce inclination towards integration (including the school community) and,
																						consequently, the inborn tendency to refuse the regular attendance at school in
																						the places, in which they settle temporarily. In order to promote a relevant
																						attendance at school, the Ministry of Education has allocated specific
																						financial resources for the schools affected by high percentage of immigrants,
																						including Roma students, in order to implement educational activities aiming at
																						favouring their effective integration. Moreover, by means of cooperation
																						measures with relevant Bodies, representatives of Associations, civil society
																						at large, and schools organise all those extra-curricula activities with the
																						aim at enhancing the attendance of Roma students. The Ministry of Education
																						gives periodical instructions in order to finalise the use of the allocated
																						funds. From data collected by the same Ministry, in the school years 2003-2004,
																						a high number of Roma students attended school nation-wide, as follows: 1456 in
																						the kindergartens; 5175 in the primary school; 2591 in the middle school; 84 in
																						the secondary school. 
																						The basic legislation on the protection of minorities, approved in
																						the framework of the fundamental linguistic unity expressed by the Italian
																						language has been adopted aiming at protecting the language and the culture of
																						Albanian, Catalan, German, Greek, Slovenian and Croatian populations, as well
																						as those ones of French –Provencal, Friulan, Ladino, Occitan, Sardinian –
																						speaking communities. In practical terms, while enforcing Art.6 of the
																						Constitution which stipulates, “the Republic protects linguistic minorities by
																						means of ad hoc legislation”, an organic legislation for the protection of
																						historical linguistic minorities has been adopted with the aim of fully
																						implementing the general principles established by the European and the
																						International Organisations to which Italy is a member. 
																						During the debate at the Parliamentary level, the situation of
																						Roma people was excluded from the cited legislation because of the opportunity
																						of proposing and approving an ad hoc Act, in line with the specific aspects of
																						this minority, if compared to the protection provided for the so-called
																						“historical ethno-linguistic minorities”. In fact the basic criteria for the
																						label of “linguistic minority” depends on the stability and the duration of the
																						settlement in a delimited area of the country, which is not the case for Roma
																						people. The formulation of an appropriate legislative measure would enable
																						to equalize the status of half of the approx.150.000 Roma people resident in
																						Italy to that of the Italian citizens. As regards the remaining Roma people
																						communities - characterized in all cases by nomadism, they already enjoy the
																						right to freedom of movement and circulation, if composed from citizens of the
																						European Union, while they are under rules regulating the stay of foreigners,
																						if composed from no EU citizens. 
																						In brief, those Roma people who do not have Italian citizenship
																						face some difficulties when applying for the release of stay permit or for
																						their naturalisation. That is why the relevant legislation includes the
																						release of a working contract among conditions and pre-requisites. Therefore,
																						some difficulties are due to getting a job. They may also entail some
																						difficulties as to the access to health-care services and to education. In
																						practical terms, in order to obtain a stay permit, it is necessary to get a
																						job. Thus, when Roma people face difficulties when applying for the release of
																						a stay permit, this is not a matter of discrimination but of lack of a basic
																						condition, as envisaged by Law. 
																						14. Concerning the establishment of a National Commission on Human
																						Rights (NHRC) 
																						Within its activities, the Interministerial Committee for Human
																						Rights, working with the Ministry of Foreign Affairs, has drawn up a study on
																						the feasibility of a draft legislation aimed at establishing the National
																						Commission for the Promotion and Protection of Human Rights and Fundamental
																						Freedoms in the Italian Legal System, in compliance with the UN Resolution
																						48/134 of 20 December 1993. 
																						The National Commission for the Promotion and Protection of Human
																						Rights and Fundamental Freedoms, would have the duty to promote respect for and
																						observance of human rights and fundamental freedoms in Italy, as established by
																						the UN Covenants, the Council of Europe and the European Union, as well as
																						protected by our Constitution. 
																						The Commission would be tasked with protecting all the rights and
																						the fundamental freedoms – right to life and personal integrity, right to
																						dignity and fair treatment, right not to be discriminated; economic, social and
																						cultural rights, individual, civil and political freedoms, as well as new
																						aspects of rights deriving from social, scientific and technical progress – as
																						established by the International Covenants and endorsed by Italy. 
																						As regards the subjects to be protected, the Commission would be
																						responsible for the entire population on the national territory, with
																						particular attention to vulnerable categories such as national and religious
																						ethnic minorities; women and minors, the elderly and differently-baled person,
																						detainees, asylum seekers, refugees and immigrants, homosexuals. 
																						Nevertheless, in order to avoid competence overlaps and waste of
																						resources, the Commission would work in connection with the bodies still
																						existing and working on the national territory with similar objectives, such as
																						the National Observatory for Infancy and Childhood set up with Act no. 451/97,
																						in compliance with the specific UN Covenant; the National Commission for Gender
																						Equality set up with Act no. 164/90 of 20 June 1990 in accordance with Art.3 of
																						the Italian Constitution; the National Office Against Discriminations set up
																						with Legislative Decree of 9 July 2003 in accordance with Directive 2000/43/CE
																						for equal treatment apart from race or ethnic origins; the Interministerial
																						Committee for Human Rights, which has been working since 1978 at the Ministry
																						of Foreign Affairs. Once established, the Commission will set close relations
																						with the cited bodies and cooperate with them. 
																						The Commission will play an important role in the mediation and
																						institutional reporting between Agencies, Committees, European and UN
																						Commissions or other international institutions, whether existing or under
																						creation, including the future European Agency for Human Rights, as well as
																						similar institutions operating in other Countries. 
																						In compliance with the relevant UN Resolution, the Commission
																						would enjoy operative and financial autonomy and will be independent from
																						Government’s judgements and assessments. Although autonomous, the Commission
																						should submit to the Government, on an advisory basis, opinions, proposals and
																						recommendations. 
																						The structure of the new institution, aiming at guaranteeing
																						exchange of information between the State and civil society in the field of
																						human rights, as well as guaranteeing pluralism in opinions and beliefs, should
																						be composed of: a Collegial body teamed up of five appointees chosen
																						among representatives of the cultural, academic and institutional sectors; a Council
																						on human rights, vested with competence to advice the Commission and
																						represent civil society, composed of no more than sixty appointees; a Secretariat
																						General and a Commission Office, that should play an infrastructure role
																						and tasked with the conduct of activities, the administration, and the support
																						to the Commission’s activities. 
																						As above-mentioned, worthy of mention is the work carried out, to
																						date, by the Inter-ministerial Committee on Human Rights (CIDU). Established
																						within the Ministry of the Foreign Affairs (MFA), by Ministerial Decree, on 15
																						February 1978. CIDU is composed of representatives from the main Italian
																						Ministries, responsible in human rights field. 
																						CIDU monitors the compliance of international standards
																						nation-wide and is also tasked with the drafting of Italy’s reports relating to
																						international human rights standards adopted under the umbrella of the United
																						Nations and the Council of Europe’s. 
																						Also worthy of mention is the recent monitoring process initiated
																						by CIDU – to assess at the domestic level the state of the implementation of
																						Recommendations and Observations put forward by relevant, international
																						machinery. By this activity, CIDU aims at assessing recommendations and, where
																						necessary, at determining the corrective measures to be adopted. This is the
																						very first time that such a process is carried out by Italian authorities, in a
																						structured way. 
																						15. Concerning the right to
																						freedom of media. The aim of Act
																						no.112/2004 is to achieve a comprehensive reform of the provisions
																						governing the broadcasting system, by taking into account the considerations in
																						this regard made by the President of the Republic in his message to the Chamber
																						of Deputies on 23 July 2002, in which he underscored the need for a
																						system-level law inspired by the Constitutional value of pluralism in
																						communications media, by the new division of legislative competencies following
																						the reform of Article 117 of the Constitution, by the development of
																						competition with due respect for the new EU legislation in this area, and by
																						the technological innovations driven by the advent of digital technology. 
																						The reform starts with the process of convergence among
																						communications media (radio and television broadcasting, publishing, Internet),
																						promoting the formation of an integrated communications system. 
																						The possibility of using TV sets for interactive services and the
																						opportunity for integrating editorial content in the press with video
																						programmes open up new prospects for the development of the market. In this
																						wider multimedia context the division of the communications market into limited
																						segments, each with an anti-competitive ceiling on audience share, no longer
																						appears to be compatible with the strong impetus exerted by new technologies,
																						which is encouraging companies to seek cross-fertilisation and synergies. The
																						new limit of 20% needs to be applied to the integrated communications system,
																						thereby fostering the growth of all the companies concerned without involving
																						any risk for the weakest, with a view to achieving the responsible and balanced
																						development of competition. It is in this vein that the provision preventing
																						the owners of more than one national TV network to acquire stakes in newspaper
																						publishing companies until 31 December 2010 should be interpreted. 
																						The principles regarding the protection of competition remain
																						firm, however, and in particular the ban on attaining a dominant position in
																						each component market of the integrated communications system. The 20% limit on
																						the transmission of programmes by any one content provider remains unchanged. Cross-ownership
																						arrangements between the television and publishing sectors provide an
																						opportunity for the development of companies and, indeed, the entire sector.
																						Another pillar of the law is the great boost it provides to the digital system.
																						
																						The law answers to the necessity to bring the rules governing
																						RAI-Radiotelevisione S.p.A. (the State Broadcasting Company) into line with the
																						Additional Protocol to the Treaty of Amsterdam and the Communication on the
																						subject of state aid and to provide for the gradual privatisation of RAI. It
																						envisages the privatisation of the corporation along the lines of the tried and
																						tested public company framework, with a broad shareholder base. The
																						privatisation process is entrusted to the Interministerial Committee for
																						Economic Planning (CIPE), which within four months of the date of completion of
																						the merger of RAI and RAI Holding – that took place on 17 November 2004-
																						should establish the timetable, stages and the percentage to be divested. 
																						The administration and management of the company is entrusted to a
																						nine-member Board of Directors who, until such time as 10% of the capital of
																						RAI has been divested, will be selected as follows: seven will be elected by
																						the Parliamentary Supervisory Committee on a one person, one vote basis, and
																						two, including the Chairman, will be appointed by the Minister for Economic
																						Affairs and Finance. The Chairman must obtain the approval of two-thirds of the
																						Supervisory Committee. The privatisation will allow private shareholders to
																						choose one or more members of the Board of Directors and therefore it will
																						facilitate depoliticising RAI. A key feature of the law is the introduction of
																						a requirement for the separation of accounts, as required by the Additional
																						Protocol to the Treaty of Amsterdam. This will ensure transparency in the use
																						of public funds and advertising revenues by the public service licensee. 
																						As far as the governance of RAI is concerned, we believe that the
																						privatisation of the corporation, enabling directors appointed by the private
																						shareholders to serve on the Board, and the new procedures for electing
																						Directors to ensure that the opposition parties are properly represented, with
																						an impartial chairman elected with a two-thirds majority vote in favour on
																						Parliamentary Oversight Commission, has certainly helped to gradually distance
																						RAI from politics, which is a long-standing phenomenon and something that is
																						certainly not encouraged by the present government (further information in
																						Appendix 4). 
																						Act no. 215/2004 (the s. c. “Legge Frattini”) does not deal
																						solely with the mass media and information sector, but covers all possible
																						conflicts of interest between government responsibilities and professional and
																						business activities in general. Because of its particular nature, the mass
																						media and information sector is the subject matter of a number of specific
																						provisions in that law (see in particular article 7). These particular
																						provisions do not replace the general rules governing any type of company, but
																						are additional to them. The
																						combined provisions of articles 1, 2 and 3 of this law set out its general
																						scope. 
																						Article 1 states that the
																						Prime Minister, Ministers, Secretaries of State and Extraordinary Government
																						Commissioners are all "holders of government office" (and are
																						therefore the parties to which this law applies). Article 1, c. 1 also imposes,
																						on the holders of government office, obligation to devote themselves
																						exclusively "to promoting the public interests", and prohibits
																						them from "taking actions and participating in collegial decisions when
																						they are exposed to a conflict of interest". 
																						With specific regard to the issue of alleged media concentration
																						and ownership, this could not simply be singled out by the law as a reason of
																						incompatibility with a government position because such provision would have
																						been in contrast with articles 42 and 51 of the Italian Constitution which
																						protect the fundamental right of individuals to hold private property and the
																						freedom to be elected to public offices. Furthermore the prohibition of
																						ownership to this effect would have led to a “Forced Sale”, determining an
																						irreversible situation upon expiry of public office, which would also
																						contravene to the same articles of the Constitution. 
																						The law limits ownership by providing for the suspension of its
																						management rights during the public mandate. Act no. 215/2004 details the rules
																						for the resolution of conflict of interest. In its clause 2 relating to
																						incompatibility with holding a government position, 'property' could not be
																						singled out because such provision would have been in contrast with clauses 42
																						and 51 of the Italian Constitution which protects the fundamental right of
																						individuals to hold private property and freedom to be elected to public
																						offices. Furthermore the provision of 'property' amongst 'incompatibilities'
																						would have lead as a consequence of “Forced Sale” of a company or taking part
																						in the shareholding, to an irretrievable situation at the expiration of public
																						office in contravention of the said clauses of the Constitution. Contrary to
																						other provisions of incompatibility (such as the practice of professional
																						activities), which legally provide for a right of quiescence and which will be
																						restored at the expiration of the 'munus publicum' (see below Appendix n.4). 
																						PART II - APPENDICES 
																						Appendix 1
																						le systeme de la justice/the justice system 
																						a) Système de la Justice en Italie 
																						A travers la Loi n. 80 du 14 mai 2005, convertissant, avec des
																						modifications, le Décret-Loi n. 35 du 14 mars 2005 (Journal Officiel n. 111 du
																						14-5-2005 – Supplément ordinaire n. 92), le législateur italien a décidé le
																						Plan d’action pour le développement économique, social et territorial afin de
																						réaliser un projet articulé d’interventions et de mesures visant une inversion
																						positive de tendance dans le système judiciaire, notamment pour ce qui est de la
																						durée des procès civils. 
																						i. Justice civile. Les effets des
																						modifications normatives dont il est question vont permettre, au cours du
																						prochain quinquennat, de créer les conditions pour une opération complexe de
																						rationalisation de la procédure civile. Il en découlera la réduction de la
																						durée moyenne des procédures civiles et la limitation de la longueur excessive
																						des délais procéduriers.
																						Il faut mentionner aussi les nouvelles normes concernant
																						l’arbitrage (délégation du Parlement au Gouvernement à effectuer d’ici novembre
																						2005), moyennant l’encouragement de cette forme particulière de résolution
																						extrajudiciaire des différends, vont permettre aux parties ayant choisi cette
																						voie de ne devoir pas recourir à la justice civile. Par conséquent, il y aura
																						un effet de réduction du nombre des procédures judiciaire.
																						Les nouvelles normes concernant le giudizio di cognizione
																						ordinario89
																						(entrant en vigueur le 1 janvier 2006, donc pour les affaires saisies après le
																						1 janvier même, en conformité avec l’art. 8 de la Loi n. 80 du 14 mai 2005
																						convertissant le Décret-Loi n. 35 du 14 mars 2005) vont aboutir à une réduction
																						des phases procédurières, par le biais d’une gestion plus rationnelle des
																						audiences de la part du juge. Cela signifie que ce dernier pourra jouir d’un
																						plus grand pouvoir d’ordonner la déchéance des parties au cas où celles-ci
																						présenteraient des demandes tardives de défense et d’instruction. En
																						l’espèce : 
																						· On est prévu l’emploi des
																						technologies de l’information (internet et courrier électronique) dans
																						les communications et les significations relatives aux procédures et, dans la
																						procédure d’exécution, afin de donner plus de publicité aux ventes coactives de
																						biens meubles enregistrés et de biens immeubles;
																						· Sous peine de déchéance, le
																						défendeur a l’obligation d’indiquer sa ligne intégrale de défense dès la
																						présentation du mémoire de réponse, en simplifiant ainsi l’organisation
																						temporelle des audiences;
																						· Toujours sous peine de
																						déchéance, les parties ont la possibilité de présenter les documents et
																						d’indiquer des nouveaux moyens de preuve dans un délai péremptoire de trente
																						jours, que le juge octroie au cours de l’audience de première comparution;
																						· Il est prévu de pouvoir
																						utiliser une expertise technique préventive afin de régler le différend,
																						lorsqu’il s’agit de vérifier et d’établir les créances découlant d’inexécutions
																						ou d’infractions non prévues par le contrat (contrats ou blessures dues à un
																						accident de la route); 
																						· Il est prévu des nouvelles
																						règles pour les procédures d’urgence et conservatoires (entrant en vigueur le
																						11 septembre 2005. En effet, elles ne seront plus composées forcément de la
																						double phase préventive de la conservation et de la phase suivante du fond –
																						cette dernière ne devenant que facultative. Par conséquent, il ne sera plus
																						possible, dans l’avenir, de traîner les différends simplement pour les
																						prolonger. En effet, il a été établi le principe général d’après lequel les
																						mesures d’urgences aux termes de l’art. 700 du c.p.c. et les mesures
																						conservatoires ne requièrent pas la phase suivante du fond afin de continuer à
																						produire effet. 
																						La procédure d’exécution (entrant en vigueur le 11 septembre 2005)
																						sera accélérée d’une façon considérable. En effet, il est prévu que le juge
																						sera aidé par quatre professionnels pouvant résoudre des phases du différends
																						(telles que la vente du bien exproprié et le partage du produit) qui ne sont
																						pas tout à fait juridictionnelles et qui à présent alourdissent le travail de l’autorité
																						judiciaire compétente. Notamment, afin d’accélérer les opérations de vente des
																						biens saisis et les actes suivants, les catégories de professionnels auxquels
																						le juge peut déléguer certaines opérations ainsi que la composition du plan de
																						répartition ont été élargies: non plus seulement les notaires, mais
																						également les avocats, les conseils fiscaux et les experts comptables.
																						En dernier lieu, la rationalisation du procès de cassation (à
																						effectuer entre sis mois à partir de l’entrée en vigueur de la Loi n. 80 du 14
																						mai 2005) va décharger la Cour Suprême de travail. Cette rationalisation
																						prévoit l’introduction de l’irrecevabilité d’un grief ne formulant pas
																						clairement une question de droit, ainsi que la limitation du droit de recours
																						immédiat pour ce qui est de décisions concernant des questions incidentes par
																						rapport au jugement principal.
																						De plus, il a été prévu que la Cour de Cassation, lorsqu’elle ne
																						se réunit pas en assemblée plénière, est liée au respect du précédent
																						juridictionnel, ayant été déjà prononcé par la même Cour en assemblée plénière.
																						Cela évite une autre décision différente sur une question ayant déjà été
																						résolue. 
																						Statistiques civiles. Une analyse de la
																						situation par rapport à toutes les matières concernées indique que les bureaux
																						des juges de paix ont un nombre moyen de dossiers en suspens
																						substantiellement constant (206 jours pour l’année 2001; 233 pour l’année 2002;
																						215 pour l’année 2003 et 223 pour l’année 2004) face à une augmentation des
																						affaires en entrée, ce qui démontre une capacité de règlement des affaires
																						satisfaisante.
																						En ce qui concerne les Tribunaux (premier degré), si l’on
																						prend en considération toute les matières, on constate une diminution tant du
																						nombre final des affaires pendantes que du nombre moyen des dossiers en suspens;
																						on est passé de 601 jours pour l’année 2001 à 494 jours pour l’année 2004. Ces
																						données comprennent également celles concernant les sezioni stralcio.
																						On enregistre la même situation en ce qui concerne le deuxième
																						degré près le Tribunal (de 1375 jours pour l’année 2001 à 779 jours pour
																						l’année 2004.
																						En ce qui concerne les Cours d’Appel, on constate une augmentation
																						du nombre moyen des dossiers en suspens, qui passe de 653 jours pour l’année
																						2001 à 835 jours pour l’année 2004 ; cette situation s’accompagne
																						toutefois d’une considérable augmentation du nombre d’affaires réglées surtout
																						pour l’année 2004, ce qui confirme l’efficacité de l’intervention visant à
																						augmenter le personnel destiné à ces juridictions.
																						En ce qui concerne les sezioni stralcio (sections
																						judiciaires provisoires), le nombre des affaires réglées on a été maintenu
																						constant ; on peut donc prévoir qu’avant la fin du premier semestre
																						2006, toutes les affaires encore pendantes seront définies. 
																						ii. Justice pénale. En matière pénale le
																						Décret-loi du 23.11.2001, et ses intégrations successives, a crée la Commission
																						«Nordio», qui a conclu la partie générale du code pénal. Le Décret-loi du 29
																						juillet 2004, et ses intégrations successives, a crée la Commission pour la
																						modification du code de procédure pénale, qui a conclu dans ces derniers
																						jours ses travaux. 
																						En ce qui concerne le code de procédure pénale, le principal
																						objectif poursuivi était l’assouplissement des formalités afin de rendre les
																						temps de déroulement du procès plus rapide.
																						Afin d’atteindre cet objectif on a tracé une séparation nette
																						entre les procès contre les prévenus en liberté et les procès contre des
																						personnes arrêtées en flagrance. Dans ce deuxième cas on a prévu la procédure
																						immédiate (rito direttissimo)de façon obligatoire. 
																						En dehors des cas de flagrance, les enquêtes préliminaires doivent
																						avoir une durée appropriée, mais leur prolongation peut être octroyée seulement
																						par une requête motivée, qui spécifie les enquêtes encore à mener, et seulement
																						pour le temps strictement nécessaire à les accomplir. 
																						Aussi dans la révision des normes sur les mesures de précaution on
																						a visé à la réduction des temps, tant en prévoyant que la mesure de détention
																						préventive sera appliquée par le juge à l’issue d’une audience en chambre du
																						conseil pendant laquelle on procède à l’audition de l’intéressé et on
																						administre les moyens de preuve essentiels pour la décision, que car on a
																						réduit les délais de détention préventive. Tout cela pourra produire une
																						ultérieure accélération des temps de règlement du procès, d’une part parce que
																						la personne mise en examen pourra à ce moment-là demander d’être jugée
																						immédiatement, et de l’autre parce que l’échéance des délais de détention
																						préventive invitera à la réduction des temps de déroulement de l’instance ou de
																						la phase, mais aussi à éviter les pauses dans le passage d’une phase à l’autre
																						et d’une instance à l’autre, qui à présent occupent des espaces temporels
																						insoutenables. A ce propos il faut souligner que la liste des causes de
																						suspension des délais de la détention préventive a été réduite de façon
																						draconienne. 
																						En vue d’une accélération on a encore prévu, aussi pour le
																						classement aux archives, que le faible importance du fait, en raison de son
																						caractère occasionnel et des blessures de moindre importance du bien juridique
																						lésé, pourra entraîner la clôture de la procédure.
																						Encore, les débats ont été ainsi structurés: une audience
																						préliminaire, pour sa réglementation anticipée, et un calendrier d’audiences
																						pour l’administration des moyens de preuve. 
																						Le système des recours a été entièrement modifié, en prévoyant que
																						l’appel sera le remède admis seulement pour le prévenu condamné qui veut
																						obtenir un nouveau examen du fond de sa condamnation. Le pourvoi en cassation a
																						été structuré d’une façon telle a le rendre, d’une façon effective et
																						exclusive, un control de légitimité d’un jugement rendu par un juge.
																						Les significations des cas de nullités et d’incompétence ont été
																						revues afin d’éviter que les vices des actes puissent être gérés, seulement
																						afin d’obtenir une prolongation de manière instrumentale. Le même esprit a
																						animé les travaux de la Commission qui avait comme objet le code pénal. Le
																						pivot de la reforme est l’introduction du principe de la nature offensive de
																						l’infraction, pour lequel la seule violation formelle de la norme n’implique
																						pas la punibilité faute de blessure effective ou mise en danger du bien
																						protégé. D’un point de vue pratique, on verra une accélération des règlements
																						des procès pour insignifiance du fait, tandis que la Commission a poursuivi une
																						série d’objectifs connexe, savoir: 
																						a) l’élimination de la contravention comme infraction;
																						b) la révision des différents cas d’espèce de contravention –
																						contenu soit dans le code soit dans la législation spéciale - afin d’élever au
																						rang de délit les rares hypothèses d’infraction qui méritent d’être gardées, et
																						convertir les autres en «infractions administratives» ;
																						c) l’élimination de plusieurs cas d’espèce de délit, qui
																						représentent des conduites peu dangereuses pour la société.
																						A ce propos il faut souligner que la partie spéciale du code est
																						presque accomplie, et sera présentée à bref. On pourra donc remarquer les
																						nouveautés dirigées à une simplification de divers cas d’infraction. 
																						Une autre innovation est la discipline des «circonstances» qui
																						impliquera l’élimination du pouvoir discrétionnaire du juge dans leur
																						évaluation. Par conséquent il est prévisible qu’on aura une réduction des
																						appels qui se basent à présent sur une évaluation erronée des circonstances et
																						sur le manque de reconnaissance des «atténuants génériques», que le projet
																						Nordio a éliminé.
																						La liste des peines devienne plus spécifique, et on prévoit la
																						conversion de la peine privative de la liberté en peines alternatives, de
																						prescription, d’interdiction ou d’annulation, directement appliquées par le
																						juge de fond, avec un remarquable effet de déflation pour le juge de
																						l’exécution et une épargne de ressources qu’on peut destiner à l’accélération
																						des procès. 
																						Substantiellement la ligne stratégique suivie jusqu'ici, qui donne
																						de bons résultats, s'articule sur deux points principaux: la multiplication
																						des énergies professionnelles avec l'attribution de la compétence pour beaucoup
																						d'offenses au Juge de paix ou au seul Juge, comme la politique pour
																						favoriser les rites alternatifs, par lesquels on décide essentiellement sur la
																						documentation à disposition, sans débat. Une telle stratégie peut donner
																						certainement des résultats dans un moyen ou long terme. Il faut se référer à la
																						soi-disant Loi « Cirielli » approuvé récemment par le
																						Parlement qui, en réduisant les temps de la prescription pour ceux qui
																						ne sont pas condamnés, vise également à réduire la période des procédures
																						convenables. Ceci traite, cependant, les sujets sensibles parce qu'on ne
																						devrait pas oublier le fait que la dimension de la justice, avec laquelle
																						chaque réforme devrait se confronter, est indiquée par trois facteurs - temps,
																						coûts et exactitude – sans oublier de toute façon que les dimensions du
																						temps, des coûts et de l'exactitude n'existent pas individuellement mais sont
																						corrélés parmi eux-mêmes. Ce qui signifie que le temps est seulement un des
																						facteurs à considérer et que si un juge excessivement lent n'est pas un juge
																						efficace, une justice récapitulative n'est pas efficace non plus. De toute
																						façon, la durée exorbitante des procédures n'est pas exclusivement raccordable
																						aux lois insatisfaisantes ou imparfaites ou aux garanties de forme, mais
																						également à une organisation judiciaire qui ne répond pas aux critères de
																						gestion. Quelques exceptions excellentes sont une preuve de cela, et sont constituées
																						par les secteurs départementaux judiciaires qui se caractérisent pour leur
																						efficacité et productivité, grâce également à l'exécution des protocoles des
																						‘best practices’, à la réalisation des procédures, à l'établissement des tables
																						de négociation avec les avocats qui constituent les contre-parties essentielles
																						dont on ne pourrait pas tenir compte, pour une meilleure organisation de
																						l'ordre judiciaire. 
																						On peut citer comme laboratoires d'efficacité judiciaire certain
																						secteurs départementales (tel que la Cour de Turin avec le "Programme de
																						Strasbourg". Même le Conseil supérieur des magistrats, le jour après le
																						constitutionnaliser du principe de la durée raisonnable des procès (1999),
																						intervenue avec deux discussions respectivement adoptées le 15.9.1999 et le
																						7.6.2000 avec lesquels on a voulu stimuler les directeurs des bureaux
																						juridiques et les magistrats pour se rendre conscients en mettant en
																						application une organisation différente du travail juridique, puisqu'il
																						pourrait être consenti par les moyens et les structures disponibles. En ce qui
																						concerne l'évolution de la jurisprudence italienne, au sujet de
																						l'interprétation des normes domestiques, à la lumière de la jurisprudence de la
																						Cour européenne, on devrait noter la tendance ce qui s'établit rapidement dans
																						les chambres de justice, selon laquelle le juge domestique à une obligation
																						d'interpréter, rechercher et appliquer - parmi plusieurs interprétations
																						possibles d'une norme nationale - que ce qui est plus compatible avec la
																						Convention et avec l'interprétation donnée par la Cour. Un tel fonctionnement a
																						pu également être un tasseau dans le mosaïque complexe de l'adaptation de temps
																						de la justice italienne aux normes européennes. 
																						Il est dans ce secteur qu'on pourrait insérer dans une manière
																						expérimentale une collaboration avec la mission italienne au Conseil de
																						l'Europe, qui pourrait périodiquement indiquer les paramètres temporels des
																						procédures considérées par la Cour européenne compatibles avec la Convention.
																						De telles indications pourraient constituer l'objectif sur lequel pour
																						appliquer une méthode de travail, une nouvelle organisation de la structure
																						judiciaire, et une gestion plus raisonnable du personnel. 
																						Statistiques pénales. Les données
																						confirment le bon train des règlements d’affaires de la part des Tribunaux
																						monocratiques, qui a partiellement compensé l’augmentation du nombre des
																						affaires soumises à leur examen, due au meilleur fonctionnement des Offices du
																						Procureur, qui ont réduit le temps des règlements. En ce qui concerne les Tribunaux
																						en tant qu'organes collégiaux, il faut relever une réduction du temps moyen
																						pendant lequel les causes restent en suspens, qui passe de 656 jours (2001) à
																						621 jours (2004). Les données relatives aux Cours d'Appel montrent une
																						augmentation du temps moyen pendant lequel les causes restent en suspens, mais
																						avec une réduction par rapport aux données fournies en avril (relevé du
																						3/3/2005) dérivant des nouveaux bureaux fonctionnant (797 à 650). 
																						Les Juges de Paix connaissent une augmentation totale, due
																						au fait que leur compétence en matière pénale date du 1/1/2002 et que par
																						conséquent ce n'est qu'au cours des années suivantes que ces Juges sont
																						parvenus à fonctionner à plein régime; en tout cas la donnée sur le temps moyen
																						pendant lequel les causes restent en suspens révèle une durée qui n'est pas
																						considérable pour l'année 2004 (temps moyen en 2004 = 228 jours).
																						En outre, en ce qui concerne plus expressément le temps moyen
																						moyen (point 117), on met en évidence une réduction du temps moyen pour
																						2004 (de 385 à 372 jours), due à de nouveaux bureaux fonctionnant. Pour les
																						Tribunaux collégiaux aussi la réduction par rapport à l'année 2003 a augmenté
																						(de 706 à 621 au lieu de 634, donnée fournie en avril 2005. En ce qui concerne
																						l'augmentation des causes en suspens devant les Juges de Paix nous nous
																						reportons à ce qui est dit ci-dessus. Le temps moyen ne comprend pas le laps de
																						temps qui s'écoule dans le passage d'un bureau à un bureau supérieur. Ce laps
																						de temps dépend souvent du comportement des avocats et peut varier de six mois
																						à un an. 
																						iii. Reforme du système judiciaire et ressources humaines. Avant de décrire les lignes directrices de la reforme du
																						système judiciaire, en cours d’approbation devant le Parlement, il faut
																						rappeler que la Loi n. 48/01, et son décret de mise en œuvre DM 23.1.2003, est
																						opérationnelle depuis longtemps. Cette loi a augmenté de 158 unités les
																						ressources humaines des Cours d’appel, compte tenu de leur situation de
																						carence. Mais revenons au projet de Loi de reforme du Système judiciaire, il,
																						par des interventions sur l’ensemble des lois qui à présent régissent la
																						carrière des magistrats, a le but d’améliorer le professionnalisme des juges et
																						l’efficience du système judiciaire par : une sélection d’entrée en
																						magistrature plus sévère, en exigeant – à côté de la formation universitaire –
																						diverses expériences professionnelles dans le milieu juridique; l’introduction
																						d’un mécanisme méritocratique – par le biais de concours de caractère pratique
																						– de progression dans la carrière qui privilège la capacité des magistrats plus
																						que la simple ancienneté de service; la prévision de une école de la
																						magistrature, indépendant du ministère de la justice et du Conseil Supérieur de
																						la Magistrature, comme garantie de la professionalité des magistrats; le
																						caractère temporaire des fonctions de direction, qui valorise la formation
																						d’instruments professionnels d’organisation de la direction. En respectant
																						pleinement le principe d’indépendance du pouvoir judiciaire, la reforme tend à
																						améliorer la qualité de la justice, par des nouvelles méthodes de travail et
																						d’évaluation des magistrats, ainsi qu’élever les standards des structures de
																						l’organisation judiciaire et donc améliorer, souhaitablement, les temps de
																						règlement des litiges en réduisant les appels pour application incorrecte du
																						droit. 
																						iv. Sommes destinées à la Justice. En 2004 on a consacré environ 786 millions euros, dont 137
																						pour indemnités aux magistrats honoraires et environ 649 millions pour les
																						autres frais de justice. A ces chiffres il faut ajouter les émoluments aux
																						magistrats ordinaires et aux employés administratifs, pour un montant de
																						2.599.451.613 euros pour un total de 51.272 employés, dont seulement 1.654
																						préposés au Ministère de la Justice. L’aide juridictionnelle, en matière civile
																						depuis le 1.7.2003 jusqu’au 31.12.2004 a coûté à l’Etat 4.200.053, 08 € et en
																						matière pénale, seulement pour 2004, 61.953.238 euros pour les 71.523 personnes
																						admises. Seulement par rapport à l’an 2004 pour la Loi Pinto on a communiqué au
																						ministère de la Justice, (compétent seulement pour les retards devant le juge
																						ordinaire) 1886 « décrets » de condamnation pour un montant de €
																						11.439.244,68, tandis que pour 2005 il résulte déjà (au 14/6/05) la
																						communication de 421 « décrets » de condamnation pour € 3.391.633,21. 
																						Dans ce contexte-là, il faut considérer le montant vis-à-vis
																						l’application de la Loi Pinto dans la période 2001-2005: (accueil total des
																						affaires intentées sur la base de la Loi Pinto) Année 2001, sur 1292 affaires,
																						n.759 accueillis avec un montant correspondant à euros 3.185.345,55; Année
																						2002, sur 4586 affaires, n. 1645 accueillis avec un montant d’euros
																						13.164.130,33; Année 2003, sur 2372 affaires, n.1645 accueillis d’euros
																						7.288.867,85; Année 2004, sur 2931 affaires, n.1979 accueillis avec un montant
																						correspondant à 11.948.659,55 euros; Année 2005 (jusqu’au 19/10/2005), sur 1540
																						affaires, n.1222 accueillis avec un montant correspondant à euros 9.022.853,73.
																						Total des affaires accueillis dans la période entre 2001-2005, n.8282, avec un
																						montant correspondant à euros 44.609.857,01. 
																						v. Mesures générales prises
																						en exécution des arrêts de la Cour européenne des Droits de l’Homme
																						Durée raisonnable des
																						procédures judiciaires
																						Par ses Arrêts no. 1338, 1339, 1340 et 1341 du 26.01.04, la Cour
																						de Cassation (Grande Chambre) a substantivement conformé sa jurisprudence à
																						celle-ci de la Cour européenne, notamment résultant de l’arrêt Scordino
																						du 27.03.03. 
																						Par l’Arrêt n. 3396/05 la Cour de Cassation confirme la
																						jurisprudence Scordino aussi pur les personnes morales. 
																						Expropriation indirecte
																						Par le Décret de l’8 juin 2001, no. 327 (art. 43) l’Etat italien a
																						prévu, dans une mesure législative, cet institut, jusqu’à ce décret d’origine
																						jurisprudentielle. 
																						L’arrêt du 29.04.05 du Conseil d’Etat a précisé que, même dans le
																						cas de transformation irréversible du bien dans la structure publique d’espèce,
																						le requerrant garde toujours son droit à la restitution du sol dans sa
																						condition originaire, sauf que l’Administration émet une décision d’acquisition
																						du sol au patrimoine publique conformément au dit art. 43. Dans ce cas seul, le
																						recourrant ne peut demander qu’une compensation monétaire. 
																						Procès pénal par contumace
																						Décret-loi du février 2005 portant sur la modification de l’art.
																						175 du code de procédure pénale en matière de réouverture de certains délais
																						procéduriers au bénéfice de l’accusé absent. 
																						Arrêt Soldati de la Cour de Cassation no. 48738/2005 qui
																						met à la charge du Ministère Public l’épreuve de la soustraction doleuse à la
																						connaissance des actes procéduriers par l’accusé. 
																						Rémission du propriétaire
																						dans la disponibilité de l’immeuble loué
																						En ce qui concerne la compensation pour l’indisponibilité de
																						l’immeuble due à la longueur de la procédure d’expulsion du locataire, le
																						propriétaire peut utiliser le remède Pinto et les remèdes générales de
																						la compensation civile à la suite des actes illégitimes fautifs, prévus par
																						l’art. 2043 du code civil, même à l’encontre des omissions de l’Autorité
																						Publique (Arrêt no. 500/1999 de la Cour de Cassation e Loi no. 205/2000). 
																						En plus, dès l’entrée en vigueur de la Loi no. 431/98 sur les
																						locations urbaines, le propriétaire peut demander, comme compensation pour
																						l’occupation légitime prolongée de l’immeuble par le locataire, une
																						augmentation automatique du loyer du 20%, à la quelle s’ajoute, en cas
																						d’occupation ultérieure sine titulo, une compensation, pour le dommage
																						ultérieur, après l’art. 1591 du code civil (dans l’affaire Provvedi la
																						Cour de Strasbourg a reconnu ce dernier comme un remède efficace dans l’esprit
																						de la Convention). 
																						Mesures communes à toute typologie de recours
																						(en particulier sur la réouverture des procès pénaux à la suite des Arrêts
																						définitifs de la Cour)
																						En ce qui concerne la recommandation en matière de réouverture
																						de procédures pénales à la suite d’un jugement de la Cour européenne, il
																						faut souligner que dans l’attente de l’approbation d’une loi spécifique par le
																						Parlement (approbation prévue dans les prochains mois) les juges italiens
																						ont pris le chemin de se conformer aux arrêts de la Cour Européenne, par le
																						biais de l’utilisation de la procédure d’exécution prévue par les art. 666 et
																						670 du Code de Procédure Pénale, afin de rouvrir les procédures pénales et de
																						se conformer de cette façon aux indications de la Cour européenne (il ressort
																						que cela s’est avéré dans certains cas parmi lesquels le cas Dorigo). 
																						Projet de Loi n. 2441, présenté par M.
																						Pepe qui est à l’examen du Parlement et intitulé « Modifications du
																						Code de Procédure Pénal concernant la révision suite aux arrêts de la Cour
																						européen aux Droits de l’Homme. L’article 1 prévoit l’introduction de l’art.630
																						bis c.p.p. “Hors des cas prévus dans l’article 630, la révision des arrêts et
																						des décrets pénaux de condamnation peut être demande sur requis si la Cour
																						européenne a vérifié qui dans le procès la viol de l’article 6 de la Convention
																						européen pour la Protection des Droits de L’Homme a eu lieu…L’Art.2 prevoit
																						vis-à-vis les règles transitoires que “la requete de revision peut etre decise
																						entre 180 jours de la date d’entrée en vigueur de la Loi en reference dans le
																						cas dans lequel l’arret de la Cour européen ou la decision du Comité des
																						Ministres a eu lieu avant de la date su-mentionnée. La révision des arrêts et
																						des decrets pénales de condamnation pour un des crimes envisagés à
																						l’article 51, paragraphe 3-bis et 3-quater du Code de procédure pénale, ne peut
																						pas être demandée si le viol des dispositions de l’art. 6 de la Convention a eu
																						lieu avant de la date d’entrée en vigueur de la Loi en référence. 
																						Séminaire annuel de formation, tenu auprès du Conseil Supérieur de
																						la Magistrature, pour la sensibilisation des magistrats italiens à la
																						jurisprudence de la Cour. 
																						Projet de Loi présentée par M. Azzolini portant sur une procédure
																						centralisée d’exécution des arrêts de la Cour par la Présidence du Conseil des
																						Ministres, accompagnée par une relation annuelle au Parlement. 
																						Projet de Décret portant sur l’insertion des Arrêts de la Cour
																						dans le Casier judiciaire national (voire le Schéma de Décret
																						Présidentiel concernant: “Règlement pour l’inclusion dans le casier judiciaire
																						national des arrêts de la Cour européen aux Droits de l’Homme ”qui envisage:
																						Art.1 les arrêts définitifs de la Cour européen sur l’Italie concernant les
																						mesures judiciaires et administratives définitifs des autorités nationaux déjà
																						inscrites, seront inscrites dans le casier judiciaire central suite à la
																						préexistante inscription auxquels ils se referont, sur demande du Département
																						aux Affaires de Justice auprès du Ministère de la Justice. 
																						Faillite
																						Décret-loi 14 mars 2005 qui contient, parmi les autres, mesures
																						pour l’accélération de la procédure de la faillite. 
																						Project de décret délégué, en cour d’examen au Sénat, visant à
																						éliminer les incapacités et restrictions à l’encontre du failli. 
																						Arrêt de la Cour de Cassation du 09.09.05, concernant l’affaire Sgattoni,
																						par le quel la Cour a confirmé l’efficacité du remède interne de la Loi Pinto
																						abstraction faite de la date de dépôt du recours interne ou de celui présenté à
																						la Cour de Strasbourg. 
																						Sur note plus generale, dans le cadre de la reforme des
																						procédures de faillite, on demande qu’il soit intégré ce qui suit, comme
																						communiqué par le Service Législatif du Ministère de la Justice : « 
																						L’art.1, alinéas 5 et 6 de la loi 14 mai 2005, N.80, donne au Gouvernement le
																						pouvoir de mettre en place une reforme structurelle des procédures de faillite
																						qui font l’objet du décret royal du 16 mars 1942, n.267. Il s’agit d’une loi
																						par laquelle le Parlement délègue au Gouvernement la tache d’introduire de
																						nouvelles dispositions : elle sera appelée « loi de délégation »
																						par la suite. 
																						En donnant ce pouvoir, le législateur voulait s’aligner aux autres
																						pays membres de l’Union européenne et introduire ainsi une nouvelle discipline
																						concernant la procédure de faillite, capable de simplifier celle suivie jusqu’à
																						présent et capable également de gérer de manière plus simple et rapide la
																						continuation de l’activité de l’entreprise ainsi que la protection des
																						créanciers. 
																						Cet objectif a été atteint grâce à l’action conjointe de normes à
																						l’application immédiate et notamment d’une part celles contenues dans l’art.2,
																						alinéas 1, 2 et 2bis du décret-loi du 14 mars 2005 n. 35, converti en loi n.
																						80/2005, qui ont directement modifié certaines dispositions de la loi de
																						faillite, notamment l’art.67 qui règle l’action de révocation des faillites
																						prévue par la loi et les art. 160, 161, 163, 167, 180 et 181 en matière de
																						concordat avant la déclaration de faillite. Ces normes ont aussi introduit
																						l’art. 182bis qui règles les compromis extra-judiciaire en matière de créances.
																						D’autre part, le Gouvernement a aussi défini les critères et les principes qui
																						règlent la mise en place de cette reforme structurelle des procédures, contenue
																						dans l’art. 1, alinéas 5 et 6 de la loi de conversion susmentionnée.
																						
																						Le 23 septembre 2005, le Conseil des Ministres, sur proposition
																						conjointe du Ministre de la Justice et du Ministre des Economies et des
																						Finances, a approuvé le projet de décret législatif « Reforme
																						structurelle de la législation en matière de procédures de faillite et d’autres
																						semblables »   ; un projet qui est actuellement à l’examen
																						des compétentes Commissions du Parlement pour approbation. 
																						Les objectifs qui inspirent les critères et les principes de cette
																						reforme touchent à plusieurs, importants aspects et notamment, pour ce qui est
																						intéressant d’observer ici, la sphère subjective d’extension de la procédure de
																						faillite, une plus grande rapidité dans les procédures qui sont appliquées aux
																						litiges dans la même matière (art. 1 alinéa 6, lettre a) n.1), le changement
																						quant aux conséquences personnelles de la faillite (art.1, alinéa 6 lettre a)
																						n.4), la réduction du délai de prescription fixé pour l’action révocatoire des
																						actes frauduleux commis par le failli (art.1, aléa 6 lettre a) n. 6) le
																						changement dans la procédure suivie pour établir le passif, dans le but
																						d’accélérer les temps et la simplification des termes de présentation des
																						demandes (art. 1 alinéa 6, lettre a) n.9); la mise en place, de la part du
																						syndic, d’un projet concernant les payements des créanciers par le biais de la
																						liquidation de l’actif (art.1, alinéa 6 lettre a) n. 10), la modification de la
																						répartition de l’actif, avec une réduction de la longueur de la procédure et
																						une simplification des modalités requises (art.1, alinéa 6 lettre a) n. 11), le
																						changement dans la discipline qui règle le concordat après la déclaration de la
																						faillite, par une réduction de la longueur de la procédure et par une
																						éventuelle division des créanciers par catégorie (art.1, alinéa 6 lettre a) n.
																						12). L’introduction de la notion de « Esdebitazione » (procédure par
																						laquelle le failli lui même pouvant jouir de ce bénéfice aura la possibilité
																						d’effacer ses dettes non payées après la clôture de la procédure de faillite)
																						(art.1, alinéa 6 lettre a) n. 13) et, pour finir, l’abrogation de la procédure
																						sommaire et de l’administration contrôlée. 
																						En ce qui concerne les objectifs poursuivis par les critères et
																						les lignes de conduite de la reforme, nous avons d’une part celui ouvertement
																						déclaré de réduire la longueur des procédures et de simplifier les différentes
																						étapes de la procédure de faillite (la constatation du passif, la liquidation
																						de l’actif, la répartition de l’actif, le concordat après la déclaration de
																						faillite, la clôture de la procédure de faillite, etc.) ainsi que de régler les
																						litiges naissant de la faillite même et, d’autre part, celui d’éliminer tout caractère
																						de sanction de la procédure de faillite et d’introduire, selon des conditions
																						bien précises, la notion de « esdebitazione » pour les personnes
																						physiques. 
																						La réforme des procédures, en cours d’approbation, est inspirée
																						par ces objectifs, à tel point qu’elle élargit la procédure de la chambre du
																						conseil à toutes les procédures naissant et découlant da la procédure de
																						faillites, car elle constitue un modèle de procédure « neutre »
																						capable d’assurer la rapidité et la non dispersion de la procédure, tout en
																						préservant les principes du contradictoire entre les parties et de l’égalité
																						des armes. Ceci dit, voilà les normes qui vont, plus directement, contribuer à
																						la réalisation des objectifs indiqués jusqu’à la : 
																						Art. 9bis. Faillite
																						déclarée par un tribunal non compétent
																						Afin de réduire les délais et afin d’éviter toute interruption
																						dans la procédure, il est prévu qu’au moment du jugement en appel selon
																						l’art.18 de la loi de faillite, la Cour d’Appel, au lieu d’annuler le jugement
																						de faillite prononcé par le Tribunal non compétent (comme il est le cas à
																						présent) ordonne par décret la transmission immédiate de tous les actes au
																						Tribunal compétent pour qu’il se charge de poursuivre la procédure de faillite,
																						à moins que celui ci, dans les vingt jours qui suivent la réception des actes,
																						demande le règlement de compétence, conformément à l’art. 45 du Code de
																						procédure civile. 
																						Art. 9ter Conflit positif
																						de compétence
																						Règle le principe selon lequel, lorsque la faillite a été déclarée
																						par plusieurs tribunaux, la procédure est poursuivie par le tribunal compétent
																						qui s’est prononcé le premier.
																						Art. 15 Instruction qui
																						précède la déclaration de faillite
																						En ce qui concerne l’instruction qui précède la déclaration de
																						faillite, on garde la procédure de chambre du conseil mais on introduit des
																						délais plus brefs pour la convocation des parties et pour instruire la
																						défense ; des délais qui peuvent devenir encore plus courts pour des
																						raisons d’urgence bien précises. 
																						Art.16 Déclaration de
																						faillite
																						Etant donné que dans la procédure le délai fixé dans l’alinéa n.
																						5) de l’art.16 de la loi de faillite pour l’examen du passif n’est presque
																						jamais respecté, le nouvel alinéa n. 4) introduit justement un délai de rigueur
																						de cent quatre-vingt jours à partir de la date de déclaration de faillite.
																						De même, afin d’éviter une recrudescence des demandes d’admission
																						présentées hors délai, et dont la conséquence serait un retard dans la phase de
																						vérification des crédits, le nouvel alinéa 5) introduit également un délai de
																						rigueur au-delà duquel les demandes d’admission présentées sont considérées
																						hors délai (voir aussi art. 93, alinéa n.1 et art. 101 alinéa n.1 de la loi sur
																						les faillites). 
																						Art. 18 Appel
																						Bien que l’on n’élimine pas le double degré de juridiction dans la
																						procédure de faillite, on a supprimé le passage où il y a opposition au
																						jugement qui déclare la faillite : il s’agit d’une phase de premier degré
																						qui a lieu devant le tribunal même qui a émis le jugement.
																						On pourra donc s’opposer au jugement en question directement en
																						appel dans le délai ordinaire de trente jours. Le jugement en appel, bien que
																						prévoyant le contradictoire, résulte simplifié par la mise en place d’une seule
																						audience à l’issu de laquelle la Cour prononce l’arrêt. 
																						Art. 24 Compétence du
																						tribunal de faillite
																						La nouvelle norme à l’examen, pour des raisons de simplification
																						et accélération de la procédure, établit que, sauf dispositions contraires,
																						dans le cas de litiges causés par une faillite, il faut appliquer les normes
																						sur les procédures en Chambre du Conseil, comme prévu par les art. de 737 à 742
																						du code de procédure civile. 
																						Art. 25 Pouvoir du juge délégué
																						L’alinéa n. 5) introduit le délai de quinze jours dans lequel le
																						juge délégué doit avoir pris des mesures concernant les plaintes présentées
																						contre les actes du syndic et du comité des créanciers. 
																						Art. 26 Plainte à l’encontre des décrets émis par le juge délégué
																						et par le tribunal
																						Cet article constitue, d’un point de vue de la procédure, l’un des
																						piliers de la structure législative car il introduit le modèle des procédures
																						dans la Chambre du conseil. Le but de ce modèle est celui de régler, de façon
																						plus rapide et simple, la plupart des litiges qui naissent au cours des
																						procédures de déclaration de faillites.
																						Le dernier alinéa fixe à trente jours – à partir de la date
																						d’audience à laquelle les parties ont été convoquées - le délai dans lequel le
																						collège peut confirmer, modifier ou annuler par arrêté motivé le jugement qui
																						fait l’objet de la plainte. 
																						Art. 36 Plainte contre les actes du syndic et du comité des
																						créanciers.
																						Le recours contre l’arrêté motivé du juge délégué qui a statué sur
																						les plaintes présentées à l’encontre des actes du syndic et du comité des
																						créanciers doit être examiné par le Tribunal en chambre du conseil dans un
																						délai de trente jours par un arrêté motivé à l’encontre duquel aucun recours
																						n’est possible. 
																						Art. 36bis Délais du procès
																						Toujours dans le but d’accélérer les procédures de faillite, il a
																						été prévu que les délais fixés par les art. 26 et 36, ne soient pas suspendus
																						pendant la période férié de 45 jours en été. 
																						Art. 41 Rôle du comité des
																						créanciers
																						Afin d’éviter des longues périodes d’interruption dans la
																						procédure, il est établi que même les décisions du comité des créanciers
																						doivent être adoptées dans un délai maximum de quinze jours à partir du jour de
																						présentation de la demande au président. 
																						Art. 48 Courrier envoyé au failli.
																						Dans le cadre de cette reforme qui prévoit aussi un changement en
																						matière de conséquences personnelles du failli afin d’éliminer tout aspect de
																						sanction lié à la faillite, la discipline qui règle la gestion du courrier au
																						failli a été modifiée, tout en gardant les limitations à la liberté étroitement
																						liées aux exigences imposées par la procédure. En effet, le failli, ainsi que
																						le représentant légal de la société ou de l’organisme objet de la procédure de
																						faillite, seront à l’avenir dans l’obligation de remettre directement au syndic
																						tout le courrier qui leur est adressé, y compris celui électronique, alors que
																						maintenant le courrier mentionné, lié à la procédure de faillite, est livré au
																						syndic directement par le biais du bureau de poste ou d’autres bureaux
																						analogues. 
																						Art. 49 Les obligations du
																						failli
																						Même en ce qui concerne les obligations du failli et conformément
																						aux critères de cette loi qui limitaient la liberté de résidence seulement à
																						des nécessités étroitement liées à la procédure de faillite, des règles plus
																						souples ont été introduites remplaçant cette obligation de résidence du failli
																						par l’obligation de communiquer aux autorités chargées de la procédure tout changement
																						de domicile de l’entrepreneur de la société ou des gérants de la société
																						faillie. Il a été aussi prévu, toujours dans ce même but de souplesse, que dans
																						le cas de légitime empêchement ou pour toute autre raison motivée, le juge
																						délégué puisse autoriser les sujets concernés à se faire représenter devant les
																						autorités chargées de la procédure par un mandataire. 
																						Art. 50 Registre public des
																						faillis
																						Afin de mettre en place cette loi qui prévoit l’élimination des
																						sanctions personnelles dans une procédure de faillite et afin de se coordonner
																						avec les nouveautés introduites par les concepts de réhabilitation et
																						« esdebitazione », l’article qui prévoyait un registre public des
																						faillis ainsi que la procédure de réhabilitation ont été tous les deux abrogés. 
																						Art. 69 bis Expiration du délai de l’action de révocation.
																						Dans le but de réduire les délais pour déposer l’action de
																						révocation dont la discipline a déjà fait l’objet de la récente rédaction de
																						dispositions contenues dans le décret-loi n. 35/05, converti en loi n. 80 de
																						2005 - et tenant compte du critère de la loi de délégation qui nécessitait
																						d’une réduction des délais pour la proposition de l’action, le nouvel article
																						69-bis a été inséré dans la loi de faillite. Il prévoit que les actions de
																						révocation peuvent être acceptées seulement dans les trois ans qui suivent la
																						déclaration de faillite et dans les cinq ans qui suivent les actes frauduleux.
																						Une telle disposition aura, entre autres, pour effet d’empêcher que les actions
																						révocatoires soient exercées plusieurs années après la déclaration de faillite,
																						avec des répercussions négatives sur la durée des procédures de faillite. 
																						
																						Pour se conformer aux directives de la loi de délégation en
																						matière d’accélération et simplification des demandes des créanciers l’art. 1,
																						alinéa 6, lettre a) n. 9, prévoit entre autre que l’audience pour la
																						vérification de l’état du passif doit être effectuée dans un délai de rigueur
																						de 120 jours à partir du dépôt de la déclaration de faillite (art. 16, deuxième
																						alinéa, n.4) et que les demandes d’admission au passif doivent être présentées
																						au plus tard avant le délai de rigueur de 30 jours avant l’audience fixée pour
																						l’examen de l’état passif, faute leur inadmissibilité ou le traitement de ces
																						dernières de la même façon que les demandes hors délai (disposition combinée
																						des articles 16, 2e alinéa, n. 5), 93, premier alinéa et 101,
																						premier alinéa). Toujours afin d’éviter de possibles répercussions négatives
																						sur la durée des procédures de faillite, même en ce qui concerne les demandes
																						hors délai, il a été introduit le délai final de douze mois à partir de
																						l’approbation de l’état des créances. A l’expiration de ce délai et tant que
																						l’actif n’aura pas entièrement été réparti, les demandes hors délai seront
																						admises seulement à condition que le requérant démontre que le retard ne lui
																						est pas imputable (art. 101). 
																						Toujours pour assurer la rapidité de la procédure de faillite à la
																						fin de l’examen des demandes des créanciers, le jugé délégué est censé
																						approuver l’état passif tout de suite et non plus dans le délai de15 jours
																						comme prévu par l’art. 96 abrogé. 
																						Un des moments clefs de la réforme du procès de vérification du
																						passif concerne la matière des recours pour attaquer l’état passif, les trois
																						différentes procédures à cognition pleine (opposition à l’état
																						passif, révocation et appel à l’encontre des crédits admis) ont été remplacées
																						par une seule procédure plus rapide en chambre du conseil qui, dans un délai
																						raisonnable et sans formalités inutiles, garantit néanmoins aux parties la
																						défense et le contradictoire, et se termine par un décret qui ne peut pas faire
																						l’objet d’une demande en appel mais seulement d’un pourvoi en cassation.
																						En outre, en l’absence de contestations de la part du syndic ou
																						d’autres créanciers, le tribunal peut accepter une requête (même de façon
																						provisoire) par décret prononcé au cours de l’audience de comparution des
																						parties. En revanche, en présence de contestations, ou quand le tribunal se
																						prononce de façon provisoire, ce dernier dispose de façon définitive par décret
																						motivé dans un délai de vingt jours à partir de l’audience. 
																						D’une importance particulière sont aussi les modifications
																						apportées à la procédure en ce qui concerne l’examen des déclarations de
																						créance hors délais. Dans ce cas aussi, la procédure plus complexe de pleine
																						juridiction a été même remplacée par une procédure identique à celle prévue
																						pour l’examen de l’état passif, qui assure une rapidité maximale, tout en
																						garantissant le contradictoire et le droit de défense des créanciers. 
																						En outre, toujours dans le but d’accélérer la procédure de
																						faillite ainsi que d’accorder aux créanciers les bénéfices fiscaux normalement
																						liés à la présentation de la demande d’admission au passif, il a été introduit
																						– aux termes du nouvel article 102 – la possibilité pour le Tribunal, sur la
																						base d’une requête motivée du syndic et après consultation du comité des
																						créanciers et du failli, de décréter de ne pas procéder à l’établissement du
																						passif, s’il résulte qu’il n’y a aucune perspective de réaliser un actif à
																						redistribuer aux créanciers, à l’exception des frais de procédure et des
																						crédits pré-deductibles. 
																						Egalement significatives sont les nouveautés en fonction de la
																						simplification et de l’accélération des procédures relatives à la phase de
																						liquidation et de la distribution des biens. Les nouvelles dispositions en la
																						matière s’inspirent aux critères d’efficacité et de simplification
																						opérationnelle, à travers l’adoption de nouveaux choix aussi sur le plan de
																						l’individuation de plus opportunes obligations procédurales, caractérisées par
																						la simplicité et la rapidité. Dans telle perspective, une des nouveautés
																						principales réside dans le fait que, dans la mesure du possible, l’activité de
																						liquidation des dettes devra être menée non plus avec différentes opérations,
																						non coordonnées, occasionnelles et qui ne rentrent pas dans une stratégie
																						unitaire, mais dans le cadre d’un programme de liquidation rationnelle, établie
																						par le syndic et approuvé par le juge délégué, après approbation du comité des
																						créanciers. Le programme doit être préparé par le syndic dans un délai de 60
																						jours après la rédaction de l’inventaire, dès que les nécessaires éléments
																						d’évaluation sur l’importance, la qualité et la valeur de marché des biens
																						inclus dans les actifs auront été rendus disponibles (article 104-ter). La
																						possibilité de permettre la réalisation du programme avant même la publication
																						du décret exécutif d’état passif (contrairement à ce qui se produit dans le
																						régime actuel), se pose de manière cohérente sur la même ligne avec l’exigence
																						de favoriser la rapidité de la procédure. Pour les mêmes finalités de
																						simplicité et de rapidité, il a été aussi prévu que l’approbation du programme
																						de liquidation remplace les autorisations qui seraient nécessaires pour
																						l’adoption de chacun des actes prévus dans le même programme. 
																						Pour ce qui concerne aussi la vente des biens immeubles et des
																						entreprises qui comprennent des immeubles, ont été prévues des normes qui
																						visent à réaliser l’objectif d’obtenir le maximum possible selon des modèles de
																						rapidité, flexibilité et transparence, totalement détachés des schémas
																						procéduraux rigides prévus pour les exécutions individuelles et, par
																						conséquent, non plus ancrés aux distinctions anachroniques basées sur la nature
																						mobilière ou immobilière des biens : le syndic réalise les ventes et les
																						autres actes de liquidation à travers des procédures compétitives, même avec
																						l’aide de professionnels (article 107). Les nouveaux schémas procéduraux mirent
																						essentiellement dans deux directions : celle de rendre la procédure moins
																						formelle et, parallèlement, d’élargir de manière significative les formes de
																						publicité. Dans une telle optique, une nouveauté significative consiste dans la
																						possibilité d’utiliser le système « d’offres privées » même pour la
																						vente d’immeubles, s’il est considéré comme plus avantageux.. 
																						Pour ce qui concerne l’approbation du projet de répartition, il
																						faut signaler la prévision, inspirée aux exigences déjà rappelées plusieurs
																						foies, selon laquelle le recours contre le projet de répartition est traité en
																						chambre du conseil dans les formes prévues par l’article 26 (article 110).
																						D’ailleurs, même en cas de recours, le juge délégué déclare exécutif le projet
																						de répartition, après avoir mis en réserve les sommes correspondantes aux
																						crédits qui font l’objet de contestation. 
																						La même procédure en chambre du conseil aux termes de l’article 26
																						est prévue dans le cas de contestations sur la reddition des comptes présentée
																						par le syndic. 
																						Art.118 Clôture de la faillite
																						Il apparaît d’intérêt remarquable, dans le but de réaliser une
																						économie de procédure et de réduire la durée des procédures de faillite, la
																						prévision selon laquelle cette procédure peut être immédiatement clôturée en
																						cas d’insuffisance de l’actif dans le cas où, déjà avec la relation du syndic
																						selon l’art.33 (à présenter dans un délai d’un mois à partir de la date de
																						déclaration de faillite) ou avec des rapports successifs récapitulatifs, il a
																						est constaté que sa continuation ne permet pas de satisfaire, même pas en
																						partie, les créanciers, ceux pré-deductibles et les frais de procédure. 
																						La réclamation en Chambre du Conseil, contre le décret qui déclare
																						la clôture ou en rejette la demande, est admise en vertu de l’article 26 (art.
																						119). 
																						Réhabilitation civile
																						En harmonie avec l’abolition du registre public des faillis la
																						procédure de réhabilitation civile (articles 142, 145 loi régissant la
																						faillite) a été supprimée. 
																						Esdebitazione (nouveaux articles
																						142, 143 et 144).
																						Pour la première fois est introduit dans le système italien
																						l’institution de la esdebitazione en faveur du failli en tant que
																						personne physique pour les dettes restantes à l’égard des créditeurs non
																						satisfaits mis en concurrence. L’accès au bénéfice est soumis à l’existence de
																						conditions précises et à l’inexistence de certaines circonstances
																						d’empêchement. 
																						Pour obtenir la esdebitazione , le failli doit avoir
																						coopéré avec les organes de la procédure de faillite ou concordataire, il ne
																						doit pas avoir retardé ou contribué à retarder le déroulement de la procédure,
																						il ne doit pas avoir violé l’obligation de remise au syndic de la
																						correspondance relative aux rapports d’esdebitazione dans la procédure,
																						il ne doit pas avoir bénéficié d’autres procedures de esdebitazione dans
																						les dix années qui précèdent la demande, il ne doit pas avoir distrait l’actif
																						ou exposé un passif inexistant, il ne doit pas avoir causé ou aggravé la
																						situation économique, ni avoir fait recours de façon abusive au crédit. En
																						outre, ce dernier ne doit pas avoir été condamné, par jugement devenu res
																						judicata, pour banqueroute frauduleuse ou pour des crimes contre l’économie
																						publique, l’industrie et le commerce ou encore pour d’autres crimes liés à la
																						gestion de la société, à moins qu’il ait obtenu la réhabilitation. Le deuxième
																						alinéa du nouvel article 142 de la Loi sur les Faillites précise que l’esdebitazione
																						ne peut pas être accordée dans l’hypothèse où les créditeurs en concurrence
																						n’ont pas été au moins en partie satisfaits. 
																						Le troisième alinéa du nouvel article 142 L. F. précise par contre
																						que l’esdebitazione ne peut pas concerner les dettes dérivant
																						d’obligations alimentaires, les dettes pour les dommages et intérêts découlant
																						de faits illicites non contractuels, ainsi que ceux qui dérivent de
																						l’application de sanctions pénales et administratives. 
																						Art. 151 Schéma décret législatif
																						Toujours en matière de limitations personnelles à l’égard du
																						failli, la disposition mentionnée efface les conséquences de caractère punitif
																						contenues dans des normes qui ne font pas partie de la loi de faillite qui,
																						bien que basées sur une longue tradition historique, sont désormais privées de
																						fondement substantiel et dont l’unique fonction est celle d’attribuer à la
																						faillite un caractère punitif. 
																						En premier lieu, l’incapacité pour le failli d’exercer le droit de
																						vote (électorat actif) pendant les cinq années suivant la faillite est
																						supprimée (art. 2 alinéa 1, D.P.R. 20 mars 1967, n. 223) ; cette
																						suppression engendre aussi la disparition d’autres limitations
																						personnelles (surtout en matière d’exercice des professions intellectuelles)
																						liées à l’absence de la pleine jouissance des droits civils. 
																						La limitation imposée au failli en ce qui concerne la discipline
																						de l’activité de consultant pour la circulation des moyens de transport,
																						contenue dans l’alinéa e) de l’article 3 de la Loi du 8 août 1991, n. 264 est
																						expressément abrogée. Par ces dernières dispositions, le système législatif
																						italien s’est conformé à la jurisprudence européenne. 
																						Dans ce cadre-là, vis-à-vis l’exécution des arrêts de la Cour
																						européenne des Droits de l’Homme, il faut mentionner la
																						décision Sgattoni (non citée dans le rapport), où
																						la Cour a reconnu le caractère d’efficacité du recours préalable (Loi Pinto)
																						appliqué aux procédures de faillite. Dans cette optique de conformité aux
																						arrêts de la Cour Européenne, il faut mentionner aussi l’art. 151 qui abolit
																						tout de suite les restrictions personnelles découlant de la faillite. 
																						vi. En ce qui concerne les données statistiques
																						mentionnées dans le rapport du Commissaire aux Droits de l’Homme, la note,
																						ci jointe, n. 2005/DS du 2/12/2005 de la Direction Générale de Statistique du
																						Ministère de la Justice a examiné la méthode avec laquelle ces données
																						statistiques ont été utilisées, afin d’évaluer l’état de la justice italienne
																						et notamment la situation de la longueur des procédures judiciaires en Italie.
																						Dans cette note il est affirmé, en résumé, que les données statistiques ont été
																						tirées de trois différents aperçus, envoyés par la sous-mentionée Direction
																						Générale de Statistique, lors de trois différentes occasions,
																						c’est-à-dire : A) à l’occasion du troisième rapport sur les progrès de
																						l’activité juridictionnelle, relative à la période jusqu’à 2003; B) à
																						l’occasion d’une réunion du Comité des Ministres d’avril 05 (données envoyées
																						en mars 05, relatives à la période jusqu’à 2004 et mises à jour jusqu’à mars
																						2005); C) à l’occasion d’une réunion du Comité des Ministres en juin 2005
																						(données envoyées en juin 2005 et toujours relatives à la période jusqu’à 2004,
																						mais mises à jours à la lumière de nouvelles données transmises par des bureaux
																						judiciaires qui, à l’époque, n’avaient pas répondu aux demandes de
																						renseignements). Il faut ajouter que ces données sont citées de manière
																						incohérente (voir page 8 point 12, page 9 point 14, page 10 points 18-20),
																						parce que l’on n’a pas utilisé, comme point de repère, une seule source mais,
																						de façon confuse, les trois sources au même temps, de sorte que les différents
																						paragraphes du rapport, en se referant chacun aux données d’une source
																						différente et non homogène (en modifiant l’année de référence, le valeur
																						absolue ou celle de pourcentage etc.), semblent offrir un résultat finale pas
																						fiable, justement à cause de ce manque de coordination ainsi que d’homogénéité
																						entre les données statistiques de départ. En définitive, les données
																						statistiques disponibles ne résultent pas encadrées selon les méthodes
																						traditionnelles (qui supposent l’homogénéité des données d’analyse), ce qui
																						fait que les propositions d’interprétation, développées sur cette base, en
																						résultent faussées. 
																						The Introduction of the crime of torture
																						1) As to the introduction of the crime of
																						torture, Italy complies with all the obligations that stem from the
																						signature of the relevant Convention. The Italian legal system provides
																						sanctions for all conducts that can be considered to fall within the definition
																						of torture as set forth in Article 1 of the Convention Against Torture, and
																						that this sanction is ensured through the system of incriminating facts and
																						aggravating circumstances. While other systems provide only a single provision,
																						the Italian system considers the concept of torture within a wide range of
																						conducts. 
																						At the chronological level, it should be mentioned that under the
																						current legislature (XIV) several bills concerning the introduction of the
																						crime of torture have been under consideration by Parliament. The bills were signed
																						by Members of Parliament of opposed political sides. Over 100 Members of
																						Parliament, including both Members of the Chamber of Deputies and Senators,
																						joined in the campaign “We cannot stand torture” launched by the Italian
																						Section of Amnesty International: an initiative widely shared by all political
																						parties and supported by 266 local bodies and more than 30,000 citizens. A
																						Member of Parliament out of nine signed one of the bills: this may be seen as a
																						sign that the time is ripe for the introduction in the legislation of the crime
																						of torture as defined in international law. 
																						Despite this common concern, mention should be made of the
																						interruption of the procedure to enact the bill in Parliament subsequent to the
																						adoption by the Chamber of Deputies, on April 22, 2004, of an amendment
																						providing for a limited definition of the crime of torture. 
																						By recalling Bills no. A.C. 1483; A.C. 1518; A.C. 1948, as
																						translated into the Consolidated Text–Bill no. 4990 (entitled “Introduction of
																						Articles 613-bis and 613-ter of the Penal Code concerning Torture”), the crime
																						of torture is committed by “anyone who inflicts a physical or psychical torture
																						on an individual, subjecting him or her to inhuman treatment or grave
																						sufferings”. 
																						In this context, however, a step forward was made in early 2002
																						with the introduction of the crime of torture in the Military Penal Code in
																						Time of War (Art. 185 bis of the aforementioned Code). It is worth reiterating
																						that such provision may be applied to all “the task forces abroad for military
																						armed interventions”, including “in time of peace”. Therefore, Art. 185 bis of
																						the aforementioned Penal Code provides that “the forces personnel that, on
																						grounds pertaining to war, commit acts of torture or other inhuman
																						treatment…harming prisoners of war or civilians or other protected persons…, is
																						convicted detention penalty of up to 5 years”. 
																						In brief, although the crime of torture has not been formally
																						introduced in the Penal Code, it should be noted that a relevant legislative
																						framework, prohibiting its perpetration, is in force. 
																						It is also worth mentioning that by Act no. 74/05, entitled
																						“Voluntary granting of a contribution to the Fund of the United Nations for the
																						Victims of Torture”, a voluntary annual national contribution amounting to
																						120.000,00 Euros for the 2004-2008 period has been recently allocated. 
																						The judicial proceedings concerning the Naples Global Forum and
																						the Genoa G-8 events
																						2) With specific regard to the judicial proceedings
																						relating to the Naples Global Forum and the Genoa G-8 events: 
																						Following the request put forward by the public prosecutor of the
																						Naples Tribunal, the magistrate for the pre-trial examination (GUP) decided on
																						July 13, 2004 to commit for trial two police senior officers and 29, policemen
																						and police officers, due to events occurred in the Naples police station
																						“Virgilio”. 
																						As to the events occurred during the March 2001 Global Forum held
																						in Naples, the trial on indictment before the Naples Court is underway and
																						concerns the following offences: participation in abuse of power (arts. 110,
																						323 p.c.), unlawful search of person and personal inspection (art. 609 p.c.),
																						violence (art. 10 p.c), kidnapping (art. 605 p.c), damage and bodily injuries
																						(arts.582 e 585 p.c.). However, it is worth mentioning that the magistrate for
																						the pre-trial examination (GUP) issued judgment for the dismissal of charge for
																						some of the above-mentioned criminal charges. In compliance with relevant
																						legislation, the Naples public prosecutor immediately started due
																						investigations. 
																						As to the events occurred in Genoa, the so-called “Genoa events”,
																						the judicial proceedings refer and concern three different episodes: 
																						1. As to the events occurred in the police station in Bolzaneto,
																						the trial has started on 12 October 2005. The Genoa public prosecutor has
																						therefore requested the committal for trial of members of the following forces:
																						police, army, penitentiary police and health care providers, who have been
																						charged of crimes as follows: battery (art. 581 p.c.); bodily injury (art. 582
																						p.c.); abuse of power against demonstrators under arrest (art. 608 p.c.);
																						violence (art. 610 p.c.); abuse (art. 594 p.c.); assault (art. 612 p.c.);
																						forgery (art. 479 p.c.): omission of medical report (365 p.c.), abetting (370
																						p.c.). All these crimes have been aggravated by taking into account the weak
																						position of the victims, the violation of duties and the abuse of power, in
																						addition to the futile and vile motivation (art. 61, nn 1,5,9 p.c.) and the
																						misconduct of officer (art. 323 p.c.); 
																						2. As to the events occurred at the Genoa police headquarters, the
																						pre-trial stage was recently concluded, and the trial has started on 17
																						November; 
																						3. As to the events at primary school “Diaz”, the pre-trial stage
																						was also concluded, and the trial has started on 14 October 2005. 
																						b) The Penitentiary System/Le système carcéral 
																						The principle of “the rehabilitation/correctional function of the
																						penalty”, as laid down by Art. 27 of the Italian Constitution, triggered the
																						introduction into the Italian legal system of the so-called “alternative measures
																						to detention”. While facilitating the re-socialisation of the convicted, these
																						measures are effective means to tackle the problem of overcrowded prisons. 
																						The Italian penitentiary Administration is committed to making all
																						possible efforts in order to increase the quality of prison life (considering
																						the single prisoner as a point of reference, and using at best the limited
																						available resources), as well as in order to take all the measures useful to
																						find any other instrument able to increase the current resources. 
																						The problem of prison overcrowding is the constant concern of the
																						Italian Penitentiary Administration. This is daily working in order to lessen
																						the seriousness of that situation in every prison, by adopting provisions which
																						tend, while keeping into account prisoners’ lawful expectations and health
																						conditions and while complying with the current norms, to uniformly distribute
																						prison population in the detention spaces available. 
																						The Penitentiary Administration daily action goes along with a constant
																						planning of projects able to normalize, within a longer term, the current
																						situation and to re-establish the necessary separation of the various
																						categories of prisoners. 
																						The deflationary effect of the measures alternative to detention
																						is unfortunately a datum less meaningful than it should be in absolute terms,
																						since there is a large number of alien national prisoners (about 32% of prison
																						population) who do not possess the requirements necessary to be granted those
																						measures either because they do not have a steady point of reference in the
																						community, or because of their status of clandestinity, which prevents them to
																						stay in Italy. For this reason, within the framework of the international
																						cooperation, bilateral agreements additional to the Strasbourg Convention of 21st
																						March 1983 were signed, aiming at allowing the execution of prison sentences in
																						the State of citizenship of the alien national. It is anyway difficult to
																						enforce such provisions, since many prisoners, without identity papers, do not
																						indicate the Country they are from. 
																						The Penitentiary Administration is however more and more active,
																						through the cooperation with local bodies, with civil society, in identifying
																						and activating those channels which make the granting of penitentiary benefits
																						easier also for that category of prisoners. 
																						The Penitentiary Administration commitment is strong also in order
																						to constantly monitor the assignment of the staff throughout the Country, by
																						transferring staff with the purpose of a better use of them in order to face
																						critical situations in different prisons. These transfers of staff are
																						necessary in order to re-activate the detention wings which were closed for
																						rehabilitation works; such works were necessary in order to make these
																						structures fit to the standards provided for by the Penitentiary Act, and in
																						order to increase the available places. 
																						Such efforts go along with the commitment by the Management of the
																						Penitentiary Administration in order to get more financial resources for the
																						penitentiary system; such resources, though constant in absolute terms, have
																						gradually reduced in the last years due to the high increase of prison
																						population. 
																						Access of prisoners to health services
																						Despite the progressive reduction of financial resources (per
																						person), the Penitentiary Administration is still strongly engaged in ensuring
																						the continuity of health services, by providing a high standard of medical
																						services in each prison (according to a coefficient identified on the basis of
																						the ratio prisoners present/prison capacity). 
																						In each prison there is a health service meeting the requirements
																						of prophylaxis and care of the prisoners. During the last years, the
																						organisation and the functioning of some structures of the health service have
																						been carried out and improved, and namely: 
																						- the psychiatric service, through the establishment of a specific
																						unit in almost all the prisons, also through agreements with the Mental Health
																						Department of Local Health Services;
																						- first-level care units for prisoners afflicted with HIV (“Marassi”,
																						Genoa; “Opera”, Milan; “Rebibbia”, Rome; “Secondigliano”, Naples) or suffering
																						from symptomatic forms of medium seriousness; intermediate level units for care
																						subsequent to the phase of maximum seriousness (Massa, Modena, Pisa);
																						- units for disabled prisoners, structured in two levels of care,
																						are currently under construction. 
																						Upon admission to prison, a first general medical examination is
																						always carried out, in order to ascertain possible physical or psychological
																						illnesses of the subject; periodical and frequent medical checks are then
																						carried out, but, upon request of the person concerned, the physician must
																						carry out a medical examination, even every day. S/He must immediately report
																						the presence of illness requiring particular research and specialist care.
																						Moreover, prisoners are always allowed to ask to be seen by a physician of
																						their own choice, or to undergo surgery or therapeutic treatments at their own
																						expenses in prison infirmaries or in prison hospitals. 
																						In order to facilitate the prisoners access to local health
																						services, special healthcare units for prisoners were established in public
																						hospitals; two new units have been recently opened: one in Rome at the “Sandro
																						Pertini” hospital and one in Milan at the “San Paolo” hospital. A further unit
																						is going to be opened at the Bel Colle hospital in Viterbo. 
																						Special care is paid to mothers in prison. Indeed, particular
																						health-care services are provided for pregnant women and puerperae. A
																						specialist medical service of obstetrics and gynaecology is provided in prisons
																						for women and in all the prisons with special wings for women. A special
																						paediatric care service is ensured to children under the age of three living in
																						prisons with their mothers (as to the psychiatric assistance, please
																						read below Appendix n.2) 
																						Work opportunities
																						The rate of working prisoners, as of 31 December 2004, amounted to
																						25,1% of the prison population. A significant rate of prisoners is engaged in
																						the so-called inner manufactures, that is managed by the Penitentiary Administration,
																						that is in domestic services of maintenance – some of them on a full time
																						basis, some of them on a part time basis. In the field of external
																						manufactures, the call centres activity is enjoying particular success. 
																						As far as vocational courses are concerned, 15% of the prison
																						population chooses courses having computer science as subject, as it offers an
																						important contact point between the detention condition and the working world. 
																						By the entry into force of Act no. 193 of 22 June 2000 (Legge
																						Smuraglia), the possibility to obtain tax advantages has been given to the
																						companies which employ prisoners; and in that direction, the Penitentiary
																						Administration does its best to promote the presence of the entrepreneurial
																						world inside prison, in order to increase the employment possibilities of the
																						prisoners. 
																						As regards what has been underlined in the last part of Para 53
																						of the Report, it is to be noted that the Penitentiary Administration has
																						recently established permanent relationships with the “Ombudsman of the persons
																						deprived of their personal freedom”, set up by some Regions and also by other
																						Local Bodies, aiming at the improvement of livelihood conditions inside penal
																						institutions and, above all, at the raising of the quality of prison life. 
																						The 41-b regime
																						Prisoners under the so-called 41-b regime are allowed the same
																						possibilities of accessing healthcare services, treatment and study
																						opportunities as well as of having interviews with treatment professionals, as
																						any other prisoner. They are also allowed to maintain periodical family
																						relationships. 
																						The Penitentiary Administration is strongly committed to improving
																						life conditions within the detention wings accommodating that category of
																						prisoners; those wings necessarily must comply with very high security
																						standards. 
																						The Penitentiary Administration is aware of the negative effects
																						on psyche which detention characterised by such strong limitations may imply,
																						and has therefore increased the healthcare service, also of psychiatric nature,
																						for those prisoners: indeed, beside being visited by the medical staff on duty
																						in the prisons, they can now be visited also by a specialist doctor of their
																						own choice upon their request. 
																						A psychological support is not excluded for the cases to whom the
																						punishment of day isolation is applied; that punishment is not a mere modality
																						of life nor of prison discipline, but it is a real penal sanction inflicted by
																						the conviction judgement, and the Penitentiary Administration must enforce it “from
																						the beginning of the penal execution of the sentence”. But the enforcement
																						of the day isolation does not exclude the possibility for the prisoner to
																						participate in working activities, to start a study course as a private
																						student, to take part in religious ceremonies and to have interviews with
																						treatment professionals. The accommodation in an individual cell is provided,
																						within normal detention wings. With the aim at improving the detention
																						facilities for the prisoners under the so-called 41-b regime, the Penitentiary
																						Administration is concretely and currently committed to carrying out building
																						measures. 
																						Following an attentive and methodological analysis of each case
																						and further to a prudent exercise of the discretionary power of the
																						Penitentiary Administration in proposing to the Minister of Justice the
																						enforcement of the art. 41-b, a slight but meaningful decrease of the cases of
																						the regime extension is occurring: over the last three years, the number of
																						prisoners under that regime decreased from 659 to the present 587. 
																						Concerning the juvenile justice
																						The Human Rights Commissioner, Mr. A. Gil-Robles assesses
																						positively in his report the Italian juvenile justice system as to the measures
																						adopted, the implementation of alternative measures and the professionalism of
																						personnel. 
																						During his mission, Mr. Gil-Robles visited some juvenile centres:
																						the First Aid Centre in Rome, the Roma Juvenile Detention Centre - Casal del
																						Marmo, and the Juvenile Detention Institute in Nisida-Naples. 
																						By taking into account all relevant remarks put forward by Mr. Gil-Robles
																						focussing on shortage vis-à-vis furnitures and equipments at the relevant
																						facilities, the Italian authorities have undertaken, since a week later his
																						mission, the necessary process to allocate resources for the restructure works.
																						In August 2005, an ad hoc process to find out the company in charge with
																						providing the necessary services has started. The furniture have been brought
																						and partly placed. The last stage will be devoted to refresh the painting of
																						the indoor walls. 
																						On a more specific note , as to some paras of Mr. Gil-Robles
																						Report, we would like to stress, as follows: 
																						Para. 79: First Aid Centres hosting youngsters under arrest, are
																						under the direction of the juvenile justice Administration that involve
																						penitentiary police personnel. Nevertheless, such Centres are managed by
																						civilians from social and educational fields. Therefore, Law does not envisage
																						such Centres as detention Centres. In accordance with DPR no. 44/88 and
																						Legislative Decree no. 272/89 these Centres aim at preventing that juveniles be
																						brought to detention centres prior to justice’ relevant decisions, including
																						for istance the confirmation of the arrest measure. 
																						Those youngsters who are hosted in the cited centres are provided
																						with psychological and medical care services. They can resort and have at their
																						own disposal a justice for juvenile affairs, and cannot be subjected to police
																						examination. 
																						Para. 81: The presence of girls detainees is residual, that is why
																						the ad hoc branches for girls detainees are a few throughout the country.
																						According to the current relevant legislation, including that one devoted to
																						mothers detainees, it is worth mentioning that authorities tend to adopt
																						alternative measures or those measures replacing the detention ones for girls
																						and mothers detainees. 
																						Para 84: As to the programmes and activities arranged in the
																						detention Centres which were visited by Mr. Gil-Robles in Rome and in Nisida,
																						these activities are financed with resources from the Justice Ministry, some
																						others are put in place with the resources allocated by the Municipalities and
																						Provinces concerned, in line with Title V, part II of the Italian Basic Law and
																						with Act no. 328/2000, devoted to “the integrated system of social services for
																						the juvenile detention centres”. 
																						The involvement of civil society is envisaged by the Penitentiary
																						legislation that facilitates the contribution, the social participation and
																						cooperation – particularly for the juvenile sector- of individuals,
																						associations, bodies and other relevant stakeholders, especially in the
																						rehabilitation process. 
																						******* 
																						Appendix 2
																						Psychiatric system 
																						The health care system to
																						assist mentally ill people in Italy: progress to date and current situation 
																						1. Legal Framework 
																						The psychiatric reform, implemented by Act no. 180/78 and better
																						expounded by the sanitary reform Act no. 833/78 set out, at the legal level,
																						the different approach when tackling the mental illness, following the
																						scientific research’s outcome in the field of both the psychodynamic and
																						psychobiology and by putting in place a more oriented and defined action the
																						supply of psycotrope drugs. 
																						The relevant reform legislation pursued three main goals:
																						1) Decriminalizing the mental disease, until that time under
																						responsibility of the public prosecutor Office; 
																						2) Promoting the social rehabilitation while reducing the time of
																						hospitalisation;
																						3) Recommending assistance model more extended throughout the
																						country, to be easy to be acceded to and based upon both multi-disciplinary
																						interaction between different professional stakeholders and integrated
																						interventions. 
																						Such objectives have been reinforced by two programmes entitled
																						“Projects towards Goals for the Protection of Mental Health” which took place
																						between 1994 and 1998. By these two projects four key-areas have been highlighted
																						in order to improve the psychiatric sector: 
																						a) The construction of a services network to supply an integrated
																						intervention vis-à-vis the rehabilitation and the management of the acute stage
																						and states of crisis of patients;
																						b) The development of the work management at the departmental
																						level by providing the services network with technical and managerial
																						responsibility to guaranteeing the integrated and continuative functioning of
																						the cited services;
																						c) The extension of the professional competencies of the relevant
																						staff in order to face all psychiatric pathologies, with particular regard to
																						the most serious ones, through diversified interventions that include the
																						participation of a higher number of persons, including relatives;
																						d) The effective replacement of the psychiatric hospital with the
																						implementation of programs for the new accommodation of patients. 
																						The intervention straegy put forward has been the basis for the
																						implementation framework devoted to the organic reorganization of the services
																						for the psychiatric care service.
																						Its most significant elements are as follows: 
																						1) The establishment of the Mental Health Department (Dipartimento
																						di Salute Mentale – DSM) as a coordination body in charge of guaranteeing the
																						unity and the integration of the psychiatric services in a certain given area
																						of the country;
																						2) The determination of the typology of the organizational
																						components of the DSM (territorial structures, hospital services, structures
																						for activity in a semi-residential regime and structures for activity in a
																						residential regime) and the definition of relevant standard, in relation to the
																						population;
																						3) The determination of the DSM responsibilities and of every
																						organizational component;
																						4) The establishment of synergies with other “neighbouring
																						services” (basic health care programmes, scholastic medicine, medical guard,
																						social advisory bureaux, infanthood neuropsychiatry). 
																						When planning the activities devoted to contrast the spread of
																						mental diseases, the mental health-care services, must give priority, over a
																						three-year term, to prevention, care and rehabilitation measures for serious
																						mentally ill people without setting aside the request for intervention of less
																						affected people by such diseases. Such priority is taken by considering the
																						necessity to avoid that such diseases can harm the autonomy and the enjoyment
																						of the citizenship-related rights with the high risk of endurance and social
																						marginalisation. In order to realise such interventions, the most effective
																						measures are as follows: 
																						· The implementation by relevant services of working practices
																						aimed at taking part actively and directly in the territory (schools,
																						workplaces, etc), in collaboration with civil society and health care providers
																						at large; 
																						· The elaboration of personalized therapeutic-rehabilitating
																						plans, with a specific timeframe and assessment process; 
																						· The involvement in the cited plans of other health-care
																						services, of the generalists and of the other social services and of the other
																						resources of the territory, especially as regards working activities, the
																						livelihood, and the so-called relationship assets (the establishment and
																						fostering of affective and social relations); 
																						· The application of the most effective therapeutic strategies in
																						light of the Medicine Based on Tests of Effectiveness criteria (Evidence Based
																						Medicines); 
																						· The involvement of the families in the formulation and in the
																						implementation of the therapeutic plan; 
																						· The start-up of specific programs of recovery for patients who
																						do not follow or leave the service in order to reduce the rate of suicides
																						among patients; 
																						· The support to the establishment and the working of self-help
																						groups between relatives and patients and social cooperatives, especially those
																						devoted to access to the labour market; 
																						· The implementation of awareness raising campaigns of serious
																						mental diseases to be addressed to population, with the aim of reducing
																						prejudices and of facilitating solidarity, which would increase the possibility
																						of addressing serious mentally ill patients to the mental health-care services. 
																						The mapping exercise of specific objectives to be pursued by the
																						Mental Health Departments is based upon clear indications on both the
																						organizational model and the quality of the aid processes, in particular on the
																						following elements: 
																						· Guidelines and professional consent procedures for a good
																						clinical practice, as to the intervention modalities;
																						· An assessment process for the Continuous Improvement of Quality
																						(CIQ): organizational quality, professional quality, perceived quality by
																						customers, as well as by relatives;
																						· The correct documentation of activities and performances carried
																						out in favour of every single patient within the departmental information
																						system to which to address the medical report concerning every patient. 
																						Sanitary and social
																						integration 
																						The issue of the complexity of needs and the relating complexity
																						of responses is widely considered in the latest reform law, Legislative Decree
																						no.229/1999, when tackling the issue of social and sanitary integration. Article
																						3-quater contains the first organic and systematic definition of the district,
																						as operating branch of the Local Health Unit (Unita’ Sanitaria Locale).
																						The district has the responsibility to guarantee accessibility,
																						continuity and timeliness of the health care service, by elaborating programs
																						of activities that involve all the operating structures of the USL. The
																						district realizes the integration between sanitary services and social
																						services: health service integrated plans assure a unitary answer to those
																						needs of health for which it is necessary a sanitary protection as well as a
																						social protection. Beside the function of producer of performances in the
																						primary attendance, through organized structures at the departmental level, in
																						which the generalists and the paediatrists are involved, the district assumes a
																						management role for the coordination and integration of the activities to be
																						carried out by both services and the departments of USL, between the later and
																						the municipality social services in order to respond to the health care needs
																						of the population, at the local level. 
																						2. The Mental Health
																						Departments
																						The establishment of the Departments of Mental Health has been
																						formalised by all Regions and the Autonomous Provinces. The Departments are
																						211. 
																						The data refer to: 
																						§ the inner public structures
																						at the departments of mental health (mental health centre, peripheral
																						outpatients' departments, diurnal centres, residential structures, territorial
																						and hospitals day hospital, services of diagnosis and cure);
																						§ the university psychiatric
																						clinics linked to the national health-care service; 
																						§ the private mental health
																						care services, the technical management of which is carried out by the Mental
																						Health Departments (the type of relating relevant structures include the
																						following ones: diurnal centres, residential structures, territorial and
																						hospitals day hospital, nursing home); 
																						§ the private structures
																						linked to the National Health Care Service that are autonomous as to both the
																						administrative management and the technical direction (the typology of relating
																						structures may include: diurnal centres, residential structures, territorial
																						and hospitals day hospital, nursing home);
																						§ the personnel of the
																						Departments of Mental Health;
																						§ the seconded staff
																						personnel working at both the public structures of the DSM and the private
																						structures, under the technical direction of the DSM. 
																						Guiding standards 
																						Staff: 1 operator every 1500
																						inhabitants. 
																						· Mental Health Centres: one
																						structure every 150.000 inhabitants working 12 hours per day, 6 days per week;
																						· Diurnal Centres: one
																						structure every 150,000 inhabitants with a timetable of opening at least 8
																						hours per day for six days per week;
																						· As to facilities at the
																						hospitals level (day hospital and Psychiatric Services of Diagnosis and Care),
																						the standard is 1 place every 10,000 inhabitants; 
																						· As to facilities at the
																						residential structures, the standard is 1 place every 10,000 inhabitants, that
																						can be doubled for those health Units in which psychiatric hospitals were
																						included, and the closing of which has led to the establishment of ad hoc
																						residences. Another standard regards the maximum number of places for each
																						structure, amounting to twenty places per each structure. 
																						Ø Structures 
																						Ø Mental Health Centres and medical centres
																						Ø Mental Health Centres
																						There are 707 MHC with a population rate amounting to 1,83. This
																						is nearly the double if compared to the standard; however the rates in all
																						Regions exceed the cited one. 
																						Ø Rescue Structures
																						Ø Psychiatric Services of Diagnosis and Cure
																						The national amount is of 321, with 3.997 (accommodation/)beds.
																						e) D.H.Centres
																						There are 154 DHC, of which 147 are public with 356 places, and 7
																						are private with 19 places.
																						f) University Private
																						Clinics
																						There are 8 UPC with 162 places.
																						g) Private Health Care
																						Centres
																						There are 56 PHCC with 3.975 places. 
																						h) Public relevant places
																						(accommodation) 
																						The total number (sum of the p.l. of the SPDC, the DH and the
																						university clinics) is 5,295, to which corresponds a value of the
																						proportion/rate population/beds of 0,92, a bit less than the standard.
																						Seconded private relevant facilities
																						To the 3,975 places of the above-mentioned private health care
																						centres, 19 places at the private DH Centres must be added for a total of
																						3.994.
																						Totale places (accommodation/beds)
																						The national total is 9.289 places. The distribution in terms of
																						percentage between public and private places is, at the domestic level, of
																						57.0% vis-à-vis the public sector, and 43.0% vis-à-vis the private one. 
																						Diurnal Centres
																						There are 612 DC, with a balanced proportion vis-à-vis the
																						population. The rate is 1,59, more than the relevant standard.
																						Distribution for type of management
																						The majority of the diurnal centres is under public management; in
																						detail it is as follows:
																						520 DC are public (85% of the total);
																						35 DC are private but under technical management of DSM (5.7% of
																						the total);
																						57 DC are private with autonomous technical management (9.3% of
																						the total). 
																						Residential Structures
																						They amount to 1,552, for a total of 17.101 residential places
																						(accommodation/beds).
																						The national rate in terms of accommodation/population is 2,96,
																						more than the standard. The average should be placed at 1 place every 10,000
																						inhabitants. This rate can reach 2 every 10,000 inhabitants in the Regions
																						concerned to the process of closing down of the former psychiatric hospitals.
																						Such process has been carried out in all Regions, except for Valle d’Aosta,
																						Molise and the Autonomous Provinces of Bolzano. 
																						Distribution of the number of structures for type of assistance
																						and management
																						The percentage distribution of accommodation/beds/places is
																						increasingly higher than that one of structures. There are 17.101 places which
																						are divided as follows:
																						Public S.R. 912 (58.8% of the total);
																						Private S.R. under technical management of DSM amounting to 255
																						(16.4% of the total);
																						Private S.R. with autonomous technical management amounting to 385
																						(24.8% of the total). 
																						Staff 
																						The staff at the Mental Health Departments have been divided into
																						two categories: the former includes all the professional figures envisaged by
																						the so-called Objective Project entitled “Tutela salute mentale 1998-2000”,
																						which consider the relationship/rate between MHD staff/population; the later,
																						instead, refers to a wide range of other professional figures, that also work
																						within the framework of the MHD activities, and are reported under the item
																						"other professionals". The total is of 34.446 operators, of which
																						30,711 relating to the former category, and 3,735 to the later category. There
																						has been an increase in the staff personnel of approximately 4000 units since
																						1998, when the total number of the relevant workers amounted to 30.442. 
																						Seconded and Long-Term Professional (professional figures from the
																						“Objective Project”) 
																						The detailed analysis of 30.711 relevant workers at the MHD
																						supplies the following information: 
																						The several professional figures are distributed as follows
																						(number and percentage on the total): 
																						Doctors 5.561 (18,1%) ;
																						Psychologists 1.850 (6,0%) ; 
																						Sociologists 120 (0,4 %) ;
																						Therapetists of the psychiatric rehabilitation 171 (0,6%);
																						Educators 2,095 (6.8%); 
																						Social workers 1,551 (5.1%); 
																						Nurses 14,760 (48.1%);
																						Technical Operators (OTA) 2,698 (8.8%); 
																						Auxiliary personnel 1,300 (4.2%); 
																						Administration Units 605 (2.0%). 
																						The national rate MHD workers/population, calculated on the basis
																						of the professional figures from the Objective Project (30,711), equals to 0,80
																						MHD operators every 1,500 inhabitants. Even though such rate is still lower
																						than the standard envisaged in the so-called “P.O.N. (Programma Operativo
																						Nazionale - that is equal to 1 operator every 1,500 inhabitants)”, such value
																						is increased if compared to the previous survey dating back to March 31st
																						1998, when it was 0,75. 
																						Other Staff 
																						In order to represent this category of staff, defined with the
																						term "other", this has been grouped under five categories: 1) generic
																						and psychiatric nurses; 2) sanitary assistants; 3) technical personnel; 4)
																						workers from social cooperatives; 5) entertainers and art, cultural sector
																						workers. It has been, however, necessary to insert a sixth grouping in order to
																						represent a numerous ensemble of other figures, which are not homogenous. Such
																						group has been defined under the term "other figures". The total of
																						the staff "other" is thus of 3.735 units, distributed under the six
																						groupings as follows (number and percentage):
																						generic and psychiatric nurses 1.496(40,1%);
																						sanitary assistants 85(2,3%);
																						technical workers 99(2,7%);
																						social cooperative workers 846(22,7%);
																						cultural/social sector workers 125 (3,3%);
																						other figures 1.084(29%). 
																						Psychiatric assistance within the framework of the Penitentiary
																						system services. 
																						The Italian Penitentiary Administration, being aware of the
																						fundamental contribution offered by the psychiatric science and of the
																						necessity of a suitable support for persons deprived of their personal freedom,
																						has recently improved the relevant service by putting the specialists of this
																						field in the position to establish and manage a therapeutic relationship with
																						the patient, in order to constantly monitor the condition of the prisoner’s
																						psychic trouble. Such specialized branch has been extended to any penal
																						institution. 
																						The Penitentiary Administration is greatly engaged in involving
																						the local health service in the management of the prisoner suffering from
																						psychiatric pathologies in order to support his/her future reintegration into
																						family and society at the time of release. 
																						Finally, attention is constantly paid to the Judicial Psychiatric
																						Hospitals, with the effort of improving the welfare standards as well as the
																						typologies of intervention. 
																						As to the key issue/circumstance of “danger to society”, which is
																						the foundation for the application of the relevant detention security measure,
																						namely the access to the judicial psychiatric hospital, this is exclusively
																						evaluated by the Magistracy without any intervention by the Penitentiary
																						Administration. 
																						Appendix 3
																						Foreigners/Etrangers 
																						Immigration et asile
																						La Loi 189/2002 distingue nettement entre les requêtes
																						d’asile qui impliquent que les requérantes sont envoyés auprès des Centres
																						d’Identification (CD) ou de Séjour Temporaire (CPTA), et les requêtes qui
																						n’impliquent pas ce type de procedure. Selon le type de séjour de l’étranger,
																						il y a une différente procédure pour l’examen de la requête : la procedure
																						semplifiée (pour les requerants qui rentrent dans la categorie de l’art.1 bis,
																						para.2) et la procedure ordinaire (pour les requerantes asile qui n’ont pas
																						probleme d’identification. Toutefois, la même procédure ordinaire ne doit pas
																						se dérouler qu’en 35 jours (para. 2, art.1 quater), là où la procédure simplifiée
																						se déroule en 20 jours.
																						
																						Pour l’assistance aux requérants asile et aux réfugiés, la
																						législation italienne (Loi Martelli) prévoyait la seule distribution d’un contribut
																						économique, correspondant à euros 17,56 par jour pour 45 jours, en lassaint
																						que les services de benefiance et assistance publique établis par les mairies
																						adoptent les mesures additionnelles, à parité de conditions avec les citoyens
																						italiens nécessitants d’aide. 
																						A partir du 2001, eu regard à l’harmonisation de la discipline
																						communautaire concernant l’accueil des requérants asile, le Ministère de
																						l’Intérieur, en collaboration avec l’Association Nationale des Mairies
																						italiennes (ANCI) et avec la Délégation italienne auprès de l’UNHCR a établi un
																						système local, coordonné d’accueil (qui s’appelait programme national sur
																						l’asile) qui a été apprécié aussi à niveau de l’UE. Tel système a trouvé dans
																						la Loi 189/2002 son spécifique réglementation et représente avec les structures
																						gouvernementales des Centres d’Identification l’instrument national à travers
																						lequel on a accueilli la Directive européenne CE/9/2003 sur les conditions
																						minimes d’accueil pour les requérants asile. 
																						Dépenses pour les requérants asile: annèe 2002, euros 6.596.758,
																						pour 8350 personnes; annèe 2003, euros 9.153.201.00, pour 11586 personnes;
																						année 2004, euros 5.534,381.00, pour 7.500 personnes. 
																						Dépenses pour le système de protection des requérants asile et les
																						réfugies: Année 2002, euros 7.486.015.00, pour 2193 personnes; année 2003,
																						euros 8.956.521.00, pour 2013 personnes; année 2004, euros 9.783.041, pour 2476
																						personnes. 
																						Programme d’Assistance pour les Réfugies. Jusqu’au 2003, une contribution a été donnée, en collaboration
																						avec l’ACNUR. Cette activité était directe soit à l’assistance soit à
																						l’intégration du réfugié dans la société locale. Les ressources destinées pour
																						telles mesures ont été: année 2002, euros 1.458.802, pour 1118 personnes; année
																						2003, euros 2.798.021, pour 2.796 personnes. 
																						Pour mettre en place la Directive 2003/9/CE, l’article 11 du
																						Décret Législative 30 mai 2005 n.140 a prevu que si la decision sur la demande
																						d’asile n’a pas été adoptée en 6 mois de la introduction de la demande et le
																						retard ne depend pas du requerant, il/elle pourra travailler jusqu’à la fin de
																						la procedure de reconnaissance de l’asile. On souligne que l’article 15 du
																						Décret Lgs. su-mentionné envisage l’entrée en vigueur du Décret même, en 90
																						jours suivants son publication sur la Gazette Ufficial du 21 juillet 2005
																						(entrée en vigueur le 20 octobre 2005). 
																						Le décret du Ministère de l’Intérieur du 14 juillet 2003 visant
																						les dispositions en matière de lutte contre l’immigration illégale se situe
																						dans un système réglementaire – en vigueur au niveau national et international
																						– fondé sur le secours des immigrés interceptés en mer et destiné à rendre efficaces
																						les opérations des unités navales nationales (faisant partie de différents
																						corps) ainsi qu’à faciliter la collaboration internationale. 
																						Dans les eaux territoriales, ainsi que dans la zone contiguë et en
																						pleine mer, un bateau en service de police qui repère un navire destiné ou
																						impliqué dans le transport illicite de migrants, peut, sous certaines
																						conditions, procéder à l’inspection de ce navire et "la confisquer en
																						l’accompagnant jusqu’à un port de l’Etat". Des modalités d’intervention
																						différentes peuvent être prévues dans le cadre de la collaboration avec
																						d’autres Etats et conformément au droit international en vigueur. Il ne
																						s’agit donc pas d’une formule prévoyant la simple interdiction navale ou le
																						renvoi au port d’origine, comme indiqué dans le Rapport, mais plutôt d’un
																						système visant à rendre plus efficace la collaboration dans le secours et la
																						correcte gestion des flux migratoires via mer, au niveau national et
																						international. 
																						Concernant "l’identification des étrangers refoulés"
																						il faut noter ce qui suit : malgré la forte pression migratoire illégale
																						organisée dans les détails par les bandes criminelles et les situations de
																						crise grave pour l’ordre public et la sécurité, l’action sur le plan
																						administratif à l’égard des immigrés a toujours respecté scrupuleusement la loi
																						ainsi que considéré attentivement toute situation juridique individuelle.
																						Toutes les personnes qui ont débarquées de façon illégale à Lampedusa ont été
																						identifiées et ont eu la possibilité de demander l’asile politique et faire connaître
																						des situations éventuelles de persécution personnelle dans les lieux d’origine
																						ou de provenance. Les membres de la même famille sont restés unis et ont été
																						transférés, au plus tôt, dans des Centres appropriés et équipés. Les mineurs
																						ont été tout de suite transférés et confiés aux soins des collectivités locales
																						pour les mesures de tutelle et d’assistance prévues. Tout ceux qui ont
																						manifesté l’intention de demander l’asile politique ont été transférés en grand
																						nombre près les Centres nationaux destinés à l’accueil des réfugiés. Nombre
																						d’entre eux, à travers des actions violentes et organisées dans le détail, sont
																						échappés de ces structures avant même d’avoir terminé les procédures. Tous
																						les immigrés clandestins refoulés en Libye ou en Egypte ont été accueillis par
																						les Pays d’origine et n’ont pas subi de mauvais traitements. 
																						Il est donc opportun de souligner les références réglementaires
																						applicables et préciser les pratiques judiciaires et administratives adoptées
																						en la matière. Le Texte Unique sur l’Immigration et la Condition de
																						l’Etranger statue une discipline très variée au sujet de refoulement (art. 10)
																						par rapport à celle prévue en matière d’expulsion (art.13). A part la
																						différentiation quant aux prémisses de facto qui sont à la base des mesures respectives
																						(tentative ou rapidité de l’entrée illégale dans le territoire national quant
																						au premier cas et la présence réelle dans le deuxième), le refoulement est une
																						mesure moins afflictive par rapport à l’expulsion: l’immigré refoulé peut
																						entrer régulièrement en Italie par la suite (bien qu’il puisse satisfaire les
																						conditions), alors que la personne expulsée ne jouit pas de cette possibilité
																						pendant une période de dix ans à partir de l’exécution de cette mesure. Dans ce
																						cadre, 
																						l’expulsion nécessite de validation de la part du Juge de paix
																						(art. 13, alinéa 5-bis), alors que l’exécution du refoulement ne prévoit aucune
																						intervention de la part de l’Autorité judiciaire. Les deux mesures peuvent être
																						supportées par l’adoption d’une mesure de rétention dans un centre de rétention
																						temporaire et d’assistance (art. 14). 
																						Faisant référence à la situation de Lampedusa, toutes les
																						mesures sont dues aux arrivées illégales. Donc, une fois le secours effectué et
																						à l’exception des cas pour lesquels est prévue l’adoption de mesures de
																						protection vis-à-vis des immigrés – par exemple sur la base de risques
																						éventuels de persécution dans les lieux d’origine et de provenance - la formule
																						d’éloignement applicable aux étrangers en situation irrégulière est celle du
																						refoulement aux termes de l’art. 10 du Texte Unique. 
																						Dans ce contexte-là, il faut souligner que la considération que la
																						Libye n’a pas signé la Convention de Genève sur le statut de réfugié,
																						n’influence pas en soi les formes de protection à l’égard des étrangers, étant
																						donné que le principe de "non refoulement", ainsi que les autres
																						normes fondamentales sur les droits de l’homme sont accueillies dans le texte
																						de la Convention sur l’Organisation de l’Unité Africaine que ce pays a signée.
																						D’ailleurs, la Libye a eu en 2002 la Présidence de la Commission des droits de
																						l’homme des Nations Unies. En outre, il faut noter un développement positif des
																						relations entre la Libye et l’UNHCR. Cette dernière prévoit en effet de
																						conclure un mémorandum d’entente avec le gouvernement libyque pour réglementer
																						des formes de collaboration plus incisives en matière de protection de
																						réfugiés. 
																						Concernant la "situation particulière sur l’île de
																						Lampedusa", il faut tout d’abord noter que nous avons décidé de
																						transformer le Centre dans un "Centre de secours et de premier
																						accueil". Dans cette façon, la configuration juridique du Centre sera
																						adapté à la fonction qu’il a assumé au fil du temps sous l’impulsion de la
																						toujours croissante vague migratoire. Dans ce cadre, le système de transfert des
																						immigrés clandestins sera renforcé afin de respecter toujours une capacité de
																						300 places au maximum. En outre, l’accueil pourra être amélioré ; partant
																						la convention avec la "Misericordia" sera renouvelée. 
																						Parmi les autres initiatives destinées à l’amélioration des
																						conditions d’accueil des immigrés, nous avons décidé d’acquérir un terrain
																						attenant à la structure de Lampedusa afin de bâtir de nouveaux services
																						hygiéniques, et nous avons localisé une autre zone où installer, dans les cas
																						d’urgence, un village de toile destiné aux étrangers se trouvant dans l’attente
																						d’un nouveau placement. 
																						Parallèlement à ces interventions d’urgence, la construction du
																						nouveau centre sera entamée en utilisant la zone occupée maintenant par une
																						caserne de l’Armée. Cette dernière solution, après avoir surmonté les dernières
																						difficultés, a été finalement acceptée par la communauté locale. Notre but est
																						de la mettre en place avant l’été prochain. En outre, nous avons décidé de
																						développer la capacité d’accueil en Sicile par le biais de ces trois
																						initiatives reliées entre elles :
																						1° - la construction à Port Empédocle d’une tensostructure pour
																						les activités de secours e de premier accueil ;
																						2° - la restructuration et la réouverture du Centre
																						d’Agrigente ;
																						3° - l’agrandissement et la rationalisation du Centre de
																						Caltanisseta qui deviendra une moderne structure plurifonctionnelle pour le
																						contrôle de l’immigration clandestine. 
																						Concernant la possibilité pour les organisations
																						internationales d’accéder dans les CPTA, il faut remarquer que celles-ci peuvent
																						être autorisées, chaque fois, à accéder aux Centres, après vérification
																						préalable de la condition de sécurité à l’intérieur des centres, afin de
																						garantir l’intégrité des visitateurs mêmes. 
																						Concernant l’implication directe dans la gestion des CPTA
																						d’Organisations telles que l’UNHCR, l’IOM et la Croix Rouge, il faut
																						remarquer que, en acceptant totalement les suggestions du Commissaire, M.
																						Gil-Robles, le Ministre de l’Intérieur a envoyé à ces trois organisations une
																						proposition de collaboration pour la gestion des flux migratoires sur l’île de
																						Lampedusa. Une table de travail permanente et continue avec ces
																						Organisations, mis en place auprès du Ministère de l’Intérieur, est en
																						train de définir un modèle pilote qui sera expérimenté à Lampedusa et exporté
																						ensuite dans d’autres réalités territoriales. En outre, le Ministère de
																						l’Intérieur avec l’UNHCR, l’IOM et la Croix Rouge Italienne a présenté un
																						projet – dans le cadre du programme communautaire ARGO 2005 – pour la gestion
																						des flux migratoires en situation d’urgence dans l’île de Lampedusa. D’autres
																						projets seront définis pour la gestion des mineurs non accompagnés. 
																						Suite à l’article publié par l’hebdomadaire «L’Espresso» sur le
																						Centre de Lampedusa, il faut souligner que d’une part on n’est pas surpris
																						de constater que dans des cas de grave urgence et surpeuplement des situations
																						difficiles et des manquements se vérifient. Il est bien connu, en effet, qu’à cause de la fréquence des
																						débarquements très massifs d’immigrés clandestins, organisés expressément
																						suivant des modalités spécifiques par des bandes criminelles qui gèrent les
																						trafics en Libye et dans les Pays d’origines des flux, le Centre de rétention
																						temporaire de Lampedusa fonctionne toujours plus souvent en situations extrêmes. Lorsqu’il arrive que dans une période de 24-48 heures le nombre
																						de personnes hébergées dépasse parfois cinq fois la capacité maximale de
																						réception, c’est-à-dire 186 unités, le Centre devient un endroit où les
																						personnes ne peuvent trouver qu’un abri de fortune et ne garantit aucunement
																						les niveaux standard d’hygiène, de sûreté et de gestion. D’autre part, au
																						contraire, nous sommes fort surpris par la façon de décrire le comportement de
																						certaines unités des forces de l’ordre, si l’on considère que l’approche
																						traditionnelle de tous les représentants des forces de l’ordre à l’occasion des
																						débarquements d’immigrés clandestins vise toujours à privilégier les activités
																						de secours et d’accueil. Lors de l’important afflux d’immigrés clandestins
																						arrivés sur les plages des Pouilles entre 1998 et 2001, l’engagement des Forces
																						de Police dans l’assistance des immigrés a fait l’objet de nombre d’éloges
																						publics. En se référant tout spécifiquement aux opérations de secours ayant eu
																						lieu à Lampedusa, le 4 mai 2005, le Président de la République a accordé une
																						Médaille d’Or du Mérite Civil au drapeau des Forces de Police engagées sur
																						place. La non identification du journaliste Fabrizio Gatti à l’intérieur du
																						Centre – la prise des empreintes digitales a permis l’identification de la
																						personne qui avait été enregistrée quelques années au paravant lorsqu’elle
																						avait fait semblant d’être un ressortissant roumain et s’était infiltrée
																						illégalement dans un autre centre de rétention –démontre la situation d’urgence
																						dans laquelle se trouvait le personnel de Police chargé des vérifications.
																						Cette situation a empêché en effet d’effectuer les approfondissements
																						nécessaires grâce auxquels la personne aurait été identifiée. Dans ce cas
																						spécifique, la volonté de rendre plus acceptables les conditions des nombreux
																						immigrés présents l’a emporté sur la nécessité de maintenir un système de
																						contrôle de haut niveau. Après la publication de l’article en question, deux
																						enquêtes ont été entamées – l’une judiciaire et l’autre administrative. Ces
																						enquêtes serviront à mettre en lumière tous les épisodes décrits. Certains de
																						ces faits font partie du domaine pénale et concernent la sphère des
																						responsabilités individuelles. S’ils seront confirmés dans le cadre judiciaire,
																						ils seront poursuivis avec la plus grande rigueur. 
																						Pour ce qui est du Décret de Loi n°144 du 27 juillet 2005,
																						devenu la Loi n° 155 du 31 juillet 2005, et notamment pour ce qui est de la
																						considération contenue dans le Rapport, de privilégier la poursuite pénale des
																						terroristes, il est à remarquer que la mesure d’expulsion est une mesure
																						administrative et est adopté à l’égard d’un étranger considéré comme dangereux
																						pour la sécurité nationale et pour lequel n’existe pas d’éléments suffisants
																						pour entamer une procédure judiciaire. Cette mesure est adoptée après un examen
																						détaillé cas par cas seulement lorsque des informations de police et
																						d’intelligence démontrent la dangerosité de la personne. Autrement,
																						l’application de la mesure pénale est le système préférable. Il faut noter que
																						la mesure d’expulsion des personnes soupçonnées d’être terroristes est présente
																						dans les législations de tous les principaux pays européens. 
																						Cette typologie de mesure d’expulsion aussi est soumise aux
																						dispositions générales en matière, établies par la législation italienne en
																						vigueur, selon lesquelles les expulsions ne peuvent pas être adoptées si
																						l’étranger, dans le Pays de destination, risque la persécution pour des raisons
																						de race, de sexe, de langue, de nationalité, de religion, d’opinions
																						politiques, de conditions personnelles ou sociales, ou risque d’être renvoyé
																						vers un autre Etat où il n’est pas protégé des persécutions. 
																						Un aspect supplémentaire de la protection de la personne est
																						déterminé par la possibilité d’accès à l’asile politique. Si le statut de
																						réfugié est reconnu, la mesure d’expulsion est nulle. 
																						b) Entry and stay of foreign citizens 
																						The process of regularization that was carried out between 2002
																						and 2003 can be considered as a measure fostering integration and enhancing the
																						tools to combat illegal immigration and exploitation. About 640,000 non-EU
																						migrant workers illegally residing in Italy have regularized their status. The
																						decision to regularize these immigrants originated, on one hand, from the need
																						to eliminate all the pockets or irregularity so that the new Law, entered into
																						force on September 2002, has been fully enforced; on the other one, the
																						regularization created the preconditions for a real process of integration. It
																						has been one of the largest processes of regularization ever carried out in
																						Europe, to be compared only with the relevant process recently concluded in
																						Spain. 
																						The regularization increased of about 50% the foreign population
																						legally residing in Italy and produces significant changes in the breakdown of
																						the main foreign communities with Romanians ranking first (followed by people
																						from Albania, Morocco, Ukraine, China, Philippines, Poland, Tunisia, Senegal
																						and Peru) and with a general increase of the “European” components of the
																						foreign population residing in Italy, to the detriment of some traditionally
																						predominant nationalities, as the Moroccans. 
																						The sectors of the labour market expressing the main need for
																						foreign manpower, the issue of integration into the labour market of second
																						generations migrants, the potential of migrant entrepreneurship, the necessity
																						to implement skills upgrading measures addressing migrants in order to avoid
																						unemployment: these are only some of the issues at stake emerging from the 2002
																						regularization, elements to be taken into consideration in order to elaborate
																						for management of the migratory phenomenon both at local and central level. 
																						About process of entry for work reasons, Italy has concluded
																						bilateral agreements on labour migration with countries of origin of the main
																						inflows. Negotiations are currently under way with a number of countries, like
																						- among the others - Romania, Egypt, Morocco and Tunisia. We consider this kind
																						of bilateral agreements an effective way of managing migration and a
																						strengthening one to legal channels of entry for work reasons. 
																						Our agreements aim at providing for the preconditions for this
																						process of entry. In particular they provide for: the exchange of information
																						between the competent administration concerning manpower availability, on the
																						side of the country of origin, and the needs of the labour market as well as
																						the professional profiles required in the country of destination, on the other;
																						the visibility given on the Italian labour market to a list of nationals of the
																						country of origin willing to migrate in Italy for work reasons; the development
																						of cooperation with authorities of the country of origin concerning the
																						pre-selection phase aimed, for example, to adjusting the databases of candidate
																						migrants in compliance with Italian standards in order to facilitate the
																						consultation by Italian entrepreneurs; the guarantee to foreign workers of
																						equal rights and protection with the nationals of the host country.
																						Furthermore, bilateral agreements can provide for language courses, vocational
																						training courses and civic orientation programmes to be held in the country of
																						origin. According to our Immigration Law, as amended in 2002, these training
																						and education programmes have to be approved by the Italian Ministry of Labour
																						and Social Affairs and are implemented in the country of origin by a number of
																						different actors and organisations. These programmes can aim either at training
																						workers to be placed in the Italian labour market or to develop productive and
																						entrepreneurial activities in the country of origin. 
																						Most importantly foreign workers who have attended these
																						programmes acquire a preferential title to enter Italy for work reason within
																						the annual quota system: preferential quotas are granted to counties that
																						signed with Italy bilateral agreements, both readmission agreements and
																						cooperation agreements in the field of labour migration. 
																						The names of foreign workers who have attended training programmes
																						abroad will be inserted in lists divided on the basis of the country of origin
																						and containing all the characteristics of the workers. These lists will be made
																						available, through our provincial bodies, to Italian employers. The annual
																						decree will grant the foreign workers comprised in these lists with a specific
																						quota for entries for work reason. Furthermore the decree itself can provide
																						that, in case of fulfilment of this specific quota, further entries of trained
																						workers can be authorised on the basis of actual needs of the market. We tested
																						this mechanism of training programmes held abroad with pilot projects in
																						Tunisia, Sri Lanka and Moldavia, the last ones implemented with IOM technical
																						assistance. We also believe that this mechanism can represent en effective tool
																						for the management of migration as it promotes a better management of labour
																						demand and supply, a more qualified immigration and an easier integration in
																						the country of destination. 
																						Italian integration policies are implemented in a context of wide
																						access to different services for immigrants. In particular legal immigrants,
																						who reside in Italy for at least one year, benefit from different social
																						integration and social assistance measures at the same conditions as for
																						Italian citizens. 
																						Concerning housing policies, Regions in collaboration with
																						Municipalities and Third Sector Organisation, provide first reception centres
																						for newcomers. Immigrants, who legally reside and work for at least two years
																						in Italy, have access to public social housing and to intermediary services
																						implemented by Social Boards established at local level to facilitate the
																						matching of housing demand and supply. 
																						Within the framework of the Community Action Programme for the
																						Fight Against Discrimination, the Ministry of Labour and Social Policies,
																						received resources to finance a project which is now being implemented. It
																						focuses on the problem of Immigrant access to housing. A monitoring activity
																						identified which best practices implemented at the Italian Local level can
																						constitute efficient solution for the problem of immigrant’s access to housing
																						and can therefore diffused also at a European level. At the same time, innovative
																						policies implemented in other European member states can constitute examples
																						for Italian policy makers. The results of this monitoring analysis, held on the
																						Italian territory, will be presented in a Seminar “Promoting best practices for
																						Immigrants’ access to housing”, with the main objective of identifying
																						discrimination related issues as to the immigrants’ access to housing and of
																						exchanging among different stakeholders innovative policies and successful
																						models of immigrants integration processes when acceding to housing. 
																						****** 
																						Appendix 4 
																						The Right to Freedom of
																						Media 
																						Comments made by the representatives
																						of the Italian Ministry of Communications regarding the
																						“Draft Opinion” (No. 309/2004) of the Venice Commission on
																						Act no. 112/04 On The Reform Of The Radio and Television
																						Broadcasting System 
																						I have examined the new draft opinion of the Venice Commission on
																						the compatibility of the “Gasparri Act” with the Council of Europe's standards
																						in the field of freedom of expression and pluralism and the media, and further
																						to my comments submitted on 23 March 2005, I am making these additionsl
																						submissions.
																						 The first point is that there still remains the ambiguity
																						judgment in paragraph 79 regarding the 20% of the programmes that each national
																						broadcaster may air.
																						In this connection, I can do no more than reiterate the arguments
																						already put to the Commission.
																						We have to bear in mind that pluralism is protected by setting ex
																						ante restrictions, while competition is protected through ex post
																						measures. Furthermore, whereas competition law prohibits the abuse of a
																						dominant position and agreements, acquisitions and mergers that are detrimental
																						to competition, protecting pluralism entails the need to prevent the
																						establishment of a dominant position to the detriment of pluralism.
																						It is within this framework and to this end that articles 14 and
																						15, and the transitional provisions of article 25(8) have to be read, quite
																						clearly setting down the following restrictions:  
																						The restriction preventing the same supplier of programme contents
																						being the holder of permits to broadcast more than 20% of the television or
																						radio programmes using terrestrial digital technology (s. 15(1)).
																						This restriction will come into force after “switch-off”, that is
																						to say, after the final switchover from the analogue to the terrestrial digital
																						system (by the date provided by the law no. 66/2001 of 31.12.2006). 
																						The restriction preventing a national television broadcaster
																						(using analogue technology) which is also supplier of programme contents
																						broadcast with terrestrial digital technology from airing more than 20% of the
																						television programmes, calculated on the basis of all the programmes
																						transmitted using analogue and digital technology combined.
																						The digital broadcasts must cover at least 50% of the population
																						in order to be included in this calculation, and must not be simultaneous
																						repeats of programmes previously broadcast using analogue technology.
																						This restriction applies (following the report of the
																						Communications Regulatory Authority under Law No. 43/2004, on the terrestrial
																						digital television programme offering) during the “switch-over” period, which
																						is to say the period when analogue and terrestrial digital broadcasting
																						technologies are used simultaneously, beginning on 31 December 2003 and ending
																						on 31 December 2006. 
																						It should also be understood that the 20% threshold, identified as
																						being the ideal upper limit for guaranteeing pluralism, was chosen as a result
																						of the comparison which was made by the Constitutional Court in judgment no.
																						420 of 1994 with the parallel legislation governing publishing (article 3(a) of
																						law no. 67 of 25 February 1985, according to which, a dominant position is
																						created when a publisher of daily newspapers has a circulation in any one
																						calendar year in excess of 20% of the total circulation of all daily
																						newspapers.
																						In addition to the 20% programme threshold, article 15 of law no.
																						112 provides a second ex ante threshold as the upper income limit of 20%
																						of the aggregate revenues of the “Integrated Communications System” (SIC)
																						applicable to companies operating in the media as a whole.
																						The Integrated Communications System (SIC) comprises all the main
																						media business sectors, and may be considered to be the result of the
																						multimedia convergence process in which apparently heterogeneous media (radio,
																						television, newspapers, the Internet, cinema) are gradually drawing closer
																						together and becoming integrated. 
																						This convergence and successful marketing linking heterogeneous
																						media products (for example the sale of CDs or books jointly with newspapers)
																						requires the legislator to consider the position of a company working in the
																						communications industry within an economic system that comprises all the main
																						media. Moreover, precedents to the SIC existed in earlier legislation (article
																						15(5) of law no. 223/90, and article 2(1) of law no. 249/97) prohibiting the
																						constitution of a dominant position in the fields of audio and television
																						communications, multimedia, and publishing, including electronic publishing.
																						The SIC is simply the outcome of the developments in older sectors governed by
																						earlier legislation, necessarily bound up with the innovation brought about by
																						technologies that have subsequently become current.
																						It is useful to point out once again that in addition to
																						the ex ante thresholds examined above, law no. 12 places the further
																						threshold for guaranteeing pluralism by prohibiting the constitution of a
																						dominant position on any individual market comprising the integrated
																						communications system (article 14 and article 15(2), first indent). This means
																						that a company operating in the communications industry is not only required to
																						comply with the 20% upper limit on the SIC revenues, and in the case of radio
																						or television broadcasting companies, the 20% upper limit on programmes, but is
																						also prohibited from creating a dominant position on any individual market
																						as these are identified by the Communications Regulatory Authority. It is the
																						responsibility of the Communications Regulatory Authority to identify these
																						markets, and to do so by applying the principles set out in articles 15 and 16
																						of the European Parliament and the European Council directive 2002/21/EC of 7
																						March 2002 (the framework directive), considering not only revenues but also
																						levels of competition within the system, entry barriers, the economic
																						efficiency of the company concerned, the audiences for the radio and television
																						programmes, and the quantities of published products, and cinematographic or
																						audio recording works.
																						I cannot agree with the opinion that audiences are ignored in law
																						no. 112 and that the 22% ceiling on SIC revenues does not take individual
																						markets into consideration. On the contrary, the SIC ceiling is in addition to,
																						and further strengthens the restriction on acquiring a dominant position on
																						individual markets, which are also appraised in terms of their audiences.
																						Furthermore, the opinion does not take into account the important fact that it
																						was precisely on the basis of the provisions of law no. 112 that AGCOM issued
																						resolution no. 136/05/CONS at the end of the procedure to ascertain whether or
																						not a dominant position existed, even if not actually classified as dominant,
																						to justify action to be taken by the Authority to protect pluralism, in the
																						form of seven pro-competition measures adopted against Italy's two largest
																						operators in the television industry, RAI and RTI.
																						These remedies mainly consisted of requiring the two leading
																						operators to invest in the complete changeover to terrestrial digital
																						broadcasting, while at the same time earmarking 40% of the frequency bands to
																						independent programme content suppliers. This facilitates a low-cost market
																						entry by new operators, because of the abatement of the infrastructure
																						investment costs.
																						The Authority also set lower advertising ceilings and imposed
																						greater transparency in the sale of advertisements, and requested the general
																						radio and television franchisee to submit an editorial plan to create a new
																						general interest programme.
																						These are obviously measures designed to foster pluralism, which
																						has been made possible precisely thanks to the entry into force of law no. 112,
																						demonstrating the effectiveness of the new law in moving towards the abolition
																						of the so-called “RAI/Mediaset duopoly”. 
																						THE GENERAL
																						RADIO/TELEVISION PUBLIC BROADCASTING SERVICE
																						Contrary to the statements made in paragraph 149, the reform
																						introduced by law no. 112 has actually given greater independence and
																						organisational autonomy to the public radio and television broadcasting service
																						franchisee than it had in the past. For the law has now placed RAI ( which was
																						previously classified as a "Company of national interest" and
																						therefore governed by special laws) on an equal footing with all other joint
																						stock companies, also in terms of their organisation and management (article
																						20(1)). The new RAI Articles of Association adopted following the merger of RAI
																						and RAI-Holding, which initiated the privatisation of the franchisee company,
																						make provision for the main statutory innovations in this regard.
																						To further distance the RAI franchisee from government policies,
																						law no. 112 did away with the previous statutory provisions that gave the
																						government the sole responsibility for deciding on the substance of the service
																						contracts concluded with the franchisee, and for overseeing compliance with its
																						obligations, and has given the Regulatory Authority, acting jointly with the
																						Minister of Communications, the power to lay down guidelines regarding the
																						substance of any further obligations in addition to those laid down by the law,
																						monitoring compliance, and imposing penalties in the event of non-compliance.
																						Law no. 112 has therefore strengthened the tasks of Agcom while at
																						the same time weakening those of the government.
																						As for the governance of RAI, the system used for appointing the
																						members of the Board of Directors strengthens the powers of the Parliamentary
																						Oversight and Policy Committee by empowering the Ministry of the Economy, as
																						the shareholder, to appoint only one of the Directors, while the Chairman -
																						whose appointment must be approved by the Oversight Committee with a two thirds
																						majority - acts as guarantor.
																						It is therefore not the case, as paragraph 168 would have it, that
																						the Ministry of the Economy controls the Board of Directors. The Ministry of
																						the Economy is the shareholder (whose equity interest in RAI will be reduced as
																						a result of privatisation) but its influence is exercised over one single
																						director (out of 9).
																						The remarks made in paragraph 175, regarding a certain control
																						exercised by the Prime Minister over three public channels, in addition to his
																						own three channels, continues to be unacceptable and is in sharp contrast to
																						the technical and legal, but not the political, basis of the opinion which the
																						Commission was asked to provide. The Commission’s own statements 
																						in that opinion regarding the powers of the Oversight Committee,
																						the Communications Regulatory Authority, the procedures for appointing the
																						Board of Directors, and the imminent entry of new private shareholders into the
																						corporation, totally belie even the slightest suggestion of any such control over
																						the public television service. 
																						Even talk about a monopoly of the Italian television industry –
																						which has 14 national free-to-air television channels and 650 local television
																						stations – is anachronistic and fails to reflect a situation in which the number
																						of different opinions, which is already high, is bound to increase still
																						further with the development of terrestrial digital broadcasting. 
																						* * * * 
																						Bearing all this in mind, the conclusions of the opinion cannot be
																						accepted, for the following reasons:
																						 -                the
																						startup of terrestrial digital broadcasting as a result of law no. 112 has
																						increased the number of channels by between fourfold and sixfold, and has
																						consequently increased the television offering and enhanced pluralism;
																						-                 
																						the 20% programme and revenue thresholds in the SIC is additional to the ban on
																						a dominant position on individual markets, which are identified by the
																						Communications Regulatory Authority using criteria laid down by European law,
																						and taking into account other elements such as audiences;
																						-               
																						the SIC takes account of the convergence of the media, adjusting the criterion
																						that already existed in Italian law (the Mammì Act and the Maccanico Act) to
																						keep pace with technological and market developments; no one company can ever
																						acquire a dominant position on any one market. The whole purpose of the SIC is
																						to enable companies, particularly press publishers, to accede to the television
																						market while at the same time, under skewed statutory provisions in their
																						favour, it places a limit on television companies which are prohibited, until
																						2011, from acquiring equity interests in newspaper publishing companies, and on
																						companies with revenues in excess of 40% from the telecommunications market, by
																						prohibiting them from exceeding 10% of the aggregate SIC revenues;
																						-                 as
																						far as RAI is concerned, the role given to the Oversight Committee emphasises
																						the detachment of the public television service from government, giving more
																						room to the opposition;
																						-                 the
																						provisions governing the broadcasting of public notices by the franchisee
																						Corporation at the request of the Prime Minister's Office – Publishing Department
																						(and not by the Prime Minister himself) – are related to the duties of the Prime
																						Minister's office to issue public notices of social relevance, in its capacity
																						as a government department, and refer to the function of the Prime Minister and
																						not his/her person (being in office temporarily, it being the case that is
																						governed by a democratic system);
																						-             
																						as for the question of government control over the franchisee corporation, a
																						distinction has to be drawn between the Ministry of the Economy's shareholding,
																						which is at the moment virtually total, but is going to be reduced as a result
																						of privatisation, and the power to influence the governance of the company,
																						which is limited to the right of the Minister of the Economy to appoint one of
																						the nine members of the Board of Directors, it is the case that the Prime
																						Minister has no kind of control over the public channels, and does not
																						therefore interfere in any way with the work of the franchisee Corporation. 
																						Comments made by the representatives of the Italian Ministry of
																						Communications regarding the “Draft Opinion” (No. 309/2004) of the Venice
																						Commission on Act no. 215/04 Regarding Conflict of Interest 
																						Under resolution no. 1387/04 ("Monopolisation of the
																						electronic media and possible abuse of power in ITALY") the
																						Parliamentary Assembly of the Council of Europe expressed the fear that in
																						Italy pluralism of information was not de facto or de jure
																						guaranteed. Article 13 of that Resolution required a request for an opinion be
																						put to the so-called "Venice Commission" (a technical/legal organ of
																						the Council of Europe) regarding the compatibility of the Gasparri and Frattini
																						laws with Council of Europe standards regarding freedom of expression and
																						pluralism in the media. 
																						With specific regard to law no. 215/2004 dealing with conflicts of
																						interest, this is stated both in paragraph 3 of the Parliamentary Assembly
																						Resolution 1387 (2004) and in paragraph V of the Draft Opinion of the Venice
																						Commission. In both instances, the aforementioned law is considered as part of
																						an analysis of freedom of expression and the pluralism of the media in Italy.
																						In March last year, a number of considerations were submitted
																						regarding the preliminary draft opinion on the compatibility of law 215
																						with Council of Europe standards. Despite this, however, the "draft
																						opinion" on the agenda for the 10-11 June Venice Commission meeting
																						reiterated most of those comments.
																						I believe we should note, first of all, that law no. 215/2004 does
																						not deal solely with the mass media and information sector, but covers all
																						possible conflicts of interest between government responsibilities and
																						professional and business activities in general. Because of its particular
																						nature, the mass media and information sector is the subject matter of a number
																						of specific provisions in that law (see in particular article 7). These
																						particular provisions do not replace the general rules governing any type of
																						company, but are additional to them.
																						Before addressing the substance of the comments in the Venice
																						Commission report, it may be useful to briefly introduce the question by
																						explaining the scope of law 215, in order to prevent any later
																						misunderstandings regarding its interpretation.
																						The combined provisions of articles 1, 2 and 3 of the law set out
																						its scope.  
																						Article 1 states that the Prime Minister, Ministers, Secretaries
																						of State and Extraordinary Government Commissioners are all "government
																						post-holders" (and are therefore the parties to which this law applies).
																						Article 1(1) also imposes on government post-holders the obligation to devote
																						themselves exclusively "to dealing with public interests", and
																						prohibits them from "performing any acts and taking part in any collective
																						decisions in conflict of interest situations". 
																						Article 2 lists all the activities that are incompatible with
																						holding a government post. The choice between incompatibility and ineligibility
																						to stand for election has to do with the different purposes of these two
																						institutions in the Italian legal system, as unanimously acknowledged in
																						constitutional legal literature.
																						More particularly, the purpose of ineligibility to stand for election
																						is designed to guarantee the regularity of the electoral process, placing
																						restrictions on the fundamental right of all citizens to stand for election,
																						whereas the purpose of incompatibility, which is more appropriate for the
																						particular situations to which law 215 applies, is to guarantee that the
																						elected representatives perform their responsibilities properly when they are
																						in personal situations which could, in theory, jeopardise that proper
																						performance. 
																						The causes for ineligibility to stand for election do not
																						therefore stem from any personal situations linked to the status of the
																						candidate, but from circumstances that might influence the electoral process
																						such that it would not be considered a genuine demonstration of the will of the
																						electorate.
																						Art. 3 defines the concept of "conflict of interest"
																						with reference to two different and alternative situations (as evidenced from
																						the use of the disjunctive conjunction "or"): 
																						a)  the existence of one of the situations of incompatibility
																						listed in article 2;
																						b)   the objective consequences of the action by public
																						office-holders on their property or that of their spouses or relations to the
																						second degree. 
																						The regulation conflict of interest is completed by detailing the
																						powers, functions and procedures of the independent administrative Authorities
																						responsible for oversight, prevention and imposing penalties to combat such
																						cases, together with the applicable penalties. For companies in general, this
																						responsibility lies with the Competition Authority which was instituted by law
																						no. 287/1990 (article 6); for companies in the printed press and media sector,
																						the responsibility lies not only with the Competition Authority but also with
																						the Communications Regulatory Authority instituted by law no. 249/1997. 
																						In this connection, it is worth recalling that in the Italian
																						legal system, the independent administrative Authorities (otherwise defined as
																						"highly impartial Administrations") have been created in recent years
																						as new administrative entities, without any political ties likely to condition
																						their work. These new authorities are characterised by their independence of
																						political parties, because they are not the expression or the instrument of a
																						political majority or of minority groups, and above all of government, for it
																						is an essential organisational requirement that they have no organisational
																						relations whatsoever with the Executive.
																						Moreover, these Authorities are characterised by their neutrality
																						with regard to the parties with conflicting interests to be resolved and third
																						parties, and are therefore iusdicenti in any conflict in which the main
																						players to be regulated confront one another. Hence their status as arbiters
																						or, in some sectors, as economic judges, not politically conditioned by any
																						preferences in terms of regulating interests, all of which are placed on the
																						same plane, including public interests, to ensure strict compliance with the
																						law.
																						These Authorities have wide-ranging powers to conduct
																						investigations and impose penalties in accordance with current legislation.
																						They can also act at their own initiative, guaranteeing the principle of audi
																						alteram partem and the rules of administrative transparency. Their powers
																						do not exclude the powers of the courts or of any other authorities with regard
																						to criminal, civil, administrative or disciplinary offences, and indeed they
																						are required to report any cases of criminal offences to the judicial
																						authorities.
																						Moving on to address the substance of the Resolution of the
																						Parliamentary Assembly of the Council of Europe and the "draft
																						opinion" of the Venice Commission, both texts emphasise the alleged in
																						effectiveness of law 215 to resolve real situations of conflict of interest on
																						the basis of serious considerations, in the light of compatibility with
																						European standards and the case law of the European Court of Human Rights, and
																						call for the following clarifications. 
																						The first point in the report considers that the description of
																						cases of conflict of interest in law 215 is excessively specific and peculiar
																						in comparison with the general definition of "conflict of interest"
																						given in article 13 of Recommendation (2000) 10 of the Committee of Ministers
																						of the Council of Europe (containing "A Code of Conduct for Public
																						Officials"). According to this definition "Conflict of interest
																						arises from a situation in which the public official has a private interest
																						which is such as to influence, or appear to influence, the impartial and
																						objective performance of his or her official duties" and the concept
																						of private interest includes "any advantage to himself or herself, to his
																						or her family, close relatives, friends and persons or organisations with whom
																						he or she has or has had business or political relations". 
																						But the notion of conflict of interest adopted by this law
																						contains all the elements in this definition: 
																						a) Article 3 defines both "prior and potential
																						conflict", referring to the cases of incompatibility given in article 2,
																						and "conflict in a specific case" (an act or the omission to perform
																						a due act having a specific effect on the property of a government
																						office-holder or a member of his or her family);
 b) Article 3 specifies and concretely spells out
																						the concept of "private interest";
																						c) it considers all the cases of acts or conduct
																						whether individual or collective, referring to a government post-holder, and
																						even including the case of merely "formulating a proposal";
																						d) the act which creates a conflict of interest is
																						not only the one performed by the government post-holder, but also the act not
																						performed which should have been performed, thereby excluding decisions taken
																						in situations of conflict due solely to inertia;
																						e) the case of the advantage obtained (as well as
																						the obligation of "disclosure" referred to in article 5) has
																						also been extended to include the spouse, relatives up to the second degree,
																						and any companies which the individual owns;
																						f)  the law also considers cases of "top-down
																						conflict" (relating to cases in which the government post-holder
																						reserves favourable treatment to a company belonging to him or her, or to their
																						relatives) and cases of "bottom-up conflict" , (when the
																						company working in the communications sector belonging to the government
																						post-holder acts in violation of laws 223/1990, 247/1999, the Law instituting
																						the Communications Regulatory Authority, and law no. 28/2000, the par
																						condicio law, giving special support to the government post-holder).
																						The second point raised in the Report stems from the idea that law
																						215 does not include the "ownership as such" of a company
																						among cases of incompatibility or cases of conflict of interest. This is partly
																						inaccurate, because the whole approach of the law considers the
																						"ownership" of the company from various points of view:
																						S             
																						There exists "conflict of interest"
																						pursuant to article 3 of the law even when " the act or the omission
																						has a specific and preferential effect on the property of the post-holder, his
																						or her spouse or relatives to the second degree, or any companies controlled by
																						them". This situation is therefore wholly independent of any
																						situations of incompatibility referred to in *
																						article 2, considering that the consequences of
																						the act performed for the purposes of identifying a conflict of interest are of
																						relevance both in se and from the point of view of the benefits accruing
																						to the property of the government office-holder or his or her spouse;
																						S             
																						Article 5 requires the government office-holder,
																						his or her spouse and even relatives up to the second degree, to declare their
																						assets and shareholdings, including those held up to three months prior to
																						taking up the office ("disclosure");
																						S             
																						pursuant to article 6(3) the Competition
																						Authority (responsible for conflicts in respect of every type of
																						entrepreneurial activity) monitors the entrepreneurial activities of the
																						government post-holder (declared pursuant to article 5), and whenever an act is
																						identified which, pursuant to article 3, might constitute a concrete case of
																						conflict of interest (in other words, an act with a specific and preferential
																						effect on the property of the post-holder or that of his or her relatives) it
																						conducts the necessary examination, imposes a penalty on the company, and
																						submits a report to Parliament against the post-holder (political censure);
																						S             
																						under article 7, the Communications Regulatory
																						Authority performs the same monitoring activity specifically in the mass media
																						industries, imposing fines on companies, even in cases where they provide
																						privileged support to the government office-holder;
																						S             
																						the fines imposed on companies, by definition,
																						strike at the owner of the company and not the manager, because they have an
																						effect on the assets, which relate directly to the proprietorship.
																						On the basis of these considerations, the criticism in the draft
																						opinion regarding the failure to include "ownership" among the cases
																						of conflict of interest would appear to be groundless, because – on the
																						contrary – ownership is one of the autonomous elements of relevance to the
																						notion of conflict of interest, and is the object of penalties which directly
																						affect it. 
																						It is true that no provision is made for the "ownership as
																						such@ of a company as one of the cases of incompatibility under article
																						2 (relating to the identification of cases of incompatibility with taking up
																						government office); but, as we have already pointed out, this would not have
																						been possible because it would have been in conflict with articles 4290[1]
																						and 5191[2]
																						of the Italian 
																						Constitution, which protects the right of ownership and free
																						access to elected posts in government as fundamental rights of the individual
																						person. 
																						Furthermore, the inclusion of "ownership as such"
																						among cases of incompatibility would have required the company or shareholding
																						to be "coercively sold"; this effect would create a 
																						permanent and irreversible de jure situation which could
																						not be reversed after relinquishing the government post. In this case, too, it
																						would have been a blatant violation of the articles of the Italian Constitution
																						already mentioned. 
																						This would have been quite different from all the other cases of
																						incompatibility (such as the exercise of a profession) which provide for de
																						jure situation to be suspended temporarily and then "revived"
																						juridically upon leaving public office. 
																						This comparison reveals that a rigid and categorical
																						differentiation of treatment between possible cases of incompatibility linked
																						to company ownership and the other cases could, if unjustified, constitute a
																						violation of article 3 of the Italian Constitution and of the other precepts
																						mentioned above.
																						Any proprietor who is coerced into disposing of his property
																						permanently forfeits access to it; whereas other temporary situations of
																						incompatibility (linked to professions or paid employment) temporarily suspend
																						the grounds for incompatibility, which can subsequently be made good. 
																						It is all too obvious that coercively depriving a proprietor of a
																						company, with all its know-how, history, goodwill, etc, can never be
																						compensated merely by money, however much that may be. 
																						We believe that despite the real difficulty of the subject-matter
																						and the sensitivity of the interests at stake, law 215 has succeeded in
																						remaining compliant with the principles of the Italian Constitution.
																						First and foremost, as already indicated, it is compliant with the
																						principle enshrined in article 3 of the Constitution, because any "owner
																						as such@ who would be forced to sell, would have to reconstruct the
																						property ex novo on ceasing the hold government office, unlike what
																						happens in virtually all the other cases of incompatibility.
																						Moreover, it also safeguards the constitutional rights to engage
																						freely in business enterprise – which cannot be considered a kind of "shameful
																						label" - as a condition to be removed in order to accede to public
																						office, and to protect private property, which can only be expropriated on the
																						grounds of general public interest.
																						The mandatory disposal of a company in this way would be in
																						contrast with constitutional principles, because the sale would not be
																						performed under free market conditions, but would place the vendor in a state
																						of total weakness compared with the buyer, skewing the conditions of parity
																						which are safeguarded by the Constitution and guaranteed by the free market.. 
																						Our Constitution acknowledges expropriation as a lawful instrument
																						for the purposes of the pursuing the general public interest, but it is
																						something that cannot in any way be invoked in this case, because expropriation
																						presupposes that the asset will be put to public use in the general interest,
																						and does not include the transfer of private property from one party to
																						another. 
																						More specifically, where article 42 of the Constitution provides
																						limits on private property, it refers to only two ways in which the authority
																						of the State may interfere with the status of the proprietor: one is
																						expropriation, as already indicated, for which the equitable indemnity must be
																						paid, but it is important above all to note that it has nothing at all to do
																						with the either the transfer of the property belonging to a private individual
																						to another private individual, or with placing the property on the market for
																						public sale. The second way in which the State may interfere with private
																						property is by regulating its use: all property may be used subject to the
																						restrictions laid down by statute.
																						In conclusion, it would be utterly and totally unconstitutional to
																						impose an obligation to sell property, or to put the property under statutory
																						Administration. 
																						The extremely serious damage caused to the proprietor would
																						distort the market by almost totally eliminating the vendor's negotiating
																						strength, obliging the vendors to accept a valuable consideration which would
																						be below the true value of the assets. Furthermore, this would be tantamount to
																						punishing not a conflict of interest, or the act through which the conflict is
																						brought into being, but the suspicion or the possible eventuality of a
																						conflict occurring. 
																						These are the reasons why the law 215 addresses the only safe case
																						from the point of view of the law, consistently with the principles enshrined
																						in the Italian Constitution: it regulates asset use, but does not remove the
																						right to asset use.
																						 This, moreover, would appear to be the approach taken in all
																						the other European legal systems that govern this matter (for example Austrian,
																						German, English and Spanish law). There is not one case in any of these
																						systems, apart from the rules restricting property use, in which the suspicion
																						of a conflict, rather than acts committed in a state of conflict of interest,
																						is punished by enforcing the sale of the property.
																						During the framing of law 215 consideration was also given to case
																						of transferring property to a trustee, and to the case of the blind trust.
																						
																						The first case was deemed not to be effective, because the trustee
																						company (which is well-known in the Italian legal system) has to be created
																						transparently, because it acts in the name and on the behalf of the party which
																						at all events retains ownership of the assets placed in trust: it did not
																						therefore seem to be the appropriate solution. 
																						Since the blind trust92[3]
																						is a typical creation of common law it cannot be adopted into the
																						Italian system because there is no specific legislation governing it, and the
																						Convention signed in The Hague on 10 July 1985, which was ratified by the
																						enactment of law no. 364/1989, merely requires cross-border recognition of the trust.
																						Furthermore, the blind trust only refers to movable assets
																						or assets that can be easily converted into movable property. It is not
																						possible to "blindly manage" a specific company. Moreover, it
																						would not be effective either, because the management of an economically
																						powerful company 
																						would also be obvious to the proprietor, even in the case of a blind
																						trust, such that the proprietor could easily find out about its contingent
																						conditions and structure. 
																						Neither was it possible to envisage selling property and then
																						breaking it up and selling it in an indeterminate and indeterminable number of
																						minority equity interests, on which to impose the blind trust. Quite
																						apart, for the moment, from the consideration of the massive economic damage
																						that this operation would cause to the owner of the property, the Italian
																						Constitution would not permit this process of splitting up the ownership of
																						assets.
																						Another point raised in the draft opinion focuses on the
																						considerable increase in the workload which the monitoring of situations of
																						conflict of interest would place on the Authorities under 
																						Law 215. Put very succinctly, the powers vested in the Authorities
																						are powers that are already being institutionally exercised in the fields for
																						which they are competent. We should like to reiterate here the fact that these
																						Authorities act as "umpires" and in some cases as "economic
																						judges" over the areas for which they have oversight. In order to ensure
																						that they are best able to perform their functions, article 19 of law 215 makes
																						provision for the personnel of both the Competition Authority and the
																						Communications Regulatory Authority to be increased.
																						One further comment raised in the report refers to the alleged
																						ineffectiveness of the penalties adopted. 
																						In this connection we would reiterate that law 215 provides that
																						in the cases of top-down conflict and in the cases of bottom-up conflict, fines
																						(article 6(8), article 7(3)) can be imposed on companies and administrative
																						penalties can be imposed on the government post-holder (article 6(1)) and on
																						the companies (article 7(1) and (34) 93[4]).
																						In addition to these penalties, the government post-holder can
																						also be subject to political sanctions, resulting from the obligation on the
																						part of the independent Authorities to submit their report to the Speakers of
																						both Houses of Parliament. 
																						From this it follows that the fact that if government post-holders
																						have acted in pursuit of their personal interests rather than the national
																						interest, this is bound to become public knowledge. This sanction is extremely
																						important, because it is obvious that transparency in the performance of
																						official government duties and the publicising of such offences are the best
																						possible way to prevent and combat the pursuit of private interests in the
																						course of performing public duties. 
																						Furthermore, the importance of the political penalty emerges
																						clearly from a reading of the "Explanatory Memorandum" to Recommendation
																						(2000)10 containing the code of conduct for public officials, which emphasises
																						the fact that this particular code does not apply to holders of elective office
																						who, unlike public officials, are accountable to their Parliament and their
																						electorate.
																						In conclusion, we believe that we have exhaustively demonstrated
																						that law 215 is consistent with the European standards laid down in the code of
																						conduct for public officials which, as the "draft opinion"
																						della Venice Commission itself states, also apply mutatis mutandis to
																						government post-holders. 
																						Note 1 Ad
																						eccezione dell’articolo 25 della Carta sociale europea revisionata, relativo al
																						diritto dei lavoratori alla protezione dei loro crediti in caso di insolvenza
																						del datore di lavoro, che riprende la direttiva 80/987 dell’Unione europea. 
																						Note 2 La
																						pubblicazione dei rapporti delle visite effettuate nel 1996 e nel 2000 da parte
																						del CPT è stata autorizzata soltanto nel 2003; d’altra parte, l’Italia non ha
																						presentanto il proprio rapporto periodico dinanzi al Comitato europeo dei
																						diritti sociali, previsto nel giugno 2003. 
																						Note 3 Risoluzione
																						DH(92)26, 15 giugno 1992, relativa al caso Motta c. Italia del 19 febbraio
																						1991. 
																						Note 4 Risoluzione
																						DH (97)336. La Risoluzione interinale Res DH(2000)135 ha perfino instaurato un
																						sistema di rapporti annuali e di programmi d’azione sulle riforme della
																						giustizia civile, penale e amministrativa in Italia. 
																						Note 5 Terzo
																						rapporto annuale sulla durata eccessiva dei procedimenti giudiziari in Italia,
																						CM/Inf/DH(2004)23 rivisto il 24 settembre 2004, § 3.
																						Note 6 Ugualmente
																						disponibili nel suo discorso di inaugurazione dell’anno giudiziario, 11 gennaio
																						2005. 
																						Note 7 4.396.334
																						davanti alle giurisdizioni di prima istanza e 320 241 davanti alle giurisdizioni
																						di seconda istanza. 
																						Note 8 1.991.711
																						casi dinanzi alle Procure, 1.254.003 casi dinanzi alle giurisdizioni di prima
																						istanza e 136.955 casi dinanzi alle giurisdizioni di seconda istanza.
																						Note 9 92.545
																						cause civili e 30.953 cause penali alla fine del 2004.
																						Note 10 Addendum
																						al quarto rapporto annuale sulla durata eccessiva dei procedimenti giudiziari
																						in Italia per il 2004, CM/Inf/DH(2005)33, 5 luglio 2005.
																						Note 11 A
																						titolo di esempio, nel caso Goffi c. Italia, 24 marzo 2005, il
																						ricorrente è stato in procedimento di fallimento dal 1989 al 2002, il che lo ha
																						privato per 13 anni dell’uso di certi dei suoi beni, del rispetto della riservatezza
																						della sua corrispondenza e della possibilità di allontanarsi dal proprio
																						domicilio. 
																						Note 12 Terzo
																						rapporto annuo sull’eccessiva durata dei procedimenti giudiziari in Italia per
																						il 2003, Documento preparato dal Segretariato, CM/Inf/DH(2004)23
																						riveduto il 24 settembre 2004. 
																						Note 13 Legge
																						276 del 22 luglio 1997 relativa alle « Disposizioni per la definizione del
																						contenzioso civile pendente: nomina di giudici onorari di ruolo e istituzione
																						delle sezioni stralcio nei tribunali ». 
																						14 Inaugurazione anno giudiziario 2005, Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2004,
																						Francesco Favara, Procuratore generale presso la Corte suprema di Cassazione,
																						11 gennaio 2005. 
																						Note 15 Sentenze
																						nos 1338, 1339, 1340 e 1341 della Corte di Cassazione, del 27
																						novembre 2003, depositate presso la cancelleria il 26 gennaio 2004. Tali
																						sentenze sono state riprese dalla Corte europea in una decisione sulla
																						ricevibilità, Di Sante c. Italia, 24 giugno 2004.
																						Note 16 Secondo
																						il rapporto « sistema giudiziario europeo 2002 » della Commissione
																						europea per l’efficacia della giustizia (CEPEJ) del Consiglio d’Europa, nel
																						2002, ogni abitante in Italia ha contribuito con 45,98 € al bilancio dei
																						tribunali, il che rappresenta circa lo 0,5 % del bilancio nazionale italiano.
																						Note 17 A
																						titolo di confronto, la Francia contava 7.675 magistrati nel 2004 , ma per un
																						numero di cause ampiamente inferiore. 
																						Note 18 Addendum
																						al quarto rapporto sull’eccessiva durata dei procedimenti giudiziari in Italia, CM/Inf/DH
																						(2005) 31, 5 luglio 2005, p.7. 
																						Note 19 Previsto
																						per i reati la cui pena di reclusione supera i 24 anni
																						Note 20 Ministero
																						della Giustizia, Dipartimento della Giustizia, Direzione generale della
																						giustizia penale, Prescrizioni di reati verificatesi nel corso dei
																						procedimenti penali (art. 157 C.P. e seguenti), anni 1996-2003.
																						Note 21 Disegno
																						di legge n°3247 quale elaborato al 1° luglio 2005.
																						Note 22 Magistratura
																						Democratica, Risoluzione sulla legge c.d. Cirielli, 23 febbraio 2005.
																						Note 23 Per
																						esempio, nel quadro della legge sulla concorrenza, adottata il 15 maggio 2005,
																						sono state incluse delle disposizioni per migliorare certi aspetti della legge
																						sui fallimenti e sulla procedura civile, in particolare l’autorizzazione di
																						utilizzare le telecopie e la posta elettronica nel corso della procedura. 
																						Note 24 Sentenza
																						Dorigo c. Italia, 16 novembre 2000, ricorso n° 46520/99.
																						Note 25 Sentenza
																						Sejdovic c. Italia, 10 novembre 2004, ricorso no 56581/00
																						rinviato dinanzi alla Gran Camera della Corte. 
																						26 Articolo 4 della Convenzione delle Nazioni Unite
																						contro la tortura. 
																						Note 27 Recepimento
																						del decreto-legge del 1° dicembre 2001 relativo all’operazione militare Enduring
																						Freedom. 
																						Note 28 lesione
																						lievissima - lesione lieve, - lesione grave - lesione
																						gravissima. 
																						29 Il termine « delitto » viene
																						utilizzato in Italia per definire le violazioni più gravi della legge, mentre
																						il « reato» è un illecito contrario alle regole di condotta comune. 
																						Note 30 V. Seduta
																						ant. N. 457, del 27 aprile 2004. 
																						Note 31 Ministero
																						della giustizia, bollettino penitenziario n° 9. 
																						Note 32 Per il
																						2004, sono stati registrati 94 decessi in carcere: 52 casi di suicidio, 26 per
																						malattia, 10 per « cause incerte », 4 per overdose, 2 assassini.
																						Note 33 Ibidem.
																						Note 34 Ministero
																						della giustizia, bollettino penitenziario n° 9, statistiche in data 31 dicembre
																						2004. 
																						Note 35 Audizione
																						di Pierluigi Vigna, procuratore nazionale antimafia dinanzi alla Commissione
																						antimafia del Senato, maggio 2004. 
																						Note 36 In
																						particolare allungando il tempo di passeggiata all’aria e la possibilità di
																						fare esercizi fisici. 
																						Note 37 Decisioni
																						della Corte costituzionale sentenze n° 351/96, 349/93, 376/97 o 342/99. 
																						Note 38 Vedi le
																						sentenze Ospina Vargas c. Italia, 14 ottobre 2004, ricorso n° 40750/98 e
																						Madonia c. Italia, 6 luglio 2004, ricorso n° 55927/00. 
																						Note 39 Tali
																						limitazioni possono consistere in una sospensione totale o una limitazione di
																						certi diritti: diritto di telefonare, di ricevere visite di terzi, di
																						partecipare ad attività culturali, di svago e sportive, di lavorare in proprio
																						o per conto terzi, di visite dei familiari (limiti di frequenza, di durata, di
																						numero di visitatori) , di peculio, di pacchi, di acquisti allo spaccio,
																						di passeggiata, una censura delle lettere in arrivo o in partenza.
																						Note 40 Rapporto
																						del CPT/Inf (2000) 2, §72 
																						Note 41 l’incontro
																						viene sistematicamente registrato con telecamera video e le discussioni possono
																						essere registrate su richiesta del giudice di istruzione.
																						Note 42 La
																						legislazione italiana prevede tuttavia la partecipazione alle attività
																						lavorative. 
																						Note 43 Risposta
																						del Governo italiano al rapporto del CPT relativo alla sua visita in Italia dal
																						13 al 25 giugno 2000, CPT/Inf (2003) 17. 
																						Note 44 Disturbi
																						della sociabilità e della comunicazione, ansia, depressione, paranoia. 
																						Note 45 « La
																						Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e
																						interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno
																						può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, se non per
																						disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti
																						dal rispetto della persona umana.». 
																						Note 46 Assistenza
																						alle famiglie, centri diurni, case aperte o strutture semi-residenziali.
																						Note 47 Documento
																						conclusivo (luglio 1997) dell'indagine conoscitiva sulla chiusura degli
																						Ospedali psichiatrici, redatto dalla Commissione Affari
																						sociali della Camera dei Deputati. 
																						48 Progetto Obiettivo Nazionale “Tutela della
																						Salute Mentale” 1994/1996. 
																						Note 49 Ministero
																						della salute, Direzione generale del sistema informativo, Ufficio di direzione
																						statistica, Annuario statistico del servizio sanitario nazionale, Anno 2003.
																						Note 50 Segnatamente
																						le decisioni n° 139/1982 del 27 luglio 1982 e n° 253/2003 del 18 luglio 2003.
																						Note 51 Legge
																						n° 663 del 1986 “Legge Gozzini”. 
																						Note 52 Articolo
																						206 del codice penale. 
																						Note 53 Rapporto
																						della visita del CPT in Italia, dal 22 ottobre al 6 novembre 1995, CPT/Inf (97)
																						12 parte 1, § 179. 
																						Note 54 Dalla
																						regolarizzazione del 2003, i 240.000 Rumeni residenti regolarmente in Italia
																						costituiscono la comunità straniera più numerosa, seguita da quella dei
																						Marocchini. 
																						Note 55 Il
																						Presidente della Repubblica italiana ha, tra l’altro, conferito il 4 maggio
																						2005 la medaglia d’oro al merito civile alla bandiera delle Forze di polizia
																						impegnate nelle operazioni di soccorso in mare. 
																						Note 56 780
																						persone sono state riconosciute come rifugiati e altre 2.352 hanno ottenuto una
																						protezione sussidiaria. Il tasso di riconoscimento di tale protezione è del 36
																						%, di cui l’ 8,96% per asilo. Fonte: UNHCR, briefing notes, “Italy:
																						misleading statistics reported in the Italian media”, 27 maggio 2005.
																						Note 57 Articolo
																						32, 1 – quarter – 4 della legge n°189/2002. 
																						Note 58 Articolo
																						1 ter, comma 6 della Legge Bossi-Fini. 
																						Note 59 Articolo
																						17 del decreto n. 303/2004. 
																						Note 60 Rapporto
																						d’Amnesty International, Italy : temporary stay – permanent rights,
																						giugno 2005, EUR30/004/2005. 
																						Note 61 Per
																						maggiori dettagli, si veda il Rapporto di Medici senza Frontiere – Italia, Rapporto
																						sui centri di permanenza temporanea e di assistenza, gennaio 2004. 
																						Note 62 A Porto
																						Empedocle una tensostruttura sarà presto aperta, ad Agrigento il centro precedentemente
																						chiuso sarà ristrutturato ed il centro di Caltanisetta dovrebbe essere
																						ampliato. 
																						Note 63 Dal
																						mese di maggio 2005. 
																						Note 64 Comunicazione
																						del Ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, davanti al Senato, il 29 giugno
																						2005. 
																						Note 65 Certe
																						ONG mi hanno indicato che nel corso dei colloqui realizzati nel maggio 2005, è
																						stata l’amica egiziana di un funzionario della Prefettura di Agrigento che ha
																						funto da interprete. 
																						Note 66 I
																						principi guida del Consiglio d’Europa sul ritorno forzato contengono la sintesi
																						del diritto applicabile in materia. Il principio 2 relativo all’adozione della
																						decisione di allontanamento indica che la decisione « deve essere presa
																						unicamente se le autorità dello Stato di accoglienza hanno preso in
																						considerazione tutte le informazioni pertinenti di cui dispongono e se sono
																						convinte […] che l’applicazione di tale decisione non esporrà la persona […] a un
																						rischio reale di essere giustiziata o sottoposta alla tortura », Comitato dei
																						Ministri del Consiglio d’Europa, 20 principi guida sul ritorno forzato, 4
																						maggio 2005, CM(2005)40. 
																						Note 67 Si veda
																						il parere del Commissario per il diritti umani su certi aspetti del progetto di
																						legge sugli stranieri del Governo finlandese, CommDH(2003)13.
																						Note 68 20
																						principi guida sul ritorno forzato, Principio 2 : « 3. Quando lo
																						stato verso il quale viene rinviata la persona non è lo stato di provenienza,
																						la decisione di allontanamento dovrebbe essere presa unicamente se le autorità
																						degli stati di accoglienza sono convinte, al di là di ogni ragionevole dubbio,
																						che lo stato verso il quale viene rinviata la persona non procederà alla sua
																						espulsione verso uno stato terzo, dove potrebbe essere esposta a un rischio
																						reale di tortura o di morte, CM(2005)40. 
																						Note 69 Decreto-legge
																						241/2004 approvato dal Parlamento ed assorbito dalla legge 271/2004.
																						Note 70 Articolo
																						14 comma 5 – ter del decreto legislativo n° 286/98, modificato dal decreto
																						legislativo n° 241/04. 
																						Note 71 65.163
																						persone nel 2003 e soprattutto 88.501 nel 2002. 
																						Note 72 Si veda
																						il 4° rapporto annuale del Commissario per i diritti umani,
																						gennaio-dicembre 2003. 
																						Note 73 Decreto-legge
																						n°144 relativo alle norme urgenti per il contrasto del terrorismo
																						internazionale, 27 luglio 2005 convertito in legge n. 155/05 il 31 luglio 2005.
																						Note 74 Rapporto
																						della Relatrice speciale sui lavoratori migranti delle Nazioni Unite, Gabriella
																						Rodriguez Pizzaro, relativo alla sua visita in Italia dal 7 al 18 giugno 2004,
																						E/CN.4/2005/85/Add.3, 15 novembre 2004, p.19. 
																						Note 75 Nel
																						2004, tali paesi erano : Albania, Bangladesh, Egitto, Marocco, Moldavia,
																						Nigeria, Pakistan, Sri Lanka e Tunisia. 
																						Note 76 Malta e
																						Cipro non sono sottoposti a restrizioni della libera circolazione dei
																						lavoratori. 
																						Note 77 Parere
																						2004/8007 del Consiglio di stato sul diritto di voto amministrativo per i
																						cittadini extra comunitari. 
																						Note 78 Circolare
																						del Ministro dell’Interno (2004/4) sul diritto di voto amministrativo per i
																						cittadini extra comunitari. 
																						Note 79 Per le
																						popolazioni di lingua albanese, tedesca, catalana, croata, greca, francese,
																						friulana, provenzale, romancia, occitana, sarda e slovena. 
																						Note 80 Commissione
																						europea contro il razzismo e l’intolleranza, secondo rapporto relativo
																						all’Italia, 23 aprile 2002. 
																						Note 81 Caso
																						n°27/2004, European Roma Rights Centre c. Italia, dichiarato ricevibile
																						il 6 dicembre 2004. 
																						Note 82 Commissione
																						europea contro il razzismo e l’intolleranza, secondo rapporto relativo
																						all’Italia, 23 aprile 2002. 
																						Note 83 Legge
																						n° 112/04 relativa ai principi che disciplinano il sistema di diffusione, la
																						RAI e l’autorità incaricata dal Governo di rafforzare la legislazione sulla
																						tele-diffusione in Italia, adottata il 3 maggio 2004.
																						Note 84 Legge
																						n° 215/04 relativa alla soluzione dei conflitti di interesse, adottata il 13
																						luglio 2004. 
																						Note 85 Parere
																						309/2004 del 13 giugno 2005, CDL-AD(2005)017.
																						86 Collective health care in life and working
																						environment includes (all prevention activities addressed to the population and
																						to individuals): Protection from the effects of pollution and industrial
																						accident risks; Veterinary public health; Food hygiene control; Prophylaxis for
																						transmissible diseases; Vaccinations; Early Diagnosis programs; Forensic
																						Medicine; 
																						87 District health care includes (health and social care services distributed throughout
																						the country): Primary care; Pharmaceutical assistance; Local emergency;
																						Specialist day hospital service; Services for the disabled and prostheses; Home
																						care services for the elderly, chronically ill people; Mental health care
																						services; Semi-residential and residential structures for the elderly,
																						disabled, terminal patients, drugs addicted people, and alcoholics, HIV
																						positive persons; Hydro thermal treatments; 
																						88 Hospital care includes: First aid and emergency
																						response; Ordinary hospitalisation; Day Hospital and day surgery; Long term
																						hospital stays; Rehabilitation hospital; Home-based services provided by
																						hospital staff; Blood and transfusion services; Tissue for grafts and
																						transplants. 
																						Note 89 Activité
																						juridictionnelle de cognition : activité effectuée par le juge pour vérifier un
																						droit controversé dans le cadre d’une procédure qui se termine par une mesure
																						[N.d.T.]. 
																						90 Article 42 of the Constitution; Property
																						may be public or private. Economic goods may belong to the State, to public
																						bodies, or to private persons. 
																						Private ownership is recognised and guaranteed by laws which
																						determine the manner by which it may be acquired and enjoyed, and limitation on
																						it, in order to ensure its social function and make it accessible to all.
																						Private property, in cases provided by law, and subject to payment
																						of compensation, may be expropriated for reasons of public interest.
																						The law shall establish the rules and limits of legitimate and
																						testamentary succession, and the rights of the State over inherited property.” 
																						91 [2] Article 51 of the
																						Constitution. “All citizens of either sex shall be eligible for public office
																						and for elective positions on conditions of equality, according to the rules
																						established by law. The Republic issues specific measures to foster gender
																						equality. The law may recognise Italians who do not belong to the Republic as
																						having equivalent status to citizens for the purposes of their admission to
																						public and elective office. 
																						Any person elected to public office shall be entitled to the time
																						necessary for the performance of those duties and to retain their employment. 
																						92 [3] In a trust, property
																						is temporarily assigned to the trustee, albeit subject to the performance of a
																						number of management obligations and the requirement to return the property
																						(international law speaks of "property segregation"), while
																						guaranteeing that the owner of the property has a neutral relationship to their
																						property. 
																						Note 93 The
																						fine and administrative penalties imposed on media companies are given in Law
																						no. 223 of 1990 (governing the public and private radio and television
																						broadcasting services), law no. 249 of 1997 (instituting the Authority and the
																						telecommunications and radio and television broadcasting systems) and Law no.
																						28 of 2000 (the so-called ‘par condicio’ law). These three laws lay down the
																						main general provisions governing radio and television broadcasting, the
																						overall structure and organisation of the media industry and media policy
																						through the mass media. Each law places a number of different obligations and
																						prohibitions on companies trading in this sector, and penalties for violations
																						against them, giving the Communications Regulatory Authority specific
																						regulatory and oversight powers over the industry and the authority to
																						investigate violations and issue penalties.