CALTANISSETTA - Come vent'anni fa c'è una guerra di spie, come vent'anni fa all'Addaura ci sono i "buoni" e i "cattivi" all'ombra delle stragi di Palermo. Ci sono 007 che collaborano con i procuratori per avvicinarsi alla verità e ci sono altri 007 che depistano, minacciano, che provano a penetrare nel segreto dell'indagine. Due pezzi di Stato come ai tempi di Falcone, come sempre.
In questo pericoloso "gioco" che ha come posta la scoperta di chi decise di mettere bombe in Sicilia nel 1992, le nuove inchieste scavano nel passato e fanno affiorare mese dopo mese dettagli su quella strategia della tensione. L'ultima pista si è aperta dopo la rivelazione di un testimone che ha collegato l'attentato all'Addaura con l'uccisione di Paolo Borsellino, un teste che ha parlato di telecomandi e di esplosivo che provenivano da una stessa "partita", che ha raccontato - è lui che ha capovolto la scena del crimine sugli scogli davanti alla villa di Falcone: venivano da terra quelli che lo volevano morto e venivano dal mare quelli che l'hanno salvato - come quel giorno del giugno del 1989 boss e "presenze estranee" a Cosa Nostra avevano deciso di far saltare in aria il giudice. E' un lungo interrogatorio ancora tutto da riscontrare, uno spunto investigativo che riporta in un unico scenario l'Addaura, Capaci e via D'Amelio. C'erano uomini di mafia e c'erano uomini di Stato in tutti e tre i luoghi.
Sono proprio queste nuove inchieste dei procuratori di Caltanissetta, quelle che tanto "interessano" alcune fazioni dei servizi segreti italiani al centro dell'intrigo. I magistrati tentano di ricostruire la matrice delle stragi indagando nel mondo dell'intelligence. E l'intelligence (la parte investigata, sospettata) spia o cerca di spiare ogni mossa degli inquirenti. C'è una formale denuncia di "intrusione informatica" negli archivi della Dia: qualcuno, un paio di mesi fa, ha provato a introdursi nei file che contengono le indagini sulle stragi di Palermo. Qualcun altro ha spedito lettere ai pm lanciando segnali minacciosi e avvertendoli "che sono a conoscenza di cosa c'è nei verbali".
L'inchiesta sull'uccisione di Falcone e Borsellino (e sul fallito attentato all'Addaura) è nella sua fase più delicata. L'atteggiamento dei servizi italiani è doppio. Da una parte una formale e sostanziale collaborazione alle indagini, dall'altra un boicottaggio sistematico e l'ipotesi di altri depistaggi. Un anno fa i magistrati siciliani avevano avanzato una richiesta all'Aisi - il servizio segreto civile - e all'Aise - il servizio segreto militare - di avere "accesso" a certe carte per identificare i famosi agenti citati più volte da Massimo Ciancimino. Permesso accordato. Quattro pubblici ministeri - il procuratore aggiunto Antonio Ingroia e Antonino Di Matteo di Palermo, e il procuratore capo Sergio Lari e il suo aggiunto Domenico Gozzo di Caltanissetta - sono entrati nel quartiere generale dei servizi e hanno consultato i "cataloghi" con le foto degli 007 in missione in Sicilia fra il 1989 e il 1992. Il figlio di don Vito ha riconosciuto due spie (la numero 5 e la numero 29) come quegli ufficiali che incontravano suo padre per scambiarsi informazioni e favori. Poi, però, quando i magistrati hanno richiesto le carte dei servizi su Vito Ciancimino e sulla strage di Capaci, i procuratori sono stati sommersi da faldoni. Dentro c'erano solo ritagli di giornali. Un piccolo passo avanti nell'inchiesta e poi il solito muro. Qualcuno che vorrebbe scoprire tutto e qualcuno altro che vorrebbe coprire tutto. E se è vero che i servizi segreti di oggi non sono più i servizi segreti di vent'anni fa, è altrettanto vero che alcuni agenti di quel tempo sono ancora operativi.
Come nel caso del famigerato "signor Franco" o "Carlo", l'uomo indicato da Massimo Ciancimino come il più vicino - ("E' stato per trent'anni al fianco di mio padre") - a don Vito e che lo stesso Massimo ha già annunciato di avere riconosciuto in una foto su una rivista. Nel suo infinito tira e molla, il figlio dell'ex sindaco forse svelerà domani, o al massimo martedì, l'identità dell'agente. Molte sono già le indiscrezioni. Raccontano che sia un "pezzo grosso", fotografato recentemente e casualmente accanto a un uomo di governo di cui circola anche il nome. L'indagine sulle stragi è appesa al riconoscimento di questo personaggio. E, soprattutto, all'esito della guerra fra spie che è in corso. Praticamente riusciremo a sapere chi ha ucciso Falcone e Borsellino solo se i nostri servizi segreti ce lo faranno sapere.
L'inchiesta giudiziaria procede con i suoi ritmi. Prove di dna, interrogatori, la rilettura di decine di migliaia di pagine delle vecchie indagini. La più grande investigazione mai fatta in Sicilia è affidata - sarà un caso? - a un solo funzionario della Dia e alla sua squadretta. Come rinforzo, qualche giorno fa, gli hanno affiancato "temporaneamente" due marescialli dei carabinieri e altri due marescialli della finanza.