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2010 * Mondadori * LAMPI NEL BUIO - i retroscena della finanza e dell'economia italiana dal dopoguerra a oggi * Paolo Panerai

CAP 1 - LE FINANZE VATICANE: IL PAPA BUONO, IL CEMENTIERE CATTIVO E LA SFIDA DI MATTEI...

Papa Roncalli, al secolo Giovanni XXIII, era di Sotto il Monte, la frazione periferica di Bergamo, che, come si sa, è divisa in Bergamo bassa e Bergamo alta. Anche la lunga militanza diplomatica come nunzio apostolico in varie capitali, fra cui Parigi, mentre aveva accentuato in lui quella raffinata sottigliezza coperta da apparente ingenuità, non gli aveva mai fatto dimenticare da dove veniva e chi comandava a Bergamo alta. E proprio perché era il Papa Buono, non si avvaleva della sua posizione di erede di Pietro neppure quando aveva a che fare con i potenti del mondo.

Il giorno in cui Giovanni XXIII chiese di raggiungerlo nei giardini vaticani, lui, Massimo Spada, sapeva già perché Sua Santità si era scomodato a chiamarlo. Per lunghissimi anni segretario amministrativo (vale a dire amministratore delegato, nel linguaggio della Curia) dello Ior, l'Istituto per le opere di religione, cioè la banca del Vaticano, dal primo dopoguerra Spada ricopriva decine di incarichi nei consigli di amministrazione delle principali società e banche italiane e internazionali, dal Banco di Roma all'Iri, dall'ltalcementi del bergamasco Carlo Pesenti alla Banca Cattolica del Veneto di cui era presidente.

Da mesi Pesenti chiedeva a Spada, vicepresidente della società bergamasca dei cementi, di assumere la presidenza della fabbrica di automobili Lancia, che l'ingegnere, innamorato della meccanica, aveva rilevato dal figlio del fondatore, Gianni Lancia. Da anni la Lancia andava malissimo e Spada era già dovuto intervenire per suggerire a Pesenti di finanziare lo stock gigantesco delle auto invendute con lo stesso schema con cui le banche finanziavano e finanziano le forme di formaggio parmigiano e i prosciutti di eccellenza, in modo che i produttori li possano far stagionare senza stress finanziari.

Spada sapeva bene che il risultato non poteva certo essere lo stesso, visto che il tempo migliora le forme di parmigiano e i prosciutti, mentre fa arrugginire le auto ferme nei parcheggi. Ma la situazione era disperata e Pesenti si rifiutava di allacciare qualsiasi trattativa di vendita. Per questo, di diventare presidente, e così accreditare che il Vaticano era socio della Lancia (la quale in tal modo avrebbe acquisito maggiore credito), Spada non voleva proprio saperne.

Giovanni XXIII e Spada avevano già percorso buona parte dei vialetti dei giardini vaticani e il papa l'aveva presa alla lontana parlando delle più svariate cose. Poi, finalmente, si decise a entrare in argomento e soffermandosi, per guardare bene negli occhi Spada, con fare affettuoso, quasi per scusarsi, disse al banchiere del Vaticano: «Caro Massimo, ma come possiamo dire di no al signor Carlo?».

Di fronte al comando del papa, due giorni dopo Spada assunse la presidenza della Lancia. Non solo da Sotto il Monte ma anche da San Pietro, per il Papa Buono il cementiere cattivo (un altro lampo spiegherà perché) era sempre il «signor Carlo».

I venti di guerra già sibilavano per le dichiarazioni e le aggressioni di Adolf Hitler, e Pio XII, principe Pacelli, cominciò a preoccuparsi di che cosa sarebbe successo all'ingente liquidità di cui il Vaticano disponeva, grazie all'Obolo di San Pietro, cioè alle elemosine che i fedeli facevano e fanno provenire da tutto il mondo in tutte le valute immaginabili.

Con la sua cultura anche economica, il papa sapeva che la guerra avrebbe sicuramente svalutato buona parte di quella liquidità e quindi convocò nel suo appartamento principesco il segretario amministrativo dello Ior, che fra gli altri compiti aveva quello di gestire l'Obolo. Dando del tu al suo banchiere, papa Pacelli gli pose una domanda secca: «Massimo, cosa facciamo della liquidità che abbiamo e che la guerra prossima sta minacciando?».

Spada, che non conosceva il tema della convocazione improvvisa, chiese a Sua Santità ventiquattro ore di riflessione. Il giorno dopo domandò alla segreteria del papa di essere di nuovo convocato e sviluppò la sua analisi, che portava a una conclusione univoca: tutta la liquidità dell'Obolo doveva essere convertita in sterline oro, che oltre ad avere un valore facciale ne avevano uno materiale, legato all'andamento del metallo prezioso.

Il papa fu subito d'accordo e in pochi giorni l'operazione fu compiuta. Durante la guerra, solo una piccola parte di quel tesoro in sterline oro fu usata per le necessità del Vaticano, che comunque continuava a ricevere l'Obolo dai fedeli di tutto il mondo, anche se ovviamente in misura ridotta.

Nel' 45, alla fine del conflitto, quando anche i rapporti di cambio fra le valute ripresero un ritmo più regolare, il papa riconvocò Spada per fare il punto sulle disponibilità liquide del Vaticano. La scelta di cambiare tutta la liquidità anteguerra in sterline oro aveva permesso non solo di proteggere adeguatamente il valore di quel denaro, ma anche di moltiplicare tale valore per numerose volte rispetto al dollaro e alle altre valute forti, compresa la sterlina cartacea. Il patrimonio era diventato poi enorme rispetto alla povera liretta e alle amlire, le lire emesse sotto l'amministrazione americana.

Il papa si congratulò con Spada, e aggiunse: «Caro Massimo, qui abbiamo un tesoro insperato, ma non possiamo dimenticarci di essere italiani; dobbiamo quindi fare qualcosa per questo povero paese che esce distrutto dalla guerra».

Cominciò così l'avventura dello Ior come azionista di una lunga fila di aziende italiane. I primi investimenti furono fatti nel settore tessile, nel Cotonificio Maino e nel Cotonificio Olcese. Poi vennero le banche, con il controllo della Cattolica del Veneto, il Banco di Roma con la joint venture, si direbbe oggi, negli istituti esteri della banca romana (Banco di Roma per la Svizzera, Banco di Roma France, Banco di Roma - Belgio) e via dicendo, fino ad accumulare una trentina di partecipazioni di comando o di co-comando che proiettarono Spada nei rispettivi consigli d'amministrazione.

Per sua fortuna, e per fortuna del Vaticano, a quel tempo non esisteva la Consob e non esistevano i limiti che la commissione ha successivamente posto alla presenza nei consigli d'amministrazione per un singolo individuo. Sta di fatto che da allora Spada inaugurò un giro d'Italia permanente per essere presente alle riunioni dei vari organi sociali o gestire (dov' era presidente, come nella Cattolica del Veneto) le società e le banche. Un tour compiuto rigorosamente in macchina, con tanto di lettino per distendere il suo corpo da peso massimo.

Fu in questo modo che, per anni, l'influenza del Vaticano nell'economia italiana, comprese le attività dello Stato attraverso l'Iri, nel cui consiglio Spada sedeva, divenne sempre crescente. Al punto che il Vaticano ebbe parte attiva nel raccordare settori economici in guerra fra loro, e la casa di Spada, sotto lo sguardo sempre discretissimo della moglie genovese Maria Teresa, funse da stanza di compensazione fra i vari ministri.

La decadenza cominciò con l'arrivo alla presidenza dello Ior di monsignor Paul Casimir Marcinkus, che era anche capo dei servizi di sicurezza del papa e che per il potere che da ciò gli derivava spadroneggiava a destra e a manca. Fino a diventare socio e protettore di due grandi bancarottieri come Michele Sindona e Roberto Calvi, con i quali il vescovo americano nativo di Cicero, il quartiere di Chicago che aveva visto le prime gesta di Al Capone, aveva anche un conto comune in Svizzera.

Quel demonio creativo che è stato Enrico Mattei, prima partigiano nell'ultima fase della seconda guerra mondiale e poi creatore della grande Eni, partendo dalla piccola Agip, aveva capito non solo che anche in Italia, nella pianura Padana, esistevano probabilmente giacimenti di gas e petrolio, ma che queste fonti di energia, per poter essere gestite, richiedevano una dimensione multinazionale. Aveva perciò deciso di fare acquisizioni di società e di diritti di ricerca e sfruttamento all' estero.

Ma l'Italia era uscita dal conflitto mondiale con le ossa rotte sia sul piano produttivo sia su quello finanziario. Il sistema bancario era in grave crisi e neppure nelle casse dello Stato e della Banca d'Italia c'era valuta estera, dollari o sterline, sufficiente per consentire una campagna di acquisizioni internazionali.

Una condizione a cui Mattei non intendeva rassegnarsi, essendo consapevole che il periodo immediatamente postbellico si prestava particolarmente all' affermazione di grandi idee, come le sue, anche se si operava da un paese sconfitto quale l'Italia.

Privo di qualsiasi inibizione, e lo dimostrò successivamente anche nel pieno del suo potere, quando paragonò i partiti a dei taxi sui quali si può salire all' occorrenza per poi discendere a corsa finita, non esitò un attimo a rivolgersi all'unica banca che in Italia, sia pure in un altro stato, aveva tutta la valuta di cui necessitava.

Chiese quindi udienza a papa Pio XII e gli spiegò il suo progetto per un' Agip (poi Eni) multinazionale. Con principesca visione, il papa, che non cessò mai di sentirsi italiano prima di tutto, e che del resto avvertiva il dovere di aiutare il paese natale a risollevarsi, gli rispose subito che avrebbe chiesto allo Ior di aiutarlo.

L'incontro fra Mattei e Massimo Spada avvenne entro le mura leonine che segnano il territorio vaticano, nell'ufficio, privo della severità delle banche italiane, del segretario amministrativo dello Ior. Il grande imprenditore di Stato e il banchiere del Vaticano si capirono facilmente, e dopo qualche altro incontro tecnico lo Ior mise a disposizione di Mattei tutta la valuta estera che gli era necessaria per comprare la Egyptian Oil Company, che è stata la prima società estera dell'Ente nazionale idrocarburi.

Con quella prima acquisizione Mattei lanciò una sfida contro le sette sorelle, che si rivelò vincente sul piano economico ma non su quello personale, vista la fine tragica a cui andò incontro sull'aereo che nell'ottobre del 1962 esplose durante un volo da Catania a Milano.

La Egyptian Oil Company è ancora oggi una società attiva del gruppo Eni, che a tutti gli effetti può essere considerato l'ottava sorella del mondo del petrolio e dell' energia, l'unica azienda italiana veramente globale e in grado di competere con qualsiasi altra società globale.

Chissà se Mattei avrebbe potuto gettare le basi di un gruppo così strategico come l'Eni se al posto del principe Pacelli ci fosse stato un papa polacco o tedesco. Non è per caso, quindi, che il ruolo della Chiesa sia stato tanto pregnante anche nell' economia fino ai giorni nostri.