Privacy Policy Cookie Policy Termini e Condizioni

2009 12 16 * Terra * Dopo Telecom esplode il caso Wind. Politici e servizi coinvolti * Pietro Orsatti

LO SCANDALO. Telefoni non rintracciabili, depistaggio, dossieraggio, gestione dubbia di informazioni originariamente richieste dalla magistratura. Secondo il pm, Salvatore Cirafici usava dati riservati per condizionare politica e affari.

Se si pensava che il cosiddetto “caso Tavaroli” fosse un’eccezione, che di dossier, depistaggi e reti di complicità innominabili fra apparati dello Stato (in particolare alcuni soggetti dei carabinieri e dei servizi) e imprenditori e politici fosse limitata all’ufficio “speciale” che si era insediato in Telecom, oggi la cronaca giudiziaria racconta ben altro. In azione non c’era solo il sistema messo in piedi dall’uomo della security di Telecom. La procura di Crotone, in relazione alle indagini condotte dal pm Pierpaolo Bruni che ha ereditato alcuni frammenti delle indagini condotte anni fa da De Magistris (Poseidone e Why Not), ha ordinato gli arresti domiciliari per Salvatore Cirafici, direttore della Asset Corporate Governance di Wind, responsabile, fra l’altro, dell’organizzazione con piena autonomia gestionale, delle richieste di intercettazioni telefoniche, di informazioni e ogni altra prestazione richiesta dall’autorità giudiziaria e dalle forze dell’ordine rivestendo di fatto il ruolo di pubblico ufficiale con funzioni di ausiliario di polizia giudiziaria e di consulente dei pm.

Lo si accusa di aver abusato gravemente dei propri poteri utilizzando per altri scopi da quelli leciti le informazioni di cui, per il suo incarico, era entrato in possesso. Addirittura nascondendo informazioni, informando almeno un indagato che la sua utenza era sotto controllo, creando utenze “coperte”, fuori elenco, non rintracciabili, di cui una a sua disposizione. Ex ufficiale dei carabinieri, commercialista e docente all’Università de L’Aquila, Cirafici sembra essersi posto al centro di un intreccio di interessi e di depistaggi per proteggere uno status quo e vari affari che coinvolgevano in Calabria, e non solo, politici, imprenditori, uomini delle forze dell’ordine e dei servizi. Per arrivare all’attuale ordine di misure cautelari, firmato dal Gip Gloria Gori, si era partiti da tutt’altra inchiesta, quella relativa all’indagine su un presunto giro di tangenti dietro la realizzazione della centrale Turbogas di Scandale e di altri tre impianti, sempre in Calabria.

E che vede indagati, tra gli altri, il sottosegretario Pino Galati, l’ex presidente della Regione Calabria Giuseppe Chiaravalloti e l’imprenditore Aldo Bonaldi. I sospetti scattano quando lo scorso 16 settembre la Wind di Roma risponde in modo anomalo ad una richiesta di verifica su un’utenza. «Lo stato dell’utenza per cui si chiede l’intestatario - si legge nella mail indirizzata agli inquirenti - risulta “disattivo” dal 21/07/2008». Ma quell’utenza è in uso. Patruno ne è certo perché è entrata in contatto con altre utenze controllate. Quindi qualcosa non funziona. Dopo altre verifiche si scopre che l’utenza in questione è riconducibile proprio a Salvatore Cirafici. Intanto nello stesso periodo la procura sta indagando su un ufficiale dei carabinieri. Si tratta del maggiore dell’Arma Enrico Maria Grazioli, uomo di fiducia dello stesso Cirafici e a sua volta indagato dal pm Bruni per rivelazione del segreto istruttorio e favoreggiamento.

«A cagione del suo ruolo presso la Wind», spiega ai pm Grazioli il 7 novembre, Cirafici «la disponibilità di schede telefoniche Wind non intestate e non riconducibili ad alcuno: erano quindi delle schede coperte, pertanto di pressoché impossibile riconducibilità ad un soggetto qualora fosse stata inoltrata specifica richiesta di intestatario da parte dell’autorità giudiziaria». E non si tratterebbe di un caso isolato, visto che questo tipo di sim non rintracciabili gli inquirenti le han no trovate più volte a partire dall’inchiesta Why Not. Grazioli la scorsa estate viene avvisato da Cirafici che è intercettato, e la situazione precipita. Dopo il primo interrogatorio Grazioli sarebbe stato perfino minacciato dall’uomo della Wind. Emerge dall’inchiesta come il fatto che Grazioli fosse indagato per Cirafici fosse una grana non di poco conto. In primo luogo perché questo sarebbe stato a conoscenza delle attività “extra” dell’uomo della Wind, e poi perché proprio Grazioli era stato individuato come suo uomo da inserire nei servizi. In pratica Grazioli viene indagato ma dietro di lui c’è Cirafici.

Si legge nella richiesta di Bruni al Gip: «Il Cirafici rivelando tali fatti coperti da segreto al fine di evitare al Grazioli conseguenze pregiudizievoli e quindi una mancata attribuzione di un più prestigioso incarico pubblico presso i Servizi di sicurezza, che il Cirafici si impegnava procacciare al Grazioli, attraverso segnalazione favorevole al generale Paolo Poletti (vice direttore dell’Aisi, l’Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna), che già gli aveva garantito il buon esito del trasferimento al quale il Grazioli non avrebbe potuto accedere in caso di pendenze penali a suo carico». E poi bisognava distogliere l’attenzione dei pm da quella che a tutti gli effetti era una fonte d’informazione inestimabile, proprio perché Grazioli era uomo che faceva parte della polizia giudiziaria su molti casi. Lo stesso Grazioli ha dichiarato, infatti, di aver ricevuto l’assicurazione da Cirafici che questi si sarebbe mosso verso il generale Poletti e il senatore Pdl Giancarlo Pitelli per avere informazioni sulle inchieste in corso da parte del pm Bruni. A controprova di quante il sistema Cirafici fosse radicato.