del 18.05.2010 R.G.C.A. 2511/09 R.G. Trib 1246/05 + 5045/05 + 1079/08 Rgnr 14525/01 Annotazioni Avviso – art. 151 C.P.P. il
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI
GENOVA
Terza Sezione Penale
Composta dagli Ill.mi Signori:
Dott. Salvatore Sinagra
Presidente
Dott. Francesco Mazza Galanti
Consigliere
Dott. Giuseppe Diomeda
Consigliere rel
ha pronunziato
la seguente
S E N T E N Z A
Nel procedimento penale
contro
1)
Luperi Giovanni, nato alla
Spezia il 03/01/1950, difeso dall’avv. Carlo Di Bugno del Foro di Lucca e
dall’avv. prof. Enrico Marzaduri del foro di Lucca,
elettivamente domiciliato presso l’avv. Carlo Di
Bugno, studio in via S. Croce 64 Lucca
LIBERO CONTUMACE
2)
Gratteri Francesco, nato a
Taurianova il 25/02/1954, difeso dagli avv. Nico D’Ascola del Foro di Reggio
Calabria e dall’avv. Marco Valerio Corini del foro della Spezia,
elettivamente domiciliato presso l’avv. Marco
Valerio Corini, studio in viale S. Bartolomeo 169 La Spezia
LIBERO CONTUMACE
3)
Caldarozzi Gilberto, nato a
Roma il 20/03/1957 ed ivi residente in via G. Valmarana 63, difeso dall’avv.
Marco Valerio Corini del foro di La Spezia e dall’avv. Gilberto Lozzi del foro
di Torino,
elettivamente domiciliato presso
l’avv. Marco Valerio Corini, studio in viale S. Bartolomeo 169 La Spezia
LIBERO CONTUMACE
4)
Ferri Filippo nato a
Firenze l’11/01/1968, residente in Pontremoli (MS), via Ricci Armani 7, difeso
dall’avv. Marco Valerio Corini del foro della Spezia e dall’avv. Gilberto Lozzi
del foro di Torino,
elettivamente
domiciliato presso l’avv. Marco Valerio Corini, studio in viale S. Bartolomeo
169 La Spezia
LIBERO CONTUMACE
5)
Ciccimarra Fabio, nato a
Napoli il 14/12/1970, difeso dell’avv. Marco Valerio Corini del foro della
Spezia e dall’avv. Carlo Di Bugno del Foro di Lucca
domicilio dichiarato in Napoli, via Nicolari 52
LIBERO CONTUMACE
6)
Dominici Nando, n. a
Napoli il 07/03/1951, residente in Brescia, viale Europa 78, difeso dell’avv.
Romano Raimondo del Foro di Genova e dall’avv. Maurizio Mascia del Foro di
Chiavari, elettivamente domiciliato presso l’avv. Romano Raimondo, in salita S.
Caterina 1/5 Genova
LIBERO CONTUMACE
7)
Mortola Spartaco, nato a
Parma il 23/04/1959, difeso dall’avv. Alessandro Gazzolo del foro di Genova e
dall’avv. Piergiovanni Junca del Foro di Genova; elettivamente domiciliato
presso l’avv. Piergiovanni Junca, in via XII Ottobre 2/131 sc. B Genova
LIBERO PRESENTE
8) Di Sarro Carlo, nato a Campobasso il 24/07/64, difeso dall’avv. Giuseppe Michele
Giacomini del Foro di Genova e dall’avv. Piergiovanni Junca del Foro di Genova,
elettivamente domiciliato presso l’avv. G.M.
Giacomini, in viale Padre Santo 5/11 Genova
LIBERO PRESENTE
9) Mazzoni Massimo, nato a Roma il 28/11/1964, res. Roma Via Chiabrera 57, difeso dall’avv.
Sergio Usai del foro di Roma, presso il quale è elettivamente domiciliato in Largo
della Gancia 5 Roma
LIBERO CONTUMACE
10) Cerchi Renzo, nato a La Spezia il 9/2/1961, res. Beverino (SP) Via Lorenzo Costa 28,
difeso dall’avv. Marco Valerio Corini del foro di La Spezia,
elettivamente domiciliato presso l’avv. Marco
Valerio Corini, in viale S. Bartolomeo 169 La Spezia
LIBERO CONTUMACE
11) Di Novi Davide, nato a Genova il 17/8/1961, res. a La Spezia Via Bragarina 82, difeso
dall’avv. Marco Valerio Corini del foro di La Spezia e dall’avv. Giovanna
Daniele del Foro di La Spezia
elettivamente domiciliato presso l’avv. Marco
Valerio Corini, in viale S. Bartolomeo 169 La Spezia
LIBERO CONTUMACE
12) Canterini Vincenzo, nato a
Roma il 20/02/1947, difeso dall’avv. Silvio Romanelli del Foro di Chiavari e
dall’avv. Rinaldo Romanelli del Foro di Genova,
elettivamente domiciliato presso l’avv. Silvio
Romanelli, in Genova, via Galata 36/9
successivamente alla lettura della sentenza in data
21/07/2010 ha confermato la nomina
dell’Avv. Silvio Romanelli ed ha eletto nuovo domicilio presso la
residenza in Pisa, Via San Francesco 3
LIBERO CONTUMACE
13) Fournier Michelangelo nato a Roma il 29/7/1963 difeso dall’avv. Silvio Romanelli del foro di
Chiavari e dall’avv. Rinaldo Romanelli del Foro di Genova
domicilio dichiarato in Roma, via Alfredo Casella 11
successivamente alla lettura della sentenza in data
21/07/2010 ha confermato la nomina
dell’Avv. Silvio Romanelli ed ha eletto nuovo domicilio c/o Mario
Fournier in Roma, Via Nerola 16
LIBERO PRESENTE
14) Basili Fabrizio nato a Roma il 9/3/1966, res. in Roma Via Ardea 27, difeso dall’avv. Silvio
Romanelli del foro di Chiavari e dall’avv. Rinaldo Romanelli del Foro di Genova
elettivamente domiciliato presso il primo in Genova, via Galata 36/9
successivamente alla lettura della sentenza in data
21/07/2010 ha confermato la nomina
dell’Avv. Silvio Romanelli ed ha nominato, in sostituzione dell’Avv. Rinaldo Romanelli, nuovo
difensore l’Avv. Domenico Battista del foro di Roma, eleggendo nuovo domicilio
in Nettuno (Roma), Via della Liberazione 163
LIBERO CONTUMACE
15) Tucci Ciro, nato a Napoli il 28/9/1954, res. in Roma Via Portuense 1680/4 A c/o 1°
Reparto Mobile di Roma, Polizia di Stato, difeso dall’avv. Silvio Romanelli del
foro di Chiavari e dall’avv. Rinaldo Romanelli del Foro di Genova elettivamente
domiciliato presso il primo in Genova, via Galata 36/9
successivamente alla lettura della sentenza in data
21/07/2010 ha confermato la nomina
dell’Avv. Silvio Romanelli ed ha nominato, in sostituzione dell’Avv. Rinaldo Romanelli, nuovo
difensore l’Avv. Domenico Battista del foro di Roma, eleggendo nuovo domicilio
in Roma, Via del Risaro 191
LIBERO CONTUMACE
16) Lucaroni Carlo nato a
Ronciglione (VT) il 19/11/1954, res. in Roma Via Portuense 680/4 A c/o 1°
Reparto Mobile di Roma, Polizia di Stato, difeso dall’avv. Silvio Romanelli del
foro di Chiavari e dall’avv. Rinaldo Romanelli del Foro di Genova elettivamente
domiciliato presso il primo in Genova, via Galata 36/9
successivamente alla lettura della sentenza in data
21/07/2010 ha confermato la nomina
dell’Avv. Silvio Romanelli ed ha nominato, in sostituzione dell’Avv. Rinaldo Romanelli, nuovo
difensore l’Avv. Gaetano Pecorella del foro di Milano, eleggendo nuovo
domicilio in Capranica (VT), Via degli Anguillara 16
LIBERO PRESENTE
17) Zaccaria Emiliano, nato a Terracina (LT) il 3/9/1974, res. a Priverno (LT) Via Marittima II
nr. 153, difeso dall’avv. Piero
Porciani del Foro di Milano e dall’Avv. Costantino Cardiello del foro di
Salerno, presso il primo elettivamente domiciliato in viale Majno 34 Milano
LIBERO PRESENTE
18) Cenni Angelo, nato a Roma il
18/5/1959, res. in Roma Viale Leonardo Da Vinci 280, difeso dall’avv. Piero
Porciani del foro di Milano e dall’Avv. Franco Cardiello del foro di Salerno, presso
il primo elettivamente domiciliato in viale Majno 34 Milano
LIBERO PRESENTE
19) Ledoti Fabrizio, nato a
Tivoli (Roma) il 15/6/1973, res. in Cineto Romano (Roma) Via Adua 40,
difeso dall’avv. Piero Porciani del Foro di Milano e dall’Avv. Costantino Cardiello
del foro di Salerno, presso il primo elettivamente domiciliato in viale Majno
34 Milano
LIBERO PRESENTE
20) Stranieri Pietro, n. a York (Canada) il 13/7/1972, res. a Roma Via Calmiera 127, difeso
dall’avv. Piero Porciani del foro di Milano e dall’Avv. Franco Cardiello del
foro di Salerno, presso il primo elettivamente domiciliato in viale Majno 34
Milano
LIBERO CONTUMACE
21) Compagnone Vincenzo, nato a Ceccano (FR) il 12/1/1958, res. in Roma Via Portuense 1680/4 A
c/o 1 Reparto Mobile di Roma, Polizia di Stato, difeso dall’avv. Silvio
Romanelli del foro di Chiavari e dall’Avv. Rinaldo Romanelli del foro di Genova,
elettivamente domiciliato presso il primo in Genova, via Galata 36/9
successivamente alla lettura della sentenza in data
21/07/2010 ha confermato la nomina
dell’Avv. Silvio Romanelli ed ha nominato, in sostituzione dell’Avv. Rinaldo Romanelli, nuovo
difensore l’Avv. Gaetano Pecorella del foro di Milano, eleggendo nuovo
domicilio in Roma, c/o I° Reparto Mobile di Roma, Via Portunese 1680/4
LIBERO CONTUMACE
22) Nucera
Massimo, nato a Roma 11/02/73, difeso dall’avv.
Silvio Romanelli del foro di Chiavari, presso il quale è elettivamente
domiciliato in Genova, via Galata 36/9
successivamente alla lettura della sentenza in data
21/07/2010 ha confermato la nomina
dell’Avv. Silvio Romanelli ed ha nominato, in sostituzione dell’Avv. Rinaldo Romanelli, nuovo
difensore l’Avv. Piero Longo del foro di Padova, eleggendo nuovo domicilio in
Roma, Via Virginia Agnelli 58
LIBERO CONTUMACE
23) Panzieri Maurizio, nato a Vicenza il 16/06/54, difeso dall’avv. Silvio Romanelli del foro
di Chiavari, domicilio dichiarato
presso la residenza in Caserta Via Barducci 8; successivamente alla
lettura della sentenza in data 21/07/2010 ha confermato la nomina dell’Avv. Silvio Romanelli ed ha
nominato nuovo difensore l’Avv. Piero Longo del foro di Padova, eleggendo nuovo
domicilio in Caserta, Via Barducci – Parco Primavera 8
LIBERO CONTUMACE
24) Troiani Pietro, nato a Roma il 15/12/65, difeso dall’avv. Alfredo Biondi del foro di
Genova e dall’avv. Giorgio Zunino del Foro di Genova, elettivamente domiciliato
presso il primo, in via Assarotti 7/6
Genova
LIBERO CONTUMACE
25) Burgio Michele, nato ad Alassio (SV) il 10/3/1968, ivi res. in Via Virgilio 45/2, difeso
dall’avv. Alessandro Cibien del foro di Savona, domicilio dichiarato in Via
Virgilio 45/2 Alassio (SV); domiciliato presso il difensore ex art. 161, 4°
comma c.p.p.
LIBERO CONTUMACE
26) Gava Salvatore, n. a
Roma il 21/7/1970, difeso dall’avv. Marco Valerio Corini del Foro di La
Spezia e dall’avv. Enrico
Marzaduri del foro di Lucca, elettivamente domiciliato presso il primo in viale
S. Bartolomeo 169 La Spezia
LIBERO CONTUMACE
27) Fazio Luigi, nato a Savelli
(CE) il 25/2/1952, difeso dall’avv. Gianfranco Pagano del foro di Genova e
dall’avv. Giovanni Destito del foro di Roma, domicilio eletto in Roma, via
Vincenzo Diamare 1
LIBERO CONTUMACE
28) Di Bernardini Massimiliano, nato a Roma il 31/01/1966, difeso dall’avv. Massimo Lauro del Foro di
Roma e dall’avv. Massimo Biffa del foro di Roma, elettivamente domiciliato
presso il primo, in Via Ludovisi 35 Roma
LIBERO CONTUMACE
IMPUTATI
1) GRATTERI
Francesco
2) LUPERI
Giovanni
A) del delitto di cui agli artt. 110, 61 n. 2, 479
c.p. perché, partecipando, con funzioni di controllo e comunque, per la qualità
rivestita, di responsabilità di comando, all’organizzazione e alla conseguente
esecuzione di una perquisizione ad iniziativa autonoma ex art. 41 R.D. 18
giugno 1931 n. 773 (TULPSS) dell’edificio scolastico A.Diaz-Pertini, sito in
Genova, Via Battisti, con l’impiego di oltre duecento operatori, tutti
appartenenti a vari Reparti ed Uffici della Polizia di Stato, operazione che si
concludeva con l’arresto in flagranza di tutte le persone trovate al momento
all’interno del medesimo edificio o ritenute comunque occupanti lo stesso, al
fine di costruire un compendio probatorio a carico di tutti i predetti
arrestati e, quindi, per commettere i reati di cui al capo d’accusa sub b) ed
e), nonché per giustificare la violenza usata nei confronti dei medesimi
arrestati in occasione dell’irruzione all’interno dell’istituto e la causazione
di lesioni (molte delle quali gravi) alla quasi totalità di costoro e,
pertanto, per assicurare l’impunità dei reati commessi ai pubblici ufficiali
che avevano posto in essere tali condotte, in concorso tra loro e con il
Prefetto La Barbera Arnaldo, direttore dell’Ucigos, nonché con gli Ufficiali ed
Agenti di P.G., materiali redattori e/o sottoscrittori degli atti trasmessi
all’A.G. in relazione all’arresto di Albrecht Thomas ed altre novantadue
persone che venivano denunciate per i delitti di associazione per delinquere
finalizzata alla devastazione ed al saccheggio, resistenza aggravata a pubblico
ufficiale, possesso di congegni esplosivi ed armi improprie (relazioni di
servizio, verbali d’arresto, perquisizione e sequestro, comunicazione notizia
di reato), attestavano fatti e circostanze non corrispondenti al vero.
(Nella
fattispecie, costituendo per posizione gerarchica assunta il livello apicale di
riferimento per i diversi reparti ed uffici della Polizia di Stato,
concretamente presenti ed impiegati nell’operazione predetta ed esercitando, di
fatto, i poteri connessi a tale funzione gerarchica superiore:
-
di dirigente superiore e vice direttore dell’Ucigos Luperi, da
considerarsi riferimento per gli operatori appartenenti alle Digos,
-
di dirigente superiore e
direttore del S.C.O Gratteri, da considerarsi riferimento per quanti
appartenevano alle Squadre Mobili ed al Reparto Prevenzione e Crimine;
essendo
presenti sui luoghi mentre si svolgevano le operazioni di irruzione all’interno
dell’edificio scolastico oggetto della programmata perquisizione, durante le
successive operazioni di raccolta degli oggetti e materiali che venivano
appresi per essere sottoposti a sequestro, nonché durante la collocazione, sempre
all’interno del medesimo istituto, del reperto costituito da due bottiglie
incendiarie c.d. Molotov, avendo quindi constatato:
-
l’effettiva impossibilità di attribuire a tutte ed a ciascuna delle
persone occupanti l’edificio i singoli reperti posti in sequestro durante
l’operazione, anche per le modalità stesse con le quali la perquisizione era
stata condotta;
-
l’impossibilità di attribuire agli occupanti dell’edificio il possesso
delle due bottiglie Molotov, provenienti da luogo diverso da quello ove ne
verrà attestato il rinvenimento, consegnate in loro presenza mentre si
trovavano unitamente ad altri funzionari nel cortile antistante l’edificio;
-
infine la palese mancanza dei presupposti per operare un arresto in
flagranza di tutti gli occupanti dell’istituto, non essendo, fra l’altro,
soggettivamente riferibili i reati ipotizzati di resistenza aggravata, lesioni
a pubblico ufficiale, tentato omicidio ed associazione per delinquere
finalizzata alla devastazione ed al saccheggio;
consapevoli
pertanto di quanto nella realtà accaduto, determinavano e inducevano gli Agenti
ed Ufficiali di PG presenti, alcuni dei quali loro diretti sottoposti,
materiali redattori e sottoscrittori degli atti sopra indicati, ad attestare
falsamente, e comunque ne rafforzavano e agevolavano il proposito, non
opponendosi, avendone l’obbligo ed il potere, a che attestassero falsamente:
di aver incontrato violenta resistenza da parte degli occupanti
consistita in un fittissimo lancio di pietre ed oggetti contundenti dalle finestre
dell’istituto per impedire l’ingresso delle forze di polizia;
di aver
incontrato resistenza opposta anche all’interno dell’istituto da parte degli
occupanti che ingaggiavano violente colluttazioni con gli agenti di polizia,
armati di coltelli ed armi improprie;
che quanto
rinvenuto all’interno dell’istituto e costituito da mazze, bastoni, picconi,
assi, spranghe ed arnesi da cantiere era stato utilizzato come arma impropria
dagli stessi occupanti, anche per commettere gli atti di resistenza sopra descritti
e comunque indicato nella disponibilità e possesso degli arrestati;
di aver
rinvenuto due bottiglie incendiarie con innesco al piano terra dell’istituto
perquisito, vicino all’ingresso, in luogo visibile ed accessibile a tutti, così
attribuendone la disponibilità ed il possesso indistintamente a tutti gli
occupanti l’edificio;
In Genova
nella notte del 21 e 22 luglio 2001
(così
rettificato all’udienza del 23.09.04)
B) del delitto di cui agli artt.110, 368, comma I e II, 61 n. 2, 81 cpv c.p.
perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, al fine di
commettere il reato di cui sub e) nonché per assicurare l’impunità del delitto
di cui sub h), nelle medesime qualità di cui al precedente capo ed in concorso
con i soggetti ivi menzionati, nonché con le persone di cui al capo o), facendo
emergere, con le condotte ivi descritte, gli elementi di responsabilità
evidenziati nella comunicazione di notizia di reato a carico di Albrecht Thomas
ed altri novantadue indagati in stato di arresto, diretta alla A.G in data
22.7.2001, incolpavano, sapendolo innocente, ciascuno dei predetti indagati per
i delitti loro ascritti (i.e.
associazione a delinquere finalizzata alla devastazione ed al saccheggio, resistenza
aggravata a pubblico ufficiale, possesso di congegni esplosivi ed armi
improprie), simulando tracce od
elementi materiali di prova a carico delle stesse persone incolpate, procedendo al sequestro come corpi di
reato di numerosi oggetti (fra cui 16 coltellini multiuso ed a serramanico,
attrezzi provenienti in larga parte dal cantiere esistente presso l’istituto,
barre metalliche costituenti supporti di zaini estratte nell’occasione)
strumentalmente descritti e qualificati come armi improprie utilizzate dagli
indagati o nella loro disponibilità,oltre che di due bottiglie Molotov,
provenienti da luogo esterno all’istituto e comunque diverso da quello ove ne
verrà attestato il rinvenimento nei verbali di perquisizione e di arresto, non
riconducibili pertanto ai predetti indagati singolarmente o collettivamente
considerati,nonché di vari capi di abbigliamento di colore nero o scuro,nella
consapevolezza della impossibilità, anche dolosamente preordinata, di poterne
parimenti attribuire ad alcun soggetto il possesso ovvero, determinando,inducendo e comunque
consentendo le false attestazioni
indicate nel capo di accusa che precede, circa gli atti di resistenza armata e di massa o condotte di
resistenza attiva e violenta, tali
da giustificare l’uso della forza da parte degli operatori di Polizia che
avevano proceduto alla irruzione nell’edificio e il conseguente elevatissimo
numero di feriti presenti tra gli arrestati;
in Genova
22.7.2001
3)
CALDAROZZI Gilberto
4) MORTOLA
Spartaco
5) DOMINICI
Nando
6) FERRI
Filippo
7)
CICCIMARRA Fabio
8) DI SARRO
Carlo
9) MAZZONI
Massimo
10) DI NOVI
Davide
11) CERCHI
Renzo :
C) Del delitto di cui agli artt. 110, 61 n. 2, 479
c.p. perchè, partecipando all’organizzazione (Caldarozzi, Ferri, Mortola,
Dominici, Ciccimarra e Di Bernardini) e alla conseguente esecuzione di una
perquisizione ad iniziativa autonoma ex art. 41 R.D. 18 giugno 1931 n. 773
(TULPSS) all’edificio scolastico A.Diaz-Pertini, sito in Genova Via Battisti,
con l’impiego di oltre duecento operatori, tutti appartenenti a vari Reparti ed
Uffici della Polizia di Stato, operazione che si concludeva con l’arresto in
flagranza di tutte le persone trovate al momento all’interno del medesimo
edificio o ritenute comunque occupanti lo stesso, al fine di costruire un
compendio probatorio a carico di tutti i predetti arrestati e, quindi, per
commettere i reati di cui ai capo d’accusa sub d) ed e), nonché per
giustificare la violenza usata nei confronti dei medesimi arrestati in
occasione della irruzione
all’interno dell’istituto e la causazione di lesioni (molte delle quali
gravi) a ottantasette di costoro e, pertanto, per assicurare l’impunità dei
reati commessi ai pubblici ufficiali che avevano posto in essere tali condotte,
in concorso tra loro, ciascuno come sottoscrittore dei verbali di arresto e/o
perquisizione (Mortola e Dominici anche della comunicazione notizia di reato) e
con altro ignoto operatore sottoscrittore del verbale di arresto, nonché con
gli altri funzionari dirigenti della Polizia di Stato indicati al capo a) e con
la persona di cui al capo f), negli atti trasmessi alla A.G. il 22.7.2001, in
relazione all’arresto di Albrecht Thomas ed altre novantadue persone che
venivano denunciate per i delitti di associazione per delinquere finalizzata
alla devastazione ed al saccheggio, resistenza aggravata a pubblico ufficiale,
possesso di congegni esplosivi ed armi improprie (verbali di arresto,
perquisizione e sequestro, comunicazione notizia di reato), attestavano fatti e
circostanze non corrispondenti al vero.
(Nella
fattispecie, nelle rispettive qualità e ruoli operativi :
Caldarozzi di
primo dirigente, vice direttore del Servizio Centrale Operativo
Mortola di
primo dirigente, dirigente della Digos della Questura di Genova,
Dominici di
primo dirigente, dirigente della Squadra Mobile della Questura di Genova,
Ferri di vice
questore aggiunto, dirigente della Squadra Mobile della Questura di La Spezia,
aggregato alla Questura di Genova,
Ciccimarra, di
vice questore aggiunto, in servizio presso la Squadra Mobile di
Napoli,aggregato alla Questura di Genova,
Di Bernardini, di vice questore aggiunto
in servizio presso la Squadra Mobile di Roma, aggregato alla Questura di
Genova;
Di Sarro, di
vice Questore aggiunto in servizio
presso la Digos della Questura di Genova
Mazzoni, di
ispettore capo in servizio presso il Servizio Centrale Operativo;
Di Novi, di ispettore superiore della
Polizia di Stato in servizio presso la Squadra Mobile della Questura di La
Spezia, aggregato alla Questura di Genova
Cerchi, di
sovrintendente della Polizia di Stato in servizio presso la Squadra Mobile
della Questura di La Spezia, aggregato alla Questura di Genova essendo presenti
sui luoghi mentre si svolgevano le operazioni di irruzione all’interno
dell’edificio scolastico oggetto della programmata perquisizione, durante le
successive operazioni di raccolta degli oggetti e materiali che venivano
appresi per essere sottoposti a sequestro,nonché durante la collocazione,
sempre all’interno del medesimo istituto, del reperto costituito da due
bottiglie incendiarie c.d. Molotov, avendo quindi constatato:
-
l’effettiva impossibilità di attribuire a tutte ed a ciascuna delle
persone occupanti l’edificio i singoli reperti posti in sequestro durante
l’operazione, anche per le modalità stesse con le quali la perquisizione era stata condotta;
-
l’impossibilità di attribuire agli occupanti dell’edificio il possesso
delle due bottiglie Molotov, provenienti da luogo diverso da quello ove ne
verrà attestato il rinvenimento nei verbali di perquisizione e di arresto;
-
infine la palese mancanza dei presupposti per operare un arresto in
flagranza di tutti gli occupanti dell’istituto, non essendo, fra l’altro,
soggettivamente riferibili i reati ipotizzati di resistenza aggravata, lesioni
a pubblico ufficiale, associazione a delinquere finalizzata alla devastazione
ed al saccheggio;
attestavano
falsamente (Ciccimarra, Ferri e Di Bernardini, anche come materiali estensori
del verbale di arresto, Mazzoni del verbale di perquisizione e sequestro
):
-
di aver incontrato violenta resistenza da parte degli occupanti
consistita in un fittissimo lancio di pietre e oggetti contundenti dalle
finestre dell’istituto per impedire l’ingresso delle forze di polizia;
-
di aver incontrato resistenza opposta anche all’interno dell’istituto da
parte degli occupanti che ingaggiavano violente colluttazioni con gli agenti di
polizia, armati di coltelli ed armi improprie;
-
che quanto rinvenuto all’interno dell’istituto e costituito da mazze,
bastoni, picconi, assi, spranghe ed arnesi da cantiere era stato utilizzato
come arma impropria dagli stessi
occupanti, anche per commettere gli atti di resistenza sopra descritti e
comunque indicato nella disponibilità e possesso degli arrestati;
-
di aver rinvenuto due bottiglie incendiarie con innesco al piano terra
dell’istituto perquisito, vicino all’ingresso, in luogo visibile ed accessibile
a tutti, così attribuendone la disponibilità ed il possesso indistintamente a
tutti gli occupanti l’edificio;
e comunque,
benché consapevoli della non corrispondenza dei fatti descritti nei verbali di
arresto e di perquisizione e sequestro e nelle informative di reato a quanto
nella realtà accaduto,non si opponevano in tutto o in parte alla falsa
rappresentazione in tali atti contenuta;
infine i
sottoscrittori del verbale di perquisizione falsamente attestavano la
circostanza che durante tale operazione “gli occupanti erano stati resi edotti
della facoltà di farsi assistere da altre persone di fiducia”.
In Genova
22.7.2001
D) delitto p. e p. dagli artt.110, 368, comma I e II, 61 n.2 c.p., 81 cpv
c.p. perchè, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, al fine
di commettere il delitto di cui sub e) nonché per assicurare l’impunità del
delitto di cui sub h), in concorso con i soggetti menzionati al capo b), nella
medesima qualità di cui al precedente capo, facendo emergere, anche con la
condotta ivi descritta, gli elementi di responsabilità evidenziati nella
comunicazione di notizia di reato a carico di Albrecht Thomas ed altri 92
indagati in stato di arresto, diretta alla A.G in data 22.7.2001, incolpavano,
sapendolo innocente, ciascuno dei predetti indagati per i delitti loro
rispettivamente ascritti (i.e. associazione a delinquere finalizzata alla
devastazione ed al saccheggio, resistenza aggravata a pubblico ufficiale,
possesso di congegni esplosivi ed armi improprie), simulando tracce od elementi
materiali di prova a carico delle stesse persone incolpate, procedendo al
sequestro come corpi di reato di numerosi oggetti strumentalmente descritti e
qualificati come armi improprie utilizzate dagli indagati o nella loro
disponibilità (fra cui coltellini multiuso ed a serramanico, attrezzi
provenienti in larga parte dal cantiere esistente presso l’istituto, barre
metalliche costituenti supporti di zaini estratte nell’occasione), nonché di due
bottiglie molotov, provenienti da luogo esterno all’istituto e comunque diverso
da quello ove ne verrà attestato il rinvenimento nei verbali di perquisizione e
di arresto, non riconducibili pertanto ai predetti indagati singolarmente o
collettivamente considerati,ovvero ancora sequestrando capi di abbigliamento di
colore nero o scuro, nella consapevolezza della impossibilità, anche
dolosamente preordinata, di poterne parimenti attribuire ad alcuno un possesso,
infine attraverso le false attestazioni indicate nel capo di accusa che
precede, circa gli atti di
resistenza armata e di massa o condotte di resistenza attiva e violenta, tali da giustificare l’uso della forza
da parte degli operatori di Polizia, che avevano proceduto alla irruzione
nell’edificio e il conseguente elevatissimo numero di feriti presenti tra gli
arrestati;
in Genova 22.7.2001
Luperi
Gratteri
Caldarozzi
Ciccimarrra
Ferri
Mazzoni
Cerchi
Di Novi
Di Sarro
Mortola
Dominici
E) Delitto p. e p. dagli artt. 110, 323 c.p., perché,
nelle rispettive qualità e ruoli descritti ai precedenti capi di accusa e nello
svolgimento delle loro funzioni, all’esito della operazione di polizia,
richiamata nei medesimi capi, nel
corso della quale veniva eseguita una perquisizione ad iniziativa autonoma ex art.
41 R.D. 18 giugno 1931 n. 773 (TULPSS) all’edificio scolastico A.Diaz-Pertini,
sito in Genova, Via Battisti, in dolosa violazione di norme di legge (artt. 13
e 27 Cost., 380, 381, 382, 389 c.p.p.), in concorso tra loro, pervenivano alla
decisione e, conseguentemente, eseguivano l’indiscriminato arresto in flagranza
di tutte le persone trovate al momento all’interno del medesimo edificio o
ritenute comunque occupanti lo stesso,
per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla devastazione
ed al saccheggio, resistenza aggravata a pubblico ufficiale, possesso di
congegni esplosivi ed armi improprie, in macroscopica assenza di elementi che giustificassero l’adozione
di tale misura nei confronti di ciascuna delle predette persone, pur indicando
titoli di reato che astrattamente avrebbero consentito l’arresto ad iniziativa
della P.G., così intenzionalmente cagionando alle stesse un danno ingiusto
consistito nella privazione della libertà personale. (Nella fattispecie, anche
avvalendosi delle condotte descritte nei precedenti capi di accusa, veniva
eseguito l’arresto di Albrecht Thomas ed altre novantadue persone, tutte senza
distinzione denunciate come responsabili dei delitti loro ascritti in concorso
(i.e. associazione per delinquere finalizzata alla devastazione ed al
saccheggio, resistenza aggravata a pubblico ufficiale, possesso di congegni
esplosivi ed armi improprie), senza disporre per ognuno di loro di concreti
elementi su cui fondare una responsabilità personale, in particolare:
- deliberatamente omettendo di attribuire
a ciascuno il possesso dei vari reperti che venivano posti in sequestro e considerati elementi di prova
a carico di tutti gli arrestati;
-
strumentalmente qualificando reperti come armi improprie in possesso
illegale degli arrestati;
-
deliberatamente omettendo di specificare le circostanze concrete dell’arresto
di Mark Covell, fermato e
gravemente ferito da operatori di Polizia non identificati all’esterno dell’edificio, in fase
addirittura antecedente alla irruzione e quindi alla commissione dei reati di
resistenza aggravata e violenza a pubblico ufficiale, ovvero le circostanze in
cui altri soggetti venivano arrestati, alcuni al di fuori dell’edificio, altri
colti nel sonno, comunque nella evidente situazione di estraneità quantomeno ad
azioni di resistenza;
-
dolosamente omettendo di
considerare circostanze in fatto concretamente valutabili e quelle sopra
indicate, che avrebbero comportato
comunque l’obbligo di disporre l’immediata liberazione degli arrestati in particolare l’assoluta non
riferibilità a tutti ed a ciascuno della flagrante commissione dei reati
contestati .
In Genova
22.7.2001
12) CANTERINI Vincenzo :
F) Del reato di cui agli artt., 110, 61 n. 2, 479
c.p. per avere, in concorso con le persone menzionate ai capi a), c), partecipando in veste di comandante del VII
Nucleo Sperimentale appartenente al I Reparto Mobile di Roma della Polizia di
Stato, all’organizzazione e alla conseguente esecuzione di una perquisizione ad iniziativa
autonoma ex art. 41 R.D. 18 giugno 1931 n. 773 (TULPSS) all’edificio scolastico
A.Diaz-Pertini, con l’impiego di oltre duecento operatori, tutti appartenenti a
vari Reparti ed Uffici della Polizia di Stato, operazione che si concludeva con
l’arresto in flagranza di tutte le persone trovate al momento all’interno del
medesimo edificio o ritenute comunque occupanti lo stesso,al fine di costruire
un compendio probatorio a carico di tutti i predetti arrestati e, quindi, per
commettere il reato di cui al capo d’accusa sub g), nonché per giustificare la
violenza usata nei confronti dei medesimi arrestati durante le fasi d’ingresso
all’interno dell’istituto e la causazione di lesioni (molte delle quali gravi)
a ottantasette di costoro, inferte in massima parte da appartenenti al Reparto
di cui aveva il diretto comando e,
pertanto, per assicurare a se stesso e ad altri pubblici ufficiali l’impunità
dei reati così commessi, attestato fatti o circostanze non corrispondenti al
vero nella relazione di servizio diretta al Questore di Genova ed allegata agli
atti trasmessi all’A.G. in relazione all’arresto di Albrecht Thomas ed altri
92, che venivano denunciati per i delitti di associazione per delinquere
finalizzata alla devastazione ed al saccheggio, resistenza aggravata a pubblico
ufficiale, possesso di congegni esplosivi ed armi improprie (verbali di
arresto, perquisizione e sequestro, comunicazione notizia di reato).
(Nella
fattispecie, nella relazione personalmente sottoscritta ed allegata al verbale
di arresto trasmesso alla A.G., attestava falsamente che gli appartenenti al
Nucleo e Reparto dal medesimo comandato:
-
incontravano violenta resistenza da parte degli occupanti, consistita in
un fittissimo lancio di pietre e bottiglie dalle finestre dell’istituto per
impedire l’ingresso delle forze di polizia;
-
incontravano resistenza opposta anche all’interno dell’istituto da parte
degli occupanti, che ingaggiavano violente colluttazioni con gli agenti di
polizia, armati di coltelli, bastoni ed armi improprie, alcune delle quali
rinvenute in tali circostanze;
in Genova
22.7.2001
G) delitto p. e p. dagli artt.110, 368, comma I e II, 61 n. 2, 81 cpv c.p.
perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, al fine di
conseguire o far conseguire ad altri l’impunità per i delitti di cui al capo
h), in concorso con tutte le persone menzionate al capo sub b) e nella medesima
qualità di cui al precedente capo, facendo emergere, anche con la condotta ivi
descritta, gli elementi di responsabilità evidenziati nella comunicazione di notizia
di reato a carico di Albrecht Thomas ed altri 92 indagati in stato di arresto,
diretta alla A.G in data 22.7.2001, incolpava, sapendolo innocente, ciascuno
dei predetti indagati per i delitti loro rispettivamente ascritti (i.e.
associazione per delinquere finalizzata alla devastazione ed al saccheggio,
resistenza aggravata a pubblico ufficiale, possesso di congegni esplosivi ed
armi improprie), formando le false attestazioni indicate nel capo di accusa che
precede circa gli atti di
resistenza armata e di massa o condotte di resistenza attiva e violenta tali da giustificare l’uso della forza
da parte degli operatori di Polizia che avevano proceduto alla irruzione
nell’edificio e il conseguente elevatissimo numero di feriti presenti tra gli
arrestati;
in Genova
22.7.2001
CANTERINI Vincenzo
13) FOURNIER Michelangelo
14) BASILI Fabrizio
15) TUCCI Ciro
16) LUCARONI Carlo
17) ZACCARIA Emiliano
18) CENNI Angelo
19) LEDOTI Fabrizio
20) STRANIERI Pietro
21) COMPAGNONE Vincenzo
H) Delitto p. e p. dagli arrt. 110, 40, 81 cpv., 61
n. 9, 582, 585, 583 c.p. perchè, nelle rispettive qualità di comandante,vice
comandante e capi squadra del VII Nucleo del 1° Reparto Mobile di Roma, nel
corso di una operazione di perquisizione ex art. 41 R.D. 18 giugno 1931 n. 773
( TULPSS) all’edificio scolastico A.Diaz-Pertini, sito in Genova Via Battisti,
in concorso con altri Ufficiali ed Agenti appartenenti al medesimo e ad altri
reparti ed uffici della Polizia di Stato, parimenti impegnati nella predetta
operazione per ordine di servizio (in particolare appartenenti al Servizio
Centrale Operativo, alle Squadre Mobili di Genova, Roma, L’Aquila, Napoli,
Padova, Parma, La Spezia, Nuoro alle Digos di Genova, Torino, Firenze, Napoli,
Padova) nonché con altro personale della Polizia di Stato, non meglio
identificato e comunque intervenuto all’interno del predetto edificio
scolastico, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso,
cagionavano lesioni personali varie, anche gravi, alle persone presenti
all’interno del predetto edificio, colpite con sfollagente in dotazione o con
altri atti di violenza, commettendo il fatto direttamente o comunque agevolando o non impedendo ad altri
tale condotta, dolosamente eccedente, nel contesto operativo, i limiti del legittimo uso di mezzi di
coazione fisica eventualmente occorrenti e che pertanto avevano, nella qualità e nel ruolo
rivestiti, l’obbligo giuridico di impedire, così abusando della qualifica di pubblico ufficiale (nella
fattispecie, gli operatori di
Polizia appartenenti ai vari reparti e, fra questi, in prima posizione il VII Nucleo del 1° Reparto Mobile di
Roma in cui agivano inquadrati, facevano irruzione in massa all’interno
dell’edificio da perquisire, ove al loro
sopraggiungere si trovavano ospitati gli occupanti e irrompevano, dapprima in gran parte in un
ampio locale al piano terra, temporaneamente adibito a dormitorio, ove erano presenti numerose persone e, in rapidissima successione, si portavano ai piani
superiori dell’edificio, raggiungendo altre persone ivi rifugiate, in particolare al piano
primo, in ogni occasione colpendo con violenza le persone predette,tutte in palese atteggiamento di non
offensività e di resa, in talune occasioni infierendo più volte sulle stesse
già colpite, a terra, sanguinanti e ferite, utilizzando i manganelli
rispettivamente in dotazione o sferrando calci ed in particolare
cagionando lesioni a :
Albrecht
Thomas Daniel, colpito con manganellate alla testa e in tutto il corpo e con calci al
petto e alle gambe (trauma cranico epidurale, ferite lacero contuse multiple,
in regione parietale sinistra, occipitale sinistra e coronarica destra,
contusione emitoracica sinistra, ricoverato dal 22/7 al 01/08/01, con
operazione di craniotomia frontale sinistra);
Aleinikovas
Tomas,
colpito con manganellate (contusione spalla destra e sinistra, contusione alla
piramide nasale);
Allueva
Fortea Rosana, colpita con manganellate e con mobilia scagliata dagli agenti
(contusione piramidale nasale, contusione alla spalla sinistra, ginocchio e gomito
destri, ematoma alla coscia
sinistra) ;
Bachmann
Britta Agnes, colpita mentre si trovava a terra con manganellate (contusione al
gomito e avambraccio destro, vasto ematoma alla coscia e al gluteo destro);
Balbas Ruiz
Aitor,
colpito con manganello, con calci e pugni e attinto da una sedia scagliatagli
addosso (contusione ecchimotica alla caviglia sinistra, alla coscia sinistra e
all’avambraccio sinistro, contusione in regione dorsale e spalla sinistra,
escoriazione sottoascellare sinistra)
Baro Wolfgang
Karl,
colpito con calci e manganellate (frattura cranica in sede parietale superiore, ematoma del vertice, emorragia
intratoracica, vertigini postraumatiche, contusioni multiple con suggellazione
parzialmente estesa ed ematomi su tutte le quattro estremità, costole, fianchi,
viso e schiena, sospetta infrazione dell’esterno superiore del femore
sinistro);
Barringhaus
Georg,
colpito con numerosi colpi di manganello e con un calcio al volto (trauma
cranico facciale con ferita lacero contusa al naso, trauma tibiale anteriore
destro con ferita lacero contusa);
Bartesaghi
Gallo Sara,
colpita con manganello alla testa, alle gambe alla spalla e al braccio sinistri
(trauma cranico, con ferita lacero contusa, contusione alla coscia destra);
Bertola
Matteo,
colpito con manganello alla testa al dorso e alla fronte (trauma cranico,
ferita sopracciglio destro e cuoio capelluto, dorsalgia);
Blair
Jonathan Norman, colpito con manganellate mentre era a terra coperto dal corpo di altra
persona (ematomi vari, contusione escoriata al ginocchio sinistro)
Bodmer
Fabienne Nadia, colpita con manganellate e calci alla schiena, alle mani, alle braccia
e alle costole (frattura del dito indice della mano sinistra, frattura IX
vertebra destra, contusioni varie alla schiena, contusione dito medio e anulare
mano destra);
Baumann
Barbara,
colpita con manganellate e un calcio al fianco (trauma cranico, con ferita lacero contusa, contusioni
multiple, contusioni ecchimotiche in regione dorsale ed emitorace sinistro,
ematoma in regione lombare destra, contusione ed ematoma alla mano sinistra,
flc in regione parietale sinistra)
Bruschi
Valeria,
percossa con manganellate (ecchimosi varie, ematoma all’avambraccio sinistro,
gluteo sinistro e polpaccio destro)
Buchanan
Samuel,
colpito con manganellate alle braccia, alla testa e alle gambe (contusione in
sede sovratemporale sinistra escoriata con ematoma, contusione escoriata al
vertice, contusione con ecchimosi al braccio, spalla e avambraccio sinistro)
Cederstrom
Ingrid Thea,
colpita con manganello (contusione ecchimotica in regione dorsale);
Cestaro
Arnaldo,
colpito con manganellate alla testa, al braccio e alla gamba (frattura
scomposta con distacco osseo del III distale dell’ulna destra, distacco del
processo stiloideo, frattura lievemente scomposta del II distale del perone
destro, fratture costali multiple a destra, ricoverato dal 23 al 27/7/01,
lesioni gravi con conseguente incapacità di attendere alle normali occupazioni
per oltre 40 gg, nonché indebolimento permanente dell’organo della prensione e
della deambulazione);
Chmielewski
Michael,
colpito con manganellate (trauma cranico, ferita da taglio al padiglione auricolare sinistro,
escoriazioni multiple);
Coelle
Benjamin,
colpito con manganellate prima in testa e poi, caduto a terra, all’anca, sulle
gambe, al volto (frattura doppia di mandibola e condilo sinistri, frattura
zigomatica destra, ricoverato dal
22 al 30/7/01, lesioni gravi per la conseguente incapacità di attendere alle
normali occupazioni per oltre 40 gg, indebolimento permanente dell’organo della
masticazione);
Cunningham
David John,
colpito ripetutamente con manganellate e calci (trauma cranico in
politraumatizzato);
Digenti
Simona,
colpita con manganello alla testa e alla schiena (contusioni ecchimotiche alla base
posteriore del collo, alla spalla destra e sinistra, regione scapolare, regione
dorsale, escoriazione all’arcata sopraccigliare sinistra, ematoma dorso mano
destra) ;
Doherty
Nicola Anne,
colpita con manganello in più parti del corpo (trauma cranico, frattura
distale radio destra, ematoma
gluteo sinistro, contusioni viso e braccio destro, lesioni gravi per la
conseguente incapacità di attendere alle normali occupazioni per oltre 40 gg,
con postumi da valutare ulteriormente);
Dreyer
Jeannette Sibille, colpita con manganello alla mano destra e al braccio sinistro
(frattura composta III metacarpo mano destra, contusione avambraccio sinistro);
Duman Mesut, colpito con calci e manganellate alle
spalle, alle braccia, alla schiena e alle gambe (contusione ecchimotica coscia
destra, frattura dell’ulna sinistra,
lesioni gravi per la conseguente incapacità di attendere alle normali
occupazioni per oltre 40 gg, con postumi da valutare ulteriormente);
Felix
Marcuello Pablo, colpito con manganello, con calci e pugni, alla testa, alla schiena e
alla gamba destra (trauma cranico con ferita lacero contusa in regione
occipitale;)
Galloway
Ian Farrel,
colpito ripetutamente con manganello (trauma cranico non commotivo, contusioni
multiple, contusione emitorace sinistro e regione retroauricolare sinistra,
contusione ecchimotiche multiple al dorso e regione lombare,escoriazione
ginocchio sinistro);
Gieser
Michael Roland, colpito con calci e manganellate (policontusioni in sede occipitale
zigomo sinistro, labbro superiore, braccio e dorso mano sinistra, fianco
sinistro, glutei, caviglia sinistra e gamba sinistri
Giovannetti
Ivan Michele, colpito ripetutamente con manganellate e calci (trauma cranico, ferita
lacero contusa al cuoio capelluto, contusioni alla schiena e arti superiori,
ematomi plurimi ai glutei, coscia destra e faccia);
Gol Suna, colpita con manganellate
e calci alla testa, alla schiena e alla gamba (trauma cranico, contusione
spalla destra, contusioni toraciche, glutei e polpaccio destri);
Guadagnucci
Pancioli Lorenzo, colpito con manganellate (frattura dello scafoide, contusioni
addominali e toraciche, ferita lacero contusa all’avambraccio destro e
ginocchio sinistri);
Hager
Morgan Catherine, colpita con un calcio al volto e successivamente con manganellate (trauma cranico, trauma colonna
cervicale, nonché spalle, emitorace sinistro, mani e polsi, ginocchio destro,
frattura metacarpo destro, I falange V dito destro, frattura costale X costa
sinistra, contusione ecchimotica in sede lombare, glutei, coscia, gamba e piede
sinistro);
Haldimann
Fabian, colpito con manganelli e calci (trauma
cranico con ferita lacero contusa, contusione ecchimotica emitorace destro e
lombare sin., ritenzione acuta di urina, infrazione ulnare sinistra, contusione
lombare, stato di stress postraumatico, lesioni gravi con conseguente
incapacità di attendere alle normali occupazioni per oltre 40 gg) ;
Heglund
Cecilia,
colpita con manganello (ematoma al braccio destro);
Herrero
Villamor Dolores, colpita con manganellate al braccio destro e occipite sinistro (trauma
cranico, frattura scomposta distale ulna destra);
Hermann
Jochen, colpito con manganellate alla testa al
volto e al braccio (trauma cranico commotivo, frattura ossa nasali, trauma
contusivo mascellare superiore, ferita lacero contusa al capo, contusione
ecchimotica diffusa emitoracica sinistra);
Hermann
Jens, colpito con manganellate e numerosi
calci alle mani, alla testa, al torace (trauma cranico, ferita lacero contusa
in regione frontale, danno all’apparato uditivo destro reversibile, contusioni
multiple al torace, vasto ematoma alla spalla destra e braccio destro, al
braccio sinistro, alla coscia sinistra, al ginocchio destro, al gluteo laterale
destro);
Hinrichmeyer
Thorsten,
percosso con manganello al petto, alla schiena, al bacino, alle gambe e alle
mani (contusioni spalle, fianco sinistro, coscia sinistra, fianco destro);
Jonasch
Melanie,
colpita con manganellate alla testa e in varie parti del corpo, presa a calci
nel petto, nella pancia già ferita alla testa e sanguinante, nuovamente
colpita, a terra immobilizzata, con calci alla testa (trauma cranico cerebrale,
con frattura della rocca petrosa sinistra, ematomi cranici vari, policontusioni
al dorso, spalla e arto superiore destro, frattura della mastoide sinistra,
ematomi alla schiena e alle natiche, ricoverata in prognosi riservata dal 22/7
al 1/8 del 2001);
Kerkmann
Dirk,
colpito ripetutamente con manganello
al volto, alla schiena e ai reni (ferita sanguinante alla guancia e in
regione occipitale, contusioni alla schiena ed ai reni);
Kress
Holger,
percosso con manganellate e calci (trauma cranico, ferita lacero contusa alla
fronte e filtro nasale, trauma facciale,contusione alla spalla sinistra, ferita
lacero contusa al labbro superiore e contusione escoriata alla regione
tibiale);
Kutschkau
Anna Julia,
colpita con manganellate e ripetutamente con calci (frattura margine anteriore del mascellare, trauma
cranico facciale, perdita traumatica dentale 13 e 21, sublussazione 12, 11,
lesioni gravi per il conseguente indebolimento permanente dell’organo della
masticazione, con postumi da valutare ulteriormente);
Lanaspa
Claver Antonio, percosso con manganellate
(contusione spalla sinistra, avambraccio e polso sinistri con piccolo
distacco processo stiloideo ulnare);
Lelek
Stella,
colpita con manganellate e un calcio (contusioni in regione dorsale e
addominale);
Luthi
Nathan Raphael, colpito ripetutamente sulla testa, spalle e alle costole (contusione
regione scapolare destra diagnosticata);
Martensen
Niels colpito
con manganellate, colpito ripetutamente a calci già a terra e ferito e
investito dal getto di polvere di estintore sulle ferite sanguinanti (ferita
lacero contusa al mento, contusione cranio facciale, contusione spalla e gamba
destra, lesioni gravi per la conseguente incapacità di attendere alle normali
occupazioni per oltre 40 gg, con postumi da valutare ulteriormente);
Martinez
Ferrer Ana,
colpita con manganellate e attinta da una sedia scagliatale addosso (frattura
IV metacarpo mano sinistra, policontusioni, ricoverata dal 22 al 26/7/01, lesioni gravi per la
conseguente incapacità di attendere alle normali occupazioni per oltre 40 gg,
con postumi da valutare ulteriormente);
Massò
Guillelmo,
colpito con manganellate e calci alla testa, al collo, alle spalle e alle mani
(trauma cranico commotivo, contusione cervicale, ricoverato dal 22 al 23/7/01)
Mc Quillian
Daniel,
colpito ripetutamente con manganellate (trauma cranico, ferita lacero contusa
al cuoio capelluto, frattura processo stiloideo ulna sinistra, contusioni
multiple)
Mirra
Christian,
colpito con manganello e con calci alle braccia, alle gambe e alla testa
(trauma cranico, ferita lacero contusa al cuoio capelluto e sopracciglio
destro, ricoverato dal 22 al 24.7.01),
Moret
Fernandez David, colpito ripetutamente con manganello (frattura del III dito della mano
sinistra, frattura del condilo del
gomito destro, trauma cranico, ematoma al fianco destro, gluteo e coscia
destri, lesioni gravi per la conseguente incapacità di attendere alle normali
occupazioni per oltre 40 gg, con postumi da valutare ulteriormente);
Moth
Richard Robert, colpito con manganellate e calci (trauma cranico, ferite al cuoio
capelluto e gamba destra)
Nathrat
Achim,
colpito con manganello (contusione
al braccio e fianco destro)
Nogueras
Corral Francho, colpito con manganellate e con mobilia scagliata addosso (trauma
cranico, infrazione perone destro, contusioni multiple al braccio e avambraccio
sinistri, spalla, fianco e caviglia
sinistri, lesioni gravi per la conseguente incapacità di attendere alle
normali occupazioni per oltre 40 gg, con postumi da valutare ulteriormente);
Olsson
Hedda Patarina, colpita con manganello (contusione regione dorsale);
Ottovay
Katarin Daniela, colpita con manganello, al collo, gola, alle braccia e alla schiena
(contusione escoriata regione mentoniera, frattura scomposta al IV distale ulna
sinistra, escoriazione al mento, mialgia cervicale, ricoverata dal 24 al
29.7.01 );
Patzke Jan, colpito con manganello
alla schiena e alla nuca e al fianco destro (contusione escoriata cavo
ascellare destro, spalla destra, dorso e spalla sinistra, base del collo
posteriormente);
Patzke
Julia,
colpita con manganello (trauma cranico, contusione mano sinistra, contusione
coscia e dorso destro);
Perrone
Vito, colpito
con manganello alle braccia, spalle e testa (trauma cranico, traumi contusivi
alla spala sinistra, emitorace, arto superiore sinistro e mano destra);
Petrone
Angela,
colpita con manganello ad una gamba (contusione coscia sinistra);
Pollok
Rafael Johann, percosso con manganello, calci e pugni su tutto il corpo (trauma
cranico, frattura III distale ulna destra, contusione toracica, contusioni
multiple, ferita lacero contusa al cuoio capelluto, alla gamba destra,
ricoverato dal 22 al 23.7.01);
Primosig Federico, colpito con manganellate
e calci in particolare alle gambe e alla testa (trauma cranico, ferite lacero
contuse multiple al cuoio capelluto, escoriazioni multiple agli arti e al
tronco e al gluteo sinistro, frattura della falange prossimale del V dito,
distorsione polso sinistro, ricoverato dal 22.7 al 1.8.01);
Provenzano
Manfredi,
ripetutamente percosso con manganello alla testa e alla schiena (trauma
cranico, sospetta infrazione del processo stiloideo ulnare, trauma facciale,
ferita lacero contusa alla fronte e filtro nasale, padiglione auricolare
destro, trauma contusivi multipli al dorso, ricoverato dal 22 al 25.7.01);
Reichel
Ulrich,
colpito con manganello e calci alla testa, alle mani, braccia, spalla, fianco e
gamba destra (trauma cranico, ferita lacero contusa cuoio capelluto, dorso
naso, infrazione distale del radio-frattura del II e IV dito della mano destra,
frattura ossa proprie del naso, multiple contusioni alla scapola destra, arcata
costale e coscia destra);
Resche Kai
Manfred,
colpito con manganello alla schiena e con un pugno allo stomaco (diagnosticato
trauma contusivo in regione posteriore del torace, contusioni in regione
scapolare, spalla destra e dorso);
Samperiz
Francisco Javier, colpito con manganello
(contusione spalla e omero destro, ferita lacero contusa al ginocchio
sinistro, contusione toracica);
Sanz
Mandrazo Francisco Javier, colpito con manganello (contusioni escoriate agli arti inferiori,
contusione ecchimotica in regione occipitale, ematoma braccio e costato destro,
ferita lacero contusa alla gamba e cresta tibiale sinistra);
Scala
Roberta,
colpita con manganello e con una sedia scagliata al braccio destro (contusione
alla gamba destra, in regione dorsale e avambraccio destro);
Schleiting
Mirco,
colpito con manganellate e calci alla testa, alla schiena e alle gambe (diagnosticati trauma cranico, ferita
lacero contusa in regione frontale, contusioni alle braccia );
Schmiderer
Simon,
colpito con manganellate alla testa e agli arti superiori (trauma cranico con
ferita lacero contusa, contusioni multiple);
Sibler
Steffen
colpito con manganellate (trauma cranico con ferita lacero contusa, ferita sanguinante alla tibia destra ed
ematomi sparsi su tutta la parte destra del corpo);
Sicilia
Heras Jose Luis, colpito con manganellate alla testa e benché sanguinante ancora
colpito allo stesso modo e con calci
(trauma cranico, trauma contusivo emitorace sinistro con vasto ematoma
sottocutaneo parete posteriore, contusioni multiple, frattura di archi costali
VIII e IX destri, ferita lacero contusa al cuoio capelluto, ricoverato dal 22
al 26.7.01, lesioni gravi per la conseguente incapacità di attendere alle
normali occupazioni per oltre 40 gg, con postumi da valutare ulteriormente);
Sievewright
Kara,
colpita con calci e manganellate (trauma cranico, contusione alla gamba
sinistra, ematomi multipli alla coscia, anca e braccio sinistri);
Sparks
Sherman David, colpito con manganellate e calci
(trauma cranico con ferita lacerocontusa al cuoio capelluto, contusione
all’emitorace sinistro, contusioni multiple, trauma testicolare destro);
Tomelleri
Enrico,
colpito con manganello e con una sedia scagliata allo zigomo sinistro (trauma
facciale e gamba destra);
Von Unger
Moritz,
colpito con manganellate alla nuca, alla spalla e al gomito sinistro e con
calci alle gambe (contusioni gomito sinistro e gamba);
Wiegers
Daphne,
colpita con manganellate e con calci
(ferita lacero contusa al sopracciglio superiore sinistro, trauma cranio
facciale, frattura stiloideo ulnare sinistra, frattura scomposta ossa nasali
proprie, lesioni gravi per la conseguente incapacità di attendere alle normali
occupazioni per oltre 40 gg, con postumi da valutare ulteriormente);
Zapatero
Garcia Guillermina, colpita con manganellate (contusione alla spalla destra ed ematoma
spalla destra);
Zehatschek
Sebastian,
colpito con manganellate (trauma cranico orbita destra,spalla destra e torace);
Zeuner Anna
Katharina,
colpita con manganello (escoriazione labbro superiore e contusione al braccio
destro);
Zuhlke Lena, percossa ripetutamente
con manganellate alla testa e alle spalle, caduta a terra percossa con calci
alla schiena e al petto, presa per i capelli e sollevata, calciata in mezzo
alle gambe, sbattuta contro un muro, manganellata ancora e presa a calci al
petto e al ventre, successivamente trascinata per i capelli lungo alcune rampe
di scale, colpita ancora da tutti i lati con manganelli (trauma
toraco-addominale, fratture costali con pneumotorace a destra e contusione
polmonare – trauma cranico – contusioni multiple, ricoverata dal 22 al 31/7/01,
lesioni gravi per il conseguente
indebolimento del 30% della funzione respiratoria e della locomozione del
braccio e collo, con postumi da valutare ulteriormente);
in Genova
nella notte del 21 e 22 luglio 2001
22)
NUCERA Massimo
I) Del delitto di cui agli artt. 479, 110, 61 n.
2 c.p. perché, in qualità di agente in servizio
presso il VII Nucleo del 1° Reparto Mobile di Roma della Polizia di Stato, in concorso con l’ispettore capo
Panzieri Maurizio, aggregato al
medesimo Nucleo e con il comandante Canterini Vincenzo, nonchè con gli
Agenti e Ufficiali di PG sottoscrittori e redattori degli atti trasmessi alla
A.G. relativi all’arresto di Albrecht Thomas ed altri 92 indagati (verbale di
arresto, perquisizione e sequestro, comunicazione notizia di reato) e con le
persone di cui al capo sub a),
redigendo annotazione di servizio in cui descriveva il proprio operato
durante l’intervento di irruzione all’interno dell’edificio scolastico Diaz Pertini sito in Genova
Via Battisti, oggetto di una perquisizione ad iniziativa autonoma ex art. 41
R.D. 18 giugno 1931 n. 773 (TULPSS),
falsamente attestava di essere stato attinto da ignoto aggressore con
una coltellata vibrata all’altezza del torace, che provocava lacerazioni alla
giubba della divisa indossata e al corpetto protettivo interno, cosi
avvalorando quanto descritto negli atti di arresto e di perquisizione e
sequestro circa il comportamento di resistenza armata posta in essere dagli
arrestati e le altre false
attestazioni menzionate nel capo sub f), essendo altresì formale sottoscrittore
dei predetti verbali; fatto aggravato perché commesso al fine di costruire un compendio
probatorio a carico di tutti i predetti arrestati e, quindi, per commettere il
reato di cui al capo d’accusa sub l), nonché per giustificare la violenza usata
nei confronti dei medesimi arrestati durante le fasi d’ingresso all’interno
dell’istituto e la causazione di lesioni (molte delle quali gravi) a
ottantasette di costoro, inferte in massima parte da appartenenti al proprio
Reparto e, pertanto, per
assicurare a se stesso o ad altri
pubblici ufficiali l’impunità dei reati così commessi.
In Genova il
21 ed il 22.7.01
L) Del delitto di cui agli artt. 368, comma I e II, 110, 81 c.p.v , 61 n. 2 c.p. perché, con più azioni esecutive del
medesimo disegno criminoso, al fine di conseguire o far conseguire ad altri
l’impunita per i delitti di cui al capo h), in concorso con le persone di cui
al capo sub b) e nella qualità di cui al precedente capo , facendo emergere,
anche con la condotta ivi descritta, gli elementi di responsabilità evidenziati
nella comunicazione di notizia di reato a carico di Albrecht Thomas ed altri 92
indagati in stato di arresto, diretta alla A.G in data 22.7.2001, incolpava,
sapendolo innocente, ciascuno dei predetti indagati per i delitti loro
rispettivamente ascritti (i.e. associazione a delinquere finalizzata alla
devastazione ed al saccheggio, resistenza aggravata a pubblico ufficiale,
possesso di congegni esplosivi ed armi improprie) ed in particolare nella
annotazione di servizio a sua firma, trasmessa in allegato alla predetta
comunicazione di notizia di reato, incolpava, sapendola innocente, persona non
identificata ma compresa tra i predetti indagati, del delitto di tentato omicidio
in suo danno, commesso con le modalità in tale atto descritte, nonché simulava
tracce ed elementi materiali di prova a carico della stessa persona incolpata,
provocando lacerazioni da taglio agli indumenti nell’occasione indossati
(corpetto protettivo e giacca della divisa di ordinanza) o facendo da altri
compiere la predetta operazione, con un coltello che veniva poi sequestrato in
quanto corpo del reato ed il cui possesso era attribuito al presunto
aggressore.
In Genova il
21 ed il 22.7.01
23) PANZIERI Maurizio :
M) Del delitto di cui agli artt. 479, 110, 61 n. 2
c.p. perché, in qualità di
ispettore capo, aggregato al VII
Nucleo del 1° Reparto Mobile di Roma
della Polizia di Stato, in concorso con l’agente Nucera, in forza al
medesimo Nucleo e con il comandante Canterini Vincenzo, nonchè con gli Agenti e
Ufficiali di PG sottoscrittori e redattori degli atti trasmessi alla A.G.
relativi all’arresto di Albrecht Thomas ed altri 92 indagati (verbale di
arresto, perquisizione e sequestro, comunicazione notizia di reato) e con le
persone di cui al capo sub a), redigendo annotazione di servizio in cui
descriveva il proprio operato
durante l’intervento di irruzione all’interno dell’edificio scolastico Diaz Pertini sito in Genova
Via Battisti, oggetto di una perquisizione ad iniziativa autonoma ex art. 41
R.D. 18 giugno 1931 n. 773
(TULPSS), falsamente
attestava di aver assistito ad un
episodio in cui l’agente Nucera, entrato assieme a lui e ad altro personale in
una stanza posta al secondo piano dell’edificio in questione, “avanzava e fronteggiava una persona munita di un
oggetto, con il quale ingaggiava una colluttazione”, ed inoltre che “a seguito
dell’intervento dell’altro personale componente la squadra” tale soggetto
“veniva accompagnato nel punto di raccolta”, essendo successivamente venuto a
conoscenza che “il summenzionato giovane era munito di arma da taglio” con la
quale aveva posto in essere l’aggressione ai danni dell’agente, cosi
avvalorando quanto descritto nei verbali di arresto e di perquisizione e
sequestro circa il comportamento di resistenza armata posta in essere dagli
arrestati e le altre false
attestazioni menzionate nel capo sub f), essendo altresì formale sottoscrittore
dei predetti verbali; fatto aggravato perché commesso al fine di costruire un compendio
probatorio a carico di tutti i predetti arrestati e, quindi, per commettere il
reato di cui al capo d’accusa sub n), nonché per giustificare la violenza usata
nei confronti dei medesimi arrestati durante le fasi d’ingresso all’interno
dell’istituto e la causazione di lesioni (molte delle quali gravi) a
ottantasette di costoro, inferte in massima parte da appartenenti al proprio
Reparto e, pertanto, per
assicurare a se stesso o ad altri
pubblici ufficiali l’impunità dei reati così commessi.
In Genova il
21 ed il 22.7.01
N) Del delitto di cui agli artt. 368, comma I e II, 110, 81 cpv, 61 n. 2 c.p. perché, con più azioni esecutive del
medesimo disegno criminoso, al fine di conseguire o far conseguire ad altri
l’impunita per i delitti di cui al capo h), nella qualità di cui al precedente
capo ed in concorso con le persone ivi menzionate, facendo emergere, anche con
la condotta ivi descritta, gli elementi di responsabilità evidenziati nella
comunicazione di notizia di reato a carico di Albrecht Thomas ed altri 92
indagati in stato di arresto, diretta alla A.G in data 22.7.2001, incolpava,
sapendolo innocente, ciascuno dei predetti indagati per i delitti loro
rispettivamente ascritti (i.e. associazione a delinquere finalizzata alla devastazione
ed al saccheggio, resistenza aggravata a pubblico ufficiale, possesso di
congegni esplosivi ed armi improprie) ed in particolare nella annotazione di
servizio a sua firma, trasmessa in allegato alla predetta comunicazione di
notizia di reato, incolpava, sapendola innocente, persona non identificata ma
compresa tra i predetti indagati, del delitto di tentato omicidio in danno
dell’agente Nucera, commesso con le modalità in tale atto descritte, nonché,
simulava tracce ed elementi materiali di prova a carico della stessa persona
incolpata, provocando lacerazioni da taglio agli indumenti nell’occasione
indossati (corpetto protettivo e giacca della divisa di ordinanza) o facendo da
altri compiere la predetta operazione, con un coltello che veniva poi da lui
sequestrato in quanto corpo del reato ed il cui possesso era attribuito al
presunto aggressore
In Genova
22.7.2001
24) TROIANI Pietro
O) Del delitto di cui agli
artt. 110, 368 c. 1 e 2 c.p. perché, in concorso con le persone indicate nel
capo di cui sub b) e con
l’assistente Burgio Michele, suo
diretto sottoposto, facendo emergere alcuni degli elementi di responsabilità
evidenziati nella comunicazione di notizia di reato a carico di Albrecht Thomas
ed altri 92 coindagati in stato di arresto, per i delitti di associazione per
delinquere finalizzata alla devastazione ed al saccheggio, resistenza aggravata
a pubblico ufficiale, possesso di armi da guerra ed esplosivi,
diretta all'A.G. in data 22.7.01, incolpava, sapendolo innocente,
ciascuno dei predetti indagati, simulando tracce materiali costituenti elementi
di prova a carico di costoro. (Nella fattispecie, nella qualità di vice
Questore aggiunto, al comando di operatori appartenenti al Reparto Mobile della
Polizia di Stato non meglio identificati, fra cui l’Assistente Burgio, del I°
Reparto Mobile di Roma, essendo intervenuto con funzioni di supporto e comunque
per assicurare le condizioni di sicurezza esterne nei luoghi ove era in corso una perquisizione ad
iniziativa autonoma ex art. 41 R.D. 18 giugno 1931 n. 773 ( TULPSS) presso
l’edificio scolastico A.Diaz-Pertini, consegnava, per il tramite
dell’assistente Burgio da lui all’uopo diretto, due bottiglie incendiarie del
tipo c.d. Molotov a colleghi e funzionari
di polizia superiori per grado, intenti alle operazioni di perquisizione
ed in particolare alla ricerca di armi che riconducessero agli occupanti
dell’edificio la responsabilità degli scontri avvenuti con le forze dell’ordine
nei giorni precedenti e l’appartenenza al gruppo definito “Black Bloc”, così
fornendo la prova sotto la specie del rinvenimento del corpo di reato a
carico degli occupanti l’edificio
in cui era in atto la perquisizione, o comunque consentendo che ne fosse evidenziata, nei verbali di arresto e di perquisizione e sequestro, la disponibilità in capo ai soggetti
perquisiti, nella consapevolezza della innocenza di costoro, avendo infatti egli stesso constatato o
esattamente appreso il rinvenimento delle medesime bottiglie da parte di altro
personale di polizia in luogo e contesto anche temporale assolutamente diversi).
In Genova, nella notte tra il 21
ed il 22.7.01
P) delitto p. e p. dagli artt. 2 e 4 L. 2 ottobre
1967 n. 865, 110, 61 n. 2 e 9 c.p.
per avere, al fine di commettere il delitto di cui al capo che precede e nella
qualità ivi menzionata, in concorso con l’assistente Burgio Michele, detenuto e
portato illegalmente in luogo pubblico due bottiglie incendiarie tipo
“molotov”, da considerarsi arma da guerra (nella fattispecie, operando senza
alcun legittimo titolo, portava le predette armi, rinvenute nel pomeriggio del
21.7.2001 in Genova, nelle adiacenze di Corso Italia e mai sottoposte
formalmente a sequestro quale corpo di reato per essere messo a disposizione
della A.G., a bordo di un automezzo
di servizio, trasportandole dalla Questura di Genova a Piazza Merani e
da lì all’istituto scolastico
Armando Diaz- Pertini, ove poi le consegnava ad altri colleghi e funzionari);
fatto commesso abusando delle qualità di pubblico ufficiale ed in violazione
dei doveri inerenti alla funzione esercitata.
In Genova il 21 e 22 .7. 2001
25) BURGIO Michele
Q) Del delitto di cui agli
artt. 110, 368 c. 1 e 2 c.p. perché, in qualità di assistente della Polizia di
Stato in servizio presso il I° Reparto Mobile di Roma ed in concorso con Troiani Pietro, suo
diretto superiore gerarchico e con le persone indicate nel capo di cui sub b),
facendo emergere alcuni degli elementi di responsabilità evidenziati nella
comunicazione di notizia di reato a carico di Albrecht Thomas ed altri 92
coindagati in stato di arresto, per i delitti di associazione per delinquere
finalizzata alla devastazione ed al saccheggio, resistenza aggravata a pubblico
ufficiale, possesso di armi da guerra ed
esplosivi, diretta
all'A.G. in data 22.7.01, incolpava, sapendolo innocente, ciascuno dei predetti
indagati, simulando tracce materiali costituenti elementi di prova a carico di
costoro. (Nella fattispecie,
agendo al comando del superiore Troiani, essendo intervenuto con altro
personale appartenente al I Reparto Mobile di Roma, non meglio identificato,
con funzioni di supporto e comunque per assicurare le condizioni di sicurezza
esterne nei luoghi ove era in
corso una perquisizione ad iniziativa autonoma ex art. 41 R.D. 18 giugno 1931
n. 773 (TULPSS) all’edificio scolastico A.Diaz-Pertini, consegnava due
bottiglie incendiarie del tipo c.d. Molotov a colleghi e funzionari di polizia superiori per grado, intenti
alle operazioni di perquisizione, in particolare alla ricerca di armi che
riconducessero agli occupanti dell’edificio la responsabilità degli scontri
avvenuti con le forze dell’ordine nei giorni precedenti e l’appartenenza al
gruppo definito “Black Bloc”, così fornendo la prova sotto la specie del
rinvenimento del corpo di reato a carico
degli occupanti l’edificio in cui era in atto la perquisizione, o
comunque consentendo che ne
fosse evidenziata, nei verbali di
arresto e di perquisizione e sequestro,
la disponibilità in capo ai soggetti perquisiti, nella consapevolezza
della innocenza di costoro, avendo
infatti egli stesso previamente ricevuto a bordo di un automezzo da lui
condotto le medesime bottiglie da parte di altro personale di polizia in luogo
e contesto anche temporale
assolutamente diversi).
In Genova, il 21 e 22. 7.01
R) del delitto di cui agli artt. 2 e 4 L. 2 ottobre
1967 n. 865, 110, 61 n. 2 e 9 c.p. perché, in concorso con Troiani Pietro, al
fine di commettere il delitto di cui al capo che precede, deteneva e portava
illegalmente in luogo pubblico due bottiglie incendiarie tipo “molotov”, da
considerarsi arma da guerra (nella fattispecie, operando senza alcun legittimo
titolo, portava le predette armi a bordo del proprio mezzo di servizio, quale
agente della Polizia di Stato, dalla Questura di Genova a Piazza Merani e da lì
le portava per un ulteriore tragitto fino a consegnarle a funzionari che si
trovavano nei pressi del complesso scolastico Armando Diaz); fatto commesso
abusando delle qualità di pubblico ufficiale ed in violazione dei doveri
inerenti alla funzione esercitata.
In Genova il 21 e 22.7. 2001
26) GAVA
Salvatore:
S) del reato di cui agli artt. 609,
615 c.p. , 61 n. 2 c.p. perché, al fine di commettere i delitti di cui sub u)
e v), – in qualità di Commissario
Capo della Polizia di Stato aggregato alla Questura di Genova al comando di più
reparti composti complessivamente da oltre cinquanta appartenenti alla Polizia
di Stato - eseguiva, abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni ed al di
fuori dei presupposti di legge, la perquisizione locale del complesso scolastico denominato “Diaz – Pascoli“
sito in Via Cesare Battisti 6 in uso temporaneo al gruppo denominato “Genoa
Social Forum“ e la conseguente perquisizione personale di gran parte degli
occupanti l’edificio con contestuale arbitraria e violenta apprensione delle
cose mobile rinvenute (tra l’altro, apparecchi telefonici portatili, macchine
fotografiche, videocamere, rullini, videocassette, parti interne di personal
computers).
In
Genova, nella notte tra il 21 ed il 22/7/2001
T) del reato di cui agli artt. 110,
40, 610, 61 n. 9 cp perché – durante le operazioni di perquisizione e nella
qualità di cui al capo A, in concorso con non identificati esecutori materiali
appartenenti ai reparti di cui al capo che precede o comunque non impedendo un evento che aveva l’obbligo
giuridico di impedire – costringeva con minaccia - consistita nell’urlare ordini in tal senso, brandendo i
manganelli in dotazione – gran parte degli occupanti l’edificio a sedersi,
inginocchiarsi o anche sdraiarsi a terra e a mantenere tale posizione
per almeno mezz’ora.
Con
l’aggravante di avere commesso il fatto con abuso dei poteri inerenti alle sue
funzioni.
In
Genova, nella notte tra il 21 ed il 22/7/2001
U) del reato di cui agli artt. 110,
40, 635 c. 1 e c. 2 n. 3 in relazione all’art. 625 n. 7, 61 n. 9 c.p. perché –
durante le operazioni di perquisizione e nella qualità di cui al capo S, in
concorso con non identificati esecutori materiali appartenenti ai reparti di
cui al capo che precede o
comunque non impedendo un evento che aveva l’obbligo giuridico di impedire –
distruggeva e rendeva inservibili (spaccandoli a colpi di manganello e
scaraventandoli a terra) alcuni personal computers ed alcuni apparecchi
telefonici di proprietà del Comune di Genova ed in uso temporaneo all’interno del complesso scolastico
“Diaz – Pascoli “ ai gruppi denominati “Genoa Social Forum “ ed “ Associazione
Giuristi Democratici “.
Con
l’aggravante di avere commesso il fatto su cose esistenti in edifici pubblici
ed abusando dei poteri inerenti
alle sue funzioni.
In
Genova, nella notte tra il 21 ed il 22/7/2001
(così
rettificato all’udienza del 23.09.2004)
V) del reato di cui agli artt. 110, 40, 314 c.p. perché –
all’esito delle operazioni di perquisizione e nella qualità di cui al capo S,
in concorso con non identificati appartenenti ai reparti di cui al capo che
precede o comunque non
impedendo un evento che aveva l’obbligo giuridico di impedire – si appropriava di parti interne (hard disk) di
alcuni personal computers di
proprietà del Comune di Genova ed
in uso temporaneo all’interno del complesso scolastico “Diaz – Pascoli “ al
gruppo denominato “Associazione Giuristi Democratici“, apprese nel corso della
perquisizione e delle quali quindi
aveva il possesso o comunque la disponibilità per ragioni del suo
ufficio.
In
Genova, nella notte tra il 21 ed il 22/7/2001
(così
rettificato all’udienza del 23.09.2004)
28) FAZIO Luigi:
Z1) del reato di cui agli artt. 581, 61. n. 9 cp
perché – strattonandolo, piegandogli un braccio dietro la schiena e colpendolo
con delle manate al volto – percuoteva Huth Andreas.
Con
l’aggravante di avere commesso il fatto in qualità di Sovrintendente Capo della
Polizia di Stato e nel corso delle operazioni di perquisizione eseguite nella
scuola “Diaz-Pascoli“ di Genova e quindi con abuso dei poteri inerenti ad una
pubblica funzione.
In Genova,
nella notte tra il 21 ed il 22/7/2001
PROC. Riunito N. 5045/05 R.G. TRIB, N.
8341/04 GIP, n. 14525/01 NR
29) DI BERNARDINI
In
concorso con Caldarozzi Gilberto, Mortola Spartaco, Dominici Nando, Ferri
Filippo, Ciccimarra Fabio, Di Sarro Carlo, Mazzoni Massimo, Di Novi Davide e
Cerchi Renzo
1)
(già capo C) della Richiesta di rinvio
a Giudizio – da qui in avanti R.r.g.)
Del delitto di
cui agli artt. 110, 61 n. 2, 479 c.p. perchè, partecipando all’organizzazione
(Caldarozzi, Ferri, Mortola, Dominici, Ciccimarra e Di Bernardini) e alla
conseguente esecuzione di una perquisizione ad iniziativa autonoma ex art. 41
R.D. 18 giugno 1931 n. 773 (TULPSS) all’edificio scolastico A.Diaz-Pertini,
sito in Genova Via Battisti, con l’impiego di oltre duecento operatori, tutti
appartenenti a vari Reparti ed Uffici della Polizia di Stato, operazione che si
concludeva con l’arresto in flagranza di tutte le persone trovate al momento
all’interno del medesimo edificio o ritenute comunque occupanti lo stesso, al
fine di costruire un compendio probatorio a carico di tutti i predetti
arrestati e, quindi, per commettere i reati di cui ai capo d’accusa sub d) ed
e) R.r.g., nonché per giustificare la violenza usata nei confronti dei medesimi
arrestati in occasione della irruzione
all’interno dell’istituto e la causazione di lesioni (molte delle quali
gravi) a ottantasette di costoro e, pertanto, per assicurare l’impunità dei
reati commessi ai pubblici ufficiali che avevano posto in essere tali condotte,
in concorso tra loro, ciascuno come sottoscrittore dei verbali di arresto e/o
perquisizione (Mortola e Dominici anche della comunicazione notizia di reato) e
con altro ignoto operatore sottoscrittore del verbale di arresto, nonché con
gli altri funzionari dirigenti della Polizia di Stato indicati al capo a)
R.r.g. e con la persona di cui al capo f) R.r.g., negli atti trasmessi alla
A.G. il 22.7.2001, in relazione all’arresto di Albrecht Thomas ed altre novantadue
persone che venivano denunciate per i delitti di associazione per delinquere
finalizzata alla devastazione ed al saccheggio, resistenza aggravata a pubblico
ufficiale, possesso di congegni esplosivi ed armi improprie (verbali di
arresto, perquisizione e sequestro, comunicazione notizia di reato),
attestavano fatti e circostanze non corrispondenti al vero.
(Nella
fattispecie, nelle rispettive qualità e ruoli operativi :
Caldarozzi di
primo dirigente, vice direttore del Servizio Centrale Operativo
Mortola di
primo dirigente, dirigente della Digos della Questura di Genova,
Dominici di
primo dirigente, dirigente della Squadra Mobile della Questura di Genova,
Ferri di vice
questore aggiunto, dirigente della Squadra Mobile della Questura di La Spezia,
aggregato alla Questura di Genova,
Ciccimarra, di
vice questore aggiunto, in servizio presso la Squadra Mobile di
Napoli,aggregato alla Questura di Genova,
Di Bernardini, di vice questore aggiunto
in servizio presso la Squadra Mobile di Roma, aggregato alla Questura di
Genova;
Di Sarro, di
vice Questore aggiunto in servizio
presso la Digos della Questura di Genova
Mazzoni, di
ispettore capo in servizio presso il Servizio Centrale Operativo;
Di Novi, di ispettore superiore della
Polizia di Stato in servizio presso la Squadra Mobile della Questura di La
Spezia, aggregato alla Questura di Genova
Cerchi, di
sovrintendente della Polizia di Stato in servizio presso la Squadra Mobile
della Questura di La Spezia, aggregato alla Questura di Genova essendo presenti
sui luoghi mentre si svolgevano le operazioni di irruzione all’interno
dell’edificio scolastico oggetto della programmata perquisizione, durante le
successive operazioni di raccolta degli oggetti e materiali che venivano
appresi per essere sottoposti a sequestro,nonché durante la collocazione,
sempre all’interno del medesimo istituto, del reperto costituito da due
bottiglie incendiarie c.d. Molotov, avendo quindi constatato:
-
l’effettiva impossibilità di attribuire a tutte ed a ciascuna delle
persone occupanti l’edificio i singoli reperti posti in sequestro durante
l’operazione, anche per le modalità stesse con le quali la perquisizione era stata condotta;
-
l’impossibilità di attribuire agli occupanti dell’edificio il possesso
delle due bottiglie Molotov, provenienti da luogo diverso da quello ove ne
verrà attestato il rinvenimento nei verbali di perquisizione e di arresto;
-
infine la palese mancanza dei presupposti per operare un arresto in
flagranza di tutti gli occupanti dell’istituto, non essendo, fra l’altro,
soggettivamente riferibili i reati ipotizzati di resistenza aggravata, lesioni
a pubblico ufficiale, associazione a delinquere finalizzata alla devastazione
ed al saccheggio;
attestavano
falsamente (Ciccimarra, Ferri e Di Bernardini, anche come materiali estensori
del verbale di arresto, Mazzoni del verbale di perquisizione e sequestro
):
-
di aver incontrato violenta resistenza da parte degli occupanti
consistita in un fittissimo lancio di pietre e oggetti contundenti dalle
finestre dell’istituto per impedire l’ingresso delle forze di polizia;
-
di aver incontrato resistenza opposta anche all’interno dell’istituto da
parte degli occupanti che ingaggiavano violente colluttazioni con gli agenti di
polizia, armati di coltelli ed armi improprie;
-
che quanto rinvenuto all’interno dell’istituto e costituito da mazze,
bastoni, picconi, assi, spranghe ed arnesi da cantiere era stato utilizzato
come arma impropria dagli stessi
occupanti, anche per commettere gli atti di resistenza sopra descritti e comunque
indicato nella disponibilità e possesso degli arrestati;
-
di aver rinvenuto due bottiglie incendiarie con innesco al piano terra
dell’istituto perquisito, vicino all’ingresso, in luogo visibile ed accessibile
a tutti, così attribuendone la disponibilità ed il possesso indistintamente a
tutti gli occupanti l’edificio;
e comunque,
benché consapevoli della non corrispondenza dei fatti descritti nei verbali di
arresto e di perquisizione e sequestro e nelle informative di reato a quanto
nella realtà accaduto,non si opponevano in tutto o in parte alla falsa
rappresentazione in tali atti contenuta;
infine i
sottoscrittori del verbale di perquisizione falsamente attestavano la
circostanza che durante tale operazione “gli occupanti erano stati resi edotti
della facoltà di farsi assistere da altre persone di fiducia”.
In Genova
22.7.2001
2) (già capo D) della R.r.g.)
Delitto p. e
p. dagli artt.110, 368, comma I e
II, 61 n.2 c.p., 81 cpv c.p. perchè, con più azioni esecutive del medesimo
disegno criminoso, al fine di commettere il delitto di cui sub e) R.r.g. nonché
per assicurare l’impunità del delitto di cui sub h) R.r.g, in concorso con i
soggetti menzionati al capo b) R.r.g., nella medesima qualità di cui al
precedente capo, facendo emergere, anche con la condotta ivi descritta, gli
elementi di responsabilità evidenziati nella comunicazione di notizia di reato
a carico di Albrecht Thomas ed altri 92 indagati in stato di arresto, diretta
alla A.G in data 22.7.2001, incolpavano, sapendolo innocente, ciascuno dei predetti
indagati per i delitti loro rispettivamente ascritti (i.e. associazione a
delinquere finalizzata alla devastazione ed al saccheggio, resistenza aggravata
a pubblico ufficiale, possesso di congegni esplosivi ed armi improprie),
simulando tracce od elementi materiali di prova a carico delle stesse persone
incolpate, procedendo al sequestro come corpi di reato di numerosi oggetti
strumentalmente descritti e qualificati come armi improprie utilizzate dagli
indagati o nella loro disponibilità (fra cui coltellini multiuso ed a
serramanico, attrezzi provenienti in larga parte dal cantiere esistente presso
l’istituto, barre metalliche costituenti supporti di zaini estratte
nell’occasione), nonché di due bottiglie molotov, provenienti da luogo esterno
all’istituto e comunque diverso da quello ove ne verrà attestato il
rinvenimento nei verbali di perquisizione e di arresto, non riconducibili
pertanto ai predetti indagati singolarmente o collettivamente
considerati,ovvero ancora sequestrando capi di abbigliamento di colore nero o
scuro, nella consapevolezza della impossibilità, anche dolosamente preordinata,
di poterne parimenti attribuire ad alcuno un possesso, infine attraverso le
false attestazioni indicate nel capo di accusa che precede, circa gli atti di resistenza armata e di massa o
condotte di resistenza attiva e violenta,
tali da giustificare l’uso della forza da parte degli operatori di
Polizia, che avevano proceduto alla irruzione nell’edificio e il conseguente
elevatissimo numero di feriti presenti tra gli arrestati;
in Genova
22.7.2001
In concorso
con Luperi Giovanni, Gratteri Francesco, Caldarozzi Gilberto, Mortola Spartaco,
Dominici Nando, Ferri Filippo, Ciccimarra Fabio, Di Sarro Carlo, Mazzoni
Massimo, Di Novi Davide, Cerchi Renzo
3) (già capo E) della R.r.g.)
Delitto p. e
p. dagli artt. 110, 323 c.p., perché, nelle rispettive qualità e ruoli
descritti ai precedenti capi di accusa e nello svolgimento delle loro funzioni,
all’esito della operazione di polizia, richiamata nei medesimi capi, nel corso della quale veniva eseguita
una perquisizione ad iniziativa autonoma ex art. 41 R.D. 18 giugno 1931 n. 773
(TULPSS) all’edificio scolastico A.Diaz-Pertini, sito in Genova, Via Battisti,
in dolosa violazione di norme di legge (artt. 13 e 27 Cost., 380, 381, 382, 389
c.p.p.), in concorso tra loro, pervenivano alla decisione e, conseguentemente,
eseguivano l’indiscriminato arresto in flagranza di tutte le persone trovate al
momento all’interno del medesimo edificio o ritenute comunque occupanti lo
stesso, per i reati di
associazione per delinquere finalizzata alla devastazione ed al saccheggio,
resistenza aggravata a pubblico ufficiale, possesso di congegni esplosivi ed
armi improprie, in macroscopica assenza di elementi che giustificassero l’adozione di tale misura nei
confronti di ciascuna delle predette persone, pur indicando titoli di reato che
astrattamente avrebbero consentito l’arresto ad iniziativa della P.G., così
intenzionalmente cagionando alle stesse un danno ingiusto consistito nella
privazione della libertà personale. (Nella fattispecie, anche avvalendosi delle
condotte descritte nei precedenti capi di accusa, veniva eseguito l’arresto di
Albrecht Thomas ed altre novantadue persone, tutte senza distinzione denunciate
come responsabili dei delitti loro ascritti in concorso (i.e. associazione per
delinquere finalizzata alla devastazione ed al saccheggio, resistenza aggravata
a pubblico ufficiale, possesso di congegni esplosivi ed armi improprie), senza
disporre per ognuno di loro di concreti elementi su cui fondare una
responsabilità personale, in particolare:
- deliberatamente omettendo di attribuire
a ciascuno il possesso dei vari reperti che venivano posti in sequestro e considerati elementi di prova
a carico di tutti gli arrestati;
- strumentalmente
qualificando reperti come armi improprie in possesso illegale degli arrestati;
-
deliberatamente omettendo di specificare le circostanze concrete dell’arresto
di Mark Covell, fermato e
gravemente ferito da operatori di Polizia non identificati all’esterno dell’edificio, in fase
addirittura antecedente alla irruzione e quindi alla commissione dei reati di
resistenza aggravata e violenza a pubblico ufficiale, ovvero le circostanze in
cui altri soggetti venivano arrestati, alcuni al di fuori dell’edificio, altri
colti nel sonno, comunque nella evidente situazione di estraneità quantomeno ad
azioni di resistenza;
- dolosamente
omettendo di considerare circostanze in fatto concretamente valutabili e quelle
sopra indicate, che avrebbero
comportato comunque l’obbligo di disporre l’immediata liberazione degli arrestati in particolare l’assoluta non
riferibilità a tutti ed a ciascuno della flagrante commissione dei reati
contestati .
In Genova
22.7.2001
PROC. riunito N. 1079/08 DIB, n. 6115/05 GIP,
2774/04 NR
TROIANI PIETRO
del delitto di
cui agli artt. 110, 479 c.p. perché, in concorso con le persone indicate nel
capo di cui sub b) nel procedimento connesso 14525/01 per cui si procede
separatamente, nella qualità di vice Questore aggiunto, al comando di operatori
appartenenti al Reparto Mobile della Polizia di Stato non meglio identificati,
fra cui l’Assistente Burgio, del 1° Reparto Mobile di Roma, essendo intervenuto
con funzioni di supporto e comunque per assicurare le condizioni di sicurezza esterne
nei luoghi ove era in corso una perquisizione ad iniziativa autonoma ex art. 41
R.D. 18.06.1931 n. 773 (TULPSS) presso l’edificio scolastico A. Diaz-Pertini,
con la condotta di cui al capo o) del procedimento sopra richiamato, avendo
consegnato, per il tramite dell’assistente Burgio da lui all’uopo diretto, due
bottiglie incendiarie del tipo c.d. Molotov a colleghi e funzionari di polizia
superiori per grado, intenti alle operazioni di perquisizione ed in particolare
alla ricerca di armi che riconducessero agli occupanti dell’edificio la
responsabilità degli scontri avvenuti con le forze dell’ordine nei giorni
precedenti e l’appartenenza al gruppo definito “Black Bloc”, consentiva che ne
fosse evidenziata, da parte degli estensori e sottoscrittori dei verbali di
arresto e di perquisizione e sequestro, la disponibilità in capo agli occupanti
l’edificio in cui era in atto la perquisizione, con la falsa attestazione nei
predetti atti del rinvenimento delle bottiglie incendiarie nel contesto
descritto, all’interno della scuola perquisita o nelle pertinenze della stessa,
avendo invece egli stesso constatato o esattamente appreso il rinvenimento
delle medesime bottiglie da parte di altro personale di polizia in luogo e
contesto anche temporale assolutamente diversi.
In Genova,
nella notte tra il 21 ed il 22.07.01.
GAVA Salvatore:
del reato di
cui all’art. 479 c.p. per avere in qualità di Commissario Capo della Polizia di
Stato aggregato alla Questura di Genova, attestato, in maniera non conforme al
vero, sottoscrivendo il relativo verbale di perquisizione e sequestro,
trasmesso alla A.G. il 22.07.2001, in relazione all’arresto di Albrecht Thomas
ed altre novantadue persone che venivano denunciate per i delitti di
associazione per delinquere finalizzata alla devastazione ed al saccheggio,
resistenza aggravata a pubblico ufficiale, possesso di congegni esplosivi ed
armi improprie, di aver “proceduto alla perquisizione ex art. 41 TULPPSS dei
locali della scuola Diaz sita in Via Cesare Battisti ed al conseguente sequestro
di armi, strumenti di offesa ed altro materiale”;
In Genova,
21-22.07.01
CON LE PARTI CIVILI:
1. ALBERTI MASSIMO, nato a Brescia il 07/04/1978
C.F. = LBR MSM 78D 157R
Residente a Brescia, Via Cerca 12
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia avv. Manlio VICINI del Foro di Brescia,
procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
2. ALBRECHT
DANIEL THOMAS, nato a DRESDEN (RFT) il 9/11/1979
C.F. = LBR DLT 79S 09Z 112Z
Residente a Berlino,
Koepenickerstrasse n. 93
Domiciliato presso lo studio del
difensore di fiducia Avv. Carlo MALOSSI del Foro di Modena, procuratore
speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
3. ALEINIKOVAS TOMAS, nato a SIAULIAI (Lituania)
il 3/2/1981
C.F. = LNK TMS 81B 03Z 146P
Residente a Siauliai in Lituania,
Darbininku g. 37
Domiciliato presso lo studio del
difensore di fiducia avv. Fabio TADDEI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza dibattimentale del
19/05/2005 e all’udienza dibattimentale del 12/10/05 nel procedimento nr. 5045/05 DIB poi riunito al presente
4. ALLUEVA FORTEA ROSANA, nata a TERUEL (E) il
16/09/1980
C.F. = LLV RSN 80P 56Z 131H
Residente in Monreal del Campo, Calle Saragoza n.
1 (Spagna)
Domiciliata presso lo studio del difensore di fiducia avv. Emanuele
TAMBUSCIO del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza dibattimentale del 12/10/05 nel procedimento nr.
5045/05 DIB poi riunito al presente
5. ASSOCIAZIONE GIURISTI DEMOCRATICI DI GENOVA
C.F. = 95105040109
In persona del legale rappresentante pro tempore,
con sede in Genova, Salita Salvatore Viale 5/8 s
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Emilio ROBOTTI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004
6. BACHMANN BRITTA AGNES, nata a RHEINFELDEN (Germania) il 15/07/1977
C.F. = BCH BTT 77L
55Z 112A
Residente a Berlino
(Germania) Weserstrasse 56
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia avv. Filippo GUIGLIA del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza preliminare del 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04
GIP poi riunito al presente
7. BACZAK GRZEGORZ, nato a NOWY TOMYSL (Polonia)
il 3/3/1982
C.F. = BCZ GZG 82C 03Z 127H
Residente in Szczelin (Polonia) Vl Jasna 95/7
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Gianluca VITALE del Foro di Torino, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
8. BALBAS RUIZ AITOR, nato a PAMPLONA (ES) IL
9/10/1970
C.F. = BLB TRA 70R 09Z 131I
Residente in Pamplona, Travercia de Acella 6
Domiciliato presso lo studio del difensore di fiducia avv. Ezio MENZIONE
del Foro di Pisa, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza preliminare del 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP poi riunito al presente
9. BARO WOLFGANG KARL, nato a GIENGEN AN DER BRENZ
(RFT) il 27/11/1970
C.F. = BRA WFG 70S 27Z 112I
Residente a Berlino (RFT) Liegnitzerstrasse 10
Domiciliato presso lo studio dell’Avv. Carlo
MALOSSI del Foro di Modena, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza dibattimentale del
06/04/2005
10. BARRINGHAUS GEORG, nato a Recklinghausen (GERMANIA) il 26/11/1981
C.F. = BRR GRG 81S 26Z 112V
Residente a Colonia (Germania) Nussbaumer Strass
252
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Raffaella MULTEDO del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004, all’udienza preliminare del 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP
poi riunito al presente e all’udienza dibattimentale 12/10/05 nel procedimento
nr. 5045/05 DIB poi riunito al presente
11. BARTESAGHI ENRICA (madre di Bartesaghi Gallo
Sara) nata a Mandello del Lario (Lc) il 15/11/1954
C.F. = BRT NRC 54S 55E 879W
Residente ad Abbadia Lariana, Via
Parrocchiale 22
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Gilberto PAGANI del Foro di Milano, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del 26/06/2004,
all’udienza preliminare del 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP poi riunito
al presente e all’udienza dibattimentale 12/10/05 nel procedimento nr. 5045/05
DIB poi riunito al presente
12. BARTESAGHI GALLO SARA, nata a Lecco 7/5/1980
C.F. = BRT SRA 80E
47E 507K
Residente ad
Abbadia Lariana, Via Parrocchiale 22
Domiciliata presso
lo studio del difensore di fiducia avv. Gilberto PAGANI del Foro di Milano,
procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004, all’udienza preliminare del 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP
poi riunito al presente, all’udienza dibattimentale 12/10/05 nel procedimento
nr. 5045/05 DIB poi riunito al presente e all’udienza preliminare 3/12/07 nel
procedimento nr. 6115/05 GIP poi riunito al presente
13. BERTOLA MATTEO, nato a Lecco il 4/7/1971
C.F. = BRT MTT 77L
04E 507R
Residente in Lecco,
Via dell’Eremo 28d
Domiciliato presso
lo studio del difensore di fiducia Avv. Mirko MAZZALI del Foro di Milano,
procuratore speciale
Costituitosi
all’udienza preliminare del 26/06/2004
14. BIANCO PAOLA nata a Torino il 12/04/1963
C.F. = BNC PLA 63D 52L 219G
Residente in Torino, Lungodora Savona 16
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Maria D’ADDABBO del Foro di Roma, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004
15. BLAIR JONATHAN NORMAN, nato a NEW PORT (GB) il
31/3/1963
C.F. = BLR JTH 63C 31Z 114G
Residente a Londra (Gb) 37 Honover Road
Procuratore
speciale avv. Richard Parry di Londra
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Maria D’ADDABBO del Foro di Roma
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004, all’udienza dibattimentale
del 29/06/05 e all’udienza dibattimentale 12/10/05 nel procedimento nr.
5045/05 DIB poi riunito al presente
16. BODMER FABIENNE NADIA, nata a ZURIGO (Svizzera) il 26/10/1979
C.F. = BDM FNN 79R 66Z 133T
Residente a Zurigo (Svizzera),
Trichtenhausenstrasse 144
Domiciliata presso
lo studio del difensore di fiducia Avv. Lorenzo TRUCCO del Foro di Torino,
procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004
17. BRAUER STEFAN, nato a Berlino (Germania) il 24/07/1971
C.F. = BRR SFN 71L 24Z 112D
Residente a Berlino (Germania) Fehrbelliner
Strasse 6
Domiciliato presso lo studio del difensore di fiducia
avv. Fausto GIANELLI del Foro di Modena, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza dibattimentale del
06/04/2005
18.
BRIA FRANCESCA nata a Roma l’11/11/1977
C.F. = BRI FNC 77S 51H 501U
Residente a Roma in Via Cortina d’Ampezzo 60
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Simone SABATTINI del Foro di Bologna, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004
19. BROERMANN GROSSE MIRIAM, nata a FRANKFURT AM
MAIN (Germania) l’8/11/1979
C.F. = BRR MRM 79S 48Z 112T
Residente a
Berlino, Lichtenrader Strasse 11
Domiciliata presso lo studio del difensore di fiducia avv. Laura
TARTARINI del Foro di Genova,
procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004
20. BRUSCHI VALERIA, nata a FERRARA il 26/2/1975
C.F. = BRS VLR 75B 66D 548X
Residente a Berlino (Germania) Mulacksrasse 18
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia avv. Emanuele TAMBUSCIO del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del 26/06/2004
e all’udienza preliminare del 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP poi
riunito al presente
21. BRUSETTI RONNY nato a Milano il 10/03/1976
C.F. = BRS RNY 76C 10F 205N
Residente a Seregno (Mi), Via B. Brecht 18
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia avv. Gilberto PAGANI del Foro di Milano, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
22. BUCHANAN SAMUEL, nato a PARAPARAUMU (Nuova
Zelanda) il 2/06/1965
C.F. = BCH SML 65H 02Z 719Q
Residente in Peakakariki (Nuova Zelanda) 34 Ocean Road
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia avv. Gilberto PAGANI del Foro di Milano, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza dibattimentale 12/10/05 nel procedimento nr. 5045/05
DIB poi riunito al presente
23. CEDERSTROM INGRID THEA HELENA, nata a
JONKOPING (Svezia) il 29/11/1976
C.F. = CDR NRD 76S 69Z 132F
Residente in Malmo (Svezia) in Amiralsgatan 1
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Sandro CANESTRINI del Foro di Rovereto, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza dibattimentale 12/10/05 nel procedimento nr. 5045/05
DIB poi riunito al presente
24. CESTARO ARNALDO, nato ad AGUGLIARO (Vi)
l’11/5/1939
C.F. = CST RLD 39E 11A 093A
Residente in Agugliaro (Vi) Via Roma 1
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Aurelio DI RELLA del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
03/07/2004 e all’udienza dibattimentale 12/10/05 nel procedimento nr. 5045/05
DIB poi riunito al presente
25. CHMIELEWSKI MICHAL, nato a OSTROW
WIELKOPOLSKI (POLONIA) il 25/10/1979
C.F. = CHM MHL 79R 25Z 127H
Residente a Lewkow (Polonia) ul. Kwiatkowska 4/10
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Fabio TADDEI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza preliminare 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP
poi riunito al presente
26. CIRIO DANIELE nato a Firenze l’01/11/1978
C.F. = CRI DNL 78S 01D 612G
Residente in Firenze, Via Vittorio Emanuele 126
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Federico MICALI del Foro di Firenze, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del 26/06/2004
27. COBAS (CONFEDERAZIONE DEI COMITATI DI BASE)
Nella persona del legale
rappresentante e Presidente Domenico Teramo nato a Roma il 16/01/1962
C.F. = TRM DNC 62A 16H 501Y
Corrente in Via Sannio 61 - Roma
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia avv. Simonetta CRISCI del Foro di Roma, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza dibattimentale del
06/04/2005 e all’udienza dibattimentale 12/10/05 nel procedimento nr. 5045/05
DIB poi riunito al presente
28. COELLE BENJAMIN, nato a FILDERSTADT (Germania)
il 3/2/1980
C.F. = CLL BJM 80B 03Z 112H
Residente a Berlino (Germania)
Auguststrasse 91
Domiciliato presso lo studio del difensore di fiducia Avv. Fabio TADDEI
del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004, all’udienza preliminare 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04
GIP poi riunito al presente e
all’udienza preliminare 3/12/07 nel procedimento nr. 6115/05 GIP poi riunito al
presente
29. CORDANO ENRICO nato a Genova il 25/06/1948
C.F. = CRD NRC 48H 25D 969W
Residente in Genova, Salita Superiore San Gerolamo
55 A/1
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Laura TARTARINI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
30. COSTANTINI MASSIMO nato a Savona il 29/06/1956
C.F. = CST MSM 56H 29I 480C
Residente in Genova Piazza Boccanegra 1/6
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Laura TARTARINI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
31. COVELL MARK WILLIAM, nato a Londra (GB) il
17/8/1967
C.F. = CVL MKW 67M 17Z 114D
Residente a Londra (Gb) 98 Queen’s Park Court
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Massimo PASTORE del Foro di Torino, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza preliminare 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP
poi riunito al presente
32. CUNNINGAM DAVID JOHN, nato a Stratford-Ontario
(CANADA) il 4/7/1978
C.F. = CNN DDJ 78L 04Z 401Z
Residente in 406-251 Union Street, Vancouver
(Canada)
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Fausto GIANELLI del Foro di Modena, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza dibattimentale del
19/05/2005
33. DIGENTI
SIMONA, nata a DIELSDORF (Svizzera) il 9/3/1980
C.F. = DGN SMN 80C 49Z 133W
Residente in Rumlang (Svizzera) Obermattenstrasse
25
Domiciliata presso lo studio del difensore di fiducia Avv. Emanuele
TAMBUSCIO del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza dibattimentale 12/10/05 nel procedimento nr. 5045/05
DIB poi riunito al presente
34. DI PIETRO ADA ROSA, nata a Brescia il
21/10/1976
C.F. = DPT DRS 76R 61B 157V
Residente in Darfo Boario Terme (Bs) Vicolo S.
Gaudenzio 10
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Patrizia MALTAGLIATI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza dibattimentale 14/10/05 nel procedimento nr. 5045/05
DIB poi riunito al presente
35. DOHERTY NICOLA ANNE, nata a ELGIN (Scozia) il
24/7/1974
C.F. = DHR NLN 74L 64Z 114Z
Residente a Londra (Gb) Mercers Road 97B
Procuratore speciale avv. Matthew Isaac Foot di
Londra
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Gilberto PAGANI del Foro di Milano
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004, all’udienza dibattimentale 6/4/05 e all’udienza dibattimentale
12/10/05 nel procedimento nr. 5045/05 DIB poi riunito al presente
36. DREYER JEANNETTE SYBILLE, nata a WEINHEIM
(Germania) il 19/01/1970
C.F. = DRY JNT 70A 59Z 112P
Residente a Weinheim (Germania) Stettinerstrasse
18
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Carlo MALOSSI del Foro di Modena, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004
37. DUMAN MESUT, nato a KIEL (Germania) il
19/11/1975
C.F. = DMN MST 75S 19Z 112N
Residente in Schopfheim (Germania) Haupstrasse n.
120/d
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Gianluca VITALE del Foro di Torino, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
38.ENGEL
JAROSLAW JACEK, nato a WROCLAW (Polonia) il 5/7/1972
C.F. = NGL JCK 72L 05Z 127E
Residente in Wroclaw (Polonia), via Pilawska 8/7
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Laura TARTARINI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
39. FASSA LILIANA (madre di Di Pietro Adarosa) nata a Brescia il
15/02/1949
C.F. = FSS LLN
49B 55B 157A
Residente in Darfo Boario Terme
(Bs) Vicolo S. Gaudenzio 10
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia avv. Alessio CONTI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza dibattimentale del
06/04/2005 e all’udienza dibattimentale 14/10/05 nel procedimento nr. 5045/05
DIB poi riunito al presente
40. FLETZER ENRICO nato a Treviso il 22/10/1956
C.F. = FLT NRC 56R 22L 407C
Residente in Venezia, San Marco 1776
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Simone SABATTINI del Foro di Bologna, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del 26/06/2004
41. FNSI (FEDERAZIONE NAZIONALE DELLA STAMPA
ITALIANA)
C.F. 01407030582
Nella persona del legale rappresentante pro
tempore
Corrente in Roma, Corso Vittorio Emanuele II n.
349
Difesa da avv. Bruno DEL VECCHIO del Foro di Roma,
procuratore speciale
Domiciliata presso lo studio dell’avv. Laura
Tartarini del Foro di Genova
Costituitasi all’udienza dibattimentale del
19/05/2005
42.
FORTE MAURO nato a Portici (Na) il 03/09/1966
C.F. = FRT MRA 66P 03G 902X
Residente a Napoli in Via Monteoliveto 86
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Luca MOSER del Foro di Modena
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
43. GALANTE STEFANIA, nata a Padova il 09/01/1972
C.F. = GLN SFN 72A 49G 224B
Residente a Padova in Via Germiniani 7
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Aurora D’AGOSTINO del Foro di Padova, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004
44.
GALEAZZI LORENZO nato a Milano il 25/11/1977
C.F. = GLZ LNZ 77S 25F 205X
Residente a Bologna, Via della Salita 21
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Francesco ROMEO del Foro di Roma, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
45.GALLOWAY IAN FARREL, nato a BALTIMORA (USA) il
21/3/1975
C.F. = GLL NRR 75C 21Z 404K
Residente in
1/2 W. Marchall Street Richmond VA
(USA) 7PN
Domiciliato presso
lo studio del difensore di fiducia Avv. Dario ROSSI del Foro di Genova, procuratore
speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
23/09/2004 e all’udienza dibattimentale 12/10/05 nel procedimento nr. 5045/05
DIB poi riunito al presente
46. GANDINI ETTORINA nata ad Albenga (Sv) il
22/11/1945
C.F. =
GND TRN 45S 62A 145Z
Residente in Cornaredo (Mi) Via Colombo 90
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Gilberto PAGANI del Foro di Milano
Costituitasi il 10/03/2005 con deposito in
cancelleria e all’udienza dibattimentale 12/10/05 nel procedimento nr. 5045/05
DIB poi riunito al presente
47. GATERMANN CHRISTIAN, nato ad AMBURGO il
13/10/1971
C.F. = GTR CRS 71R 13Z 112F
Residente in Amburgo (Germania) Borselstrasse 11
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Filippo GUIGLIA del foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza preliminare 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP
poi riunito al presente
48. GENOA SOCIAL
FORUM
Nella persona del suo portavoce e presidente
pro-tempore Vittorio Agnoletto, nato a Milano il 06/03/1958
C.F. = GNL VTR 58C 06F 205S
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Dario ROSSI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costitutitosi all’udienza dibattimentale del
06/04/2005 e all’udienza dibattimentale 12/10/05 nel procedimento nr. 5045/05
DIB poi riunito al presente
49. GIESER MICHEL ROLAND nato a Solentuna (Svezia)
il 12/11/1965
C.F. = GSR MHL 65S 12Z 132W
Residente a Brugge in Belgio, Diksmuidse Heerweg
328
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Massimo PASTORE del Foro di Torino, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
50. GIOVANNETTI IVAN, nato a Milano l’1/12/1977
C.F. = GVN VMC 77T 01F 205C
Residente in Cornaredo (Mi) in via C. Colombo 90
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Gianluca SACCO del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
51. GÖL SUNA, nata a ICEL (Turchia) il 16/5/1965
C.F. = GLO SNU 65E 56Z 243D
Residente ad Allshwill, Basilea (Svizzera)
Bettenstrasse 10
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Massimo PASTORE del Foro di Torino, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza preliminare 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP
poi riunito al presente
52. HAGER MORGAN KATHERINE, nata a Portland in
Oregon (USA) 12/5/1981
C.F. = HGR KHR 81E 52Z 404B
Residente a Portland in
Oregon (USA) 9211 S.W. 36th
Procuratore speciale Susan Hager (madre)
Domiciliata presso lo studio del difensore avv. Laura TARTARINI del Foro
di Genova, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004
53. HALDIMANN FABIAN, nato a Basilea (CH) il
20/04/1979
C.F. = HLS FBN 79D 20Z 133U
Residente ad Arisdorf (Ch) Hauptstrasse 38
Domiciliato presso lo studio
del difensore di fiducia avv. Piero AGUSTONI del Foro di Genova, procuratore
speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
54. HEGLUND CECILIA, nata a STOCCOLMA il
29/01/1975
C.F. = HGL CCL 75A 69Z 132Y
Residente a Bandhagen - Stockholm (Svezia),
Läggestavägen 23 - C.A.P. 12431.
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Nicola CANESTRINI del Foro di Rovereto, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del 26/06/04
e all’udienza dibattimentale 12/10/05 nel procedimento nr. 5045/05 DIB poi
riunito al presente
55. HEIGL MIRIAM, nata a MONACO di BAVIERA (Germania) il 17/11/1975
C.F. = HGL MRM 75S 57Z 112Q
Residente
Monaco di Baviera (Germania) Semmeringstrasse 7
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Laura TARTARINI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004
56. HERRERO VILLAMOR DOLORES, nata a MADRID (E) il
31/1/1937
C.F. = HRR DRS 37A 71Z 131R
Residente a Brema (Germania) Berlinerstrasse 4
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Filippo GUIGLIA del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004, all’udienza preliminare 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP poi
riunito al presente e all’udienza preliminare 3/12/07 nel procedimento nr.
6115/08 GIP poi riunito al
presente
57. HERRMANN JENS, nato a WEHRDA (RFT) il
13/10/1972
C.F. = HRR JNS 72R 13Z 112Z
Residente a Berlino (RFT) Brunnenstrasse 183
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Carlo MALOSSI del Foro di Modena, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
58. HERRMANN JOCHEN, nato a RUSSELHEIM (Germania)
il 8/09/1981
C.F. = HRR JHN 81P 08Z 112Y
Residente a Bensheim (RFT) Darmstaedterstrasse 245
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Carlo MALOSSI del Foro di Modena, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
59. HINRICHSMEYER THORSTEN, nato ad AMBURGO
(Germania) il 4/6/1973
C.F.
= HNR TRS 73H 04Z 112E
Residente ad Amburgo (Germania) Ludwigstrasse 8
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Marco CAFIERO del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza preliminare 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP poi riunito al presente
60. HUBNER TOBIAS, nato a MONACO (Germania) il
12/1/1976
C.F. = HBN TBS 76A 12Z 112G
Residente a Monaco (Germania) Georgenstrasse 102
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Liana NESTA del Foro di Napoli, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
61. HUTH ANDREAS nato a Magdeburgo (Germania) il
28/03/1973
C.F. = HNT NRS 73C 28Z 112E
Residente in Berlino (germania) Schwedter Strasse
262
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Francesca COSTA del Foro di Genova
Costituitosi all’udienza dibattimentale del
06/04/2005
62. JAEGER
LAURA, nata a LAUTERBACH (Germania) il 15/02/1981
C.F. = JGR LRA 81B 55Z 112T
Residente in Calle Marina 132, Barcellona (Spagna)
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia avv. Claudio NOVARO del Foro di Torino, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del 26/06/04,
all’udienza preliminare 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP poi riunito al
presente e all’udienza preliminare 3/12/07 nel procedimento nr. 6115/05 GIP poi riunito al presente
63. JONASCH MELANIE, nata a KEMPTEN ALLGAU (RFT) il
12/01/1973
C.F. = JHS MLN 73A 52Z 112B
Residente a Berlino (RFT) Brunnenstrasse 7
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Carlo MALOSSI del Foro di Modena, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004
64. KRESS HOLGER, nato a PUERTO ORDAZ (Venezuela) il
25/7/1979
C.F. = KRS HGR 79L 25Z 614J
Residente ad Amburgo (Germania) Hebebrandstrassen 2a
Domiciliato presso lo studio del difensore di fiducia Avv. Filippo GUIGLIA
del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza preliminare 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP
poi riunito al presente
65. KUTSCHKAU ANNA JULIA, nata a BERLINO
(Germania) il 23/6/1980
C.F. = KTS NJL 80H 63Z 112C
Residente a Berlino (Germania)
Reichenbergerstrasse 125
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Riccardo PASSEGGI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004, all’udienza preliminare 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP poi
riunito al presente e all’udienza preliminare 3/12/07 nel procedimento nr. 6115/05 GIP poi riunito al presente
66. LELEK STELLA nata a Herne in Germania il
28/09/1981
C.F. = LLK SLL 81P 68Z 112Z
Residente a Oer Erkenschwick 45739 (Germania),
Johannesstrasse 30
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Dario ROSSI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004
67. LUPPICHINI MANOLO nato a Roma il 25/10/1963
C.F. = LPP MNL 63R 25H501W
Residente a Roma in Lungo Tevere dei Mellini 30
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Simone SABATTINI del Foro di Bologna, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
68. LUTHI NATHAN RAPHAEL, nato a WOHLEN (Svizzera)
il 25/8/1978
C.F. = LHT NHN 78M 25Z 133U
Residente a Zurigo in Svizzera, Brauedstrasse 9
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Lorenzo TRUCCO del Foro di Torino, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
69. MARCUELLO FELIX PABLO, nato a SARAGOZZA (E) il
5/11/1965
C.F. =MRQFXP65S05Z131D
Residente in Saragozza, Calle Josè De Ancheta 1
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Alessandro GAMBERINI del Foro di Bologna, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza dibattimentale 12/10/05 nel procedimento nr. 5045/05
DIB poi riunito al presente
70. MARTENSEN NIELS, nato a KAPPELN (Germania)
l’8/1/1977
C.F. = MRT NLS 77A 08Z 112D
Residente ad Amburgo (Germania) Ebertalle 30
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Francesca COSTA del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza preliminare 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP poi riunito al presente
71 .MARTINEZ FERRER ANA, nata a BARCELLONA (E) il 20/10/1975
C.F. = MRT NAA 75R 60Z 131Y
Residente in Tarazona, Fueros De Aragon 54, 2/a
(Spagna)
Procuratore speciale avv. Laia Serra Perellò di
Barcellona
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Emanuele TAMBUSCIO del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004, all’udienza dibattimentale del 6/4/05 e all’udienza dibattimentale
12/10/05 nel procedimento nr.
5045/05 DIB poi riunito al presente
72. MASSO’ PAZ GUILLERMO, nato a FERROL (ES) il
28/9/1976
C.F. = MSS GLR 76P 28Z 131U
Residente in Saragozza, Via Ateca 38/3°
Domiciliato presso lo studio del difensore di fiducia Avv. Emanuele
TAMBUSCIO, Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004, all’udienza dibattimentale 12/10/05 nel procedimento nr. 5045/05 DIB poi riunito al presente
e all’udienza preliminare 3/12/07 nel procedimento nr. 6115/05 GIP poi riunito al presente
73. MASU ANDREA nato a Cremona il 02/08/1970
C.F. = MSA NDR 70M 02D 150T
Residente a Bologna in Via Alessandrini 13
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Luca MOSER del Foro di Modena, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del 26/06/2004
74. MC QUILLAN DANIEL MARC THOMAS nato a NORTHAMPTON (GB) il 23/9/1963
C.F. = MCQ DLM 63P 23Z 114I
Residente a Londra (Gb) 69 Tower Garden Road N17
7PN
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Gilberto PAGANI del Foro di Milano , procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza dibattimentale 12/10/05 nel procedimento nr. 5045/05 DIB poi riunito al presente
75. MESSUTI RAFFAELE nato a Maratea (Pz) il 18/06/1979
C.F. = MSS RFL 79H 18E 919R
Residente a Nemoli (Pz) in Via Lago Sirino 101
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Simone SABATTINI del Foro di Bologna, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
76. MIRRA CHRISTIAN, nato a BENEVENTO il 14/6/1977
C.F. = MRR CRS 77H 14A 783Y
Residente a Benevento, Via Manfredi di Svevia 15
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Fabio TADDEI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza preliminare 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP
poi riunito al presente
77. MORET FERNANDEZ DAVID, nato a LLEIDA (E) il
7/11/1971
C.F. = MRT FNN 71S 07Z 131G
Residente in Lleida (Spagna) C/Rambla de Ferran 52, 5°-3^
Procuratore speciale avv. David Burgos Marco di
Saragozza
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Ermanno DALLORTO del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004, all’udienza dibattimentale 6/4/05 e all’udienza dibattimentale
14/10/05 del procedimento nr. 5045/05 DIB poi riunito al presente
78. MOTH RICHARD ROBERT, nato a PORTSMOUTH (GB) il
9/11/1968
C.F. = MTH RHR 68S 09Z 114O
Residente in 97b Mercers Road, Londra
Procuratore speciale avv. Matthew Isaac Foot di Londra
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Simonetta CRISCI del Foro di Roma, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza dibattimentale 12/10/05 del procedimento nr. 5045/05
DIB poi riunito al presente
79. NANNI MATTEO nato a Genova il 28/12/1970
C.F. = NNN MTT 70R 28D 969N
Residente a Freiburg Germania, Neubergweg 2
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Laura TARTARINI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
80. NATHRATH ACHIM, nato a MONACO DI BAVIERA (Germania)
il 31/12/1969
C.F. = NTH CHM 69T 31Z 112D
Residente a Monaco di Baviera (Germania) in Waldhornstrasse 101
Difeso da avv. Michael Hofmann del Foro di Monaco di Baviera (D),
procuratore speciale, di concerto
con l’avv. Dario ROSSI del Foro di Genova, ex art. 6 lett. B legge 31/1982
Domiciliato presso lo studio dell’Avv. Dario ROSSI del Foro di Genova
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
81. NOGUERAS CHABIER FRANCHO CORRAL, nato a
SARAGOZZA (E) il 14/02/1965
C.F. = NGR FNC 65B 14Z 131P
Residente in Saragoza (Spagna) Anselmo Gascon de
Gotor 9/3 izda
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia avv. Antonio LERICI del foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza preliminare 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP poi riunito al presente
82. OLSSON
HEDDA KATARINA, nata a
AKKHLGONA (SVEZIA) il
1/5/1981
C.F. = LSS HDK 81E 41Z 132U
Residente a Malmo (Svezia) in Amiralsgatan 1
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Nicola CANESTRINI del Foro di Rovereto, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza dibattimentale 12/10/05 del procedimento nr. 5045/05
DIB poi riunito al presente
83. OTTOVAY KATHRIN, nata a MUNCHEN (GERMANIA) il
9/11/1978
C.F. = TTV KHR 78S 49Z 112Y
Residente a Berlino in Urbanstrasse 67 - Germania
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Andrea VERNAZZA del Foro di Chiavari, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004
84. PANCIOLI GUADAGNUCCI LORENZO, nato a PESCIA (PT) il 3/12/1963
C.F. = PNC LNZ 63T 03G 491K
Residente in Firenze via Ugo Foscolo 11
Domiciliato presso lo studio del difensore di fiducia Avv. Alfredo GALASSO
del Foro di Palermo, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza dibattimentale 12/10/05 nel procedimento nr. 5045/05
DIB poi riunito al presente
85. PATZKE JULIA, nata a DANNENBERG ELBE (RFT)
il 5/7/1980
C.F. = PTZ JLU 80L 45Z 112T
Residente a Langendorf, Elbuferst 5 29484
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Simone SABATTINI del Foro di Bologna, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza dibattimentale 12/10/05 del procedimento nr. 5045/05 DIB poi riunito al presente
86. PAVARINI FEDERICO nato a Parma il 18/02/1977
C.F. = PVR FRC 77B 18G 337U
Residente a Guidonia Montecello (Roma) Via del
Cigno 11
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Francesco ROMEO del Foro di Roma, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
87. PERRONE VITO, nato a FOGGIA il 20/12/1977
C.F. = PRR VTI 77T 20D 643L
Residente in Foggia, Via Papa Leone XIII n. 79
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Felicia (detta Licia) D’AMICO del Foro di Roma, procuratore
specale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza dibattimentale 12/10/05 del procedimento nr. 5045/05
DIB poi riunito al presente
88. PETRONE ANGELA, nata a FOGGIA il 19/6/1980
C.F. = PTR NGL 80H 59D 643E
Residente a a Foggia in Via Borrelli 47
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Mino CAVALLO del Foro di Taranto, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004
89. PODOBNICH GABRIELLA nata a Trieste il
18/06/1959
C.F. = PDB GRL 59H 58L 424V
Residente in San Pietro in Casale (Bo) Via
Massumatico 4121B
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Simone SABATTINI del Foro di Bologna, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004
90. POLLOK
RAFAEL, nato a Klausberg/Beuthen (Polonia) il 3/1/1976
C.F. = PLL RFL 76A 03Z 127
Residente a Berlino (Germania) Boxhagenerstrasse
22
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Fabio TADDEI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004, all’udienza preliminare del 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP
poi riunito al presente e all’udienza preliminare del 3/12/07 nel procedimento
nr. 6115/05 GIP poi riunito al presente
91. PRIMOSIG FEDERICO, nato a ROMA il 28/12/1978
C.F. = PRM FRC 78T 28H 501D
Residente a Roma, Via A. D. Gabbiani 60
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Giuseppe Maria NADALINI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
92. PROVENZANO MANFREDI, nato a PALERMO il
28/3/1982
C.F. = PRV MFR 82C 28G 273O
Residente in Roma,Via Monte delle Gioie n. 24
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Paolo Angelo SODANI del Foro di Roma, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza dibattimentale del 12/10/05 nel procedimento nr.
5045/05 DIB poi riunito al
presente
93. RADIO ONDA D’URTO ASSOCIAZIONE CULTURALE
C.F. = 02084620174
Con sede in Brescia, Via Luzzago 2/b, nella
persona del Presidente pro tempore
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Manlio Vicini del Foro di Brescia, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004
94. RESCHKE
KAI MANFRED, nato a DETTELBACH (GERMANIA) il 26/2/1982
C.F. = RSC KNF 82B 26Z 112F
Residente a Mannheim in Germania, Werftstrasse n. 19
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Carlo MALOSSI del Foro di Modena, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
95. SAMPERIZ BENITO FRANCISCO JAVIER, nato a
SARAGOZZA il 14/5/1976
C.F. = SMP FNC 76E 14Z 131U
Residente a Saragozza (E) Calle Maria Zambrano
10/3b
Procuratore speciale avv. Riccardo Passeggi del
Foro di Genova
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Ermanno DALLORTO del
Foro di Genova
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza preliminare del 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04
GIP poi riunito al presente
96. SANZ MADRAZO FRANCISCO JAVIER, nato a PINEL DE
ABAJO (ES) il 3/12/1963
C.F. = SNZFNC63T03Z131M
Residente in Saragozza (Spagna) Calle Fueros de
Aragò 54
Procuratore speciale avv. Ramon Campos Garcia di
Saragozza
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Andrea VERNAZZA del Foro di Chiavari, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza dibattimentale 6/4/05
97. SCALA ROBERTA, nata a CAPRINO VERONESE (VE) il
19/11/1974
C.F. = SCL RRT 74S 59B 709E
Residente a CAPRINO VERONESE Via Gamberon 1/a,
domicilio dichiarato
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Andrea SANDRA del Foro di Udine, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
98. SCHIAVI GLORIA nata a Clusone (BG) il
03/06/1955
C.F. = SCH GLR 55H 43C 800W
Residente a Torino Via S. Ottavio 56
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Maria D’ADDABBO del Foro di Roma, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004
99. SCHLEITING MIRCO, nato a DUISBURG (GERMANIA)
il 25/5/1976
C.F. = SCH MRC 76E 25Z 112B
Residente in Kettelerstrasse 26 – Oberhausen -
Germania
Domiciliato presso lo studio dell’Avv. Andrea
SANDRA del Foro di Udine, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
100. SCHMIEDERER SIMON, nato a OBERKIRCH
(GERMANIA) il 28/06/1978
C.F. = SCH SMN 78H 28Z
112S
Residente a Berlino in Germania, in Rigaerstrasse
83
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia avv. Stefano BIGLIAZZI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza preliminare del 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04
GIP poi riunito al presente
101. SCRIBANI GIUSEPPE, nato a Genova il
16/10/1972
C.F. = SCR GPP 72R 16D 969K
Residente a Genova, Vico San Luca 2/4
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Laura TARTARINI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
102. SIBLER STEFFEN, nato a BERLINO
(GERMANIA) il 31/01/1978
C.F. = SBL SFF 78A 31Z 112J
Residente a Berlino in Germania, Gorlitser Strasse
37
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Fabio TADDEI del Foro
di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza preliminare 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP
poi riunito al presente
103. SICILIA JOSE’ LUIS, nato a BUENOS AJRES
(ARGENTINA) il 17/11/1959
C.F. = SCL JLS 59S 17Z 600M
Residente in Saragozza, Cores De Aragon 24/6c
Procuratore speciale avv. Michela Miraglia del
Foro di Genova
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Alessia VASSALLO del Foro di Genova
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza preliminare 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP
poi riunito al presente
104. SIEVEWRIGHT KARA nata a Vancouver-British
Columbia in CANADA il 10/8/1977
C.F. = SVW KRA 77M 50Z 401Z
Residente a Vancouver in 657 East 12th Street
(Canada)
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Fausto GIANELLI del Foro di Modena, procuratore speciale
Costituitasi parte civile all’udienza
dibattimentale del 19/05/2005
105. SOC. COOP LABORATORIO 2001
Nella persona del procuratore speciale sig.ra
MORANDO Daniela
C.F. = MRN DNL 69D 69H 501L
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Simonetta CRISCI del Foro di Roma, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza dibattimentale del 12/10/05 del procedimento nr.
5045/05 DIB poi riunito al presente
106. SVENSSON JONAS TOMMJ, nato a Tofteryd
(SVEZIA) il 12/10/1971
C.F. = SVN JNS 71R 12Z 32J
Residente a Malmo (Svezia) in Amiralsgatan 1
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Nicola CANESTRINI del Foro di Rovereto, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza dibattimentale del 12/10/05 del procedimento nr.
5045/05 DIB poi riunito al presente
107. SZABO JONAS, nato a NURNBERG (GERMANIA) il
24/2/1980
C.F. =
SZB JNS 80B 24Z 112P
Residente a Nurnberg (Germania) in Knauerstrasse 3
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Laura TARTARINI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza dibattimentale 06/04/05
108. TOMELLERI ENRICO, nato a ISOLA DELLA SCALA
(VR) il 16/1/1979
C.F. =TML NRC 79A 16E 349C
Residente a Buttapietra, ViaCarducci 1
Domiciliato presso lo studio del difensore di fiducia
Avv. Andrea SANDRA del Foro di Udine, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
109. TREIBER THERESA, nata a MONACO di BAVIERA
(GERMANIA) il 9/8/1967
C.F. = TRB TRS 67M 49Z 112Q
Residente in Kirchenstraβe 26, 81675 Monaco di
Baviera (Germania)
Procuratore speciale avv. Michael Hofman del Foro di Monaco di Baviera
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Giorgio BONAMASSA del Foro di Milano
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004
110. URGEGHE MARTA nata a Genova il 21/5/1981
C.F. = RGG MRT 81E 61D 969Y
Residente a Roma in Via G. Solino 13/4
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Ezio MENZIONE del Foro di Pisa, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004
111. VALENTI MATTEO MASSIMO nato a Erice (Tp) il
10/05/1976
C.F. = VLN MTM 76E 10D 423E
Residente a Bologna in Via Procaccino 13
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Alessandro GAMBERINI del Foro di Bologna, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
112. VON UNGER MORITZ KASPAR KARL, nato ad
HANNOVER (GERMANIA) il 9/5/1974
C.F. = VNN MTZ 74E 09Z 112U
Residente a Berlino, Sredzkistrasse 44
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Raffaele CARUSO del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza preliminare 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP
poi riunito al presente
113. WAGENSCHEIN KIRSTEN nata a HILDESHEIM
(GERMANIA) il 12/5/1968
C.F. = WGN KRS 68E 52Z 112B
Residente a Berlino in Germania in Graefestrasse
16
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Elena FIORINI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del 26/06/2004
114. WEISSE TANJA, nata ad AMBURGO il 23/9/1978
C.F. = WSS TNJ 78P 63Z 112Q
Residente ad Amburgo (Germania) Emil Jansen
Strasse 17
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Luca MOSER del Foro di Modena, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza preliminare del 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP poi riunito al presente
115. WIEGERS DAPHNE nata ad ASSEN (OLANDA) il
15/12/1973
C.F. = WGR DHN 73T 55Z 126H
Residente a Berlino in Germania in Cuvrystrasse 32
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Laura TARTARINI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004
116. ZAPATERO GARCIA GUILLERMINA nata a MADRID (E)
il 9/3/1974
C.F. = ZPT GLR 74C 49Z 131C
Residente a Berlino in Germania, Ackerstrasse 149
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Laura TARTARINI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004, all’udienza dibattimentale 6/4/05 e all’udienza preliminare 3/12/07
nel procedimento nr. 6115/05 GIP poi riunito al presente
117. ZEHATSCHEK SEBASTIAN nato a NEU-ULM (GERMANIA) il 23/1/1981
C.F. = ZHT SST 81A 23Z 112Y
Residente a Berlino (Germania) Hermannstrasse 226
Domiciliato presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Filippo GUIGLIA del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitosi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza preliminare del 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04
GIP poi riunito al presente
118. ZEUNER ANNA KATHARINA nata a BERLINO il
4/9/1978
C.F. = ZNR NKT 78P 44Z 112U
Residente a Berlino (Germania) Habelschwerdter
Allee 10
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Laura TARTARINI del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004
119. ZÜHLKE LENA nata ad Amburgo (GERMANIA) il
14/2/1977
C.F. = ZNL LNE 77B 54Z 112I
Residente ad Amburgo in Germania, Ebertalle 30
Domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia Avv. Filippo GUIGLIA del Foro di Genova, procuratore speciale
Costituitasi all’udienza preliminare del
26/06/2004 e all’udienza preliminare del 9/5/05 nel procedimento nr. 8341/04 GIP poi riunito al presente
.-.-.-.
APPELLANTI
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale
di Genova e il Procuratore Generale;
gli imputati TROIANI Pietro, CENNI Angelo, LEDOTI
Fabrizio, STRANIERI Pietro, ZACCARIA Emiliano, CANTERINI Vincenzo, FOURNIER
Michelangelo, BASILI Fabrizio, TUCCI Ciro, LUCARONI Carlo, COMPAGNONE Vincenzo,
NUCERA Massimo, PANZIERI Maurizio, FAZIO Luigi e BURGIO Michele;
il responsabile civile MINISTERO
DELL’INTERNO
le parti civili:
HINRICHSMEYER Thorsten, MARTENSEN
Niels, HUTH Andreas, GALANTE Stefania, WAGENSCHEIN Kirsten, BACHMANN BRITTA
Agnes, GATERMANN Christian, KRESS Holger, VILLAMOR HERRERO Dolores, ZEHATSCHEK
Sebastian, ZUHLKE Lena, BERTOLA Matteo, BARRINGHAUS Georg, GALEAZZI Lorenzo,
PAVARINI Federico, ALEINIKOVAS
Tomas, CHMIELEWSKI Michal, CÖELLE Benjamin, MIRRA Christian, POLLOK Rafael
Johann, SIBLER Steffen, ALLUEVA FORTEA Rosana, BRUSCHI Valeria, DIGENTI Simona, MARTINEZ FERRER Ana,
MASSO’ PAZ Guillermo, BROERMANN Miriam Grosse, ENGEL Jaroslaw Jacek, HAGER
MORGAN Katherine, HEIGL Miriam, SZABO Jonas, WIEGERS Daphne,
ZAPATERO GARCIA Guillermina, ZEUNER Anna Katharina, SCRIBANI Giuseppe,
CORDANO Enrico, COSTANTINI Massimo, NANNI Matteo, KUTSCHKAU Anna Julia,
SCHMIEDERER Simon, GALLOWAY Jan Farrel, NATHRATH Achim, PETRONE Angela, TREIBER
Teresa HUBNER Tobias, CESTARO Arnaldo, MORITZ VON UNGER Karl Kaspar, WEISSE
Tanya, COVELL William Mark, GOL Suna, BACZAK Grzegorz, DUMAN Mesut, BALBAS
Aitor Ruiz,
ALBRECHT Thomas Daniel, BARO Karl
Wolfgang, DREYER Sybil Jeannette, HERRMANN Jens, HERRMANN Jochen, JONASCH
Melanie, RESCHKE Manfred Kai, LUTHI Nathan Raphael, BODMER Fabienne Nadia,
SVENSSON Jonas Tommy, OLSSON Katarina Hedda, HEGLUND Cecilia, CEDERSTRÖM Ingrid
Thea Helena, OTTOVAY Kathrin, JAEGER Laura, VALENTI Matteo Massimo, FORTE
Mauro, MASU Andrea, BRIA
Francesca, FLETZER Enrico, PODOBNICH Gabriella, LUPPICHINI Manolo, MESSUTI
Raffaele, MARCUELLO Felix, PATZKE Julia, BARTESAGHI GALLO Sara, BARTESAGHI
Enrica, BRUSETTI Ronny, BUCHANAN Samuel, DOHERTY Nicola Anne, GANDINI Ettorina,
MC QUILLAN Daniel, GENOA SOCIAL FORUM, URGEGHE Marta, ASSOCIAZIONE GIURISTI
DEMOCRATICI DI GENOVA, Moret Fernandez David, SAMPERIZ Benito Francisco Javier,
GIOVANNETTI Ivan Michele, PROVENZANO Manfredi, NOGUERAS CHABIER Francho Corral;
in via incidentale dalla parte
civile FASSA Liliana
avverso la sentenza del Tribunale
di Genova 13 novembre 2008 che così decideva:
“Visti gli artt
533 e 535 c.p.p.,
dichiara
CANTERINI
Vincenzo, responsabile dei reati sub F) e G), limitatamente a quanto attestato
in ordine alla resistenza all’interno dell’edificio, nonché del reato di cui al
capo H), esclusa l’imputazione in danno di Heglund Cecilia, tutti unificati
sotto il vincolo della continuazione e ritenuto più grave il primo;
FOURNIER
Michelangelo, BASILI Fabrizio, TUCCI Ciro, LUCARONI Carlo, ZACCARIA Emiliano,
CENNI Angelo, LEDOTI Fabrizio, STRANIERI Pietro e COMPAGNONE Vincenzo
responsabili del reato continuato di cui al capo H), esclusa l’imputazione in
danno di Heglund Cecilia e ritenuto più grave il fatto nei confronti di Lena
ZHULKE;
TROIANI Pietro e
BURGIO Michele responsabili dei reati loro rispettivamente ascritti, riuniti
sotto il vincolo della continuazione e
ritenuto più grave il reato di porto d’armi;
FAZIO Luigi
responsabile del reato ascrittogli;
concesse a tutti
le attenuanti generiche, ritenute prevalenti sulle aggravanti contestate per
FOURNIER, TROIANI e BURGIO ed equivalenti per gli altri, li condanna alle
seguenti pene:
- CANTERINI Vincenzo, anni quattro di
reclusione;
- BASILI Fabrizio, TUCCI Ciro, LUCARONI Carlo,
ZACCARIA Emiliano, CENNI Angelo, LEDOTI Fabrizio, STRANIERI Pietro e COMPAGNONE
Vincenzo, anni tre di reclusione, ciascuno;
- FOURNIER Michelangelo: anni due di reclusione;
- TROIANI Pietro: anni tre di reclusione ed €
650,00 di multa
- BURGIO Michele: anni due e mesi sei di
reclusione ed € 650,00 di multa;
- FAZIO Luigi: mesi uno di reclusione;
condanna i
suddetti imputati in solido al pagamento delle spese processuali comuni nonché
delle altre in solido tra i concorrenti nel reato cui la condanna si riferisce.
Visti gli artt.
28 e 31 c.p.,
dichiara
FAZIO temporaneamente interdetto dai pubblici
uffici per la durata di anni uno e tutti gli altri per la durata delle rispettive pene.
Visti gli artt.
163 e 175 c.p.,
concede
i benefici della
non menzione della condanna e della sospensione condizionale della pena a FAZIO
Luigi e a FOURNIER Michelangelo, sotto le comminatorie di legge.
Visto l’art. 1
della Legge 31.7.2006, n. 241
dichiara
condonate
interamente le pene inflitte a BASILI, TUCCI, LUCARONI, ZACCARIA, CENNI,
LEDOTI, STRANIERI, COMPAGNONE, TROIANI e BURGIO e nella misura di anni tre di reclusione la pena
inflitta a CANTERINI.
Visti gli art.
538 e segg. c.p.p.,
condanna
in solido fra
loro e con il responsabile civile, Ministero dell’Interno, in persona del
Ministro pro tempore, gli imputati CANTERINI, FOURNIER, BASILI, TUCCI,
LUCARONI, ZACCARIA, CENNI, LEDOTI, STRANIERI e COMPAGNONE al risarcimento di
tutti i danni patiti dalle seguenti parti civili, costituite in relazione al
capo d’imputazione sub H):
Albrecht Thomas
Daniel, Aleinikovas Tomas, Allueva Fortea Rosana, Bachmann Britta Agnes, Balbas
Ruiz Aitor, Baro Wolfgang Karl, Barringhaus Georg, Bartesaghi Gallo Sara,
Bertola Matteo, Blair Jonathan Norman, Bodmer Fabienne Nadia, Bruschi Valeria,
Buchanan Samuel, Cederstrom Ingrid Thea, Cestaro Arnaldo, Chmielewski Michal,
Coelle Benjamin, Cunningam David John, Digenti Simona, Doherty Nicola Anne,
Dreyer Jeannette Sibille, Duman Mesut, Felix Marcuello Pablo, Galloway Jan Farrel, Gieser Michael
Roland, Giovannetti Ivan, Gol Suna, Guadagnucci Lorenzo, Hager Morgan
Katherine, Haldimann Fabian, Herrmann Jens, Herrmann Jochen, Hinrichs Meyer
Thorsten, Jonasch Melanie, Kress Holger, Kutschkau Anna Julia, Lelek Stella,
Luthi Nathan Raphael, Martensen Niels, Martinez Ferrer Ana, Massò Guillermo
Paz, Mc Quillan Daniel, Mirra Christian,
Moret Fernandez David, Moth Richard Robert, Nathrath Achim, Nogueras
Chabier Francho Corral, Olsson Hedda Katarina, Ottovay Kathrin, Patzke Julia,
Perrone Vito, Petrone Angela, Pollok Rafael, Primosig Federico, Provenzano
Manfredi, Reschke Kai Manfred, Samperiz Francisco Javier, Sanz Madrazo
Francisco Javier, Scala Roberta, Schleiting Mirco, Schmiederer Simon, Sibler
Steffen, Sicilia Heras Josè Luis, Sievewright Kara, Tomelleri Enrico, Villamor
Herrero Dolores, Von Unger Moritz Kaspar Karl, Wiegers Daphne, Zapatero Garcia
Guillermina, Zehatschek Sebastian, Zeuner Anna Katharina e Zhulke Lena;
danni da
liquidarsi in separato giudizio, concedendo loro le seguenti provvisionali:
- € 50.000,00 a Albrecht, Coelle, Jonasch e
Zulke;
- € 30.000,00 a Baro, Cestaro, Doherty, Dreyer,
Duman, Hager, Hermann Jochen, Kutschkau, Martinez, Mc Quillan, Moret, Nogueras,
Ottovay, Pollok, Provenzano, Villamor Herrero e Wiegers;
-
€ 15.000,00 a Chmielewski, Guadagnucci, Haldimann, Mirra e Sicilia;
- € 5.000 ad Aleinikovas, Allueva, Bachman,
Balbas, Barringhaus, Bartesaghi Gallo, Bertola, Blair, Bodmer, Bruschi, Buchanan,
Cederstrom, Cunningham, Digenti,
Felix Marcuello, Galloway, Gieser, Giovannetti, Gol, Hermann Jens,
Hinrichs Meyer, Kress, Luthi,
Martensen, Massò, Moth, Nathrath, Olsson, Patzke Julia, Perrone, Petrone,
Primosig, Rescke, Samperiz, Sanz Madrazo, Scala, Schleiting, Shmiederer,
Sibler, Sievewright, Tomelleri, Von Unger, Zapatero, Zehatschek e Zeuner;
condanna
CANTERINI in
solido con il responsabile civile a risarcire tutti i danni patiti dalle parti
civili costituite in relazione al reato di cui al capo G), ad eccezione di Fassa Liliana, e pertanto a tutte
quelle sopra indicate, con esclusione di Gieser e Lelek, nonché a Baczak
Grzegorz, Brauer Stefan, Broermann Miriam Grosse, Covell Mark William, Di Pietro
Ada Rosa, Engel Jaroslaw Jacek,
Galante Stefania, Gatermann Christian, Heglund Cecilia, Heigl Miriam, Hubner
Tobias, Jaeger Laura, Svensson Jonas,
Szabo Jonas, Treiber Teresa, Wagenschein Kirsten e Weisse Tanja;
danni da
liquidarsi in separato giudizio, concedendo a ciascuna di loro una provvisionale
di € 2.500,00;
condanna
altresì BURGIO e
TROIANI in solido tra loro e con il responsabile civile a risarcire tutti i
danni, da liquidarsi in separato giudizio, patiti in relazione ai reati di cui
ai capi O) e Q) dalle parti civili già indicate in riferimento al capo G),
concedendo a ciascuna di loro una provvisionale di € 2.500,00;
condanna
FAZIO Luigi, in
solido con il responsabile civile, al risarcimento di tutti i danni patiti da
Huth Andreas, che liquida in € 1.000,00.
Visto l’art. 541
c.p.p.,
condanna
in solido fra
loro e con il responsabile civile, gli imputati CANTERINI, FOURNIER, BASILI,
TUCCI, LUCARONI, ZACCARIA, CENNI, LEDOTI, STRANIERI, COMPAGNONE, TROIANI e
BURGIO a rifondere alle parti
civili le spese di costituzione rappresentanza e difesa, che liquida nelle
somme sotto specificate, comprensive delle spese forfettarie, oltre a C.P.A.,
I.V.A. ed a quelle oggetto di liquidazione a carico dello Stato da parte del
GUP:
Albrecht, €
1.639,50
Aleinikovas, €
15.334,76
Allueva Fortea, € 16.872,29
Bachmann, €
10.883,62
Balbas Ruiz, € 4.428,22
Baro, € 3.808,39
Barringhaus, € 24.421,50
Bartesaghi Gallo, € 2.757,45
Bertola, € 7.682,33
Blair, €
2.504,90
Bodmer, € 5.288,62
Bruschi, € 11.565,90
Buchanan, € 1.943,56
Cederstrom, € 3.501,00
Cestaro, € 12.672,00
Chmielewski, € 10.817,25
Coelle, € 11.431,76
Cunningam, € 2.344,12
Digenti, € 16.872,29
Doherty, € 1.943,56
Dreyer, € 3.808,39
Duman, € 4.399,31
Felix Marcuello, € 14.849,30
Galloway, € 7.305,74
Giovannetti, € 6.844,21
Gol, €
7 .347,38
Guadagnucci, €
6.716,25
Hager, € 12.286,50
Haldimann, € 9.902,81
Herrmann Jens, €
1.639,50
Herrmann Jochen, €
3.808,39
Hinrichsmeyer, €
7.017,75
Jonasch, € 3.808,39
Kress, € 13.963,39
Kutschkau, €
29.629,12
Luthi, € 5.288,62
Martensen, € 27.165,93
Martinez, € 16.872,29
Masso, € 11.565,90
Mc Quillan, € 2.757,45
Mirra, € 15.546,93
Moret, € 22.027,82
Moth, € 1.851,01
Nathrath, € 9.692,64
Nogueras Chabier, € 18.167,62
Olsson, € 3.885,65
Ottovay, € 13.366,35
Patzke, € 7.537,35
Perrone, € 6.259,21
Petrone, € 4.789,68
Pollok, € 11.431,76
Primosig, € 5.644,68
Provenzano, € 6.728,90
Reschke, € 3.808,39
Samperiz, € 15.851,02
Sanz Madrazo, € 18.515,80
Scala, € 2.140,95
Schleiting, € 1.213,27
Schmiederer, € 23.980,50
Sibler, € 15.546,93
Sicilia Heras, € 9.469,68
Sievewright, € 2.344,12
Tomelleri, € 2.140,95
Villamor Herrero, € 10.883,62
Von Unger, €
22.325,62
Wiegers, € 12.286,50
Zapatero, € 12.286,50
Zehatschek, €
10.883,62
Zeuner, € 12.286,50
Zhulke, € 13.963,39
condanna
CANTERINI,
TROIANI e BURGIO, in solido fra loro e con il responsabile civile, a rifondere
alle parti civili nei loro confronti costituite, le spese di costituzione
rappresentanza e difesa, che liquida, nelle somme sotto specificate,
comprensive di spese forfettarie, oltre a C.P.A., I.V.A. ed a quelle oggetto di
liquidazione a carico dello Stato da parte del GUP:
Baczak, € 4.399,31
Brauer, € 1.875,30
Broermann, €
12.286,50
Covell, € 4.541,77
Di Pietro, €
15.016,50
Engel, € 12.286,50
Galante, € 3.467,81
Gatermann, €
13.963,39
Heglund, € 3.885,65
Heigl, €
12.286,50
Hubner, € 5.677,02
Jaeger, € 6.023,25
Svensson, € 3.885,65
Szabo, € 12.286,50
Treiber, € 4.851,56
Wagenschein, €
4.181,62
Weisse, € 2.169,30
condanna
FAZIO Luigi, in
solido con il responsabile civile, a rifondere a Huth Andreas, le spese di
costituzione rappresentanza e difesa, che liquida, nella somma di € 19.454,17,
comprensiva di spese forfettarie, oltre a C.P.A., I.V.A. ed a quelle oggetto di
liquidazione a carico dello Stato da parte del GUP;
condanna
in solido fra
loro e con il responsabile civile, CANTERINI, FOURNIER, BASILI, TUCCI,
LUCARONI, ZACCARIA, CENNI, LEDOTI, STRANIERI e COMPAGNONE, a rifondere alle
parti civili Gieser e Lelek le
spese di costituzione rappresentanza e difesa, che liquida, rispettivamente in
€ 7.347,38 ed in € 9.692,64, comprensive di spese forfettarie, oltre a C.P.A.
ed I.V.A.
Visto l’art.
110, comma 3, D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115,
dispone
il pagamento in
favore dello Stato delle somme liquidate a titolo di rimborso per le parti
civili ammesse al patrocinio a carico dello Stato.
Visto l’art. 93
c.p.c.,
distrae
le spese, come
sopra liquidate, in favore dei patroni di parte civile, che ne hanno fatto
richiesta dichiarandosi antistatari.
Visto l’art.
530, comma 1 e 2, c.p.p.,
assolve
CANTERINI
Vincenzo dai reati di cui ai capi F) e G), limitatamente alle contestazioni per
le quali non è intervenuta condanna, perché il fatto non sussiste;
CANTERINI
Vincenzo, FOURNIER Michelangelo, BASILI Fabrizio, TUCCI Ciro, LUCARONI Carlo,
ZACCARIA Emiliano, CENNI Angelo, LEDOTI Fabrizio, STRANIERI Pietro e COMPAGNONE
Vincenzo dal reato di cui al capo H), limitatamente alle lesioni in danno di
Heglund Cecilia;
LUPERI Giovanni,
GRATTERI Francesco, NUCERA Massimo e PANZIERI Maurizio dai reati loro ascritti,
perché il fatto non sussiste;
CALDAROZZI
Gilberto, FERRI Filippo, CICCIMARRA Fabio, DOMINICI Nando, MORTOLA Spartaco, DI
SARRO Carlo, MAZZONI Massimo, CERCHI Renzo, DI NOVI Davide dal reato di cui al
capo C) perché il fatto non costituisce reato e da quelli di cui ai capi D) ed
E), perché il fatto non sussiste;
DI BERNARDINI
Massimiliano dal reato di cui al capo 1), già capo C), perché il fatto non
costituisce reato e da quelli di cui ai capi 2), già capo D) e 3), già capo
E), perché il fatto non sussiste;
GAVA Salvatore
dai reati di cui al capo S) e da quello di falso perché il fatto non
costituisce reato nonché da quelli di cui ai capi T), U) e V) per non aver
commesso il fatto;
FABBROCINI
Alfredo dal reato di cui al capo X) perché il fatto non sussiste e da quelli di
cui ai capi Y), W) e Z) per non aver commesso il fatto.
Visto l’art. 240
c.p.,
ordina
salvi i
provvedimenti concorrenti, la restituzione degli oggetti in sequestro a coloro
già identificati come aventi diritto e la confisca degli altri, nonché la
vendita di quelli commerciabili e la distruzione dei rimanenti.
Visto l’art. 544
c.p.p,
riserva il
termine di giorni novanta per il deposito della motivazione.”
.-.-.-.-.
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
In occasione del
vertice dei Capi di Stato denominato G8 tenutosi a Genova nel luglio del 2001 si
verificarono numerosi episodi di sconvolgimento dell’ordine pubblico e fatti
delittuosi di diversa natura ed origine, che diedero vita a molteplici
procedimenti penali.
Quello che ci
occupa si riferisce alla irruzione eseguita dalla Polizia di Stato nel plesso
scolastico di Genova denominato “Diaz”, consistente in due edifici che si
fronteggiano su Via Cesare Battisti, uno adibito a sede della scuola Pertini,
l’altro a sede della scuola Pascoli.
La sentenza di
primo grado oggi appellata è strutturata nel seguente modo:
dapprima il
Tribunale ha riportato il contenuto delle deposizioni testimoniali utilizzate
per la decisione raggruppandole per temi secondo l’evoluzione temporale dei
principali avvenimenti;
poi ha riferito
l’esito delle indagini condotte da periti e consulenti di parte;
quindi ha
riportato il contenuto degli esami e delle dichiarazioni spontanee degli
imputati.
Sulla base di
tali premesse istruttorie ha poi sviluppato la sezione dedicata alla
ricostruzione dei fatti e quella dedicata alla valutazione delle
responsabilità. A seguire sono state decise le questioni civili.
La parte
argomentativa in fatto e diritto della sentenza, collocabile fra le pagine 241
e 339, si può sintetizzare nei seguenti termini.
Il Tribunale
esordisce inquadrando i fatti oggetto del presente processo - avvenuti nella
notte tra il 21 ed il 22 luglio, quando ormai tutte le manifestazioni di
protesta contro il vertice G8 erano praticamente terminate ed i manifestanti si
accingevano a ritornare nelle loro città - nel contesto dei numerosi gravi
episodi precedentemente verificatisi in città, quali:
1) la morte di
Carlo Giuliani, attinto da un colpo di pistola, il fatto più tragico
verificatosi nel pomeriggio del venerdì 20;
2) i gravi
disordini avvenuti nei giorni precedenti e nello stesso sabato 21, in parte
oggetto di un altro procedimento penale per i reati di devastazione e
saccheggio.
Il giorno 20,
secondo diverse testimonianze apprezzate dal Tribunale, un gruppo di giovani
individuabili dall’abbigliamento e dal comportamento quali appartenenti al c.d. black - bloc si era avvicinato
al complesso scolastico Diaz cercando di entrare negli edifici; la presenza
nella zona prossima al complesso scolastico Diaz di giovani riferibili al c.d.
black bloc o comunque non pacifici nelle giornate di venerdì e sabato risultava
altresì, secondo il primo giudice, dalle numerose telefonate giunte al 113
della Questura di Genova da parte di diversi cittadini ivi residenti.
Per quanto
attiene agli avvenimenti del sabato 21, il Tribunale esordisce richiamando la
deposizione del teste Prefetto Ansoino Andreassi, vice capo vicario della
Polizia, che aveva riferito: “La giornata
del sabato si annunciava difficile in particolare per quanto accaduto il giorno
prima. I problemi iniziarono già al mattino quando un elicottero vide un
furgone che distribuiva mazze e bastoni ai manifestanti. Mi arrivò poi una
telefonata dal capo della polizia che mi disse di affidare al dr. Gratteri (del
Servizio Centrale Operativo) l’incarico di dirigere la perquisizione alla
scuola Paul Klee, nel corso della quale vennero rinvenuti anche pezzi di
autoradio della polizia e vennero arrestate circa una ventina di persone”. “La direttiva di affidare l’incarico al dr. Gratteri preludeva a mio
parere a voler passare ad una linea più incisiva con arresti, per cancellare
l’immagine di una polizia rimasta inerte di fronte agli episodi di saccheggi e
devastazione. In questa linea, a mio parere, si pone anche l’invio del Pref. La
Barbera per dirigere le operazioni. La manifestazione era ormai terminata quando arrivò La Barbera verso le
ore 16. Ufficialmente il suo incarico era quello di contattare gli ufficiali di
collegamento stranieri per identificare gli arrestati stranieri, ma per questo
era già presente Luperi. Io pensai quindi che fosse stato inviato nell’ambito
della direttiva di cui ho detto. Il capo della polizia voleva che venissero
fatti dei pattuglioni, affidati non alla polizia locale, ma a funzionari della
squadra mobile e dello SCO. I
pattuglioni erano diretti a trovare ed arrestare i black - bloc. Io avevo molte
perplessità anche perché ritenevo che ormai le manifestazioni erano terminate e
che la popolazione era stufa di disordini, mentre i pattuglioni potevano
soltanto portare ad ulteriori disordini. Non manifestai peraltro le mie
perplessità, ma disposi in conformità”.
Ricorda il
Tribunale che anche il teste Antonio Manganelli, allora Direttore centrale
della Polizia Criminale, ha riferito le medesime circostanze.
Nel tardo
pomeriggio vennero quindi disposti i c.d. “pattuglioni”.
Enucleando un
primo tema oggetto di indagine istruttoria definito
Aggressione alla pattuglia in via Battisti
il Tribunale prosegue
riferendosi ancora alla deposizione del teste Andreassi:
“I pattuglioni vennero subito organizzati; quello
affidato al dr. Di Bernardini passò davanti alla Diaz e venne fatto oggetto di
un fitto lancio di bottiglie ed altri oggetti da parte di un numero consistente
di black – bloc, di persone cioè vestite di nero che gridavano: “Sono pochi,
diamogli addosso". Secondo quanto riferito dal dr. Di Bernadini e dal dr.
Caldarozzi, tale aggressione era stata talmente violenta che gli operatori
dovettero allontanarsi velocemente per non essere sopraffatti. Ricordo che un
mezzo era stato danneggiato; se a suo tempo esclusi di aver sentito qualcosa in
proposito, probabilmente il ricordo di oggi dipende da qualche evento
successivo”.
Argomenta al
riguardo il Tribunale che tale episodio, posto poi a fondamento della decisione
di procedere alla perquisizione della scuola Diaz (secondo quanto affermato
dagli imputati e dai testi presenti alle successive riunioni che si svolsero in
Questura), viene descritto da numerosi testi, ma in modo poco preciso e spesso
discordante.
Ed infatti, a
dire del Tribunale, tanto le dichiarazioni rese dai manifestanti, quanto quelle
degli agenti che si trovavano sui mezzi della polizia e di coloro che,
trovandosi sul posto, vi assistettero sono piuttosto confuse e in parte contraddittorie in ordine sia all’ora in cui sarebbe
avvenuto il passaggio della pattuglia, sia alla sua composizione, sia al numero
e alle reazioni dei presenti. Peraltro ritiene il Tribunale che “dal complesso delle dichiarazioni rese dai
testi, nonostante le già accennate divergenze e imprecisioni, può ritenersi
accertato che in effetti al passaggio della pattuglia della polizia, composta
da quattro veicoli di cui i primi due privi di insegne d’istituto, avvenuto
nella prima serata, vi fu una reazione piuttosto accesa da parte dei giovani
che si trovavano su via Battisti davanti alla Diaz, non solo verbale, con
grida, minacce e insulti, ma anche
con il lancio di almeno una bottiglia e qualche spinta e colpo al Magnum”. Conclude
al riguardo il primo giudice che tali fatti possono aver
indotto i dirigenti delle forze dell’ordine a ritenere che all’interno della
scuola non si trovassero soltanto manifestanti pacifisti, no global, vicini al
Genoa Social Forum, ma anche facinorosi e appartenenti al c.d. black bloc.
Il successivo tema di indagine è identificato dal
Tribunale come
Decisione di intervenire presso la scuola Diaz
A tale proposito
il Tribunale richiama le deposizioni del teste Colucci, all’epoca Questore di
Genova, del Pref. Andreassi e del Dott. Costantino, incaricato del supporto al
Pref. Andreassi: in una prima riunione alla presenza di Colucci, Andreassi, La
Barbera, Gratteri, Murgolo e forse Luperi, il dr. Caldarozzi ed il dr. Di
Bernardini dissero di essere stati aggrediti con un lancio di sassi durante il
passaggio della pattuglia davanti al complesso scolastico Diaz. I suddetti
dirigenti si interrogarono sul da farsi, e incaricarono il dr. Mortola, Capo
della DIGOS genovese, di recarsi sul posto per verificare la situazione al fine
di decidere se intervenire. Il dr. Mortola si recò sul posto in motocicletta,
passando davanti all’edificio e al suo ritorno disse che sul posto vi era una
situazione pesante: persone vestite di nero e con aspetto poco raccomandabile
ed aggressivo. Il dr. Mortola su indicazione di Colucci telefonò anche a Kovac,
che era il referente del GSF a cui il Comune aveva affidato la struttura
scolastica; Kovac disse telefonicamente che avevano abbandonato quella sede
perché era iniziato il deflusso e che non sapeva chi vi fosse entrato. Ciò
Kovac disse telefonicamente al dr. Mortola, che mentre parlava al telefono alla
presenza del Colucci ripeteva a voce alta il contenuto delle frasi pronunciate
dall’interlocutore.
Secondo il teste
Colucci proprio in base a tale risposta i partecipanti alla riunione decisero
l’intervento; se Kovac avesse detto che la scuola era ancora a loro
disposizione non sarebbero intervenuti, perché sarebbe stato un atto politicamente
controproducente. Nessuno espresse perplessità se non il dr. Mortola che temeva
le conseguenze dell’operazione, anche tenuto presente che ormai la
manifestazione era terminata. Nella riunione si decise quindi in pieno accordo
di intervenire per identificare gli aggressori e l’eventuale presenza di armi e
quindi di effettuare una perquisizione ad iniziativa autonoma ex art. 41 R.D. 18 giugno 1931 n. 773 (TULPS).
Certamente Colucci era piuttosto condizionato dalla presenza dei vertici della
polizia; capì che l’intervento era ben gradito, ma ritenendosi da parte di
tutti che in effetti sussistessero i presupposti per disporlo, così venne
deciso.
Il Tribunale
esamina, quindi, la deposizione del teste Kovac coordinatore del GSF, il quale ha
confermato di aver ricevuto verso le 21,30 - 22 una telefonata dal dr. Mortola,
ma ha negato di aver detto che la situazione all’interno della scuola Pertini
(quella adibita ad accoglienza dei manifestanti per trascorrere la notte) non
fosse più sotto controllo. In particolare il teste affermava: “Coordinavo
l’organizzazione del GSF. Nella serata di sabato, mentre ero in piazzale
Kennedy, ricevetti verso le 21,30 - 22 una telefonata dal dr. Mortola, che mi
chiese come erano utilizzate le due scuole e chi vi si trovasse; dopo la mia
risposta, alla mia domanda di che cosa stesse succedendo, mi disse che un paio
di volanti erano state oggetto di un lancio di bottiglie vuote; insospettito,
gli dissi: “Non fate cazzate!” ed egli mi rispose: “Stai tranquillo”. Non ho
mai detto che la situazione all’interno della scuola Pertini non era più sotto
controllo; sul posto vi erano praticamente quasi tutti i rappresentanti e portavoce
del GSF, tra questi Massimo Morettini. Riferii anche che diverse persone che si
trovavano nei posti più colpiti dalla piogge, stadio Carlini, via Albaro,
Sciorba, si erano trasferite nella scuola Pertini. Cercai a lungo di capire se
nella prima telefonata con il dr. Mortola potessi aver detto qualcosa che
avesse potuto influire su quanto accaduto; mi sentivo responsabile per la mia
inazione dopo la telefonata, per non aver avvisato che poteva arrivare una
perquisizione; potevamo far venire giornalisti e parlamentari; mi rimproverai
di essermi fidato della parola del dott. Mortola”.
Valorizzando la
risposta “non posso…” data da Kovac
alla domanda del P.M. se poteva escludere di aver dichiarato a Mortola che la
situazione alla scuola Pertini non fosse più sotto il controllo del GSF, il Tribunale
argomenta sostanzialmente sulla inattendibilità del teste sostenendo che ben
difficilmente, dopo quanto accaduto, avrebbe ammesso in udienza di aver
manifestato a Mortola riserve sulla identificazione delle persone presenti
nella scuola; inoltre per il Tribunale il rincrescimento manifestato dal Kovac
per il dubbio di avere in qualche modo contributo involontariamente a
giustificare l’irruzione confermerebbe che qualche sua frase poteva essere stata
legittimamente interpretata dal Mortola come conferma che il GSF aveva perso il
controllo della scuola, come del resto desumibile anche dalla circostanza che
nell’edificio erano confluiti altri manifestanti provenienti da diverse zone della
città divenute inagibili per le piogge.
Ma per il
Tribunale rileva principalmente il fatto che la telefonata sia avvenuta, atteso
che la stessa non avrebbe potuto avere altro scopo logico e plausibile se non
quello di accertare se all’interno della Pertini si trovassero persone estranee
al GSF e da questo non controllate, verifica che, a detta del primo giudice,
doveva condurre a risposta positiva.
Nella riunione
in Questura viene dunque deciso l’intervento presso la Diaz, fortemente voluto
dal Pref. La Barbera e nonostante, assai probabilmente, le perplessità del
Questore Colucci e del dr. Mortola. Si telefonò a Donnini che disse che era disponibile la squadra speciale
del reparto mobile di Roma.
Intervenne, quindi, una seconda riunione con gli operativi; erano presenti Canterini,
comandante del I° Reparto Mobile di Roma in seno al quale era stato costituito
il VII° Nucleo Sperimentale Antisommossa, ed i Carabinieri, oltre ai
partecipanti alla prima riunione, ad eccezione del Pref. Andreassi. Secondo la
strategia elaborata in tale riunione, dovevano formarsi due colonne che
sarebbero giunte davanti alla scuola da opposte direzioni (una da nord e l’altra
da sud, con manovra “a tenaglia”); prima sarebbe intervenuto il VII Nucleo del dr.
Canterini per “mettere in sicurezza” l’edificio e quindi la Digos avrebbe eseguito
la perquisizione. I Carabinieri avevano il compito di controllare la zona con
idonea cinturazione. Il dr. Murgolo
aveva il compito di coordinare i diversi reparti.
Sempre secondo
quanto riferito dal teste Colucci, Canterini avrebbe voluto usare i lacrimogeni
per fare uscire tutti dalla scuola, ma il pref. La Barbera e lo stesso Colucci esclusero
tale opzione, indicando l’opportunità di un intervento più “tranquillo”.
Segue la
descrizione da parte del Tribunale della fase definita
Arrivo
delle forze dell’ordine presso il complesso scolastico Diaz
che viene
ricostruita nei seguenti termini:
Vengono formate
le due colonne che dovevano raggiungere la scuola. Secondo quanto riferito
dall’imputato Mortola (v. verbale s.i.t. 10/8/2001), le due colonne giunsero
insieme fino in via Saluzzo, da dove presero direzioni diverse: la prima si
diresse in via Trento e piazza Merani e la seconda in via Nizza, raggiungendo
quindi via Battisti rispettivamente da monte e da mare.
Le due colonne
si ricompattano davanti alla scuola: le persone che erano in cortile si
rifugiano all’interno, viene chiuso il cancello che invano la polizia cerca di
sfondare a spinta.
Nella fase di
avvicinamento al cancello del cortile della scuola Diaz - Pertini avvengono i primi
fatti violenti in danno di Francesco Frieri, consigliere comunale di Modena, ed
in particolare del giornalista inglese Mark Covell. Il Tribunale riporta passi
della deposizione di Covell “Abbiamo
cercato di rientrare nella Pascoli e così siamo usciti di corsa dalla Pertini:
venni circondato; io urlavo “stampa”, ma un poliziotto, sventolandomi davanti
il manganello, mi disse in inglese “tu non sei un giornalista, ma un black bloc
e noi ammazzeremo i black bloc…. Venni colpito ripetutamente da quattro poliziotti
con gli scudi, che mi spinsero indietro verso il muro di cinta della Pertini.
Cercai di correre verso il lato sud della strada ma non c’era modo di fuggire.
Venni colpito con i manganelli sulle ginocchia e caddi a terra. Un poliziotto
mi colpì alla spina dorsale e mi diede alcuni calci; quindi altri poliziotti si
unirono a picchiarmi provocandomi la frattura di otto costole e della mano. I
poliziotti ridevano e mi sembrava di essere un pallone da football a cui a
turno i poliziotti dovessero dare dei calci. Vidi un poliziotto che arrivava da sud e mi colpì nuovamente, questa
volta in faccia: persi diversi denti; subii poi un colpo sulla testa e svenni.”
Osserva il primo
giudice che tale violenta aggressione oltre ad essere stata filmata dal teste
Hamish Campbell viene descritta anche da altri testi, per cui non sussistono
dubbi sull’accaduto e sulle gravi lesioni riportate da Covell. Osserva peraltro
il Tribunale che dalle deposizioni dello stesso Covell e dei testi che hanno
assistito al fatto non è dato comprendere se l’aggressione sia stata compiuta
dalla Polizia, ed in tal caso da quale reparto, o dai Carabinieri.
L’arrivo delle
forze dell’ordine in via Battisti, le violenze nei confronti di Frieri e di
Covell, lo sfondamento del cancello, del portone centrale e poi di quello
laterale sinistro dell’edificio e l’ingresso dei primi agenti all’interno della
scuola risultano documentati nei filmati Rep. 234 e 239 p. 3, rispettivamente
ripresi dai testi Vincenzo Mancuso e Hamish Campbell.
Ma secondo il
Tribunale tali reperti non sono utili a verificare uno dei profili di accusa di
falso, quello incentrato sulla affermazione compiuta dai verbalizzanti secondo
la quale sarebbe intercorso un fittissimo lancio di oggetti.
Analizza il
Tribunale la deposizione del teste Aldo Mattei, consulente del P.M., il quale ha
affermato in proposito:
“Sono in servizio presso il RIS di Parma e
comando la sezione impronte e fotografie. … Abbiamo analizzato anche le scene
delle fasi dell’ingresso nella scuola, per verificare se vi sia stato lancio di
oggetti nei confronti del personale operante … Abbiamo focalizzato l’attenzione
sul personale nel cortile e su eventuali soggetti che potessero lanciare
oggetti dalle finestre. Vi sono dei limiti derivanti dalla distanza della ripresa,
oggetti di piccole dimensioni come monete e sassi non avremmo potuto vederli.
Dalle immagini non si vede lancio di oggetti di dimensioni maggiori. Non
abbiamo potuto vedere persone che lanciavano oggetti dalle finestre.
Dall’analisi del materiale a disposizione non è stato possibile vedere persone
che lanciavano oggetti, oggetti lanciati e soggetti colpiti da tali oggetti, né
se vi siano stati lanci. Abbiamo analizzato anche tutti i comportamenti di
soggetti evidenziabili presenti all’interno della scuola, non solo nel cortile,
ma sulla facciata, sulle varie finestre illuminate o meno per cercare di
evidenziare comportamenti che potessero essere testimonianza visiva di
comportamenti lesivi. Nella fase finale dell’ingresso si vedono gli scudi
levati in alto dagli operanti; in tale scena abbiamo evidenziato ogni
comportamento delle forze di polizia che potesse essere sintomo di lesioni
ricevute. Non abbiamo avuto esito, con le nostre tecniche non abbiamo
apprezzato oggetti che arrivassero su tale personale”.
Secondo il Tribunale
“Certo è che dalle immagini riprodotte
nei filmati e nelle foto appare evidente che soltanto dopo un certo periodo di tempo gli agenti
che si trovavano nel cortile in attesa di entrare attraverso il portone
principale, alzarono gli scudi e che gli operatori, che da detto portone si
portavano verso quello di sinistra, alzavano gli scudi sopra la testa
abbassandosi, come se la necessità di ripararsi si fosse in effetti determinata
nel corso dell’operazione. Tali immagini dunque, valutate
unitamente alle dichiarazioni di coloro che hanno affermato di aver visto il
lancio di oggetti, confermano che, anche se assai probabilmente non si trattò
di un lancio “fittissimo”, qualche oggetto dovette in effetti essere stato
lanciato contro le forze dell’ordine”. Il Tribunale
valorizza anche la deposizione del teste Galanti,
infermiere intervenuto alla guida della prima ambulanza giunta sul posto, il
quale ha riconosciuto la propria voce nella chiamata al 118 nella quale
avverte: “Stanno buttando giù tutto”.
E’ certo, dunque, per il Tribunale che tale affermazione, pronunciata
spontaneamente proprio mentre il fatto stava avvenendo e prima del sorgere di
ogni polemica e discussione in proposito, debba ritenersi del tutto
attendibile, anche se forse in parte ampliata dall’agitazione e dalla
preoccupazione del momento.
Prosegue il
primo giudice nella ricostruzione dei fatti osservando che le forze
dell’ordine, entrate nel cortile della scuola Diaz, si dirigono quindi verso i
due portoni, centrale e di sinistra, della scuola, entrambi chiusi, e di fronte
a quello centrale, barricato all’interno, si ammassano principalmente gli
agenti del VII Nucleo.
La descrizione
di questa fase è rimessa alle dichiarazioni rese dall’imputato Fournier, comandante
del VII nucleo, il quale ha riferito: “Quando
arrivammo stavano forzando il cancello del cortile della Diaz con un automezzo.
Vi era un gran numero di poliziotti; la situazione fu per me una sorpresa anche
perché io ritenevo si trattasse di irrompere in un magazzino o simile e non in
una scuola. La catena di comando si interruppe proprio per la confusione ed il
numero delle forze di polizia. Venne dato un ordine collettivo di procedere
all’apertura dei portoni. Venne quindi forzata un’anta del portone e i poliziotti
dei diversi reparti si accalcarono per entrare.
Vi erano numerosi dirigenti della Digos e di altri
reparti. Quale comandante della forza ritenni di entrare per verificare che
tutto procedesse regolarmente anche se formalmente la forza dipendeva dal funzionario.
Fu piuttosto difficile entrare per il numero delle persone che si accalcavano
all’ingresso. Penso che trascorse qualche minuto. Comunque entrai tra i primi,
ma probabilmente non come dissi settimo od ottavo. Mi pare che venne aperto
prima il portone centrale. Non so dire chi avesse il comando delle operazioni:
vi erano diversi funzionari che dirigevano: il pref. La Barbera, il dr. Luperi,
il dr. Gratteri, il dr. Murgolo.
Il nostro compito era praticamente di conquistare
l’edificio ed in particolare i piani alti, come avviene di regola in ogni
irruzione in immobili; non dovevamo partecipare all’operazione di cui non
conoscevamo gli scopi”.
Fatta questa
premessa, il Tribunale affronta il tema della sincronizzazione dei numerosi
materiali video ed audio raccolti la notte in questione, e della loro corretta
collocazione nel tempo; delle tre elaborazioni tecniche effettuate una dai RIS
per conto della Procura della Repubblica, una dal Dott. Roberto Ciabattoni per
conto delle parti civili, e la terza presentata dal difensore Avv. Corini, il
Tribunale privilegia le prime due, (sostanzialmente coincidenti) rispetto alla
terza, che sposta in avanti di 7 minuti tutti gli eventi ripresi. In base alle
prime due relazioni tecniche, il Collegio colloca l’arrivo delle forze di
polizia in Via Cesare Battisti alle ore 23.57.00, lo sfondamento del cancello
del cortile alle ore 23.59.10, e l’apertura del portone principale di ingresso
alla scuola Diaz-Pertini alle ore 00.00.19.
Segue la fase
denominata
Irruzione
nella scuola Diaz Pertini
Dopo aver richiamato
le deposizioni dei presenti all’interno della scuola (già precedentemente
esposte) il Tribunale deduce che: “Tali dichiarazioni,
sostanzialmente conformi, rese da soggetti di diverse nazionalità e lingue, in
situazioni che escludono la possibilità di un preventivo accordo e riscontrate
altresì dai certificati medici emessi da strutture pubbliche circa le lesioni
dai medesimi riportate, devono ritenersi del tutto attendibili, almeno in
ordine al complessivo comportamento delle forze dell’ordine, come del resto già
affermato dal GIP nel decreto di archiviazione emesso nei loro confronti. Le
divergenze riscontrabili in tali dichiarazioni, peraltro relative a particolari
secondari, sono sicuramente giustificabili con ricordi imprecisi dovuti
principalmente all’agitazione e alla tensione del momento. Deve in proposito
ricordarsi che si tratta pur sempre di persone o direttamente vittime delle
violenze o comunque a queste vicine e che una simile situazione, con numerosi
feriti che si lamentavano e macchie di sangue sparse su pareti e pavimenti, non
poteva non incidere sulla lucidità dei presenti e quindi sulla precisione dei
loro ricordi.”
Prosegue però il
Tribunale “Non può d’altra parte neppure
escludersi con assoluta certezza che qualche episodio di resistenza attiva sia
in effetti avvenuto. A parte invero le dichiarazioni rese in proposito dagli
imputati capi squadra e l’episodio narrato dall’Agente Nucera, di cui si dirà
in seguito, resta il fatto che diversi operatori delle forze dell’ordine
riportarono in effetti lesioni, seppure non gravi, come risulta dai certificati
del Pronto Soccorso.”
Aggressione
all’Agente Nucera
L’episodio di
resistenza più grave e più discusso riguarda l’aggressione con un coltello che
avrebbe subito l’agente Nucera, secondo quanto dal medesimo riferito.
In base alla
prima versione contenuta nella relazione di servizio in data 22/7/2001 il
Nucera riferiva:
“… Dopo aver sfondato la porta al grido di
“fermi polizia”, unitamente all’ispettore capo Panzieri, entravo per primo di
slancio nella stanza buia e mi trovavo improvvisamente di fronte ad un giovane
dell’altezza di circa m.1.70, del quale posso riferire solo che indossava una
maglia scura, il quale con urla indistinte mi
affrontava impugnando un coltello con la mano destra puntandomelo con il
braccio teso verso la gola. Servendomi dello sfollagente in dotazione, riuscivo
ad allontanare l’aggressore colpendolo al torace con la punta dello stesso ed a
farlo indietreggiare. Quest’ultimo tuttavia, con una mossa fulminea, mi colpiva
vigorosamente al torace facendo nel contempo un rapido salto all’indietro. I
colleghi che mi seguivano dappresso, tra cui lo stesso ispettore Panzieri,
intervenivano in mio ausilio e bloccavano lo sconosciuto dopo averlo atterrato.
Il medesimo veniva quindi immediatamente preso dagli altri colleghi e portato
al piano terra al punto di raccolta. Immediatamente dopo che la persona era
stata accompagnata fuori, grazie al riflesso della luce proveniente dal
corridoio, mi avvedevo, prima di uscire dalla stanza, che sul pavimento in
corrispondenza del punto dove si sono svolti i fatti sopra narrati, era
presente il coltello impugnato dalla persona che mi aveva affrontato e pertanto
lo raccoglievo.”
Nella seconda
versione dei fatti, resa nell’interrogatorio in data 7.10.2002, Nucera riferiva:
“… mi sono diretto al II° piano
dell’edifico, seguito da circa 4 o 5 colleghi che erano alla mie spalle.
Percorso il corridoio rapidamente ed osservate tutte le aule mi sono trovato di
fonte all’ultima aula, dopo una rientranza sulla destra, vicino ai bagni. La
porta era chiusa, si trattava di una porta di legno a due battenti. L’ho
sfondata io con un calcio e sono entrato per primo seguito a breve distanza dai
colleghi. Mi sono trovato in un’aula completamente buia. Nel corridoio invece
c’era abbastanza luce, nel senso che erano accese alcune lampadine, ma la gran
parte penetrava dall’esterno. All’interno dell’aula, a distanza di circa 2
metri, mi sono trovato di fonte una persona alta circa 1,70 m, di cui non sono
riuscito a distinguere bene il viso, sia perché era buio, sia perché indossavo
il casco protettivo che limita molto la visuale. Questa persona cominciò ad
urlare ma non sono riuscito ad intendere cosa perché forse parlava una lingua straniera
che non ho riconosciuto, nello stesso tempo tendeva il braccio destro verso di
me. A quel punto io l’ho affrontato colpendolo al torace con il corpo proteso
in avanti e impugnando il tonfa all’impugnatura con la mano destra e nella
parte lunga con il braccio sinistro. Ho avuto la sensazione però di essere
stato colpito anche io, forse proprio perché mi ero proteso troppo con il corpo
in avanti. La persona indietreggiando sempre con il braccio teso in avanti
stava per perdere l’equilibrio ed ha cercato a questo punto di aggrapparsi a
me, al mio braccio, senza riuscirvi, nel frattempo riuscendo però a sferrare un
altro colpo che mi raggiungeva sempre nella parte frontale. Cadeva infine a
terra e io nell’impeto l’ho scavalcato, dopodiché i miei colleghi lo hanno
immobilizzato, trascinandolo via e lo allontanavano del tutto. Avanzavo ancora
per qualche metro, esplorando la stanza che però si rivelava vuota, e ritornavo
indietro. Uscendo proprio nei pressi della porta, riuscivo ad individuare nel
luogo illuminato un coltello che era a terra; a questo punto ho pensato che
fosse l’oggetto con cui ero stato colpito”
L’Ispettore
Panzieri nel corso dell’interrogatorio reso in data 24/07/2003 non ha
confermato le sue precedenti dichiarazioni rese il 12/12/01, quale persona
informata dei fatti, ed ha dichiarato:
“ … Dopo aver controllato che su quel piano
tutto fosse in sicurezza, mi sono
diretto ai piani superiori, giungendo, ma non posso neppure questa volta
essere sicuro, al secondo piano, ovvero ad un piano superiore. Ricordo che con
me c’era Nucera ed un altro collega del reparto mobile che mi camminava a
fianco, ma non era del VII nucleo perché ricordo bene il suo cinturone bianco.
A questo piano è successo l’episodio che riguarda l’aggressione riferito da Nucera.
In sostanza, giunti a quel piano abbiamo percorso un lungo corridoio e in fondo
a questo … ci siamo trovati di fonte ad una porta a due battenti chiusa. In contemporanea, io e il Nucera
abbiamo dato un calcio alla porta aprendola e, appena entrati nella stanza lui
e il collega, ricordo di aver visto che si è fatta avanti puntando un braccio, ricordo una specie
di pugno, un’ombra che non saprei descrivere. Oltre a ciò non so riferire direttamente, perché sono
rimasto sulla soglia della porta, proprio sullo stipite, e mi sono allontanato
lasciando i colleghi, non ritenendo necessaria la mia presenza e presumendo
evidentemente che avessero avuto ragione dell’aggressore. Io mi sono recato
immediatamente ad un piano ancora superiore perché avevo sentito grida e rumori metallici ... Mi sono quindi
recato fuori dall’edificio ove il reparto era inquadrato sulla destra. Nei
pressi dell’ingresso, vicino alle scale, ho incontrato l’agente Nucera che
stava raccontando quanto gli era accaduto ad un caposquadra che non so
identificare. Mi sono avvicinato ed ho notato che aveva un vistoso taglio alla
giubba della divisa. Gli ho detto ‘ma guarda come ti sei combinato’ e lui mi
raccontò della aggressione subita e mostrò anche il coltello che aveva
rinvenuto. Non ricordo di aver visto il Nucera senza divisa in quella
circostanza né so se se la sia levata subito dopo”.
Al fine di
accertare la compatibilità tra i tagli rinvenuti sul giubbotto e la descrizione
del fatto resa dall’Agente Nucera, si era proceduto con incidente probatorio ad
effettuare una perizia, affidata al Prof. Torre, che aveva concluso affermando
la compatibilità dei tagli con la seconda versione dei fatti resa dal Nucera.
Sentito in dibattimento in contraddittorio con i consulenti del P.M. e delle
parti civili, il Prof. Torre confermava la sua valutazione.
Il Tribunale
argomentava che “Le conclusioni del
perito, ampiamente e logicamente motivate, appaiono fondate e non si ha dunque
alcun motivo per dubitare della loro fondatezza. Il Prof. Torre ha inoltre
risposto a tutte le contestazioni rivolte al suo operato sempre con logicità e
chiarezza ed ha altresì spiegato la mancata uniformità delle tracce sul
corpetto e sul giaccone, posta a fondamento delle contestazioni dei consulenti
di parte, con il fatto che i due indumenti non erano tra loro solidali, con la
conseguente possibilità che dette tracce non risultassero tra loro precisamente
corrispondenti”. A spiegazione della divergenza fra le due versioni, il
Tribunale opina che la prima versione resa dal Nucera venne da lui redatta
assai sommariamente nell’immediatezza del fatto, quando ancora poteva essere
confuso per quanto accadutogli e non del tutto consapevole della necessità di
essere particolarmente preciso nella descrizione dei fatti, data anche la sua
inesperienza in attività di polizia giudiziaria e di redazione di atti; e se il
mancato arresto e identificazione dell’aggressore potrebbero far ritenere
inveritiero l’episodio, tuttavia l’invenzione di una falsa aggressione, per di
più eseguita con un coltello e creandone anche le tracce, è apparsa al
Tribunale scarsamente logica e razionale: i due avevano scarso interesse
personale a creare false prove di una resistenza violenta, si sarebbe dovuto
ritenere che il Nucera fosse già in possesso del coltello poi sequestrato e che
nel breve tempo dell’irruzione, mentre numerosi suoi colleghi procedevano
nell’operazione, con la partecipazione del Panzieri o comunque alla sua
presenza, abbia avuto il tempo di colpirsi o farsi colpire, con i rischi anche
fisici che ciò poteva comportare, ovvero di togliersi la giacca ed il corpetto,
risistemarli insieme sul pavimento o su un tavolo, in posizione tale da
simulare che gli stessi fossero regolarmente indossati, e quindi di colpirli
con il coltello. In tale situazione secondo il Tribunale “non appare dunque possibile
ritenere provata con la dovuta certezza né la falsità dell’aggressione in esame
né il suo reale accadimento, mentre le conclusioni della perizia valgono soltanto ad affermare che detta
versione dei fatti non risulta smentita da elementi obiettivi.
La fase
successiva è denominata dal Tribunale
ed è ricostruita
nei seguenti termini:
Terminata la
“messa in sicurezza” dell’edificio ad opera degli appartenenti al VII nucleo,
iniziavano le operazioni di perquisizione da parte degli agenti con funzioni di
polizia giudiziaria. Tali operazioni sono descritte da coloro che si trovavano
all’interno della scuola come assai confuse, principalmente dirette a cercare
indumenti di colore nero ed eseguite senza in alcun modo avvertire i presenti
di quanto stava avvenendo nonché dei loro diritti e comunque con modalità tali
da non consentire il collegamento di quanto rinvenuto ai singoli proprietari; la conformità delle dichiarazioni rese da tutti i testi induce a
ritenerle sostanzialmente attendibili, come già ritenuto dal Tribunale circa le
violenze subite.
All’esito della
perquisizione vennero comunque sottoposti a sequestro numerosi reperti tra cui,
a parte le due bottiglie molotov di cui si dirà in seguito, diversi coltelli,
sia di tipo svizzero (dieci), sia a serramanico (sette), sia da cucina
(quattro), sia multiuso (due), due mazze da carpentiere, tre mazze di ferro, un
piccone, un tubo Innocenti ricurvo, maschere antigas (quattro complete di protezione
per gli occhi ed undici prive di tale protezione), otto maschere da sub,
tredici occhialetti da piscina, tre caschi da motociclista e due da cantiere,
cinque passamontagna ed un cappello di lana neri, sei parastinchi, quattro
ginocchiere, undici protezioni fisiche artigianali di plastica resistenti, uno
striscione nero con scritte inneggianti alla resistenza globale seguite da una
stella a cinque punte, sessanta magliette nere di cui diverse con scritte
inneggianti alla resistenza e alla violenza contro lo Stato, quindici
pantaloni, sedici giacche, diciassette giubbotti, cinque sciarpe, quattro
cappelli tipo zuccotto, tutti di colore nero. Per quanto attiene agli attrezzi
di tipo edile, il Tribunale dava atto che l’edificio scolastico era in
ristrutturazione e che in un locale chiuso a chiave erano in effetti custoditi
diversi attrezzi, come riferito dai testi Del Papa e Gaburri i quali peraltro
non avevano riconosciuto come a loro appartenenti tutti gli attrezzi
sequestrati.
Quindi viene
introdotto il capitolo
che riveste
fondamentale importanza nel processo.
I reperti di
maggior rilievo menzionati nei verbali di sequestro e di arresto sono
costituiti da due bottiglie molotov, rinvenute per il primo verbale “nella sala d’ingresso ubicata al piano
terreno” e per il secondo verbale “al
piano terra in prossimità dell’entrata”, ma in realtà trovate dal Vice
Questore Pasquale Guaglione nei pressi di corso Italia, durante la
manifestazione e gli scontri avvenuti nel pomeriggio del 21. Viene riportata la
deposizione del Dott. Guaglione “I due
ordigni li trovai quasi alla fine del servizio in corso Italia, mi pare
all’altezza di via Medaglie d’Oro di Lunga Navigazione… Riconosco in quelle visibili nella foto (All. 2 Rogatoria Firenze)
quelle che io ritrovai… il collo era incappucciato
da una pellicola trasparente che lo copriva; odorandole emettevano un forte
odore di benzina. La prima persona a cui feci vedere le molotov fu il mio
autista, Vito Giandomenico, a cui
dissi, non so perché: ‘Queste mi faranno perdere la promozione!’; poi per
quanto ricordo le feci vedere al dr. Piccolotti e quindi al dr. Donnini a cui
le consegnai e che le pose sul suo fuoristrada”.
Rileva il primo
giudice che le dichiarazioni del dr. Guaglione hanno trovato conferma in quelle
rese dai testi Vito, Piccolotti e Donnini.
Le due bottiglie
molotov, consegnate al dr. Donnini, vengono dunque riposte sul sedile
posteriore all’interno del Magnum, il cui autista, secondo quanto da
quest’ultimo riferito, era Burgio:
su tale identificazione dell’autista il Tribunale è certo sia per il
riconoscimento operato dal Donnini al dibattimento, sia per il fatto che il Magnum in questione risultò in quel giorno
affidato al Burgio. Il Magnum ed il suo autista Burgio vengono filmati in piazza
Merani praticamente dall’inizio dell’operazione presso la scuola Diaz sino
circa a mezzanotte e trenta; i fotogrammi estrapolati dal filmato ad opera del
RIS eliminano ogni possibile dubbio circa l’identificazione del Burgio
nell’agente con il casco visibile nei pressi del portone centrale sulla
sinistra. Per il Tribunale, dunque, se si tiene presente che le bottiglie
molotov erano state riposte sul Magnum condotto dal Burgio, che detto veicolo
era affidato al Burgio e non poteva quindi essere utilizzato da altri, appare
evidente che il Burgio era l’unica persona che avrebbe potuto trasportare le
predette bottiglie dal Magnum al cortile della Diaz. Osserva ancora in
proposito il Tribunale che il Burgio non avrebbe avuto altri motivi, e comunque
non ne ha indicato alcuno, per recarsi nel cortile della Diaz, abbandonando il
veicolo di cui aveva la responsabilità e dal quale dunque non avrebbe dovuto in
alcun caso allontanarsi.
Successivamente
il Tribunale passa in rassegna le dichiarazioni rese dall’imputato dott.
Troiani:
1) dichiarazioni rese il 1/7/2002, quale persona informata dei fatti, e
integralmente richiamate e confermate nel successivo interrogatorio del
9/7/2002: l’autista Michele Burgio, mi si avvicina e mi dice che in macchina o
nelle immediate vicinanze o per terra vicino alle macchine sono state trovate,
non si sa da chi, due bottiglie molotov; io ho portato queste bottiglie subito
a Di Bernardini che si trovava nel cortile e me ne sono subito andato via … io
a Di Bernardini ho detto che i miei le avevano trovate nel cortile della scuola
o sulle scale d’ingresso del portone. Mi rendo conto della mia leggerezza; ma il mio problema in quel momento
era solo quello di “liberarmi” di quelle bottiglie e riferire a chi avrebbe
dovuto redigere atti di PG;
2) Nell’interrogatorio del 9/7/2002 precisava: ritengo invece che sia stato
Burgio a portarmele. Io ricordo di essere stato nel cortile, dove c’erano anche
alcuni funzionari … Prendo altresì atto che Burgio avrebbe dichiarato alla AG
di aver ricevuto una mia telefonata con la quale gli avrei richiesto
testualmente di “portare quelle cose”. Nego di aver rivolto questo invito;
ammetto di averlo chiamato per telefono … confermo di aver detto a Burgio di
portarmi le bottiglie … quello che ora posso ricordare meglio è che io dissi a
Di Bernardini che sul mezzo c’erano queste bottiglie, cioè che mi avevano
riferito dell’esistenza di queste bottiglie e Di Bernardini mi disse allora di
portargliele, credo ci fosse anche Caldarozzi davanti. Quando le ho portate e mi ha chiesto dove fossero state trovate ho detto
che erano state trovate nel cortile o nell’immediatezza delle scale d’ingresso.
Questa è stata la mia leggerezza, e me ne rendo conto, per volermene sbarazzare
e non fare un verbale di sequestro
3) Il 30/7/2002 il Troiani si avvaleva della facoltà di non rispondere ed
infine il 31/5/2003 dichiarava:“… Le
bottiglie le porta Burgio, arrivando a piedi, con il sacchetto in mano … Dissi
al dott. Di Bernardini che mi era stato riferito dai miei uomini che tra la
strada ed il cortile e comunque in quei pressi, più o meno nel cortile, erano
state rinvenute delle bottiglie. Mai ho fatto riferimento alla possibilità che
fossero state rinvenute all’interno della scuola”
Secondo il Tribunale
le dichiarazioni, in verità piuttosto confuse ed in parte contraddittorie, rese
da Troiani provano comunque la sua partecipazione al trasporto e all’arrivo
delle bottiglie molotov alla scuola Diaz; tali dichiarazioni, così come quelle
rese dagli altri prevenuti, secondo quanto disposto dall’art. 513, comma 1,
c.p.p., non sono peraltro utilizzabili nei confronti né del Burgio né degli
altri imputati, che non hanno prestato il loro consenso all’utilizzo nei loro
confronti dei verbali precedenti acquisiti a seguito del rifiuto del Troiani di
sottoporsi ad esame dibattimentale.
Quindi per il
Tribunale la ricostruzione del percorso compiuto dalle bottiglie molotov e di
quanto compiuto in proposito da coloro che vennero in contatto con le stesse
risulta assai difficoltoso e non accertabile con la dovuta sicurezza. In base
alle dichiarazioni rese da Di Bernardini, Caldarozzi, Mortola e Gratteri, in
parte imprecise e contraddittorie, può soltanto ritenersi provato che dette
bottiglie giunsero infine a Luperi, il quale venne infatti filmato, in gruppo
con Caldarozzi, Canterini, Mortola, Murgolo e Gratteri, mentre teneva in mano
un sacchetto di colore azzurro, evidentemente contenente le bottiglie in
questione. Il Luperi a sua volta ha riferito di aver avuto le bottiglie da Caldarozzi
e di essere stato informato da Mortola che il ritrovamento era avvenuto all’interno
della scuola; quindi avrebbe affidato le molotov alla dott.ssa Mengoni della
Digos di Firenze perché provvedesse a custodirle data la loro pericolosità; smentisce
il dott. Fiorentino secondo il quale egli avrebbe riferito di averle consegnate
ad un agente della polizia scientifica. La Mengoni conferma la consegna da
parte del Luperi, dice che non sapeva come custodire le molotov, di aver perso
i contatti con i propri colleghi e di aver il cellulare scarico; incontra un
collega della DIGOS di Napoli del quale non ricorda il nome e, poggiato il
sacchetto con le molotov a terra subito dopo l’ingresso a sinistra, chiede al
collega di rimanere a presidiare il sacchetto mentre lei si allontanava a cercare
i suoi collaboratori. Tornata non trovava più né il collega né le molotov, e rivede
poi le bottiglie posizionate sullo striscione nero allestito con tutti i
reperti sequestrati; in prossimità
dello striscione c’era il dr. Pifferi che fece quindi raccogliere tutti i
reperti, dicendo a tutti di allontanarsi, perché la situazione all’esterno
stava diventando insostenibile.
Il Tribunale
giudica tali dichiarazioni imprecise e forse anche in parte illogiche,
considerato che la Mengoni aveva avuto l’incarico di custodire reperti
pericolosi e che il Dott. Pifferi ha riferito che la posa dello striscione ove
collocare i reperti era avvenuta con l’aiuto della Mengoni stessa, ma conclude
osservando che “Non sussistono peraltro
elementi concreti che possano provare l’assoluta inattendibilità di quanto
riferito dalla teste, anche tenuto presente lo scarso interesse da parte sua ad
elaborare una versione dei fatti non veritiera e le incerte motivazioni che
potrebbero averla indotta a farlo. Non può del resto neppure escludersi, in
assenza di prove contrarie concrete, che il contrasto con quanto riferito dal
dr. Pifferi sia attribuibile ad un erroneo ricordo, dell’uno o dell’altra, e
che l’eccezionalità della situazione in cui si trovava e l’agitazione del
momento abbia potuto in effetti indurre la dr.ssa Mengoni ad affidare le
bottiglie molotov ad un funzionario da lei conosciuto soltanto di vista”; e ancora
“Non è comunque
chiaro come tali bottiglie siano giunte e siano state infine disposte, peraltro prive del sacchetto di plastica
azzurrino, sullo striscione.” Infine il Tribunale richiama
la successiva vicenda della sparizione e distruzione delle molotov, oggetto di
valutazione in altro procedimento, sostenendo che non può assumere alcun
rilievo nel presente giudizio, atteso che detti reperti erano stati ampiamente
fotografati ed esaminati cosicché la loro materiale disponibilità non appariva in
alcun modo necessaria ai fini della loro individuazione e riconoscimento.
Il Tribunale
passa quindi a descrivere la fase della
Redazione
atti di perquisizione e di arresto
Dopo il
trasferimento dei reperti presso i locali della Questura, ne inizia la
catalogazione e nello stesso tempo inizia altresì la redazione dei verbali di
perquisizione e sequestro e di arresto nonché della notizia di reato da
trasmettere alla Procura.
L’imputato
Dominici ha riferito in proposito: “…
Mortola mi riferì che il dr. Caldarozzi per redigere il verbale di arresto
aveva mandato a Bolzaneto Ciccimarra, Gava e Ferri, i quali avevano bisogno di
notizie sulle persone portate agli ospedali. Gli agenti della Digos e dello SCO
nel frattempo stavano redigendo i verbali di perquisizione negli uffici della
Digos e vi era anche il problema di redigere la notizia di reato da trasmettere
al magistrato; telefonai quindi al dr. Schettini dicendogli di preparare
insieme al dr. Gallo la notizia di reato, rivolgendosi per redigerla alle
persone che materialmente avevano partecipato all’operazione”.
Tali operazioni
sono descritte dai testi Gallo ,Schettini ,Conte e Riccitelli.
Il teste
Salvemini ha dichiarato:
“Abbiamo identificato i nove firmatari del
verbale di perquisizione e sequestro: Panzieri, Nucera, Gava, Ferri, Aniceto,
Cerchi, Di Novi, Mazzoni e Di Bernardini. Gli stessi hanno sottoscritto anche
il verbale di arresto: sono state identificate altre cinque firme, Mortola,
Dominici, Di Sarro, Caldarozzi e Ciccimarra, mentre resta non identificata la
quindicesima”.
Il compito di
redigere materialmente la notizia di reato venne dunque affidato dal dr.
Dominici a Gallo e Schettini; gli imputati Ferri, Gava e Ciccimarra compilarono
a Bolzaneto il verbale di arresto
mentre presso la Questura l’imputato Mazzoni redigeva almeno in parte il
verbale di perquisizione e sequestro.
Un capitolo ulteriore del processo è rappresentato
dalla
Irruzione nella scuola Pascoli
essendo pacifico
che forze di polizia fecero ingresso anche nell’edificio adibito alla scuola Pascoli,
che fronteggia la scuola Pertini.
Tale edificio,
concesso dal Comune al Genoa Social Forum, era strutturato nel modo seguente:
Al piano
seminterrato aveva sede, nella palestra, la sala stampa;
Al primo piano
erano situati l’infermeria, e le aule ove erano sistemati il Mediacenter, sede della redazione
dei giornali e della carta stampata, nonché la sala avvocati;
Al secondo piano
erano collocati gli uffici di Radio Gap e la redazione de “Il Manifesto”,
“Carta”, “Liberazione”.
Al terzo piano
aveva sede Indymedia.
Nella notte tra
il 21 ed il 22 luglio 2001 l’ingresso delle forze dell’ordine all’interno della
Scuola Pascoli ebbe luogo poco dopo l’irruzione nella Scuola Pertini.
Il teste dr.
Salvemini, che svolse indagini successive, accertò che alcuni uomini che fecero
ingresso nell’edificio appartenevano a diverse Squadre Mobili: otto di Genova
al comando del dr. Dominici, venti di Roma al comando del dr. Di Bernardini,
quattro di La Spezia al comando del dr. Ferri, sette di Nuoro al comando del
dr. Gava. Il gruppo di Nuoro entrò per ultimo e non incontrò ostacoli perché i
colleghi già entrati in precedenza avevano fatto sistemare i presenti lungo le
pareti; quando la parlamentare Mascia intervenne per far sospendere
l’operazione parlò con il responsabile che era il Dott. Gava.
La tesi sostenuta
dalle difese è che l’ingresso nella scuola Pascoli sia avvenuto per sbaglio, in
quanto tale edificio non era interessato all’operazione di perquisizione: il
personale intervenuto non conosceva il luoghi, seguiva i colleghi di Genova,
non sapeva neppure che ci fossero due scuole, poteva essere stato tratto in
inganno dalla targa sulla scuola Pascoli con scritto “Scuola elementare Armando
Diaz”. Secondo testi presenti gli agenti battevano i manganelli sui tavoli per
spaventare, rifiutavano di dare spiegazioni della condotta o dicevano di non
aver bisogno di mandati: fecero preparare i documenti di identità che però poi
non esaminarono.
Secondo i testi
a difesa non avvenne alcuna perquisizione, i residenti furono lasciati
tranquilli e liberi di usare i cellulari, alcuni continuarono a cenare anche
offrendo il pranzo ai poliziotti, in un clima di serenità che il Tribunale
sostiene confermato da un filmato agli atti. Venne invitato il giornalista di TG
3 Chartroux: notò gran confusione, “evidenti segni di una attività che aveva provocato rovesciamento, caduta, rottura di varie cose”, computer a terra, computer e dischi “fracassati”, ma non assistette ad atti di coercizione ad opera delle Forze dell’Ordine.
A nessuno fu vietato, al suo cospetto, di muoversi; i presenti erano seduti
lungo il corridoio, non sembravano soddisfatti di trovarsi in quella posizione,
ma non veniva loro intimato di non muoversi. Fu permesso di parlare con la
troupe della RAI.
Fra le persone
che si trovavano al secondo piano, soltanto il teste Fletzer, giornalista
pubblicista, in quei giorni collaboratore de “Il Manifesto”, ha dichiarato di
essere stato vittima della violenza della Polizia. Si era portato in una stanza
all’inizio delle scale, erano quindi arrivati i poliziotti, che, rimasti
indifferenti dinanzi al cartellino ed alla casacca gialla, in dotazione ai giornalisti,
gli lanciarono una panca sul capo e lo colpirono con i manganelli, gettandolo a
terra. Il cellulare cadde e si aprì, ma Fletzer riuscì a ricomporlo ed a
proseguire le concitate conversazioni con i vari interlocutori, fra cui il
presidente dell’Ordine dei giornalisti di Genova, Lugli, ed altre persone cui
raccontava quanto stava accadendo. Il giornalista venne nuovamente colpito
dagli stessi uomini in divisa blu scuro.
In ordine a tali
violenze non è stata formulata alcuna imputazione, perché gli autori non furono
identificati.
Dopo circa 30 - 40
minuti intervenne l’on. Mascia quindi Gratteri, accortosi dell’erronea presenza
nella scuola, tramite Ferri disse a Gava di abbandonare l’edificio.
Diversa fu
invece la condotta tenuta da appartenenti alla Polizia di Stato nei locali in
uso al Mediacenter ed agli avvocati, sempre al primo piano della Pascoli.
Bria Francesca
racconta che, mentre assisteva dalla finestra all’avanzata della Polizia verso
la Pertini, sentì rumori provenire dal basso, poi irruppero alcuni poliziotti,
taluni in uniforme, altri in borghese con pettorine. Urlavano: “Giù per terra! faccia a terra!”. La
teste li vide rompere un computer e
colpirne altri. Fu percossa con un
manganello. I presenti vennero poi condotti nel corridoio ed obbligati a
rivolgersi verso il muro. Dopo una decina di minuti fu ordinato di sedersi per
terra. Arrivarono infine gli On. Mascia e Morgantini che protestarono,
chiedendo se la Polizia fosse autorizzata ad entrare nella scuola.
Stesso racconto
ha reso Galvan Fabrizio, il quale fu colpito da una cassa acustica, mentre i
poliziotti sfasciavano i computer, e Lenzi Stefano, il quale non trovò più il
suo telefono, quando rientrò nell’aula. Più drammatica è la ricostruzione dei
fatti di Minisci Alessandro, perché, oltre a descrivere con maggiori dettagli i
gesti di devastazione che attribuisce ad un numero da cinque a otto poliziotti,
dichiara che essi chiedevano
urlando dove fossero armi e droga. Riferisce inoltre di un colpo inferto da uno
di loro ad un giovane. Minisci stesso venne schiaffeggiato da un poliziotto.
All’On.
Morgantini, che si trovava sempre al primo piano, fu consentito di telefonare.
Quando uscì nel corridoio vide giovani in ginocchio rivolti verso il muro. Si
recò nella stanza dei legali ove notò che tutti i computer sulla sinistra erano
rotti.
Appartenenti
alla Polizia di Stato salirono anche al terzo piano, ove aveva sede Indymedia;
secondo il teste Trotta Marco i poliziotti
battevano con i manganelli; quando entrarono, intimarono ai presenti di
disporsi nel corridoio con le parole: “Tutti
a terra!”; zittivano chi, qualificandosi giornalista, ne chiedeva la
ragione. In particolare uno di loro puntò il manganello contro un giovane, di
cui successivamente il teste apprese il nome: Huth Andreas. Alle sue proteste,
lo portò via. Perquisirono le aule, raccogliendo materiale in scatoloni che
lasciarono nel corridoio. Ha raccontato
Hayton che, colto dal panico, scese forse al primo piano, ove vide la Polizia
trattare bruscamente alcune persone e colpire con un manganello una che
protestava; il collega Neslen protestò,
fu picchiato con un manganello e portato via; Neslen cercò di confortare una
giovane colta da crisi d’asma, ma fu redarguito dall’urlo di un poliziotto che
lo prese per il collo e lo trascinò lungo le scale. Lo colpì al fianco col
manganello. Alla domanda del perché, Neslen fu nuovamente colpito.
Luppichini e Valenti erano nella sala video del
terzo piano con Raffaele Vizzuti, Andrea Masu e Sara Menafra, giornalista del
Manifesto, quando videro la Polizia arrivare in via Battisti, sfondare il
cancello della Pertini, colpire le persone. Effettuarono riprese filmate, che
dovettero interrompere quando arrivò la Polizia nella Pascoli. La Polizia raggiunse il terzo piano, intimò loro di uscire nel corridoio
e sedersi per terra. Quando si allontanò, Valenti rientrò nella stanza, ritrovò
la sua telecamera priva della videocassetta contenente le riprese filmate. Non
ebbe notizia del sequestro. Riconobbe la videocassetta come propria durante le
indagini preliminari.
Forte e Messuti
videro poliziotti che portavano alcune videocassette; la teste Halbroth ebbe l’impressione che la Polizia portasse via
videocamere o macchine fotografiche. Gli agenti Bassani, Pantanella e Garbati della Digos di Genova, che
avevano visto qualcuno effettuare riprese, non riuscirono ad identificare il
soggetto ma presero i filmati, che portarono in Questura e consegnarono a loro
colleghi insieme ad altro materiale.
Plumecke e Huth
erano insieme in una stanza al terzo piano e stavano seguendo alla finestra
quanto accadeva in via Battisti: un poliziotto, armato di manganello, ordinò di andare in corridoio con
atteggiamento minaccioso; Huth reagì,
osservando che erano giornalisti. L’altro lo minacciò col manganello,
pronunciando parole in lingua italiana. Sopraggiunse un altro poliziotto,
afferrò Huth, lo colpì tre volte al viso, pronunciò parole di minaccia, lo
spinse verso le scale, gli torse un braccio provocandogli dolore, lo costrinse
in un angolo appartato dove nessuno poteva vedere, lo scosse e gli strappò la
pettorina gialla. Infine lo condusse nel seminterrato, ove lo obbligò ad
inginocchiarsi e si allontanò. Le indagini volte all’identificazione
dell’appartenente alla Polizia di Stato, autore delle percosse nei confronti di
Huth, portarono alla sua identificazione: Huth indicò con certezza Fazio Luigi.
La ricognizione di persona, eseguita con le forme dell’incidente probatorio, ha
dato altresì esito assolutamente positivo, poiché il riconoscimento da parte
della persona offesa è stato del tutto certo.
Atti di
turbolenza avvennero altresì nella stanza avvocati del primo piano ed
isolatamente altrove ebbero luogo anche condotte violente nei confronti delle
persone presenti nell’edificio scolastico.
Le immagini catturate
con fotografie e video costituiscono ulteriore conferma dei danneggiamenti alle
apparecchiature informatiche. La dr.ssa Spagnolli, dirigente del Comune di
Genova, ha dichiarato che tali apparecchiature furono acquistate dall’ente
pubblico al prezzo complessivo di circa 500 milioni ed erano state messe a
disposizione del GSF all’interno della scuola elementare. La domenica
successiva a mezzogiorno il funzionario comunale suddetto si recò nella scuola
Pascoli per prenderne visione e riscontrò che i computer in funzione al primo
piano erano stati gravemente danneggiati: sembrava fossero stati colpiti “a
randellate” Non sono state identificate
le persone fisiche autrici degli atti vandalici sul materiale informatico,
compiuti soltanto nella sala avvocati del primo piano della scuola Pascoli.
Ritiene il Tribunale:
“Benché alcuni testimoni abbiano riferito
di avere sentito o anche visto appartenenti alla Polizia di Stato accanirsi su
tali apparecchiature e quindi possa ritenersi che almeno qualche gesto sia loro
attribuibile, si può dubitare che una programmata attività di distruzione e
soprattutto di asportazione di pezzi possa essere ricondotta soltanto alla
brutale e dissennata azione dei poliziotti. La rimozione degli hard - disk è
infatti un’operazione che richiede competenza, attrezzi idonei e tempo
sufficienti e non può avvenire semplicemente distruggendo il “case”. Non si
comprende inoltre perché la violenza distruttiva si sia accanita proprio e solo
sui computer in uso agli avvocati, nella cui memoria è presumibile fossero
immagazzinati dati delicati, che le Forze dell’Ordine, impegnate nella ricerca
di pericolosi sovversivi, non avrebbero invece avuto interesse a sopprimere….Resta
dunque il dubbio che semplici agenti o sottufficiali di Polizia abbiano potuto repentinamente e
precipitosamente procurare tutti i danni riscontrati al materiale informatico
ovvero impossessarsi degli hard – disk, anche tenuto presente che ben
difficilmente avrebbero potuto sapere quali fossero i computer in uso ai legali…”
.-.-.-.-.-
In relazione ai
fatti come sopra riassunti dal Tribunale, le imputazioni formulate dalla
pubblica accusa, e compiutamente formalizzate nei capi di cui all’intestazione,
possono essere sintetizzati per semplificazione nel seguente modo:
GRATTERI Francesco e LUPERI Giovanni
CAPO A): falso
aggravato perché partecipando con funzioni di controllo e di comando in
concorso tra loro e con il Prefetto La Barbera Arnaldo, direttore dell’Ucigos,
nonché con gli Ufficiali ed Agenti di P.G., materiali redattori e/o sottoscrittori
degli atti trasmessi all’A.G. (relazioni di servizio, verbali d’arresto,
perquisizione e sequestro, comunicazione notizia di reato) in relazione
all’arresto di Albrecht Thomas ed altre novantadue persone che venivano
denunciate per i delitti di associazione per delinquere finalizzata alla
devastazione ed al saccheggio, resistenza aggravata a pubblico ufficiale,
possesso di congegni esplosivi ed armi improprie, attestavano fatti e circostanze
non corrispondenti al vero: in concreto determinavano e inducevano gli Agenti ed Ufficiali di PG presenti,
alcuni dei quali loro diretti sottoposti, materiali redattori e sottoscrittori
degli atti sopra indicati, ad attestare falsamente:
di aver
incontrato violenta resistenza da parte degli occupanti consistita in un
fittissimo lancio di pietre ed oggetti contundenti dalle finestre dell’istituto
per impedire l’ingresso delle forze di polizia;
di aver
incontrato resistenza opposta anche all’interno dell’istituto da parte degli
occupanti che ingaggiavano violente colluttazioni con gli agenti di polizia,
armati di coltelli ed armi improprie;
che quanto
rinvenuto all’interno dell’istituto - e costituito da mazze, bastoni, picconi,
assi, spranghe ed arnesi da cantiere - era stato utilizzato come arma impropria
dagli stessi occupanti, anche per commettere gli atti di resistenza sopra
descritti, e comunque che era nella disponibilità e possesso degli arrestati;
di aver
rinvenuto due bottiglie incendiarie con innesco al piano terra dell’istituto
perquisito, vicino all’ingresso, in luogo visibile ed accessibile a tutti, così
attribuendone la disponibilità ed il possesso indistintamente a tutti gli
occupanti l’edificio;
CAPO B) artt.110, 368,
comma I e II, 61 n. 2, 81 cpv c.p. perché incolpavano, sapendolo innocente, ciascuno dei predetti indagati per i
delitti loro ascritti (i.e. associazione a delinquere finalizzata alla
devastazione ed al saccheggio, resistenza aggravata a pubblico ufficiale,
possesso di congegni esplosivi ed armi improprie), simulando tracce od elementi materiali di prova a carico
delle stesse persone incolpate,
procedendo al sequestro come corpi di reato di numerosi oggetti (fra cui
16 coltellini multiuso ed a serramanico, attrezzi provenienti in larga parte
dal cantiere esistente presso l’istituto, barre metalliche costituenti supporti
di zaini estratte nell’occasione) strumentalmente descritti e qualificati come
armi improprie utilizzate dagli indagati o nella loro disponibilità, oltre che
di due bottiglie Molotov provenienti da luogo esterno all’istituto e comunque
diverso da quello ove ne verrà attestato il rinvenimento nei verbali di
perquisizione e di arresto.
.-.-.-.-.
CALDAROZZI Gilberto MORTOLA Spartaco DOMINICI
Nando FERRI Filippo CICCIMARRA Fabio DI SARRO Carlo MAZZONI
Massimo DI NOVI Davide CERCHI Renzo:
CAPO C) Del delitto di cui agli artt. 110, 61 n. 2, 479 c.p. falso aggravato in
relazione alle attestazioni così come descritte al capo A), e comunque, benché
consapevoli della non corrispondenza dei fatti descritti nei verbali di arresto
e di perquisizione e sequestro e nelle informative di reato a quanto nella
realtà accaduto, non si opponevano in tutto o in parte alla falsa
rappresentazione in tali atti contenuta;
infine i
sottoscrittori del verbale di perquisizione falsamente attestavano la
circostanza che durante tale operazione “gli occupanti erano stati resi edotti
della facoltà di farsi assistere da altre persone di fiducia”.
CAPO D) delitto p. e
p. dagli artt.110, 368, comma I e
II, 61 n.2 c.p., 81 cpv c.p. così come formulato al capo B).
.-.-.-.-.
Luperi, Gratteri,
Caldarozzi, Ciccimarrra, Ferri, Mazzoni, Cerchi, Di Novi, Di Sarro, Mortola, Dominici
CAPO E) Delitto p. e p. dagli artt. 110, 323 c.p., perché pervenivano alla decisione e, conseguentemente, eseguivano
l’indiscriminato arresto in flagranza di tutte le persone trovate al momento
all’interno del medesimo edificio o ritenute comunque occupanti lo stesso, per
i reati di associazione per delinquere finalizzata alla devastazione ed al
saccheggio, resistenza aggravata a pubblico ufficiale, possesso di congegni
esplosivi ed armi improprie, in macroscopica assenza di elementi che giustificassero l’adozione
di tale misura nei confronti di ciascuna delle predette persone, pur indicando
titoli di reato che astrattamente avrebbero consentito l’arresto ad iniziativa
della P.G., così intenzionalmente cagionando alle stesse un danno ingiusto
consistito nella privazione della libertà personale:
- deliberatamente omettendo di
attribuire a ciascuno il possesso dei vari reperti che venivano posti in sequestro e
considerati elementi di prova a carico di tutti gli arrestati,
- strumentalmente qualificando reperti come
armi improprie in possesso illegale
degli arrestati;
- deliberatamente omettendo di specificare le circostanze concrete
dell’arresto di Mark Covell, fermato e gravemente ferito da operatori di
Polizia non identificati
all’esterno dell’edificio, in fase addirittura antecedente alla
irruzione e quindi alla ipotizzata commissione dei reati di resistenza
aggravata e violenza a pubblico ufficiale, ovvero le circostanze in cui altri
soggetti venivano arrestati, alcuni al di fuori dell’edificio, altri colti nel
sonno, comunque nella evidente situazione di estraneità quantomeno ad azioni di
resistenza;
- dolosamente omettendo di considerare circostanze in fatto concretamente
valutabili e quelle sopra indicate che avrebbero comportato comunque l’obbligo
di disporre l’immediata liberazione degli
arrestati in particolare l’assoluta non riferibilità a tutti ed a
ciascuno della flagrante commissione dei reati contestati.
.-.-.-.-
CANTERINI
Vincenzo:
CAPO F) Del reato di
cui agli artt., 110, 61 n. 2, 479 c.p. perché, in concorso con le persone
menzionate ai capi A), C),
partecipando in veste di comandante del VII Nucleo Sperimentale appartenente al
I° Reparto Mobile di Roma della Polizia di Stato, all’organizzazione e alla
conseguente esecuzione di una perquisizione ad iniziativa autonoma ex art. 41
R.D. 18 giugno 1931 n. 773, nella relazione personalmente sottoscritta ed
allegata al verbale di arresto trasmesso alla A.G. attestava falsamente che gli
appartenenti al Nucleo e Reparto dal medesimo comandato:
-
incontravano violenta resistenza da parte degli occupanti, consistita in
un fittissimo lancio di pietre e bottiglie dalle finestre dell’istituto per
impedire l’ingresso delle forze di polizia;
-
incontravano resistenza opposta anche all’interno dell’istituto da parte
degli occupanti, che ingaggiavano violente colluttazioni con gli agenti di
polizia, armati di coltelli, bastoni ed armi improprie, alcune delle quali
rinvenute in tali circostanze;
CAPO G) delitto p. e
p. dagli artt.110, 368, comma I e
II, 61 n. 2, 81 cpv c.p. così come formulato al capo B)
.-.-.-.-.-
CANTERINI Vincenzo, FOURNIER Michelangelo, BASILI
Fabrizio, TUCCI Ciro, LUCARONI Carlo, ZACCARIA Emiliano, CENNI Angelo, LEDOTI
Fabrizio, STRANIERI Pietro, COMPAGNONE Vincenzo
CAPO H) Delitto p. e
p. dagli arrt. 110, 40, 81 cpv., 61 n. 9, 582, 585, 583 c.p. perché, nelle
rispettive qualità di comandante, vice comandante e capi squadra del VII Nucleo
del 1° Reparto Mobile di Roma, nel corso della operazione di perquisizione procuravano
lesioni personali, anche gravi, a 79 degli arrestati
.-.-.-.-.-
NUCERA
Massimo
CAPO I) Del delitto di
cui agli artt. 479, 110, 61 n. 2
c.p. perché redigendo
annotazione di servizio in cui descriveva il proprio operato durante
l’intervento di irruzione all’interno dell’edificio scolastico Diaz Pertini sito in Genova Via Battisti
falsamente attestava di essere stato attinto da ignoto aggressore con una coltellata
vibrata all’altezza del torace, che provocava lacerazioni alla giubba della
divisa indossata e al corpetto protettivo interno
CAPO L) Del delitto di
cui agli artt. 368, comma I e II,
110, 81 c.p.v , 61 n. 2 c.p. come
descritta al Capo B) realizzata in particolare nella annotazione di servizio a
sua firma, trasmessa in allegato alla predetta comunicazione di notizia di
reato, nella quale incolpava, sapendola innocente, persona non identificata ma
compresa tra i predetti indagati, del delitto di tentato omicidio in suo danno
.-.-.-
PANZIERI
Maurizio
CAPO M) Del delitto di
cui agli artt. 479, 110, 61 n. 2 c.p. in qualità di ispettore capo, aggregato al VII Nucleo del I° Reparto
Mobile di Roma della Polizia di Stato, in concorso con l’agente Nucera falsamente attestava di aver
assistito ad un episodio in cui l’agente Nucera sarebbe stato
accoltellato
CAPO N) Del delitto di
cui agli artt. 368, comma I e II, 110,
81 cpv, 61 n. 2 c.p. come al capo L.
.-.-.-
TROIANI Pietro
CAPO O) Del delitto di
cui agli artt. 110, 368 c. 1 e 2 c.p. perché, in concorso con le persone
indicate nel capo B) e con l’assistente Burgio Michele commetteva la calunnia
descritta al capo B) mediante la consegna ai colleghi che cercavano armi delle
bottiglie molotov che sapeva essere state ritrovare altrove.
CAPO P) delitto p. e
p. dagli artt. 2 e 4 L. 2 ottobre 1967 n. 865, 110, 61 n. 2 e 9 c.p. per avere, al fine di commettere
il delitto di cui al capo che precede e nella qualità ivi menzionata, in
concorso con l’assistente Burgio Michele, detenuto e portato illegalmente in
luogo pubblico due bottiglie incendiarie tipo “molotov”, da considerarsi arma
da guerra
.-.-.-
BURGIO Michele
CAPO Q) Del delitto
di cui agli artt. 110, 368 c. 1 e
2 c.p. come la al capo O)
CAPO R) Del delitto di
cui agli artt. 2 e 4 L. 2 ottobre 1967 n. 865, 110, 61 n. 2 e 9 c.p. come al
capo P)
.-.-.-
GAVA Salvatore
CAPO S) del reato di
cui agli artt. 609, 615 c.p., 61 n. 2 c.p. per aver eseguito perquisizione
arbitraria domiciliare e personale nel complesso scolastico denominato “Diaz –
Pascoli“ con contestuale arbitraria e violenta apprensione delle cose mobile
rinvenute (tra l’altro, apparecchi telefonici portatili, macchine fotografiche,
videocamere, rullini, videocassette, parti interne di personal computers).
CAPO T) del reato di
cui agli artt. 110, 40, 610, 61 n. 9 cp perché, in concorso con soggetti
non identificati e non impedendo l’evento, costringeva con
minaccia - consistita nell’urlare
ordini in tal senso, brandendo i manganelli in dotazione - gran parte degli
occupanti l’edificio a
sedersi, inginocchiarsi o anche
sdraiarsi a terra e a mantenere tale posizione per almeno mezz’ora.
CAPO U) del reato di
cui agli artt. 110, 40, 635 c. 1 e c. 2 n. 3 in relazione all’art. 625 n. 7, 61
n. 9 c.p. perché, in concorso con soggetti non identificati e
non impedendo l’evento, distruggeva e rendeva inservibili
(spaccandoli a colpi di manganello e scaraventandoli a terra) alcuni personal
computers ed alcuni apparecchi telefonici di proprietà del Comune di Genova.
CAPO V) del reato di
cui agli artt. 110, 40, 314 c.p. perché, in concorso con
soggetti non identificati e non impedendo l’evento, si appropriava degli hard-disk dei personal computers di proprietà del
Comune di Genova
.-.-.-
FAZIO Luigi
CAPO Z1) del reato di
cui agli artt. 581, 61. n. 9 cp perché – strattonandolo, piegandogli un braccio
dietro la schiena e colpendolo con delle manate al volto – percuoteva Huth
Andreas
.-.-.-
nel PROC. Riunito N. 5045/05
R.G. TRIB, N. 8341/04 GIP, n. 14525/01 NR
DI BERNARDINI
1)
(già capo C) della Richiesta
di rinvio a Giudizio: del delitto di
cui agli artt. 110, 61 n. 2, 479 c.p. falso come descritto al CAPO C);
2) (già capo D) della Richiesta di rinvio a Giudizio: del delitto p. e p. dagli artt.110, 368, comma I e II, 61 n.2 c.p., 81 cpv
c.p. calunnia come descritta al CAPO B);
3) (già capo E)
della Richiesta di rinvio a Giudizio: del delitto p. e p. dagli artt. 110, 323 c.p per l’indiscriminato arresto in
flagranza di tutte le persone trovate al momento all’interno del medesimo
edificio o ritenute comunque occupanti lo stesso, per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla
devastazione ed al saccheggio, resistenza aggravata a pubblico ufficiale,
possesso di congegni esplosivi ed armi improprie, in macroscopica assenza
di elementi che giustificassero
l’adozione di tale misura
.-.-.-
PROC. riunito N.
1079/08 Dib, n. 6115/05 GIP, 2774/04 NR
TROIANI PIETRO
del delitto di cui agli artt. 110, 479 c.p. perché, avendo consegnato per il tramite
dell’assistente Burgio da lui all’uopo diretto due bottiglie incendiarie del
tipo c.d. Molotov, consentiva che ne fosse evidenziata da parte
degli estensori e sottoscrittori dei verbali di arresto e di perquisizione e
sequestro la disponibilità in capo agli occupanti l’edificio in cui era in atto
la perquisizione, con la falsa attestazione nei predetti atti del rinvenimento
delle bottiglie incendiarie nel contesto descritto, all’interno della scuola
perquisita
GAVA Salvatore:
del reato di cui
all’art. 479 c.p. per avere in qualità di Commissario Capo della Polizia di
Stato aggregato alla Questura di Genova, attestato, in maniera non conforme al
vero, sottoscrivendo il relativo verbale di perquisizione e sequestro di aver
“proceduto alla perquisizione ex art. 41 TULPPSS dei locali della scuola Diaz
sita in Via Cesare Battisti ed al conseguente sequestro di armi, strumenti di
offesa ed altro materiale”;
.-.-.-.-.
Pur avendo già
anticipato alcuni giudizi e valutazioni del materiale probatorio raccolto, il
Tribunale prosegue la redazione della sentenza con il capitolo intitolato
VALUTAZIONE DELLE RESPONSABILITÀ
Operazione presso la scuola Diaz Pertini
Il Tribunale
esclude la tesi radicale sostenuta da alcune Parti civili secondo la quale i
fatti oggetto del processo sarebbero la conseguenza di una ben precisa scelta operativa
assunta dai vertici della Polizia, qualificabile come una sorta di “spedizione
punitiva”.
Quanto alla tesi
della pubblica accusa secondo la quale “le
giustificazioni addotte dagli imputati circa il contesto di guerra evocato
dalle immagini degli atti vandalici operati da gruppi di contestatori avrebbero
reso esplicita una logica del nemico che ha caratterizzato l’agire delle forze
di polizia e che colora di rappresaglia i propositi investigativi e repressivi
concepiti alla base della disgraziata operazione, sia pur in astratto legittimi”,
la stessa, secondo il Tribunale, potrebbe trovare fondamento nel fatto che “le violenze all’interno ed anche all’esterno
della scuola Diaz risultano compiute non da sporadici operatori spinti da
attacchi d’ira momentanei, bensì da un gran numero di agenti, appartenenti non
solo al VII nucleo di Roma ma anche ad altri reparti” “sia nelle dichiarazioni di diverse vittime circa la sistematicità delle
violenze e dei colpi inferti, sia in particolare in quanto riferito dal Pref.
Andreassi circa l’intervenuto mutamento della situazione e la volontà di
“passare ad una linea più incisiva, con arresti, per cancellare l’immagine di
una polizia rimasta inerte di fronte agli episodi di saccheggi e devastazione”.
Ma, osserva il
Tribunale, “la sistematicità nelle
violenze poste in essere dagli operatori potrebbe anche essere attribuita alla
sensazione riportata dalle vittime che, colpite più volte e con notevole forza,
come risulta dalle gravi ferite riportate da alcune di loro, potrebbero in
effetti aver avuto la concreta e certamente giustificata percezione di
un’attività violenta sistematica, anche nel caso in cui in realtà si fosse
trattato invece di sequenze di colpi non programmate con precise finalità e
modalità.”
“E’ certo che lo svolgimento di tutta l’operazione
e le violenze poste in essere possono costituire, come già rilevato, un indizio
quanto meno del carattere di “rappresaglia” dell’operazione, ma deve anche
riconoscersi che un indizio anche grave non può valere quale valida prova di un
fatto.”
Secondo il primo
giudice i dirigenti non avrebbero convocato i giornalisti, ciò che invece hanno
fatto in quanto convinti che l’operazione avrebbe avuto successo e avrebbe
portato all’arresto di black-bloc (ed in tale ottica il primo giudice considera
irrilevante la vicenda relativa all’imputazione per falsa testimonianza a
carico di Colucci conseguente al cambio di versione circa l’iniziativa di
convocare Sgalla, Direttore dell’Ufficio Pubbliche Relazioni; se anche fosse
stato il Capo della Polizia De Gennaro a disporne la convocazione, come
riferito da Colucci in un primo tempo, ciò sarebbe stato determinato “dalla convinta generale aspettativa del suo
successo con l’individuazione e l’arresto dei responsabili delle devastazioni e
saccheggi dei giorni precedenti.”)
Secondo il
Tribunale alla luce delle denunce dei cittadini, del sopralluogo di Mortola, della
telefonata a Kovac e dell’aggressione al pattuglione, del tutto
giustificatamente venne ritenuto che nella scuola si potessero trovare
appartenenti al black bloc, responsabili delle devastazioni e saccheggi
avvenuti nei giorni precedenti, e quindi che vi potessero essere anche le armi,
proprie o improprie, dai medesimi utilizzate. Quindi, reputa il primo giudice, la perquisizione venne
disposta in presenza dei presupposti di legge. Ciò che invece avvenne non solo
al di fuori di ogni regola e di ogni previsione normativa ma anche di ogni
principio di umanità e di rispetto delle persone è quanto accadde all’interno
della Diaz Pertini.
Si interroga il
Tribunale su quale tipo di resistenza violenta avrebbero potuto porre in essere
ad esempio Elena Zuhlke (che riportò, tra l’altro, la frattura di diverse
costole con pneumotorace) di corporatura certamente assai esile, di fronte agli
agenti di ben più notevole corporatura ed in divisa antisommossa e, che
probabilmente con un solo braccio avrebbero potuto immobilizzarla, o su quale
resistenza attiva e violenta avrebbe potuto porre in essere Arnaldo Cestaro (di
anni 62) per costringere gli operatori a reagire, provocandogli la frattura
dell’ulna e del perone; e conclude che risulta evidente, come del resto
dichiarato da tutti coloro che si trovavano all’interno della scuola Diaz
Pertini, che la violenza posta in essere dalle forze dell’ordine non fosse,
almeno nella maggioranza dei casi, diretta a superare specifici atti di
resistenza; rileva il Tribunale come non vi è in atti alcuna prova di generali
e diffusi atti di resistenza violenta posti in essere nei confronti delle forze
dell’ordine, ma semmai soltanto di alcuni isolati episodi, quale quello che
vide coinvolto l’agente Nucera o quelli riferiti dai capi squadra e da qualche
operatore.
Anche tali
singoli atti violenti comunque non avrebbero potuto giustificare l’uso della
forza in modo indiscriminato nei confronti di quasi tutti coloro che si
trovavano nella scuola, ma nei soli confronti di coloro che si fossero
violentemente opposti alle forze dell’ordine.
Quanto avvenuto
in tutti i piani dell’edificio scolastico con numerosi feriti, di cui diversi
anche gravi, tale da indurre lo stesso imputato Fournier a paragonare la
situazione ad una “macelleria messicana”,
appare al Tribunale di notevole gravità sia sotto il profilo umano sia sotto
quello legale.
La scelta della
pubblica accusa circa la richiesta archiviazione delle imputazioni nei
confronti dei possibili esecutori materiali delle violenze, evidentemente
determinata dalle difficoltà incontrate nella loro individuazione, secondo il
primo giudice non ha sicuramente favorito l’accertamento delle singole
responsabilità.
Fatto questo
inquadramento generale in ordine alle violenze compiute all’interno della
scuola Diaz Pertini nelle immediatezze dell’irruzione, passando ad esaminare il
capo di imputazione H) relativo alle lesioni, il Tribunale ritiene:
“ non del tutto incredibile che l’inconsulta esplosione di
violenza all’interno della Diaz abbia avuto un’origine spontanea e si sia
quindi propagata per un effetto attrattivo e per suggestione, tanto da
provocare, anche per il forte rancore sino allora represso, il libero sfogo
all’istinto, determinando il superamento di ogni blocco psichico e morale
nonché dell’addestramento ricevuto; deve d’altra parte anche riconoscersi che
una simile violenza, esercitata così diffusamente, sia prima dell’ingresso
nell’edificio, come risulta dagli episodi in danno di Covell e di Frieri, sia
immediatamente dopo, pressoché contemporaneamente man mano che gli operatori
salivano ai diversi piani della scuola, non possa trovare altra giustificazione
plausibile se non nella precisa convinzione di poter agire senza alcuna
conseguenza e quindi nella certezza dell’impunità. Se dunque non può escludersi
che le violenze abbiano avuto un inizio spontaneo da parte di alcuni, è invece
certo che la loro propagazione, così diffusa e pressoché contemporanea,
presupponga la consapevolezza da
parte degli operatori di agire in accordo con i loro superiori, che comunque
non li avrebbero denunciati. Il fatto che nessuno non
solo dei capi squadra, ma anche dei singoli operatori presenti all’interno
della Diaz mentre erano in corso le violenze, abbia denunciato quanto avvenuto,
pur avendone l’obbligo come espressamente previsto dall’art. 361 c.p., conferma
la validità di quanto osservato.”
Prosegue il
Tribunale: ”dunque coloro che con
responsabilità di comando avessero assistito anche solo ad alcune delle
violenze poste in essere dagli agenti, avrebbero dovuto necessariamente essere
ben consapevoli che il loro comportamento omissivo non solo consentiva la
prosecuzione delle violenze, ma confermando la validità dell’accordo di non
denunciare gli eccessi di violenza posti in essere dai loro sottoposti, ne
rafforzava la convinzione dell’impunità e di conseguenza il proposito
criminoso.
Non va altresì dimenticato che tra gli operatori del
VII Nucleo era attivo un collegamento radio mediante un “laringofono”, cosicché
tutti ed in particolare i capi squadra, presenti con i loro uomini ad ogni
piano, avevano in ogni momento la possibilità di parlare con i colleghi. Il
loro silenzio costituiva dunque un’evidente acquiescenza a quanto stava
accadendo e veniva certamente percepito come tale da tutti coloro che erano
radiofonicamente collegati.
Gli imputati pertanto, che, entrati nell’edificio
durante il periodo in cui le violenze vennero poste in essere, ebbero la
possibilità di rendersi conto di quanto stava accadendo, vanno ritenuti
responsabili in concorso tra loro del reato di lesioni in danno di tutte le
vittime di tali violenze, senza alcuna distinzione tra i fatti cui avevano
assistito direttamente e quelli avvenuti in altre parti della scuola, dato che
sia l’accordo di cui si è detto sia il loro comportamento omissivo valsero
certamente a rinforzare il proposito criminoso e ad agevolare il comportamento
violento di tutti.”
In ordine agli
altri fatti accaduti all’interno della scuola, il Tribunale ritiene:
il lancio di oggetti
e l’aggressione all’agente Nucera non si possono escludere;
quanto alla falsità
relativa alla presenza delle molotov, gli elementi valorizzati dell’accusa
(incongruenze e reticenze, presenza del sacchetto in mano al Luperi alla
presenza di altri, la comparsa dei reperti senza il sacchetto, la mancata
menzione degli stessi nella
conferenza stampa di Sgalla, le differenti collocazioni dei reperti nei verbali
di arresto, perquisizione e notizia di reato) costituiscono pur sempre semplici indizi per di più non univoci. La confusione e
l’agitazione di quei momenti, secondo il primo giudice, ha reso i ricordi di singoli avvenimenti e dei particolari imprecisi, confusi e
lacunosi Circa il colloquio avvenuto
nel cortile deve d’altra parte riconoscersi che la presenza di alcuni imputati
riuniti a parlare con Luperi, mentre quest’ultimo tiene in mano il sacchetto
con le bottiglie molotov, non può sicuramente valere a provare con la dovuta
certezza che in tale momento si stesse concordando di affermarne il falso
ritrovamento all’interno della scuola, pur conoscendone la provenienza da altro
luogo. L’omissione di qualsiasi
riferimento alle bottiglie molotov nella conferenza stampa del dr. Sgalla, può
a sua volta apparire in effetti piuttosto strana, trattandosi di un reperto
assai significativo e decisivo, come già rilevato, ma non può evidentemente
essere ascritta con certezza alla consapevolezza della sua non genuinità.
Prosegue il Tribunale ritenendo poco probabile che tutti i partecipanti al
colloquio si siano messi d’accordo; le prove false avrebbero potuto essere
formate in Questura e non presso la Diaz ove era più pericoloso; il Luperi non
avrebbe girato con il sacchetto in mano con il rischio, verificatosi, di venire
ripreso dai cineoperatori presenti.
In conclusione,
sebbene il Tribunale si renda conto che è difficile attribuire tutto al solo
Troiani, tuttavia opina che in assenza di qualsiasi diversa concreta prova non
sia consentito avanzare altre ipotesi, che, pur certamente possibili,
resterebbero comunque prive di riscontri probatori certi, e debba quindi
accettarsi quanto riferito in proposito dallo stesso dr. Troiani.
.-.-.
Passando
all’esame delle imputazioni di falso, il Tribunale osserva:
La prima
relazione circa i fatti avvenuti presso la scuola Diaz venne inviata dal dr.
Canterini al Questore e venne da lui redatta circa due ore dopo (si tratta
dell’atto che Canterini stesso ha qualificato “due righe al Questore”): secondo
il Tribunale non contiene le espressioni indicate nel capo di imputazione: la resistenza incontrata viene definita “vigorosa” e non “violenta”, viene
indicato che “dall’alto piovevano oggetti contundenti ed in particolare
bottiglie di vetro” e non che vi fu un “fittissimo lancio di pietre e
bottiglie”; si afferma che gli operatori salendo ai piani superiori avevano
incontrato “ugualmente resistenza” ma non si indicano “violente
colluttazioni” da parte degli
occupanti. Comunque rileva il Tribunale “Il
dr. Canterini dunque nel redigere la relazione in esame non descrisse quanto
realmente avvenuto e comunque a sua conoscenza, ma nell’omettere alcuni fatti e
nel riportarne altri in modo generico ed anche sviante per chi la leggeva,
forniva una rappresentazione degli eventi del tutto difforme dalla realtà, con
l’evidente finalità di favorire gli agenti che avevano commesso gli eccessi e
le violenze, cercando di assicurarne l’impunità, secondo l’accordo tra loro
esistente, più sopra posto in evidenza, e per un malinteso senso dell’onore
dell’istituzione”
Diversa la
decisione invece per gli imputati che sottoscrissero la notizia di reato ed i
verbali di perquisizione e sequestro e di arresto. Per il Tribunale non risulta in alcun modo provato che gli imputati dei
reati di falso e di calunnia, ad eccezione di Canterini, siano entrati nella
Diaz durante l’operazione di “messa in sicurezza”, ma soltanto in pratica dopo
che Fournier aveva richiamato i suoi uomini per radunarli nel cortile, come
risulta dalle dichiarazioni delle stesse vittime delle violenze; prosegue,
pertanto, ”Non può dunque escludersi, e
comunque non risultano acquisite prove certe di diverso tenore, che i citati
imputati non si siano resi conto di quanto in effetti era accaduto”. “È certo che il numero dei
feriti e la gravità di alcuni di loro avrebbe dovuto almeno suscitare qualche
perplessità circa quanto accaduto ed indurre ad approfondire i fatti, ma è
anche vero che la situazione che si era determinata dopo giorni di violenze e
sostanzialmente di “guerriglia urbana” con lanci di molotov e numerosi feriti,
era ormai tale che nulla era più in grado di stupire o di essere giudicato
secondo criteri logici e normali”; ed ancora “non può escludersi che i redattori degli
atti in esame ed i sottoscrittori, fossero convinti dell’esistenza di un certo
legame ed accordo tra tutti coloro che si trovavano all’interno della scuola,
già resisi responsabili di atti di resistenza nell’opporsi all’ingresso della
polizia, e di conseguenza dell’attendibilità dei colleghi, per di più pubblici
ufficiali, che descrivevano quanto avvenuto, nonché del fatto che l’elevato
numero dei feriti potesse in effetti essere determinato dai violenti atti di
resistenza avvenuti all’interno della scuola”
Quanto al CAPO
E) relativo all’abuso d’ufficio, anche riqualificato come arresto illegale ex
art. 606 c.p., come richiesto dal P.M., il Tribunale ritiene che “non risulta comunque provato con la dovuta
certezza l’abuso da parte degli imputati dei poteri inerenti alle loro funzioni,
atteso che come si è già rilevato, non può escludersi, in base agli elementi
probatori acquisiti, che ritenessero in effetti sussistente un certo legame ed
accordo anche associativo tra tutti coloro che si trovavano all’interno della
scuola”.
In ordine al
profilo di falsità relativo alla affermazione che durante l’operazione “gli
occupanti” sarebbero “stati edotti della facoltà di farsi assistere da altre
persone di fiducia”, il Tribunale rileva che si tratta certamente di una
espressione normalmente presente in tutti i verbali del tipo in esame, assai
probabilmente di stile e preventivamente predisposta, e di cui certamente i
redattori non si sono curati di accertare l’effettiva rispondenza al vero,
ritenendola non essenziale e di scarso rilievo, anche tenuto presente che nella
situazione concreta gli agenti non erano tenuti a dare tale avvertimento. Infatti
secondo il primo giudice erano già in corso atti di resistenza cosicché gli
agenti agivano in flagranza di reato e, come affermato dalla Suprema Corte, “l'avviso al soggetto sottoposto a
perquisizione domiciliare della facoltà di farsi assistere o rappresentare è
previsto ove la perquisizione sia effettuata dall'autorità giudiziaria, mentre
tale formalità non è richiesta per le perquisizioni operate dalla polizia
giudiziaria nella flagranza del reato, salva la facoltà del difensore di
assistervi senza diritto di essere preventivamente avvisato” (Cass. Sez.
VI, n. 2001 del 22/05/1995 - dep. Il 26/07/1995, Mazzanti, in CED Cass.
Rv. N. 202590). La presenza di una simile affermazione, secondo il Tribunale, “può dunque ritenersi dovuta ad una semplice
leggerezza o disattenzione e non può pertanto assumere alcun rilievo in ordine
al contestato reato di falso.”
Compiute tali
valutazioni di ordine generale, il Tribunale passa a valutare le
SINGOLE POSIZIONI
Secondo la tesi
accusatoria avrebbe rivestito insieme con il dr. Gratteri funzioni di comando
quale funzionario di grado più elevato presente sul posto dopo il Pref. La
Barbera, dunque “figura apicale del
comparto della polizia di prevenzione cui fanno capo gli operatori della DIGOS
territoriali”.
L’imputato nel
corso delle sue dichiarazioni spontanee ha contestato la posizione
attribuitagli ed ha affermato che era stato nominato alla Direzione della
Prevenzione come Consigliere ministeriale aggiunto con compiti specifici di
studio e ricerca.
Esclusa
l’ipotesi di un “complotto”, per il Tribunale non può ritenersi provato che Luperi
abbia assistito alla fase iniziale dell’aggressione e agli atti di violenza e
non può escludersi che, come da lui stesso dichiarato, possa aver ritenuto che
gli agenti stessero terminando una legittima operazione volta a superare un
atto di resistenza. Non può altresì
neppure ritenersi provato che Luperi si sia accorto della presenza di Covell in
terra sulla destra del cancello, perché c’era confusione.
Quanto alla vicenda
delle bottiglie molotov il Collegio richiama quanto in precedenza osservato circa
l’impossibilità di ritenere provato con la dovuta certezza che Luperi fosse
consapevole della provenienza di dette bottiglie e del fatto che non fossero
state rinvenute all’interno della scuola.
In tale
situazione probatoria l’imputato, in base al disposto dell’art. 530, comma 2,
c.p.p., è stato assolto dai reati ascrittigli con la formula “perché il fatto
non sussiste”.
Gratteri Francesco
Anche nei
confronti di Gratteri per il primo giudice valgono le stesse osservazioni sopra
riportate per Luperi, nonché quanto già osservato in ordine ai reati a
quest’ultimo ascritti.
Il Tribunale non
ritiene possibile, in base agli elementi acquisiti, provare con la dovuta
certezza che il dr. Gratteri abbia potuto rendersi conto di quanto era
realmente avvenuto all’interno della scuola Diaz nei minuti precedenti al suo
ingresso, né che fosse a conoscenza delle reali modalità dell’aggressione
subita da Covell, della provenienza delle molotov e dell’innocenza degli
arrestati. Anche tale imputato viene dunque assolto in base al disposto
dell’art. 530, comma 2, c.p.p. dai reati ascrittigli con la formula “perché il
fatto non sussiste”.
Circa la sua
responsabilità in ordine ai reati ascrittigli (falso, calunnia e lesioni) il
Tribunale richiama le valutazioni già espresse in precedenza: l’imputato entrò
nella scuola quando ancora le violenze erano in corso e cioè prima che Fournier
intimasse di smettere e non solo non intervenne in alcun modo per farle
cessare, né denunciò quanto aveva visto, ma omise anche qualsiasi accenno in
proposito nella sua relazione. Tale comportamento omissivo costituisce conferma
dell’esistenza di una sorta di accordo tra i dirigenti e gli agenti del VII
nucleo, volto a garantire l’impunità di questi.
In ordine al
capo d’imputazione sub H) viene esclusa la responsabilità dell’imputato in
ordine alle lesioni in danno di Heglund Cecilia, che ha affermato di non essere
stata colpita.
In ordine ai
capi F) e G) il primo giudice esclude la responsabilità dell’imputato in ordine
a quanto da lui riferito circa gli atti di resistenza avvenuti mentre la
polizia si trovava all’esterno dell’edificio scolastico nonché in ordine alla
contestazione relativa al possesso di congegni esplosivi da parte di coloro che
si trovavano nella scuola, richiamando quanto rilevato in precedenza, e cioè
che qualche oggetto dovette essere stato lanciato contro gli agenti che si
trovavano nel cortile della Diaz, cosicché quanto riferito dal dr. Canterini
circa il lancio di oggetti contundenti e di bottiglie, anche se rinforzato
dall’espressione “piovevano”, non può ritenersi connotato da assoluta falsità.
Infine rileva il Tribunale che nella relazione in esame il dr. Canterini non ha
riferito alcunché circa le bottiglie molotov (ma, si deve osservare, nessuna
contestazione al riguardo è stata formulata nei confronti di Canterini).
Considerato reato
più grave il falso, ritenute le attenuanti generiche per l’incensuratezza e la
situazione di stress, circostanze valutate equivalenti alla contestata
aggravante, la pena base è stata determinata dal Tribunale in anni 1 e mesi 4
di reclusione, aumentata per la continuazione con i reati di calunnia e lesioni,
a loro volta implicanti continuazione interna con riferimento ai plurimi reati
in danno di ciascuna delle parti lese, alla misura finale di anni 4 di
reclusione, massima misura applicabile in forza del vincolo del triplo imposto
dall’art. 81 c.p..
Tale pena è
stata dichiarata condonata nella misura di anni 3; alla condanna è conseguita
la pena accessoria della interdizione temporanea dai Pubblici uffici.
Secondo il Tribunale
l’imputato, comandante del VII Nucleo, entrò nella scuola Diaz attraverso il
portone centrale, subito dopo il suo sfondamento, per cui non è possibile che,
una volta all’interno della scuola, non si sia reso conto di quanto stava
accadendo e delle violenze che avvenivano al piano terreno nel locale adibito a
palestra; se si tiene conto della complessiva durata di dette violenze, e cioè
del tempo trascorso tra l’ingresso delle forze dell’ordine ed il grido “Basta,
basta”, pur ammettendo che l’imputato sia entrato non tra i “primissimi” ma
comunque tra i primi, non è invero possibile che nei minuti trascorsi non abbia
visto ciò che stava avvenendo. Lo stesso
Fournier ha ammesso di aver notato, seppure “con la coda dell'occhio in quei momenti di trambusto”, che al piano terreno “c'era una persona anziana che era stata
picchiata.” Fournier, dunque, diede ai suoi uomini l’ordine di uscire e
gridò: “Basta!” soltanto dopo aver visto le gravi condizioni in cui versava la
Jonasch, che gli fecero temere la possibilità di eventi di particolare gravità.
Osserva ancora il primo giudice che l’ordine di uscire dall’edificio venne
sentito ed eseguito da tutti i suoi uomini, circostanza che conferma il
costante collegamento tra gli appartenenti al VII Nucleo ed il fatto che il
precedente silenzio da parte di Fournier, mentre le violenze venivano commesse
in tutti i piani della scuola, non poteva valere che come conferma dell’accordo
esistente di non denunciare eventuali eccessi commessi durante l’operazione.
Viene, pertanto,
affermata la responsabilità dell’imputato in ordine al reato ascrittogli sub
H), sempre con l’eccezione circa le lesioni in danno di Heglud Cecilia, che ha
escluso di essere stata colpita. Ritenute sussistenti circostanze attenuanti generiche,
prevalenti sulle contestate aggravanti, sia per la incensuratezza sia in
considerazione della situazione di stress e di stanchezza in cui maturarono i
fatti sia perché Fournier fu l’unico ad intervenire per far cessare le
violenze, anche se poi omise di denunciarle, la pena base è stata determinata
in anni 1 per le più gravi lesioni in danno di Lena Zhulke, ridotta di un terzo
ex art. 62 bis c.p. ed aumentata sino al triplo per la continuazione, giungendo
alla misura finale di anni 2 di reclusione; alla condanna è conseguita la pena
accessoria della interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena.
Infine sono stati concessi i doppi benefici.
I Capi Squadra e Basili Fabrizio
Dalle stesse
dichiarazioni rese dagli imputati e dalle loro relazioni di servizio, osserva
il primo giudice, risulta che in effetti gli agenti del VII Nucleo entrarono
tra i primi, partecipando altresì direttamente allo sfondamento dei portoni centrale e laterale e si distribuirono quindi in
tutto l’edificio salendo ai piani superiori. Pertanto non è possibile che detti imputati non si siano almeno resi conto di
quanto realmente stava accadendo e delle violenze che venivano poste in essere
nei confronti di coloro che si trovavano all’interno della scuola; diversi imputati riferirono di aver assistito in effetti ad episodi di
violenza compiuti da personale diverso dal VII Nucleo, precisando di avere essi
stessi aiutato alcuni dei giovani, ma ciò secondo il Tribunale è irrilevante in
quanto era loro preciso obbligo intervenire immediatamente per fare cessare
ogni violenza ingiustificata.
Nessun dubbio
dunque nutre il Tribunale circa la responsabilità di detti imputati in ordine
al reato loro ascritto.
Agli stessi sono
riconosciute le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante in considerazione
sia della incensuratezza, sia della situazione di stress e di stanchezza in cui
maturarono i fatti, e la pena base di
anni uno di reclusione per il più grave reato di lesioni in danno di Lena
Zhulke, aumentata sino al triplo per la continuazione, conduce alla pena finale
per ciascuno di anni 3 di reclusione; tale pena è stata interamente condonata;
infine è stata applicata la pena accessoria della interdizione dai pubblici
uffici per la durata della pena.
Troiani Pietro – Burgio Michele
Ribadisce il Tribunale
che l’unico fatto emerso con la dovuta certezza in ordine alle bottiglie
molotov in oggetto, oltre alla loro provenienza, è il loro trasporto ad opera
di Burgio dal Magnum a lui affidato alla scuola Diaz su indicazione di Troiani.
Reputa il collegio di primo grado che l’ordine rivolto a Burgio da Troiani
sarebbe stato così evidentemente illegittimo da poter essere percepito come
tale da chiunque, e che di conseguenza Burgio non avrebbe in alcun modo dovuto
eseguirlo. Quale logica conseguenza osserva il Tribunale che il falso
ritrovamento delle bottiglie molotov presso la scuola Diaz comportava
necessariamente l’attribuzione del loro possesso a coloro che si trovavano
all’interno dell’istituto, come in effetti avvenne; gli imputati erano quindi
perfettamente consapevoli di incolpare questi ultimi di un reato di cui
sapevano che erano innocenti. Troiani e Burgio,
dunque, sono stati riconosciuti responsabili dei reati loro rispettivamente
ascritti, uniti sotto il vincolo della continuazione, attesa l’evidente unicità
del disegno criminoso. Ritenute sussistenti circostanze attenuanti generiche,
valutate prevalenti sulle contestate aggravanti, in considerazione della
incensuratezza, della situazione di stress e di stanchezza in cui gli imputati agirono
nonché in particolare della sostanziale confessione di Troiani e del fatto che
Burgio in definitiva eseguì quanto richiesto dal predetto, ritenuto reato più
grave il porto di armi da guerra, la pena base è stata determinata in anni 2 di
reclusione ed € 750,00, quindi ridotta di 1/3 per le attenuanti generiche, aumentata
per la continuazione con la detenzione di armi di mesi 2 ed € 150,00, per la
continuazione con la calunnia di anni 1, giungendo così alla misura finale di anni
3 di reclusione ed € 650,00 di
multa ciascuno; alla condanna è conseguita la interdizione temporanea dai
pubblici uffici, mentre la pena è stata dichiarata interamente condonata.
Nucera Massimo – Panzieri Maurizio
La posizione di
tali imputati era già stata trattata dal Tribunale nella “Ricostruzione dei fatti”, ove era giunto alla
conclusione della impossibilità, in base alle prove acquisite, nonché alla
perizia ed alle consulenze di parte, di stabilire con la dovuta certezza se
l’aggressione descritta da Nucera e Panzieri fosse realmente avvenuta. Pertanto
ai sensi dell’art. 530, comma 2, c.p.p.,
entrambi gli imputati sono stati assolti dai reati loro ascritti con la formula
“perché il fatto non sussiste”
Sottoscrittori della notizia di reato e dei verbali di perquisizione e
arresto
Valutando
unitariane le posizioni di tutti gli imputati di falso, il Tribunale ricorda
che la comunicazione di notizia di reato, materialmente redatta dal dr. Gallo e
dal dr. Schettini, venne sottoscritta dagli imputati Mortola e Dominici nelle
rispettive qualità di dirigenti della Digos il primo, e della Squadra Mobile il
secondo; il verbale di perquisizione e sequestro, redatto almeno in parte da Mazzoni, venne sottoscritto da
Panzieri, Nucera, Gava, Ferri, Aniceto, Cerchi, Di Novi, Mazzoni e Di Bernardini,
i quali, insieme a Mortola, Dominici, Di Sarro, Caldarozzi, Ciccimarra e ad un
altro funzionario non identificato, sottoscrissero anche il verbale di arresto,
materialmente compilato da Ferri, Gava e Ciccimarra.
Gli elementi
probatori acquisiti, a detta del Tribunale, non consentono di affermare con la
dovuta certezza che i predetti imputati fossero consapevoli di riportare negli
atti a loro firma circostanze non corrispondenti al vero. La relazione del dr.
Canterini, del resto, forniva una ricostruzione degli eventi sostanzialmente
corrispondente al contenuto degli atti in esame, ed induceva quindi certamente
i sottoscrittori di detti atti, che, non avendo assistito direttamente ai fatti
nella stessa descritti, non avevano alcun motivo per dubitare della sua
attendibilità, a ritenere del tutto fondato quanto veniva riportato nei verbali
di perquisizione e di arresto e a non valutarlo criticamente.
Per quanto
attiene all’indicazione nei citati verbali di Mark Covell tra coloro che si
trovavano all’interno della Diaz e la mancata specificazione dell’aggressione
dal medesimo subita, il Tribunale rileva che non risulta in alcun modo provato
che gli imputati fossero a conoscenza di quanto avvenuto.
Conseguentemente
ex art 530, comma 2, c.p.p., tali imputati sono stati assolti dai reati loro
ascritti con la formula “perché il fatto non sussiste”.
Accusato di
avere sottoscritto il verbale di atti da lui non compiuti, il primo giudice
osserva che è pacifico che quella notte Gava non entrò nella scuola Pertini,
mentre fece ingresso nella Pascoli. Richiesto di spiegare perché firmò un atto
senza averne titolo, Gava ha risposto di avere agito nel convincimento
dell’opportunità della sua sottoscrizione anche sul verbale di perquisizione e
sequestro, che altri aveva redatto, poiché aveva dato un contributo
all’operazione, provvedendo all’identificazione delle persone perquisite ed
arrestate. Secondo il Tribunale sarebbe nota la prassi comune di sottoscrivere atti
come quelli in questione ad opera di tutti coloro che in qualche modo abbiano
partecipato alle operazioni, cosicché non appare al primo giudice inverosimile
che in effetti Gava, avendo ricevuto l’incarico di procedere alla perquisizione
in questione, essendosi recato sul posto, seppure sbagliando obiettivo, ed
avendo poi proceduto all’identificazione dei soggetti coinvolti, senza cui il
predetto atto non avrebbe potuto essere redatto, si sentisse in qualche modo
partecipe di tale operazione.
Pur valutando la
sentenza della Corte di Cassazione che aveva annullato la sentenza del GUP di
non luogo a procedere sulla imputazione coatta disposta dal GIP a carico del Gava
per l’ipotesi di falso in esame, il Tribunale argomenta che Gava sottoscrisse il
verbale di perquisizione e sequestro presso la scuola Pertini non per agevolare
o sostenere la condotta dei colleghi, ma perché convinto di dover sottoscrivere
in quanto compartecipe della successiva attività di identificazione degli arrestati,
necessaria alla redazione dell’atto in questione.
L’assenza di
prove circa la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, dunque, ha
indotto il Tribunale a pronunciare l’assoluzione dell’imputato perché il fatto
non costituisce reato.
Per i fatti commessi
all’interno della scuola Pascoli (illegale perquisizione, violenza privata, danneggiamento e peculato),
richiamato l’assunto dell’ingresso per errore seguendo altro personale già
entrato e della insussistenza di una vera e propria perquisizione, il Tribunale
ai sensi dell’art. 530, comma 2, c.p.p., ha assolto l’imputato Gava dai reati
di cui al capo S) della rubrica con la formula “perché il fatto non costituisce
reato”, attesa la carenza di prove circa la sussistenza dell’elemento
soggettivo di detti reati, non potendosi escludere che il dr. Gava abbia agito
nella convinzione di eseguire l’ordine ricevuto.
Inoltre secondo
il Tribunale non risulta in alcun modo provato che detto imputato ed i suoi
uomini abbiano usato violenza o comunque costretto alcuno dei presenti
all’interno della scuola Pascoli a “inginocchiarsi o anche a sdraiarsi a terra
e a mantenere tale posizione per almeno mezzora”. Per la stessa motivazione non può neppure rispondere delle altre condotte coercitive tenute da
appartenenti non identificati della Polizia di Stato, che usarono prepotenza e
violenza nei confronti degli occupanti l’edificio. Non esistono, infine, per il Tribunale elementi di prova per sostenere
che il dr. Gava debba rispondere
della condotta di chi vi entrò, distrusse le apparecchiature informatiche e si
appropriò di parti dei computer quali gli hard - disk.
L’imputato
dunque è stato assolto anche dai reati sub T), U) e V) con la formula “per non
aver commesso il fatto”.
L’imputato è
stato riconosciuto con sicurezza da Huth Andreas nel corso dell’incidente
probatorio disposto a tal fine. Ritenute le attenuanti generiche equivalenti
all’aggravante, la pena è stata determinata in 1 mese di reclusione, cui è
conseguita l’interdizione temporanea dai pubblici uffici per un anno; sono
stati con cessi i doppi benefici.
.-.-.-.-
STATUIZIONI CIVILI
Passando al tema
del risarcimento dei danni in favore delle parti civili, esordisce il Tribunale
argomentando che l’accertata responsabilità per il reato di falso non comporta
il riconoscimento di danno risarcibile. Richiamata la decisione della Corte di
Cassazione SSUU n. 46982 del 25/10/2007 che ha riconosciuto la natura
plurioffensiva del reato di falso ed il diritto della persona offesa a proporre
opposizione alla richiesta di archiviazione, il primo giudice ha ricordato
anche come la medesima pronuncia abbia ribadito la distinzione fra persona
offesa e persona danneggiata, ed abbia richiamato la più volte ribadita osservazione
secondo la quale il falso è molto spesso un mezzo per conseguire un altro scopo;
conseguentemente per il Tribunale poiché nel caso in esame il fine perseguito con
il falso è costituito dalla calunnia il risarcimento riconosciuto per tale
reato esclude ogni altra liquidazione per il falso, in quanto ciò avrebbe
comportato una indebita duplicazione.
In secondo luogo
il Tribunale sostiene che non può essere riconosciuto alcun risarcimento alle
parti civili Bartesaghi Enrica, Gandini Ettorina e Fassa Liliana, madri di
persone offese vittime di lesione o calunnia.
Queste parti
civili, pur non rivestendo la qualifica di persone offese dai reati in esame, secondo
il Tribunale potrebbero comunque vantare un diritto al risarcimento dei danni
da loro patiti per effetto delle lesioni riportate dai propri figli, come anche
recentemente riconosciuto dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, che hanno
affermato che “ai prossimi congiunti di persona che abbia subito, a causa di
fatto illecito costituente reato, lesioni personali, spetta anche il
risarcimento del danno morale concretamente accertato in relazione ad una particolare
situazione affettiva con la vittima, non essendo ostativo il disposto dell'art.
1223 cod. civ., in quanto anche tale danno trova causa immediata e diretta nel
fatto dannoso e che di conseguenza in tal caso il congiunto è legittimato ad
agire "iure proprio" contro il responsabile” (Cass. Civ. Sez. Un. n.
9556 del 01/07/2002).
Tuttavia,
prosegue il primo giudice, le lesioni subite dal congiunto debbono essere
“seriamente invalidanti, giacché lesioni minime o prive di postumi non rendono
configurabile una sofferenza psicologica inquadrabile nella nozione di danno
morale” (Cass. Civ. n. 10816 dell’8/06/2004) e che “la mera titolarità di un
rapporto familiare non può essere considerata sufficiente a giustificare la
pretesa risarcitoria del prossimo congiunto dell'offeso, in termini di
automatismo o anche solo di "notorio", occorrendo, di volta in volta,
verificare l'intensità - all'attualità - del legame affettivo, oltre al livello
di incidenza della lesione subita dalla vittima primaria sulla relazione con il
congiunto (se essa sia stata, cioè, tale da comprometterne lo svolgimento)”
(Cass. Civ. Sez. III, n. 10986 del 14/07/2003).
Ciò premesso,
osserva il Tribunale che “Nella fattispecie, dunque, tenuto conto dell’entità
delle lesioni e delle conseguenze lamentate dai figli maggiorenni delle sopra
citate parti civili (asseritamente di un certo rilievo per la sola Sara
Bartesaghi, ma comunque non certamente tali da potersi ritenere “seriamente
invalidanti” nell’accezione indicata dalla Suprema Corte), nonché dell’assenza
di specifiche prove circa l’incidenza negativa delle stesse nella vita e nei
rapporti familiari, non può riconoscersi il richiesto risarcimento.” In ogni
caso, prosegue il primo giudice, “i danni patrimoniali, per spese per viaggi e
cure mediche, tempo dedicato alla ricerca della verità e alla difesa
dell’onorabilità dei figli, non sono stati dimostrati e rientrano semmai tra
quelli liquidabili direttamente alle persone offese, maggiorenni e costituite,
a loro volta, parti civili”. Ed ancora “Palesemente non meritevoli della tutela
risarcitoria invocata a titolo di danno esistenziale sono i pregiudizi
consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altro tipo di
insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana che
ciascuno conduce nel contesto sociale. Non vale, per dirli risarcibili,
invocare diritti, umanamente riconoscibili, ma giuridicamente “immaginari”,
come il diritto alla qualità della vita, allo stato di benessere, alla
serenità: in definitiva il diritto a essere felici. Inoltre il diritto
costituzionale inviolabile deve essere inciso oltre una certa soglia”.
Ulteriore
osservazione riguarda la Federazione Nazionale della Stampa Italiana e il Genoa
Social Forum, persone giuridiche che secondo il primo giudice non possono vantare
alcun diritto al risarcimento non risultando, all’esito del dibattimento, alcun
danno in capo ai due organismi derivante dai delitti accertati, soprattutto in
considerazione del fatto che gli imputati dei fatti accaduti nella scuola
Pascoli sono stati prosciolti.
Quanto all’Associazione
Giuristi Democratici di Genova, costituita parte civile in proprio lamentando,
in particolare, le conseguenze derivanti dai danneggiamenti perpetrati ai
computer in sua dotazione, il Tribunale osserva che queste attrezzature erano
di proprietà dell’amministrazione comunale, e che nulla è dovuto per la perdita
dei dati presso la scuola Pascoli, i cui responsabili non sono stati
individuati con certezza, né per i fatti della Pertini, perpetrati nei confronti
dei diretti lesi, senza frustrazione dello scopo precipuo dell’Associazione.
Relativamente
alla liquidazione dei danni, il Tribunale ha proceduto alla quantificazione del
danno morale subito da Huth Andreas condannando l’imputato Fazio, in solido con
il responsabile civile, al pagamento della somma di € 1.000,00. Quanto alle altre parti civili ha pronunciato
condanna generica rimettendo la quantificazione a separati giudizi civili, e
liquidando le seguenti provvisionali:
per il delitto
di calunnia € 5.000,00 per ciascuna parte civile, ponendo tale importo per metà
a carico di Canterini e per metà a carico di Troiani e Burgio;
per i delitti di
lesioni importi diversi da un minimo di € 5.000,00 ad un massimo di €
50.000,00, in relazione all’entità delle
lesioni subite.
Passando,
infine, al tema delle liquidazioni delle spese di lite, il Tribunale ha
indicato quali criteri seguiti per la quantificazione “la natura dell’impegno
professionale, comunque condiviso tra i difensori delle numerose parti civili,
i quali si sono spesso sostituiti a vicenda, nonché la quasi costante adesione
delle stesse alle scelte processuali del Pubblico Ministero”; il Tribunale ha
“rilevato dai verbali il numero delle udienze cui il singolo difensore ha
partecipato personalmente o tramite sostituto, riconoscendo, per ciascuna di esse
e indipendentemente dalla durata della presenza, talvolta modesta, la voce
relativa all’esame e studio e alla partecipazione, nonché, per le sole udienze
cui ha partecipato personalmente il difensore, quella per l’attività
difensiva”; “L’importo per ogni udienza è stato ridotto al 20%, in analogia a
quanto previsto dall’art. 3 delle tariffe citate, quando il sostituto si
occupava anche di altre posizioni. Si è poi aggiunta la voce relativa all’esame
e studio dei decreti che dispongono il giudizio, quella per le conclusioni e le
discussioni finali, in udienza preliminare e a dibattimento, nonché, ove
presenti, quella per le memorie e le ordinanze dibattimentali”. Per le parti
ammesse al patrocinio a spese dello Stato il Tribunale ha richiamato per
relationem i decreti di liquidazione del compenso ex DPR 115 del 2002, mentre
per le altre parti ha applicato un aumento del 25% in considerazione
dell’assenza del limite di cui all’art. 82 del DPR citato.
.-.-.-.-
Avverso tale
sentenza hanno proposto appello
il Procuratore
Generale;
il Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale;
gli imputati TROIANI
Pietro, CENNI Angelo, LEDOTI Fabrizio, STRANIERI Pietro, ZACCARIA Emiliano,
CANTERINI Vincenzo, FOURNIER Michelangelo, BASILI Fabrizio, TUCCI Ciro,
LUCARONI Carlo, COMPAGNONE Vincenzo, NUCERA Massimo, PANZIERI Maurizio, FAZIO
Luigi e BURGIO Michele;
il responsabile
civile MINISTERO DELL’INTERNO;
le parti civili HINRICHSMEYER
Thorsten, MARTENSEN Niels, HUTH Andreas, GALANTE Stefania, WAGENSCHEIN Kirsten,
BACHMANN BRITTA Agnes, GATERMANN Christian, KRESS Holger, VILLAMOR HERRERO
Dolores, ZEHATSCHEK Sebastian, ZUHLKE Lena, BERTOLA Matteo, BARRINGHAUS Georg,
GALEAZZI Lorenzo, PAVARINI Federico,
ALEINIKOVAS Tomas, CHMIELEWSKI Michal, CÖELLE Benjamin, MIRRA Christian,
POLLOK Rafael Johann, SIBLER Steffen, ALLUEVA FORTEA Rosana, BRUSCHI
Valeria, DIGENTI Simona, MARTINEZ
FERRER Ana, MASSO’ PAZ Guillermo, BROERMANN Miriam Grosse, ENGEL Jaroslaw
Jacek, HAGER MORGAN Katherine, HEIGL Miriam, SZABO Jonas, WIEGERS Daphne, ZAPATERO GARCIA Guillermina, ZEUNER
Anna Katharina, SCRIBANI Giuseppe, CORDANO Enrico, COSTANTINI Massimo, NANNI
Matteo, KUTSCHKAU Anna Julia, SCHMIEDERER Simon, GALLOWAY Jan Farrel, NATHRATH
Achim, PETRONE Angela, TREIBER Teresa HUBNER Tobias, CESTARO Arnaldo, MORITZ
VON UNGER Karl Kaspar, WEISSE Tanya, COVELL William Mark, GOL Suna, BACZAK
Grzegorz, DUMAN Mesut, BALBAS Aitor Ruiz, ALBRECHT Thomas Daniel, BARO Karl
Wolfgang, DREYER Sybil Jeannette, HERRMANN Jens, HERRMANN Jochen, JONASCH
Melanie, RESCHKE Manfred Kai, LUTHI Nathan Raphael, BODMER Fabienne Nadia,
SVENSSON Jonas Tommy, OLSSON Katarina Hedda, HEGLUND Cecilia, CEDERSTRÖM Ingrid
Thea Helena, OTTOVAY Kathrin, JAEGER Laura, VALENTI Matteo Massimo, FORTE
Mauro, MASU Andrea, BRIA
Francesca, FLETZER Enrico, PODOBNICH Gabriella, LUPPICHINI Manolo, MESSUTI
Raffaele, MARCUELLO Felix, PATZKE Julia, BARTESAGHI GALLO Sara, BARTESAGHI
Enrica, BRUSETTI Ronny, BUCHANAN Samuel, DOHERTY Nicola Anne, GANDINI Ettorina,
MC QUILLAN Daniel, GENOA SOCIAL FORUM, URGEGHE Marta, ASSOCIAZIONE GIURISTI
DEMOCRATICI DI GENOVA, Moret Fernandez David, SAMPERIZ Benito Francisco Javier,
GIOVANNETTI Ivan Michele, PROVENZANO Manfredi, NOGUERAS CHABIER Francho Corral;
la parte civile
FASSA Liliana ha proposto appello incidentale.
APPELLO del Procuratore Generale
In via
preliminare il Procuratore Generale ha posto una questione di rito in tema di utilizzabilità
“erga alios” delle dichiarazioni predibattimentali rese dagli imputati che
hanno rifiutato di sottoporsi ad esame.
Il presupposto
in fatto sul quale poggia la questione è costituito dalla asserita coartazione
della libertà degli imputati che avrebbe comportato il rifiuto di sottoporsi all’esame
dibattimentale, desumibile dalle seguenti circostanze:
a) il prefetto
Andreassi era vice-capo della Polizia, ed il teste Giovanni Calesini, vice
questore a Genova, ha affermato che “la presenza di Andreassi, vice capo
vicario della PS, anche se non vi era un provvedimento espresso, significava
che dava lui gli ordini. È persona di grande responsabilità che usa
autorevolezza e non autoritarietà, ma era evidente che i servizi venivano
effettuati se lui era d’accordo” (pag. 194 della sentenza);
b) era quindi
impossibile per tutti e ciascuno degli imputati parlare solo di sé stessi e delle proprie azioni
(illegittime) senza parlare anche delle azioni (parimenti illegittime) dei
propri superiori gerarchici;
c) al portavoce
responsabile del GSF (pag. 153 della sentenza) il pref. Andreassi disse
addirittura “che l’azione era stata decisa a Roma e che non poteva essere
interrotta”;
d) nella sua
sofferta testimonianza Guaglione Pasquale, all’udienza 5/4/07, ha detto
testualmente: “ufficialmente non ho ricevuto nessuna pressione o
discriminazione, ma sono stato l’unica testa caduta per questo procedimento”,
perché è l’unico ad aver ammesso (dovuto ammettere) la falsità e la calunnia
inerente il trasporto della bottiglie molotov nella scuola Diaz;
e) il dott. Di
Bernardini solo di fronte all’evidenza dei fatti è stato costretto ad
ammettere, in contrasto con le originarie affermazioni già rese (secondo cui le
bottiglie Molotov erano state trovate “nello stanzone” della scuola e pertanto
attribuibili a tutti gli occupanti) di aver effettivamente incontrato il dott.
Troiani che lo aveva chiamato dall’esterno, consegnandogli o comunque
facendogli visionare il reperto che era stato così messo a sua disposizione;
f) anche
l’artificiere Melis, da indagini svolte in procedimento collegato risulta
essere sottoposto a pressioni per la redazione della relazione allegata alla
nota del Questore e pervenuta al Tribunale in ordine all’”erronea” distruzione
delle bottiglie molotov trasportate all’interno della scuola Diaz per
costituire falsa prova nei confronti degli occupanti;
g) nei confronti
dei dott. Colucci e Mortola risulta esercitata l’azione penale per il reato di
falsa testimonianza commesso all’udienza del 3.05.2007;
h) “appare poco
plausibile che la quasi totalità degli agenti, appositamente addestrati, si
siano improvvisante lasciati andare a comportamenti dettati da rancore ed ira,
tipici invece di reazioni individuali” (pag. 314 della sentenza);
i) “non va
altresì dimenticato che tra gli operatori del VII nucleo era attivo un
collegamento radio mediante un laringofono, cosicché tutti ed in particolare i
capi squadra avevano in ogni momento la possibilità di parlare con i colleghi,
il loro silenzio costituiva
un’evidente acquiescenza” (pag. 315 della sentenza);
j) nessuno dei
colleghi della polizia ha voluto concorrere a identificare, neppure a
posteriori, il poliziotto dalle caratteristiche fisiche assai peculiari
(acconciatura dei capelli a “coda di cavallo”) che è stato ripreso mentre
infieriva nella scuola Diaz su una
persona ferma, inerme ed arresa (che riporterà gravi lesioni);
k) nessuno dei
colleghi della polizia ha voluto concorrere a identificare, neppure a
posteriori, il poliziotto che ha firmato con la sigla i verbali di arresto di
cui all’imputazione (e che quindi sarebbe stato chiamato a rispondere dei
delitti di falso);
l) lo stesso
Tribunale di Genova ha - contraddittoriamente – riconosciuto (pag. 314 della
sentenza) che “se non può escludersi che le violenze abbiano avuto inizio
spontaneo da parte di alcuni, è invece certo che la loro propagazione, così
diffusa e pressoché contemporanea, presuppone la consapevolezza degli operatori
di agire in accordi con i loro superiori, che comunque non li avrebbero
denunciati”;
m) ancora, lo
stesso Giudice di prime cure ha rilevato che “il fatto che nessuno non solo dei
capi squadra, ma anche dei singoli operatori … abbia denunciato quanto
avvenuto, pur avendo l’obbligo come espressamente previsto dall’art. 361 c.p.,
conferma la validità di quanto osservato”;
n) “l’omissione
dal dott. Canterini di qualsiasi accenno alle violenze …, il fatto che il dott. Fournier a sua volta non
abbia neppure pensato di denunciare quanto lo aveva successivamente portato a
dire che la situazione richiamava alla mente una macelleria messicana …
costituiscono ulteriori, precise conferme della sussistenza di una sorta di
accordo, tacito od anche espresso, in proposito”;
o) vi è stato
anche ai massimi livelli un significativo
“dietro front”, quando si trattava di chiamare in causa i massimi responsabili
della Polizia. Il teste Colucci all’udienza del 3.5.2007 ha ritrattato le sue
affermazioni del 16.12.2002 (ben più vicine ai fatti, e quindi di per sé
maggiormente credibili) secondo le quali vi era stato l’ordine di avvisare
dell’”ottimo” esito operazione Diaz il dott. Sgalla, direttore dell’ufficio
pubbliche relazioni della Polizia. E mentre dapprima il teste ha affermato che l’ordine era
partito dal capo della Polizia (all’epoca il dott. De Gennaro), quindi
pienamente informato sui fatti, all’udienza ha detto che l’iniziativa è stata …
la propria.
Sulla base di
tale assunto, il P.G. - premesso che gli elementi di cui sopra sono più che
sufficienti a rendere operativo “il meccanismo «recuperatorio» previsto dal
comma 4 dell'art. 500 c.p.p., richiamato anche dall'art. 513 comma 1 c.p.p., che
non richiede una vera e
propria prova delle intimidazioni e/o delle subornazioni subite, analoga a quella
richiesta per pronunziare una sentenza di condanna per i reati di minaccia,
violenza o subornazione nei confronti di specifici responsabili, quanto piuttosto la sussistenza di
«elementi» indicativi di siffatte situazioni illecite, non necessariamente
riconducibili all'imputato, purché caratterizzati da sufficiente concretezza” -
deduce che una interpretazione restrittiva e letterale del comma 2 dell'art.
513 c.p.p. che sostenga il divieto di acquisizione dei verbali contenenti le
precedenti affermazioni anche in caso di illecito condizionamento del
coimputato dichiarante che determini l’esercizio della facoltà di non
rispondere, sarebbe di certo costituzionalmente illegittima e manifestamente
illogica se raffrontata con la disciplina – risultante dall’intervento di Corte
Costituzionale n. 361/1998 – vigente per gli imputati di reato connesso
separatamente giudicati di cui all’art. 210, 1° comma c.p.p., disciplina
secondo la quale se i predetti si rifiutino in tutto o in parte di rispondere
alle singole domande a causa di illecito condizionamento sarebbe operativo il
meccanismo di acquisizione delle precedenti dichiarazioni predibattimentali ai
sensi dell’art. 500, comma 4 c.p.p..
Ove questa Corte
non dovesse condividere la proposta interpretazione, viene sollecitata a
sollevare questione di legittimità costituzionale dell'art. 513 comma 2 c.p.p.,
per contrasto con gli artt. 3 e 111 commi 4 e 5 Cost., nella parte in cui non
prevede che il giudice, in assenza di accordo delle parti, possa disporre la
lettura dei verbali contenenti le dichiarazioni di cui al comma 1 del medesimo
articolo, rese dalle persone indicate dall'art. 210 comma 1 c.p.p., qualora
queste si avvalgano della facoltà di non rispondere, nel caso in cui ricorrano
i presupposti di cui all'art. 500 comma 4 c.p.p..
In secondo luogo
il P.G. lamenta che il Tribunale di Genova ha dichiarato non utilizzabile il
materiale dichiarativo riportato nei verbali dei lavori del Comitato paritetico
parlamentare che aveva svolto una indagine conoscitiva in epoca immediatamente
successiva ai fatti occorsi durante il vertice G8 a Genova. Sul punto rileva che
invece detta prova, non espressamente disciplinata dalla legge, è pienamente
ammissibile ai sensi dell’art. 189 c.p.p., non è coperta da segreto e non
influisce sulla libertà morale degli indagati. Chiede, pertanto, che la Corte
d'Appello di Genova ne disponga l’acquisizione, essendo documenti rilevanti per
la decisione anche per l’accertamento dei fatti (avvenuti con i poteri
dell’autorità giudiziaria, ex art. 82 comma 2 Cost.) che vi è contenuto.
I FATTI E LE RESPONSABILITA’ INDIVIDUALI
A) La fase antecedente
all’irruzione nella scuola Diaz – Pascoli e la sua giustificazione ufficiale.
A parere del P.G.
la scelta di procedere all’irruzione, al sequestro di vario materiale, al
pestaggio di praticamente tutti coloro che dormivano nella scuola, alla
costruzione di false prove contro questi ultimi (episodio delle bottiglie
molotov), all’arresto di tutti gli occupanti, aveva l’intento di reagire alle
provocazioni ed agli episodi – questi sì illegittimi e violenti – che nei
giorni precedenti si erano
verificati a Genova; e vi era la volontà di dimostrare l’efficienza e
l’efficacia delle azioni di polizia dopo gli episodi di devastazione e
saccheggio perpetrati dai cc.dd. black-bloc
Ma – rileva l’appellante
– nell’operazione Diaz-Pascoli non vi è nessun arresto, nessuna individuazione
di alcun appartenente ai black-bloc; neppure della presenza fisica di alcun appartenente
ai black-bloc al momento di fatti vi è prova alcuna. Oggettivamente, ed al contrario di quanto ha sempre
sostenuto la polizia e di quanto sostengono le difese degli imputati, tutte le
prove acquisite in dibattimento hanno dimostrato senza possibile dubbio non
solo che i fatti materiali di lancio di bottiglie e di insulti al passaggio del
“pattuglione” in Via Battisti nella prima serata ebbero portata modestissima,
mai legittimando – anche dal punto di vista dell’opportunità - l’irruzione; ma anche che nessun
appartenente ai black-bloc si trovava all’interno della scuola Diaz.
- L’asserito attacco alle
auto della Polizia:
urla ed insulti
ve ne furono tanti, ma aggressioni, violenze o resistenze assolutamente nessuna. Tra le numerosissime, il P.G. ricorda
le testimonianze di Albrecht, Moret, Perrone, Di Pietro, che riferiscono di un
passaggio lento delle auto, di urla (“assassini” e simili) ma non di lancio di
oggetti qualsiasi né – tantomeno – di resistenza attiva, nonché quella
fondamentale perché ritenuta assolutamente attendibile per la terzietà del
teste resa dal dott. Costantini, che assistette alla scena dalla finestra della
infermeria allestita nella scuola Pascoli.
Osserva, poi, il
P.G. che dalle deposizioni assunte emerge univocamente che il passaggio è
avvenuto in un orario compreso tra le ore 20.00 e le 21.00, nonostante il falso
contenuto nei rapporti trasmessi all’Autorità Giudiziaria, e quindi ben tre ore
prima l’irruzione “doverosa e necessitata” della polizia.
Contesta, quindi
, il P.G. appellante l’assunto del Tribunale secondo il quale “non appare
necessario accertare con assoluta precisione l’entità dell’aggressione … ma
esclusivamente il fatto che fossero stati posti in essere nei confronti della
pattuglia atti ostili e minacciosi, che possano avere indotto le forse
dell’ordine a ritenere che nella scuola vi trovassero anche facinorosi
appartenenti ai black-bloc”: al contrario, sarebbe stato del tutto necessario
non solo accertare con assoluta precisione l’entità dell’aggressione, ma anche
valutare oggettivamente i fatti per sconfessare ciò che lo stesso prefetto
Andreassi ha detto circa le reali motivazioni dell’irruzione e soprattutto ciò
che emerge dagli atti, ma a tale proposito il P.G. lamenta che il primo giudice
abbia omesso di considerare:
a) “le perplessità del questore Colucci e
del dott. Mortola” (pag. 250 della sentenza) verso tale tipo di operazione, e
la reale necessità e motivazioni della stessa;
b) lo “stupore”
dello stesso imputato Canterini, nei pressi della Questura di Genova, di fronte
ad “un apparato immenso formato da diversi corpi” (pag. 252 della sentenza), e
quindi del tutto incongruo per un’operazione di mera “messa in sicurezza e
perquisizione”, secondo quanto hanno invece sostenuto le difese;
c) i primi
pestaggi, che iniziarono ben prima e finirono ben dopo l’irruzione vera e
propria all’interno della scuola (vittime Frieri, consigliere comunale di
Modena, e Covell, giornalista inglese). A quest’ultimo venne detto “sei un
black-bloc, e non ammazzeremo i black-bloc”, e venne selvaggiamente colpito
finché svenne (pag. 255): l’eloquente videoripresa (rep. 239) è in atti;
d) che la
“rappresaglia”, riguardò anche la scuola Pascoli, ove – giocoforza - nessuno
dei black-bloc poteva soggiornare, data la continuativa presenza non solo di
persone legate al Genoa Social Forum, ma anche di organizzazioni pacifiste, di
partiti politici, di testate giornalistiche;
e) soprattutto
nella Pascoli, ma anche all’esterno degli edifici scolastici, furono sempre
ricercate, reperite e distrutte tutte le attrezzature idonee alla registrazione
e videoregistrazione degli avvenimenti (avendosi quindi piena e previa
coscienza della loro illegittimità).
Analizzando le
singole fasi il P.G. osserva:
B)
L’irruzione nella scuola Diaz
La prova di quanto è
materialmente avvenuto durante l’irruzione della polizia nella scuola Diaz
emerge “oggettivamente” dalle video riprese; dalle numerose testimonianze che
non possono non essere ritenute credibili, per essere del tutto concordi e rese
anche da testi imparziali ed anche da coloro che subirono l’arresto illegittimo
e l’espulsione immediata con accompagnamento coatto alla frontiera (ciò che ha
comunque impedito loro, giovani di diversa nazionalità che neppure si
conoscevano, ogni possibile accordo sulla versione da dare).
L’esame dei filmati fa
escludere del tutto il “fittissimo” lancio di oggetti addotto a giustificazione
dell’accusa di resistenza. E per il P.G. la circostanza è esclusa anche – e
soprattutto – dalle riprese successive, che dimostrano che nel cortile
antistante il portone d’ingresso non vi sono affatto quei materiali che il
“fittissimo” lancio avrebbe invece inevitabilmente lasciato sul terreno.
Anche le testimonianze e
le valutazione tecniche di “terzi” (secondo l’impostazione del Tribunale),
sconfessa la tesi del fittissimo lancio di oggetti: cita, in proposito, il P.G.
quanto riferito dal teste Mattei, che ha affermato: “Sono in servizio presso il
RIS di Parma e comando la sezione impronte e fotografie. Con le nostre tecniche
non abbiamo apprezzato oggetti che arrivassero su tale personale.”
La ragione della “levata”
di scudi a testuggine è stata ricondotta dall’agente Gabriele Ivo ad una
manovra tecnica usuale nell’avvicinamento ad un edificio.
Quanto al teste Galanti,
infermiere intervenuto alla guida della prima ambulanza giunta sul posto, che
avrebbe “riconosciuto la sua voce nella chiamata al 118 (00.01.18), nella quale
avverte: “Stanno buttando giù tutto”, e alle altre considerazioni difensive
svolte dagli imputati, rileva il P.G. che il Tribunale ha omesso di considerare
che
a) l’ora della telefonata
del teste Galanti indicata nelle 00.01.18 va corretta come gli altri orari
proprio nei termini sostenuti dall’accusa e riconosciuti esatti dallo stesso
Tribunale, vale a dire nel caso in esame deve essere riportata alle ore
00.05.01, quando ormai tutti gli agenti intervenuti erano entrati nella scuola
“Diaz”; consegue che situazione riferita dal teste non può essere quella del momento iniziale
quanto gli agenti erano ancora tutti ammassati nel cortile prima di entrare
nella scuola, fase in cui sarebbe avvenuta la resistenza mediante il “fittissimo
lancio di oggetti”.
b) non si apprezzano ombre
o immagini di qualsivoglia oggetto, grande o piccolo, lanciato dalle finestre
della scuola Diaz all’indirizzo degli agenti e di una caduta al suolo o sui
soggetti che si trovano nel cortile;
c) le finestre della
scuola, eccetto forse una, erano chiuse;
d) non si nota la presenza
di persone affacciate alle finestre dell’edificio che possano pertanto
effettuare i “fittissimi” lanci (o anche soltanto radi) di cui si legge nel verbale di arresto;
e) nessuno degli agenti
che fanno irruzione nel cortile prima e si ammassano davanti ai due portoni poi
compie gesti o movimenti che possano far pensare ad un lancio di oggetti
contundenti nei loro confronti;
f) non si vede cadere il
maglio di cui riferisce il Dr. Mortola nel corso del suo esame, anche perché
avendo questi indicato il punto ed il momento precisi della caduta (a sinistra
del portone principale, perpendicolare e prossimo al muro esterno
dell’edificio, poco prima che venisse sfondato il portone stesso) si può
costatare dal filmato che un oggetto di quelle dimensioni non è sicuramente
caduto e che Mortola, in quel momento, stava uscendo dal cancello esterno della
scuola Diaz dando le spalle all’edificio e, quindi, in una posizione che
neppure gli avrebbe consentito di vedere la caduta del maglio;
g) non si vede cadere la
sedia che, secondo quanto affermato da un agente lo avrebbe colpito al naso. In
questo, come nel precedente caso del piccone, si parla di oggetti di dimensioni
tali da escludere che potessero sfuggire all’occhio delle telecamere;
h) il confronto tra i
filmati che riprendono il cortile libero da persone, cioè prima che le forze
dell’ordine sfondassero il cancello esterno e dopo che tutti gli agenti e gli
ufficiali di P.G. erano entrati nell’edificio, consente di evidenziare come non
vi fossero a terra oggetti tipo sedie, scrivanie, picconi, magli et similia e
come in generale ciò che si percepisce esistente sul suolo ed in particolare
nei pressi del portone principale di accesso alla scuola è sostanzialmente ciò
che vi è dopo;
i) lo stesso dott.
Canterini smentisce di avere visto lui stesso un fittissimo lancio.
.-.-.-.-
Richiamata la
testimonianza di Andrisano circa il fatto che all’interno della scuola Diaz-Pertini,
sostanzialmente adibita a dormitorio, gli occupanti, raggruppatisi per
nazionalità, si stavano apprestando a dormire, il P.G. descrivendo l’irruzione
nella scuola Diaz osserva come dalle testimonianze assunte sia emerso che lo
sfondamento del portone della scuola e poi l’irruzione sorprese e atterrì tutti
i presenti; in quello stato nessuna reazione violenta avrebbe potuto essere
comunque efficacemente opposta; e del resto la stragrande maggioranza degli
occupanti della scuola alzò subito le mani in segno di resa, anche se poi - quasi tutti ed indipendentemente da
qualsiasi loro atteggiamento aggressivo o sottomesso - furono malmenati,
minacciati, ingiuriati ed infine arrestati.
Per il P.G. è
significativo lo stesso esame di Canterini, il quale ha ammesso di non aver
assistito ad alcun “forte contrasto
opposto dagli occupanti agli agenti operanti" e di averne fatto
menzione solo in quanto “frutto di una logica deduzione”.
Del resto, si chiede il
P.G., per quale motivo se "piovevano oggetti" o, come scritto nel
verbale di arresto avvenne un "fittissimo lancio di oggetti di ogni
genere" il dr. Canterini se ne stava in prima linea con i suoi uomini
addirittura senza casco e senza scudo”; la versione difensiva "di
ripiego" secondo cui ad un certo punto egli si sarebbe riparato sotto uno
scudo altrui non trova alcun riscontro nel filmato in atti che documenta
proprio le fasi di ingresso degli agenti attraverso il portone di sinistra
dell'edificio.
Quanto alla
situazione all’interno dell’istituto
scolastico, il P.G. rileva che:
- all’atto dell’irruzione la stragrande maggioranza degli occupanti della
scuola alzò subito le mani in segno di resa;
- le testimonianze e le videoregistrazioni dimostrano che, comunque, tutti
i poliziotti, irrompendo, iniziarono subito il pestaggio con manganelli
e calci nei confronti di chiunque si presentasse loro davanti: e ciò avvenne e
continuò anche alla presenza di persone “in borghese, in giacca e cravatta, che
apparivano dirigenti”. Infatti anche qualcuno di costoro si lasciò andare
direttamente a pestaggi e violenze in genere; e ciò fecero anche gli altri
poliziotti in borghese e pettorina della polizia (come da testimonianza di
Guadagnucci).
- la grave degenerazione della situazione è dimostrata non solo dal grave
ferimento di Melanie Jonasch (inerme, ferma, zitta, ma ciononostante picchiata
e quindi rimasta a terra priva di sensi con abbondante perdita ematica a
seguito di frattura cranica nella regione temporale sinistra); ma anche dalla
stessa, tardiva ma eloquente reazione del vice-comandante Fournier, che - solo
allora - ha ordinato agli agenti,
con le urla udite e riferite dalla quasi totalità dei presenti, la cessazione
di ogni azione ed il ritiro (“ora basta! basta!”).
In definitiva, il
P.G. ritiene che non si possa dubitare anzitutto:
- a) che nessuna forma di resistenza fu posta in essere da parte degli
occupanti, e che nessun fittissimo lancio di oggetti ha preceduto né
accompagnato l’ingresso della Polizia nella scuola Diaz;
- b) che infatti, nonostante la sorpresa, la paura, la soverchiante forza
della polizia, a nessuno degli arrestati è stato possibile attribuire il
possesso delle armi improprie pure descritte nel verbale di perquisizione e
sequestro ed asseritamente utilizzate per resistere;
- c) che le violenze perpetrate non solo furono illegittime e inaudite, ma
soprattutto immediate, precedenti, contestuali e successive all’irruzione;
- d) che perciò è del tutto illogica e contraddittoria l’affermazione del
Tribunale di Genova secondo la quale non sarebbe “del tutto incredibile
(!) che l’inconsulta esplosione di violenza abbia avuto un’origine spontanea…”
(pag. 314 della sentenza); specie considerando che poche righe più sopra il
Tribunale ha riconosciuto che “appare poco plausibile che la quasi totalità
degli agenti, appositamente addestrati, si siano improvvisante lasciati andare
a comportamenti dettati da rancore ed ira, tipici invece di reazioni
individuali”;
- e) che insanabilmente contrastante con l’origine “spontanea” delle
violenze è anche lo stesso abbigliamento predisposto per i poliziotti: tutti
indossavano i caschi o i foulard d’ordinanza per nascondere il volto
(come risulta nelle videoriprese in atti).
Osserva ancora il P.G. che non vi è prova
alcuna che le armi sequestrate fossero effettivamente presenti nel vano
palestra e/o negli altri piani dell’edificio e/o nelle aule dove stavano
dormendo gli occupanti della scuola; né alcuna prova od alcun elemento preciso
è stato fornito in merito al luogo specifico del loro rinvenimento, fatto inspiegabile alla luce dei doveri e
della competenze specifiche dei reparti (e dei capi dei reparti) di polizia che
agirono.
Nel verbale di
perquisizione, redatto negli uffici della Questura alle ore 4.00 del 22 luglio
2001, gli ufficiali ed agenti di P.G. sottoscrittori del verbale stesso ed
identificati in Panzieri Maurizio, Nucera
Massimo, Gava Salvatore, Ferri Filippo, Aniceto Leone, Cerchi Renzo, Di Novi
Davide, Mazzoni Massimo e Di Bernardini Massimiliano, hanno dato atto
che alle ore 23.30 del 21 luglio avevano proceduto a perquisizione esponendo
circostanze false in quanto:
a)
la perquisizione ha avuto inizio
alla mezzanotte;
b)
le bottiglie molotov non sono
state trovate nella sala di ingresso al piano terreno e neppure in qualsiasi
altro locale della scuola Diaz, bensì sono state rinvenute da altri ufficiali
di P.G. in altro luogo ed appositamente portate presso la scuola Diaz al fine
di includerle nel materiale sequestrato;
c)
le “mazzette ricurve in
alluminio” sono in realtà stecche metalliche sfilate da zaini appartenenti a
soggetti che si trovavano all’interno della scuola e “contrabbandati” per
“mazzette ricurve in alluminio” allo scopo di farle apparire quali autonomi
oggetti idonei ad essere ritenuti armi improprie;
d)
lo zaino di proprietà di Szabo
Jonas era stato ritrovato nella scuola Pascoli, dove lo Szabo alloggiava e dove
l’aveva lasciato quella sera essendosi recato nella scuola Diaz solo per
ragioni contingenti e con l’intenzione di fare rientro alla Pascoli per
dormire;
e)
lo stesso Szabo, così come il
Brauer e la Jaeger, che si trovavano all’interno della scuola Diaz quando la
Polizia ha sfondato il cancello dell’istituto, erano riusciti a fuggire
attraverso le finestre e le impalcature esistenti sulla sinistra del caseggiato
ed erano stati arrestati successivamente all’esterno della struttura senza che
esistesse alcun elemento di prova che gli stessi si trovassero nella scuola e
che quindi gli oggetti sequestrati fossero a loro riconducibili;
f)
Mark William Covell non era
all’interno della scuola Diaz ed anzi è stato brutalmente ed immotivatamente
aggredito mentre transitava nella via Battisti ancor prima di dare inizio alla
perquisizione.
Contrariamente a
qualsiasi norma e disposizione – non di legge ma – di regolamento ed anche buon
senso, zaini, borse, non solo furono raggruppati, ma – insensatamente – furono del tutto svuotati a formare una catasta,
sì che poi non sarebbe stato possibile attribuire a nessuno tali eventuali
“armi”. Soprattutto, nessuno avrebbe potuto in alcun modo dimostrare la
propria innocenza, non solo perché a nessuno sarebbe stato possibile attribuire la specifica condotta di
reperimento e trasporto delle armi all’interno della scuola, ma anche perché,
nell’affermare falsamente che le armi “erano a disposizione di tutti”, tutti
sarebbero stati corresponsabili.
.-.-.-.-.
Quanto
all’episodio della asserita aggressione all’agente Nucera, il P.G. lo ritiene del
tutto sconfessato dagli elementi probatori acquisiti.
La prima volta
l’agente Nucera nella relazione a sua firma datata 22 luglio 2001 afferma che,
accompagnato dall’ispettore Panzieri e da altri colleghi della medesima
squadra, facendo ingresso all’interno di un’aula buia del secondo piano
dell’Istituto, viene fronteggiato da un individuo che urla e protende il
braccio destro armato di coltello, puntandoglielo all’altezza della gola.
Nucera lo colpisce con il “tonfa” al torace, facendolo indietreggiare;
l’attacco non impedisce all’aggressore di sferrare un colpo al petto
dell’agente e di fare anche un balzo indietro. L’ispettore Panzieri e gli altri
colleghi di Nucera a questo punto intervengono a bloccare l’individuo,
portandolo fuori della stanza; poco dopo l’agente trova sul pavimento il
coltello utilizzato dall’aggressore e lo raccoglie. Solo in un momento
successivo, Nucera asserisce di essersi reso conto di essere stato colpito, ma
a questo punto sarebbe accaduto l’incredibile: come pretendono di far credere
gli imputati, sarebbe già troppo tardi per identificare l’aggressore, il quale,
pure bloccato dai colleghi di Nucera, verrà “perso”, confuso tra i numerosi
individui presenti nel punto di raccolta al piano terra.
L’ispettore
Panzieri, nella propria relazione di servizio redatta nell’immediatezza dei
fatti, sostanzialmente conferma la versione del collega Nucera. Ma proprio il Panzieri
in epoca successiva inizia una sorta di retro marcia che diventa poi una fuga:
in un primo tempo risulterebbe essere stato presente sulla scena solo un altro
agente, ovviamente ignoto ed il ricordo sul comportamento del Nucera e del suo
aggressore diventa molto sfumato, poi addirittura sostiene di essersi
allontanato proprio nel momento in cui Nucera era in procinto di affrontare una
figura con un braccio alzato, quasi scappando.
Si chiede
retoricamente l’appellante se è credibile che di fronte all’asserita
aggressione ad opera di un black bloc un poliziotto sostenga di non essere
intervenuto in aiuto al collega che si trovava proprio davanti a sé ed anzi
neppure cerchi di identificare il soggetto in questione.
In ogni caso,
sentito in seguito in veste di indagato, il Panzieri lascia definitivamente
Nucera da solo a sostenere la sua versione con la conseguenza che non esiste
più neppure un teste che abbia assistito all’aggressione e che possa suffragare
quando scritto e dichiarato dal Nucera.
Ma è poi lo
stesso Nucera, successivamente, a cambiare versione, e solo a causa delle
risultanze della consulenza tecnica affidata dal P.M. a tecnici del R.I.S.
Carabinieri di Parma sui reperti in sequestro costituiti dalla giacca indossata
dall’agente Nucera, dal corpetto protettivo e dal coltello, per ricostruire la
possibile dinamica dell’azione. Nucera ha modificato la sua versione
soprattutto per giustificare il fatto che non fu uno solo il colpo di
coltello che ha tagliato la giacca. Nella nuova ricostruzione egli ha
infatti sostenuto di aver visto l’aggressore indietreggiare, perdere
l’equilibrio a causa del colpo ricevuto, tentare senza successo di aggrapparsi
a lui con la mano sinistra e sferrare una seconda coltellata dal basso verso
l’alto.
Secondo ilo P.G.
la rilevante modifica delle versioni fornite sia da Panzieri sia da Nucera, le
lacune e le incoerenze della ricostruzione dell’accaduto fornita solo dopo le
risultanze della consulenza tecnica e solo dopo la ricostruzione e la
valutazione di tutte le falsità emerse nell’intera vicenda relativa
all’irruzione nella scuola “Diaz”, assurgono a livello di veri e propri
indizi, precisi e concordanti, nel senso della falsità della relazione di servizio
dei due agenti e della inesistenza di un’aggressione come quella raccontata.
In relazione al
contrasto fra i periti, il P.G. censura la decisione del Tribunale di aderire
alle conclusioni del perito Torre, sia perché tale scelta è immotivata riducendosi
alla stereotipa formula “Le conclusioni del perito, ampiamente e logicamente
motivate, appaiono fondate e non si ha dunque alcun motivo per dubitare della
loro fondatezza”, sia perché tale perito ha omesso di rispondere ai seri
rilievi mossi dal consulente del P.M. Col. Garofano.
Del resto,
osserva il P.G., lo stesso Tribunale ha dovuto riconoscere che numerosissimi
elementi portano a ritenere inattendibili le versioni dei fatti fornite dal
Nucera, anche se poi ha finito per ritenere scarsamente logica e razionale
l’ipotesi della invenzione dell’episodio. Rileva il P.G. che non si comprende
come possa definirsi illogica ed irrazionale l’invenzione della falsa
aggressione, atteso che, unitamente alle altre invenzioni delle bombe molotov e
del fitto lancio di oggetti di ogni genere, tale aggressione costituisce uno
dei capisaldi delle motivazioni dell’arresto di 93 persone e della loro
denuncia per gravissimi reati in realtà inesistenti; quindi lamenta il P.G. che
il giudice di prime cure ha indebitamente frazionato e parcellizzato gli esiti
delle prove, che invece andavano – e vanno – letti anche nel loro insieme.
C) L’irruzione nella scuola Pascoli ed il falso
conseguente
Secondo il P.G. anche
l’irruzione da parte di molti operatori della Polizia di Stato nella scuola
Pascoli ha avuto sin dall’inizio tutte le caratteristiche tipiche della
perquisizione, e la tesi difensiva secondo cui l’accesso si sia verificato “per
errore” risulta del tutto smentita dal fatto che la scelta dell’ingresso anche
nella scuola Pascoli era determinata:
dalla presenza
nell’edificio degli appartenenti all’organizzazione del Genoa Social Forum
(ritenuta dalla Polizia collegata in qualche modo con le tute nere);
dalla (infondata
e generica) convinzione della polizia che in entrambi gli edifici Diaz-Pascoli
vi fossero i cc.dd. black-bloc;
dall’ingente predisposizione
di uomini e mezzi, del tutto eccessiva per la sola scuola Diaz, ed anche per
l’insieme delle operazioni “formalmente” organizzate;
dalla scelta di
mettere in sicurezza tutto il teatro delle operazioni mediante “cinturazione” e
controllo di tutta la zona.
E osserva il
P.G. che la conferma delle modalità tipiche della perquisizione è dimostrata:
a) dallo
spegnimento dello “streaming” delle trasmissioni radio ad opera della Polizia,
come riferito da Salvati Marino (ud. 12/04/06), Di Marco Vito (ud. 29/11/06);
b) dalle
dichiarazioni dell’assistente della Polizia Sascaro Davide e da quelle dell’On.
Mascia;
c) dall’ingresso
non di pochi uomini che garantissero il controllo del territorio, ma di
moltissimi appartenenti a varie squadre mobili ed al Reparto Prevenzione e
Crimine, come riferito da numerosissimi testimoni (richiama, in particolare,
l’appellante la deposizione del teste Colacicco - appartenente al Reparto
Prevenzione e Crimine -, secondo cui ...”noi siamo arrivati per la
cinturazione, loro (gli appartenenti alle squadre mobili) ci chiamarono dalla
scuola e mi ricordo che dissero al mio capo equipaggio che bisognava
controllare delle persone mentre loro avrebbero proceduto alla
perquisizione...”;
d) dalla
registrazione audio “miracolosamente” salvatasi e prodotta dal teste Trotta
Marco, nella quale si odono i comandi di mettersi a terra e contro il muro,
(del tutto coerenti con le operazioni iniziali di una perquisizione) e le urla
dei presenti (a tal proposito richiama il P.G. anche le dichiarazioni di Sascaro
ud. 30/01/2008 e di Colacicco sull’avere trovato persone sedute o accovacciate
vicino al muro, ud. 15/06/2006);
e) dalle
modalità di ingresso tipiche di un’operazione di Polizia. Sul punto rilevano secondo
l’appellante anche le precise e dettagliate dichiarazioni del teste Brusetti
Ronnie: “...i poliziotti sono arrivati di fronte alla porta della Pascoli...e
hanno cominciato a picchiare contro la porta del seminterrato... abbiamo capito
che la polizia era entrata dal portone del piano terra...sono arrivati dei
poliziotti correndo insomma molto velocemente, ci hanno lanciato la cattedra
addosso e hanno cominciato a picchiarci”
La tesi
dell’errore operativo è smentita anche dalle dichiarazioni rese dall’assistente
Mele Salvatore (facente parte del gruppo della Squadra Mobile di Nuoro al
comando di Gava) e dallo stesso Gava, che confermano una preventiva divisione
in due gruppi delle forze presenti nei pressi del complesso scolastico, uno che
doveva entrare nella Diaz Pertini e l’altro nella Pascoli (teste Mele, ud.
31/1/08).
Da ultimo rileva
il P.G. che la “perquisizione” si è protratta per un periodo di tempo
oscillante tra la mezz’ora e i quarantacinque minuti, lasso temporale del tutto
incompatibile, sul piano logico, con l’atteggiamento mentale di chi, accortosi
immediatamente dopo l’irruzione nell’edificio dello sbaglio operativo, se ne
dovrebbe subito allontanare
È poi
incontrovertibile, sempre per il P.G., che anche all’interno della scuola
Pascoli vi furono ingiustificate ed ingiustificabili violenze personali e verso
il materiale informatico di ogni genere. Anche alcuni poliziotti della Digos
hanno riferito dell’apprensione di quattro videocassette in una stanza del
terzo piano dell’edificio, senza fornire una spiegazione formalmente – e
legalmente – plausibile: il sovr. Bassani, riferendo della circostanza di avere
visto persone che filmavano dal terzo piano ha detto: “abbiamo trovato queste
cassette su un tavolo abbandonate e ho ritenuto opportuno acquisirle perché ho
detto magari possono servire per qualsiasi motivo, se ci sono delle indagini.
Lasciarle lì onestamente ... potevano essere cassette che riprendevano
l’operazione di Polizia, magari finiscono nelle mani di chiunque, non so..”; ma
poi ha ammesso di non avere redatto verbale “nella convinzione che si trattasse
di materiale da far confluire in altri verbali a conclusione
dell’operazione”. Analoghe
dichiarazioni ha reso l’ass. capo Pantanella Giovanni: “per me ho pensato
magari che ci fosse (nelle quattro videocassette) del materiale importante per
l’indagine… mi è stato detto che avrebbero fatto un altro verbale.”)
Esaminando il
tenore della sentenza di primo grado sul punto, osserva il P.G. che un primo travisamento
dei fatti è costituito dall’affermazione che il Gava sarebbe entrato nella
scuola Pascoli per ultimo, dietro ad altri reparti della Digos e della Squadra
Mobile. In realtà, osserva il P.G., risulta dalle stesse dichiarazioni
dell’imputato (interrogatorio del 13/2/02) esattamente il contrario
Il secondo
errore di interpretazione dei fatti in cui incorre la sentenza è quello di
descrivere e considerare il Gava come un dirigente che non dirige, che non
riesce a impartire ordini ai suoi collaboratori e che neppure si rende conto di
quanto succede nell’edificio .
In terzo luogo,
è la destinazione della scuola Pascoli a sede del Genoa Social Forum - a tutti nota – che fonda la
contestazione e la responsabilità per la violazione di domicilio; parimenti,
l’asportazione delle parti interne di personal computers, significativamente
non seguita da successiva verbalizzazione giustificativa del sequestro integra
gli estremi dell’appropriazione indebita e del falso.
- il falso relativo alla
perquisizione della scuola Pascoli (rectius Diaz-Pertini)
L’imputazione di
falso relativamente al verbale di perquisizione e sequestro a carico di Gava consegue
alla circostanza che egli ha firmato atti che danno conto di numerose attività
cui egli non ha partecipato. L’assunto in base al quale il Tribunale ha assolto
Gava è errato, secondo il P.G., sia in fatto, relativamente alla dedotta
attività di identificazione dei soggetti perquisiti, sia in diritto,
relativamente alla ritenuta assenza di dolo per aver Gava agito nella
convinzione di poter legittimamente formare il verbale di perquisizione e sequestro
solo in conseguenza dell’attività strumentale di identificazione predetta.
Il primo assunto
è smentito, secondo il P.G. appellante, dal tenore letterale dell’atto in cui tutti
i firmatari sono indicati come presenti all’interno della scuola Pertini ed
autori dell’attività di perquisizione e sequestro; il secondo assunto è errato
in diritto perché L’oggetto
giuridico tutelato è l’affidabilità degli atti pubblici, nel loro contenuto
rappresentativo di fatti o situazioni di cui essi siano destinati a provare la
verità, e l’obbligo di
documentazione della attività di polizia giudiziaria attraverso il verbale, non
con semplice annotazione, è stabilito dall’art. 357 c.p.p. soltanto per alcuni
tipi di atti ed operazioni, tra i quali la perquisizione e il sequestro.
Inoltre, e soprattutto, per il P.G. l’evidente illegittimità anche dal punto di
vista formale (si attestano fatti ai quali non si è assistito) degli atti che
si vanno compiendo, non può certo essere posta nel nulla da una ritenuta
sussistenza di eventuali prassi illegittime.
.-.-.-.-.
D)
La vicenda relativa al sequestro e riposizionamento delle bottiglie
molotov.
Premesso che
risulta incontestabile che le bottiglie molotov giunte alla scuola Diaz erano
state rinvenute in Via Medaglie D’Oro di Lunga Navigazione dal vice questore
aggiunto dott. Pasquale Guaglione nel pomeriggio del sabato 21 luglio 2001,
osserva il P.G. che Burgio ha lasciato la sua postazione (di custodia) del
mezzo blindato posteggiato al centro di Piazza Merani soltanto per recarsi nel
cortile della scuola Diaz e lasciarvi le bottiglie, non essendovi alcuna
plausibile giustificazione “operativa” di tale condotta; infatti, nessun
autista di qualsivoglia reparto deve abbandonare, né ha mai abbandonato, il proprio mezzo, come è regola
assoluta e come è testimoniato dagli appartenenti a tutti i reparti. E sono i
funzionari più alti in grado a ricevere in consegna le molotov (materialmente il
dott. Bernardini), fatto che secondo il P.G. dimostra la piena consapevolezza del rinvenimento delle
molotov in luoghi esterni all’edificio scolastico. La stessa Suprema Corte
nella sentenza resa nel procedimento riunito per l’imputazione di falso ha
chiarito che è semplicemente
“inconcepibile” che un alto funzionario di polizia non avesse la consapevolezza
che del rinvenimento delle Molotov si sarebbe dato conto attraverso un atto
ufficiale, cioè un verbale di sequestro, che avrebbe stabilito il collegamento fra
le molotov e i soggetti perquisiti sulla base dei presupposti che lo stesso
imputato aveva contribuito a creare.
Di Bernardini ha
dovuto ammettere, in contrasto con le originarie affermazioni già rese alla
A.G. (secondo cui le bottiglie Molotov erano state trovate “nello stanzone”
della scuola e pertanto attribuibili a tutti gli occupanti), di aver
effettivamente incontrato il dott. Troiani che lo aveva chiamato dall’esterno,
e di aver ricevuto in tale contesto le molotov; del tutto incredibili sono,
quindi, per l’appellante le
affermazioni del Di Bernardini di non aver avuto o richiesto notizie sulle
modalità e sul luogo del ritrovamento degli ordigni.
E la motivazione
della sentenza impugnata sul punto è perplessa, contraddittoria ed illogica
proprio laddove dapprima riconosce che “tali dichiarazioni possono apparire
imprecise e forse anche in parte illogiche, essendo … invero piuttosto strano
che (le molotov) siano state affidate ad un non meglio precisato ispettore di
Napoli, dalla Mengoni (che le deteneva) tanto conosciuto da non saperne
indicare nemmeno il nome” (pag. 296 della sentenza); ma poi afferma,
apoditticamente e contraddittoriamente, che “non sussistono peraltro elementi
che possano provare l’assoluta inattendibilità di quanto riferito, tenuto dalla
teste, tenuto presente lo scarso interesse da parte sua ad elaborare una
versione dei fatti non veritiera”.
Venendo all’analisi degli
elementi valorizzati dal Tribunale per motivare l’assoluzione, rileva il P.G:
a) quanto al
fatto che “dovrebbe ipotizzarsi l’esistenza di un vero e proprio complotto
organizzato in precedenza”, che è proprio quanto l’accusa ha dimostrato, con la
messe di prove sopra evidenziate;
b) quanto alla
“preventiva creazione di prove false”, che nessuno ha mai sostenuto che la
bottiglie molotov siano state create ad arte dalla Polizia (per quanto sospetti
siano le circostanze del ritrovamento e soprattutto la successiva fortuita
distruzione dei preziosi reperti…). Si è solo dimostrato, con testimonianze,
ammissioni e videoriprese, che - trovate
altrove le molotov – si decise di trasportarle nella Diaz per giustificare
l’irruzione violenta nelle scuole Diaz-Pascoli, e poi l’uso di simili violenze
contro gli occupanti delle scuole; e poi per fondare accuse calunniose nei
confronti degli occupanti stessi;
c) quanto al
“numero così rilevante di dirigenti, funzionari ed operatori di polizia” che
sarebbe stato necessario per creare le apparenze del reato di possesso di
ordigni incendiari, che nessuno ha mai sostenuto che l’operazione sia stata – né
dovesse essere – concordata con tante persone. In realtà bastava – ed è bastato – l’accordo di chi ha
rinvenuto le molotov, di colui che ne disponeva, di colui che le ha trasportate
e di colui che le ha poste nel cortile e poi all’interno della scuola Diaz:
oltre, naturalmente, ai funzionari direttamente interessati e – purtroppo - ai loro diretti superiori in grado,
di rango anche elevato. Trattasi in tutto di una dozzina di persone al massimo,
ma fidate, decise ed interessate al massimo esito dell’”operazione Diaz”.
E) LA CORRESPONSABILITA’ DI
TUTTI I PARTECIPANTI
Conclude il P.G.
che l’istruttoria ha dimostrato in fatto, e con pienezza, la corresponsabilità
di tutti e ciascuno dei funzionari e poliziotti intervenuti nelle irruzioni, e
quantomeno per le numerose e gravissime lesioni inferte agli occupanti delle
scuole e per i falsi ideologici
La
premeditazione di tutti emerge anche dal loro stesso abbigliamento, posto che
tutti indossavano i caschi o i foulards d’ordinanza per nascondere il volto.
E se i caschi potrebbero essere stati indossati per motivi di sicurezza
personale, tanto non può dirsi nemmeno astrattamente per i foulards. Ed infatti
proprio il nascondimento dei volti ha impedito il riconoscimento e la condanna
di tutti i responsabili materiali delle violenze.
Ad ulteriore
conferma il P.G. ricorda che nessuno dei colleghi della polizia ha voluto
concorrere a identificare, neppure a posteriori, il poliziotto dalle
caratteristiche assai peculiari (acconciatura dei capelli a “coda di cavallo”) che
è stato ripreso mentre infieriva su una
persona ferma, inerme ed arresa; ricorda anche che nessuno dei colleghi
della polizia ha voluto concorrere a identificare, neppure a posteriori, il
poliziotto che ha firmato con la sigla i verbali di arresto di cui
all’imputazione.
In questo quadro
ed in questa conformazione della forza, predisposta da coloro che avevano
funzioni di coordinamento e comando, consegue per il P.G. l’attribuzione anche
ai dirigenti di tutti i reati, e con più
grave responsabilità, a titolo di concorso morale e materiale, anche per
violazione dell’obbligo giuridico di impedire il fatto reato ai sensi dell’art.
55 c.p.p., per l’eventuale assistenza passiva al crimine da parte di superiori
gerarchici che rende ininfluente, in questo quadro, l’accertamento degli esatti
movimenti compiuti da ciascuno.
F) Responsabilità dei dott. Gratteri e Luperi
Secondo il P.G. sussiste evidente e piena la
responsabilità degli imputati Gratteri e Luperi per i reati loro ascritti: l’accordo
criminoso che il Tribunale ha ritenuto essersi formato sulla mancata denuncia
comporta non soltanto la tolleranza delle azioni illegittime, ma quantomeno
l’implicito assenso da parte (anche) degli imputati Gratteri e Luperi,
superiori gerarchici che erano a perfetta conoscenza dei fatti.
Ma anche limitandosi
all’ipotesi di responsabilità ex art. 40 c.p., richiamate sul punto le
osservazioni e le conclusioni in fatto rassegnate in primo grado dal PM, il
P.G. sottolinea, in diritto, che l'articolo sancisce l'assoluta equivalenza
casuale tra il non impedire l'evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire
ed il cagionarlo; e gli imputati Luperi e Gratteri hanno partecipato e condotto
le azioni della Polizia nelle rispettive posizioni apicali, e comunque erano
costantemente e tempestivamente a piena conoscenza degli avvenimenti per avervi
per la gran parte anche direttamente partecipato. Essi erano altresì provvisti
di diretto potere gerarchico nei confronti di tutti gli ufficiali ed agenti di
PG operanti.
Richiama il P.G.
la costante giurisprudenza che ha sempre ritenuto che l'obbligo di impedire la
perpetrazione dei reati discende per gli appartenenti alle Forze dell'ordine
dalle norme istituzionali dei vari corpi d'appartenenza (e pertanto li ha
sempre ritenuti responsabili ex artt. 40 e 110 c.p.), osservando come anche la
minoritaria dottrina che critica questa ricostruzione ritiene che gli
appartenenti alle forze dell'ordine
rispondano comunque, ed autonomamente, ex art. 40 c.p., non essendovi dubbi sull’obbligo giuridico
di impedire l'evento.
In definitiva i
comportamenti – quantomeno omissivi – dei dott. Gratteri e Luperi secondo il
P.G. hanno realmente e di fatto determinato la commissione sia dei reati di
falso sia del reato di calunnia, poiché l’istruttoria ha escluso l'intervento
di altri fattori alternativi con
elevato grado di credibilità razionale.
Anche volendo escludere una loro premeditazione in ordine ai reati di
falso, se la loro azione doverosa di controllo dei loro collaboratori fosse
stata compiuta (dalle loro corrispondenti “posizioni di controllo”, appunto),
essa avrebbe con certezza impedito l'evento. E per pacifica giurisprudenza
nella “responsabilità penale
correlata alla titolarità di una "posizione di garanzia" deve ritenersi che gli obblighi da questa derivanti,
lungi dall'attenuarsi, siano
rafforzati nel caso di attività complesse o pericolose.”
G) I falsi ideologici in
relazione ai fatti della scuola Diaz
Con riferimento
al verbale di perquisizione, il P.G. appellante evidenzia i seguenti aspetti di
falsità:
a)
la perquisizione ha avuto inizio
alla mezzanotte e non alle 23,30;
b)
le bottiglie molotov non sono
state trovate nella sala di ingresso al piano terreno e neppure in qualsiasi
altro locale della scuola Diaz, bensì sono state rinvenute da altri ufficiali
di P.G. in altro luogo ed appositamente portate presso la scuola Diaz al fine
di includerle nel materiale sequestrato;
c)
le “mazzette ricurve in
alluminio” erano in realtà stecche metalliche sfilate da zaini appartenenti a
soggetti che si trovavano all’interno della scuola e “contrabbandati” per
“mazzette ricurve in alluminio” allo scopo di farle apparire quali autonomi
oggetti idonei ad essere ritenuti armi improprie;
d)
lo zaino di proprietà di Szabo
Jonas era stato ritrovato nella scuola Pascoli, dove lo Szabo alloggiava e dove
l’aveva lasciato quella sera essendosi recato nella scuola Diaz solo per
ragioni contingenti e con l’intenzione di fare rientro alla Pascoli per
dormire;
e)
lo stesso Szabo, così come il
Brauer e la Jaeger, che si trovavano all’interno della scuola Diaz quando la
Polizia ha sfondato il cancello dell’istituto, erano riusciti a fuggire
attraverso le finestre e le impalcature esistenti sulla sinistra del caseggiato
ed erano stati arrestati successivamente all’esterno della struttura senza che
esistesse alcun elemento di prova che gli stessi si trovassero nella scuola e
che quindi gli oggetti sequestrati fossero a loro riconducibili;
f)
Mark William Covell non era
all’interno della scuola Diaz ed anzi è stato brutalmente ed immotivatamente
aggredito mentre transitava nella via Battisti ancor prima di dare inizio alla
perquisizione.
Con riferimento
al verbale di arresto, il P.G. evidenzia i seguenti elementi di falsità:
g) dopo che le forze dell’ordine avevano forzato il cancello che dà accesso
al cortile dell’edificio, le stesse “venivano fatte oggetto di un fittissimo
lancio di oggetti di ogni genere” Ciò “rafforzava vieppiù nel personale
operante il profondo convincimento
che effettivamente all’interno del predetto edificio i giovani
manifestanti detenessero armi di ogni genere”;
h) entrati gli agenti nella scuola “i giovani presenti all’interno
cercavano di resistere ulteriormente dapprima ingaggiando colluttazioni con i
procedenti ed in seguito disperdendosi per i vari piani dell’edificio anche per
garantirsi la possibilità di poter tendere inaspettatamente ogni sorta di
agguato”;
i) l’agente Nucera Massimo era stato “accoltellato al torace” senza
“ulteriori e drammatiche conseguenze solo grazie all’utilizzo da parte del
predetto operatore di polizia di un giubbotto protettivo”;
j) “nelle concitate fasi d’ingresso e durante la colluttazione, i giovani
in argomento provvedevano intenzionalmente a lanciare verso ogni luogo i propri
zaini, ciò evidentemente per rendere impossibili le operazioni di attribuzione
delle responsabilità penali relative all’eventuale rinvenimento e sequestro di
armi”;
k) nel rinvenimento degli oggetti già descritti nel verbale di sequestro,
fra cui le due bottiglie molotov che hanno determinato una delle due specifiche
imputazioni, e che erano state ritrovate “al piano terra dello stabile, in
prossimità dell’entrata, in luogo visibile ed accessibile a tutti”;
l) nel rinvenimento di uno zaino di proprietà di tale Szabo Jonas al cui
interno si trovavano alcuni fogli di carta su uno dei quali erano manoscritte
parole quali “Genova 2001 … omissis … tipo … omissis … rivolta” e che ciò
costituiva “conferma delle comuni finalità di rivolta e di devastazione che
l’organizzazione si prefigge anche attraverso la sua capillare divulgazione”;
il manoscritto, inoltre “descrive nei dettagli la preparazione di un giubbotto
speciale da utilizzarsi in occasione di eventuali contatti con le Forze
dell’ordine in occasione del vertice dei G8” e riporta altresì la frase: “di
fronte a me ci sono circa 200 persone che lavorano su questo tipo di armamento
passivo”.
Ciò premesso, rileva il P.G. in diritto che “tutti
i rapporti di polizia sono atti pubblici” (sent. Cassazione penale sez.
VI del 24 settembre 1987), e che, secondo giurisprudenza anche di merito,
costituisce falso ideologico in atto pubblico il fatto di chi appone la propria
sottoscrizione nel verbale stesso quando, invece, sia stato assente
all'effettuazione delle relative operazioni. E tanto vale non solo per il
verbale di arresto, ma anche per quello di sequestro, in quanto “atto
pubblico facente fede sino ad impugnazione di falso, ai sensi dell'art. 476 cpv. c.p. … nell'esercizio delle funzioni di
accertamento ed assicurazione del
corpo del reato. La compilazione di tale atto costituisce infatti manifestazione del potere di
documentazione fidefaciente
espressamente attribuito all'ufficiale di polizia giudiziaria” (Cassazione
penale, sez. V, 24 novembre 1983).
Quanto alla tesi di alcuni degli imputati secondo
la quale essi avrebbero “soltanto” apposto la firma in calce nei verbali di cui
all’imputazione, la veridicità dei quali non sarebbero stati chiamati ad
attestare, né comunque ne avrebbero conosciuto la non corrispondenza al vero, se
anche ciò fosse provato, e per il P.G. non lo è, deve rammentarsi che proprio
“la firma del pubblico ufficiale sul documento è ciò che attribuisce ad esso il
valore e l'efficacia della pubblica documentazione” (sent. Cassazione penale,
sez. V, 05 luglio 1990).
In definitiva, a prescindere dalla invocata circostanza
che alcuni sottoscrittori dei verbali non fossero a conoscenza della falsità
delle attestazioni ed a prescindere anche dalla loro partecipazione effettiva
all’irruzione della scuola Diaz ed ai sequestri del materiale, dal loro dovere
di attestare solo ed esclusivamente fatti dei quali erano a diretta conoscenza
ed ai quali avevano partecipato deriva la loro responsabilità penale. L’ufficiale
verbalizzante, infatti, attesta quel che sottoscrive facendo integralmente
proprio il contenuto dell’atto. principio che la Suprema Corte ha ribadito
anche nel presente procedimento, annullando la sentenza di non luogo a
procedere emessa dal GUP di Genova nei confronti dell’imputato Troiani,
“considerate le competenze di un funzionario di polizia, idoneo a distinguere
tra un atto a cui ha partecipato ed un atto a cui non ha preso parte e che non
deve sottoscrivere…”.
Osserva ancora il P.G. che vi è nel processo
positiva conferma della piena consapevolezza in capo agli ufficiali ed agenti
di P.G. della natura e della funzione delle sottoscrizioni in generale, come si
evince dall’episodio relativo all’agente Nucera il quale ha confermato che non
avrebbe voluto sottoscrivere i verbali di arresto e perquisizione, essendo a
conoscenza solo dell’accoltellamento che lo riguardava, e non di tutto il
restante contenuto degli atti; la giustificazione di aver firmato per obbedire ad
un ordine impartitogli da Mortola e da altro funzionario non scrimina, data la
manifesta illegittimità del’ordine, ed è poco credibile, secondo il P.G., visto
che il verbale di sequestro del giubbotto, del paraspalle e del coltello è
stato firmato dal Panzieri e non dal Nucera.
Né vale, secondo l’appellante, invocare il
principio “nemo tenetur se detegere”, sotto il profilo che redigere atti corrispondenti al vero
avrebbe implicato ammettere la propria responsabilità per i reati commessi
all’interno della Diaz, in quanto tale principio non opera in tema di falso in
atto pubblico, come più volte ribadito dalla Corte di Cassazione.
Infine il P.G. ricorda, quanto all’eventuale
prassi illegittima di firmare
verbali di attestazione di fatti ai quali non si è assistito (rimarcando come nessun
imputato sia mai giunto a dichiarare che tale prassi esiste), che “non può
invocarsi a discolpa l’esistenza di prassi illegittimamente tollerate se non
promosse” (Cass. 10720 del 04/12/2007 – 10/03/2008).
.-.-.-.
III –
LE PENE IRROGATE, LA CONCESSIONE DELLE CIRCOSTANZE ATTENUANTI GENERICHE, IL
GIUDIZIO DI COMPARAZIONE DELLE CIRCOSTANZE.
Lamenta, infine,
il P.G. l’inadeguatezza delle pene inflitte, modeste in relazione alla gravità
dei fatti ed ai gravissimi danni fisici e morali arrecati non soltanto alle
pp.oo., ma perfino alla credibilità ed al prestigio internazionale dell’Italia.
Per l’appellante ingiustificata ed ingiusta pare la concessione a tutti gli imputati delle circostan