Privacy Policy Cookie Policy Termini e Condizioni

2009 12 15 * Antimafia2000 * Depistaggi, sim riservate e servizi segreti. Arrestato il capo della Security Wind * Monica Centofante

E' agli arresti domiciliari dallo scorso venerdì Salvatore Cirafici, procuratore della Wind Telecomunicazioni, responsabile delle richieste di intercettazioni telefoniche e protagonista di un nuovo caso giudiziario di proporzioni imprevedibili.

Che rischia di allargarsi ad un indefinito numero di uomini delle istituzioni.
Al centro dell'inchiesta - una costola dell'indagine principale sulle centrali energetiche del crotonese - una serie di schede telefoniche “coperte” e distribuite all'interno di uno strettissimo circuito riservato. Utilizzate per sfuggire alle intercettazioni e confondere il lavoro delle procure, nello specifico quella di Crotone che indaga su personaggi di primo livello come l'ex presidente della Regione Calabria Giuseppe Chiaravalloti o l'ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio. 
Nell'ordinanza di custodia cautelare con la quale il gip Gloria Gori, su richiesta del pm Pierpaolo Bruni, ha disposto la misura restrittiva per l'indagato – a tutti gli effetti un pubblico ufficiale con funzioni di ausiliario di P.G. - è descritto un complesso sistema di depistaggi,  emerso grazie ad un'intercettazione telefonica. Nel corso della quale uno degli indagati, il maggiore dei Carabinieri Enrico Maria Grazioli, dichiarava di aver saputo dal Cirafici delle attività intercettive a suo carico. Mentre lo stesso Cirafici era a conoscenza, in tempi record, di accertamenti disposti anche nei suoi stessi confronti.
Il bubbone però era scoppiato quando il pm Bruni, lo scorso 16 settembre, aveva chiesto all'Ufficio anagrafiche della Wind Telecomunicazioni di Roma l'intestatario di un numero con il quale il maggiore Grazioli risultava in contatto. E visto che in un primo momento la Wind aveva definito il numero in questione “disattivo” gli investigatori erano scattati sull'attenti e il gestore aveva fatto dietrofront: il numero esisteva ed era in uso proprio al Procuratore.
Quasi contemporaneamente Enrico Maria Grazioli aveva iniziato a rilasciare dichiarazioni all'autorità giudiziaria, spiegando, in particolare, che “a cagione del suo ruolo” presso la compagnia telefonica, Cirafici aveva “la disponibilità di schede telefoniche Wind 'non intestate' e non riconducibili ad alcuno: erano quindi delle schede 'coperte', pertanto di pressoché impossibile riconducibilità ad un soggetto qualora fosse stata inoltrata specifica richiesta di intestatario da parte dell'Autorità Giudiziaria”. E che tali schede “erano state da lui consegnate e date per l'uso anche a soggetti ricoprenti ruoli Istituzionali di primo piano”.
Era proprio quest'ultimo particolare che il Cirafici temeva potesse emergere dalle indagini del dott. Bruni e per questo, aveva sottolineato ancora Grazioli, la sua grande paura era che il consulente tecnico della procura potesse essere Gioacchino Genchi. Professionista che Grazioli conosceva, poiché in qualità di Pg delegata aveva partecipato alle discutibili perquisizioni effettuate nei suoi confronti, e per il quale il Cirafici nutriva una profonda “acredine”.

Un amico nei servizi segreti
Nell'ordinanza di custodia cautelare del gip Gori emerge un altro interessante particolare, che spiega l'interesse di Cirafici a proteggere l'amico Grazioli dalle indagini della procura di Crotone. Nei piani del Procuratore della Wind, infatti, era maturato l'ambizioso progetto di far attribuire al maggiore un incarico pubblico presso i Servizi segreti con la chiara intenzione di collocare al loro interno un proprio “uomo di fiducia”. A tal fine aveva contatto il generale Paolo Poletti, vicedirettore dell'Aisi (Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna) dal quale aveva avuto segnalazione favorevole. Tanto che il generale “già gli aveva garantito il buon esito del trasferimento al quale il Grazioli non avrebbe potuto accedere in caso di pendenze penali a suo carico”, motivo per cui era necessario evitare “conseguenze pregiudizievoli e quindi una mancata attribuzione al più prestigioso incarico pubblico”.

Quegli incontri con Pittelli e Carchivi
Tra i protagonisti delle indagini condotte dal pm Bruni un posto di primo piano lo occupa sicuramente il commercialista Giuseppe Carchivi (non indagato.), “soggetto capace di intessere, macchinare, architettare, mantenere unito e garantire una fitta rete amicale con personaggi di indubbia levatura sia privatistiche che pubblico istituzionale”. Il Carchivi, secondo gli accertamenti investigativi svolti, era in contatto telefonico con il maggiore Grazioli, che sino a pochi mesi prima aveva ricoperto l'incarico di Comandante del Nucleo Investigativo di Catanzaro e si era perciò occupato delle indagini “Poseidone” e “Why Not”. Quelle stesse intercettazioni avevano dimostrato come il Carchivi avesse messo in contatto Grazioli con l'avv. on. Giancarlo Pittelli (non indagato), all'epoca uno dei principali indagati delle due inchieste catanzaresi, “procurando anche un incontro a Roma tra i due, finalizzato al reperimento di notizie inerenti delle indagini cui lo stesso Grazioli aveva preso parte e che vedevano interessati lo stesso Pittelli, oltre ad altri soggetti quali il Presidente della Regione, Chiaravalloti Giuseppe”.
Interrogato dal pm Bruni Grazioli aveva rivelato: “Ritengo che Pittelli e Carchivi volessero utilizzarmi come strumento per colpire appartenenti alle istituzioni che, secondo un loro distorto giudizio, compivano e compiono attività investigativa nei confronti di soggetti a loro vicini”.
Dopo aver iniziato la propria collaborazione con la magistratura il Grazioli ha subito, da parte di Cirafici “forme di pressione e minaccia larvata”, volte a “rivedere e modificare le dichiarazioni rese innanzi al Pubblico Ministero”. Ma queste, sottolinea il gip, non hanno ottenuto l'effetto desiderato: le dichiarazioni del maggiore, “globalmente considerate”, “risultano pienamente attendibili”. E aprono scenari ancora tutti da esplorare.

http://www.antimafiaduemila.com/content/view/23018/78/