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2009 08 27 * Il Corriere della Sera * Mario Gerevini

Oltre due anni di riserbo, quasi assoluto. Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e Siegfried Maron, accusati da Margherita Agnelli de Pahlen di essere stati i gestori del patrimonio del padre (anche di un presunto «tesoro» occulto), si sono difesi con memorie giudiziarie di cui non è mai trapelato nulla. E la madre, Marella, chiamata in causa, ha risposto nello stesso modo, con atti legali.

Lì dentro, in quelle pagine durissime, talvolta amare e ironiche, c'è l'altra verità sull 'affaire Agnelli, quella che fino­ra non è andata sui giornali. Sono le memorie conclusive di Gabet­ti, Grande Stevens, Maron e Marella Agnelli, consegnate al Tribunale di Torino a fine giugno (della memoria di Mar­gherita si è dato conto ieri). Il Corriere ne è venuto in posses­so. Ecco il contenuto.

Gianluigi Gabetti
Delle quattro memorie è decisamente la più argomentata anche perché il manager, che dal 1972 è al fianco della famiglia Agnelli, è l'obiettivo numero uno di Margherita che lo considera il «grande vecchio» depositario di mille segreti. L'incipit di Gabetti è polemico. «Dopo oltre due anni dall'inizio del procedimento e quasi 200 pagine di scritti di controparte, circa 50 docu­menti prodotti e decine di interviste a giornali di ogni parte del mondo e trasmissioni televisive, con appari­zioni dei suoi legali, cosa si scopre?

Che il famoso 'mandato' al dott. Ga­betti, origine di tante assurde prete­se quanto ingiuste illazioni, non può essere prodotto in giudizio da Margherita de Pahlen, perché - sor­presa - sarebbe 'verbale' (sic!)». Un incarico verbale' (citazione da­gli atti di Margherita) per gestire un patrimonio così complesso e rile­vante? La risposta è implicita. E dun­que quelle di Margherita sono pure deduzioni.

«La verità - sostiene Gabetti - è che l'Avvocato gestiva personalmen­te tutti i beni». E la richiesta di Marghe­rita di ottenere un «rendiconto con or­dinanza » è «inammissibile». Ma «giacché si è arrivati - si leg­ge nella memoria - al redde ratio­nem processuale» Gabetti «intende soffermarsi su ogni singolo fatto de­nunziato » .

Alkyone e la lettera
Per esempio Alkyone, la fondazio­ne di Vaduz (Liechtenstein) che cu­stodiva buona parte del patrimonio dell'Avvocato. Gabetti con Grande Stevens e Maron aveva il ruolo di protector (garante). Una prova, per Margherita, che i beni del padre era­no sotto le loro cure.

Il manager afferma di «aver mai dato alcuna istruzione ... a nessu­no » e che questo Margherita lo sa. Grande Stevens e Maron scrivono nelle rispettive memorie di non aver mai nemmeno sa­puto della loro nomina a protector. E qui spunta una lettera (consegnata da Gabet­ti al giudice) in cui la signora de Pahlen l'8 marzo 2004 dichiara «di non aver pretesa di qualunque natu­ra ... nei confronti degli organi, impie­gati o mandatari della Fondazione Alkyone».

L'Opa su Exor del 1999 è stata «essenziale - scrivono i legali di Margherita in un atto giudiziario - nella co­stituzione della fortuna off-shore di Giovanni Agnelli» e solo Gabetti e Grande Stevens sanno chi sono «gli azionisti sconosciuti» che hanno in­cassato i soldi dell'Opa. Gabetti, che era amministratore delegato di Exor, ha gioco facile: «Se le azioni so­no al portatore i titolari sono ignoti in primis alla società e ai suoi orga­ni » .

Le «mance» a Margherita
C'è poi il lato privato delle dina­miche Gabetti-famiglia Agnelli. La figlia dell'ex presidente Fiat ha soste­nuto che il padre avrebbe affidato al manager anche il compito «di ammi­nistrare la gestione ordinaria della propria famiglia». Replica degli avvocati di Gabetti: «Mai curato le esigenze amministra­tive di Donna Marella Caracciolo».

Quanto alle «necessità ammini­­strative » dei figli, «Gabetti si prestò talora a ragionare con Margherita di quanto questa avesse bisogno e poi ... formulava una richiesta - in via amichevole - a Marella Carac­ciolo e/o al consorte. Quanto poi i genitori versassero alla figlia ... il dott. Gabetti non sa... Ogni appog­gio di Gabetti alle richieste della fi­glia dell'Avvocato è comunque ter­minato nel lontano 1998». Le som­me «accreditate ai figli proveniva­no da disponibilità liquide del Sena­tore Agnelli».

La sintesi finale è in questa frase: «L'essere stato vicino per tanti anni all'avv. Agnelli e la naturale cono­scenza, mai negata, di tanti fatti, per lo più squisitamente professionali e societari, nulla ha a che vedere con un'attività di gestione di beni perso­nali, di cui il dott. Gabetti mai ha avuto mandato né disponibilità».

Marella Agnelli
La madre di Margherita non am­mette dubbi sulla correttezza conta­bile e fiscale del marito, parla di «supposizioni prive di fondamento e di riscontro, irrilevanti ai fini del­la causa». E «deplora con profonda amarezza le illazioni che la figlia ha voluto affacciare nei confronti del genitore». Quanto alle ipotesi sul­l'intestazione fiduciaria della casa di St Moritz, vengono esibiti docu­menti da cui risulta che «gli immo­bili sono stati acquistati personal­mente da Marella Agnelli a partire dal 1977» e che «la decisione di spo­stare la residenza dall'Italia alla Svizzera ... risale al lontano 1970».

Franzo Grande Stevens
I fondi neri Fiat anni '90 sono una delle piste inseguite da Margherita al­la ricerca del presunto patrimonio nascosto. Anche per questo ha deci­so di pagare le spese legali di un ex dirigente Fiat che ha ritrattato le anti­che dichiarazioni, in nome della veri­tà (dice lui), chiamando in causa (ma vi è una richiesta di archiviazio­ne) l'ex capo dell'ufficio legale Fiat.

Da qui parte l'attacco di Grande Ste­vens, difeso anche dal genero An­drea Gandini, figlio proprio dell'ex capo del legale Fiat. «Si apprende - si legge in apertura della memoria- che con devoto affetto filiale l'attri­ce... ha cercato, a sue spese e con sua sollecitazione, di insinuare il sospet­to che alla Fiat vi fossero fondi neri a conoscenza ed uso di suo padre! (Per riceverne una parte?)».

Per il resto an­che Grande Ste­vens sottolinea come non vi sia «alcun documen­to che provi l'esi­stenza di un man­dato di gestio­ne » e ironizza sul fatto che po­tesse essere verbale, «come se si trat­tasse di bagatelle».

Siegfried Maron
Anche lo svizzero va giù duro sulla questione del «mandato verbale» a gestire i beni dell'Avvocato. «È del tutto inverosimile, per non dire surre­ale che un mandato estremamente esteso» come quello ipotizzato da Margherita «abbia potuto essere con­ferito solo verbalmente». Per provare il mandato verbale, da cui poi discen­derebbe l'azione di rendiconto sui be­ni del padre, occorrono molte prove e testimonianze che Margherita si è vista respingere dal giudice. Oggi per lei la strada è molto in salita.