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2008 06 26 * Uno dei killer di Renatino morto in Kenya con i suoi segreti * Il Messaggero * Cristiana Mangani

Un altro morto, un altro protagonista di quegli anni neri che non potrà parlare o ricordare. Come Andrea Ghira, come tanti altri criminali fuggiti per evitare il carcere. Il nuovo mistero riguarda Antonio D’Inzillo, terrorista dei Nar, uno dei killer di Enrico De Pedis, e ancora prima il ragazzo di soli 16 anni che è stato armato di un mitra per uccidere Antonio Leandri, studente-lavoratore scambiato per l’avvocato Giorgio Arcangeli, sospettato di aver tradito e consegnato alla polizia Pierluigi Concutelli.

D’Inzillo è morto come è vissuto, misteriosamente. O almeno questo ritengono gli inquirenti che, comunque, non potranno controllare, visto che il suo cadavere è stato cremato nel giro di tre ore, dopo che, nell’aprile scorso, sarebbe avvenuto il decesso in un ospedale di Nairobi.

Era latitante dal ’93 questo ragazzo di buona famiglia e dal curriculum criminale che lo rendeva uno dei maggiori ricercati d’Italia. Gli uomini dell’Interpol e della Criminalpol sembravano averlo rintracciato in Uganda (fino al ’94 è segnalato in Kenya) dove, con l’ennesima identità falsa, pare si fosse messo in attività con il presidente. Aveva 44 anni e di recente si era sposato con una donna italiana, «una persona perbene», spiegano. Qualcuno azzarda anche che fosse cambiato, fosse diventato meno violento e impulsivo. Di certo di cose ne sapeva parecchie, di segreti ne custodiva molti.

Perché si trovasse in un ospedale di Nairobi non è chiaro. La polizia lo avrebbe individuato a Kampala, in Uganda, dove viveva con la moglie. La morte sarebbe arrivata per una cirrosi epatica, conseguenza di una grave epatite. Aveva una fattoria e sembra che lavorasse per il Governo, anche se per molti anni viene segnalato come mercenario e poi come trafficante di oro, armi e legnami pregiati. La Criminalpol ha tenuto d’occhio i suoi familiari per mesi.

E le segnalazioni sono finite in un fascicolo d’inchiesta che è stato assegnato al pm romano Giuseppe De Falco. È stata tentata la via della rogatoria internazionale, ma senza risultato: nessuno ha risposto. Per gli investigatori c’era un’unica possibilità: aspettare che facesse un passo falso, che venisse in Italia per trovare qualcuno. I parenti della moglie dicono che non sapevano assolutamente che si trattasse di un super latitante: «Per noi era un ragazzo d’oro», spiegano. Hanno saputo del suo passato solo quando la polizia è andata a trovarli.

E di passato ne aveva, Antonio D’Inzillo. La sua vita è stata segnata dal coinvolgimento con i Nar sin da giovanissimo. Per il primo omicidio sconta 16 anni e torna libero nell’85. Sono anni in cui si parla poco di lui, fino agli inizi del ’90 quando si fidanza con Patrizia Spallone, figlia del ginecologo Ilio. Due mesi dopo rientra in carcere perché accusato, questa volta, di aver partecipato all’organizzazione di un tentativo di evasione da Rebibbia: esplosivo nascosto in una torta destinata a Concutelli. Il fidanzamento con la Spallone finisce tragicamente, la ragazza “vola” dall’auto in corsa e lui viene accusato di omicidio volontario.

Nel frattempo D’Inzillo diventa sempre più un bandito comune che sembra godere, però, di particolari protezioni. Nel ’90 l’ultimo atto noto della sua carriera di criminale: è lui a guidare la moto che porta Dante Del Santo in via del Pellegrino, dove verrà ucciso “Renatino” De Pedis. Per quell’omicidio Antonio D’Inzillo viene condannato all’ergastolo, ma ormai ha già fatto perdere le sue tracce.

Ora, dall’ospedale di Nairobi e dai parenti della moglie, arriva la notizia che è morto. Gli inquirenti sembrano nutrire molti dubbi sul decesso, anche se la famiglia dice: «Ce l’aveva chiesto lui di essere cremato». Ma che si tratti del terrorista nero o di una qualsiasi altra persona sarà comunque impossibile stabilirlo.