GIUSTIZIA IL PROCURATORE DI ROMA L’INTERVISTA IL CAPO DEI PM DELLA CAPITALE: «NON ESISTONO SANTUARI INVIOLABILI. ROMA "PORTO DELLE NEBBIE"? HO TROVATO MAGISTRATI DI ECCEZIONALE PROFESSIONALITÀ»
Non
sindachiamo sulle spese politiche come le cene elettorali
Sullo Ior
indaghiamo su episodi specifici di riciclaggio sul territorio italiano
Capita
che imputati per frodi fiscali da centinaia di milioni vengano accettati nei
consessi della società civile
Il
procuratore Pignatone: va fermata la prescrizione dopo il rinvio a giudizio
ROMA - «Che la corruzione sia un’emergenza è una realtà riconosciuta da tutti, anche a livello internazionale. Io però credo che il problema sia più vasto, e che dovremmo parlare di una vera e propria criminalità economica che non si ferma ai reati contro la pubblica amministrazione, ma comprende anche le grandi frodi in danno di soggetti pubblici e privati, l’evasione fiscale, le bancarotte fraudolente e i reati societari. Questa è una vera emergenza, strettamente legata alla crisi che stiamo attraversando», dice il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, da quattro mesi alla guida dell’ufficio giudiziario più importante d’Italia, dov’è approdato dopo una lunga carriera spesa tra la Sicilia e la Calabria nel contrasto alla criminalità organizzata.
Perché
parla di legami con la crisi attuale, procuratore?
«Perché
siamo di fronte a somme sottratte ai circuiti legali per centinaia e centinaia di
milioni di euro, e il danno principale è per il Fisco. Poi per gli enti
pubblici, locali e previdenziali. L’altro ieri un collega è venuto a parlarmi
di un’indagine su una serie di società che hanno totalizzato evasioni fiscali
per 800 milioni. Ed è solo uno dei procedimenti che abbiamo. In tempi di
manovre, spending review e nuove tasse, credo sia semplicemente scandaloso».
Che cosa
pensa del disegno di legge anticorruzione che tra mille difficoltà si discute
in Parlamento?
«L’Europa
ci ha chiesto da tempo di migliorare le norme in questo settore, e il mio
auspicio che ciò avvenga. Il Parlamento sta lavorando e aspettiamo di vedere
che soluzioni troverà. Mi limito a rilevare due punti che non mi pare siano
stati affrontati con la dovuta attenzione».
Quali?
«Anzitutto
la prescrizione, perché le pene edittali non sono alte, spesso i reati vengono
alla luce molto dopo che sono stati commessi e i processi richiedono tempi
lunghi. Sarebbe ora di valutare seriamente la possibilità che la prescrizione
non operi più dopo il rinvio a giudizio; in questo modo verrebbe meno ogni
interesse dilatorio degli imputati e si ridurrebbe di molto la massa di
contenziosi che intasa i nostri uffici. Inoltre l’introduzione del reato di
autoriciclaggio, presente in quasi tutti i Paesi europei, renderebbe molto più
efficace l’azione di contrasto anche nei settori di cui abbiamo parlato».
Lei crede
che, come per la lotta alla mafia, il coinvolgimento dell’opinione pubblica
possa aiutare il contrasto alla criminalità economica?
«Certo, e
penso che uno dei motivi di gravità della situazione sia proprio che i
cittadini non avvertono l’importanza di questa emergenza. Si presta attenzione
alla mazzetta di qualche migliaio di euro, ma non alla complessità del
fenomeno. Capita che imputati per frodi fiscali da centinaia di milioni vengano
tranquillamente accettati nei consessi della società civile, come niente fosse.
Non mi pare un buon segnale».
C’è il
rischio di connessioni tra criminalità economica e criminalità organizzata?
«Qualche
conferma l’abbiamo già avuta: nelle operazioni finanziarie che producono
guadagni illeciti ci possono essere forti interessi della criminalità
organizzata, e i consulenti di cui si avvale la criminalità economica a volte
coincidono con quelli utilizzati dalle varie mafie, che usano la piazza di Roma
per i loro investimenti e affari».
Quindi
lei conferma che Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra sono approdate nella
Capitale?
«A parte
la presenza sul territorio della regione di nuclei significativi di
"famiglie" appartenenti a queste organizzazioni, il problema
principale è scoprire se dietro certi grandi investimenti c’è davvero la
criminalità mafiosa, come molti segnali fanno ritenere. L’assenza di episodi di
violenza lascia immaginare un accordo tra le diverse organizzazioni, ma abbiamo
già rilevato episodi di intimidazione e omertà che ostacolano l’accertamento
dei fatti e contribuiscono ad accrescere il condizionamento dell’economia
locale e della libertà d’impresa».
Come in
Sicilia e in Calabria?
«Naturalmente
le dimensioni sono diverse, ma il rischio d’inquinamento c’è anche qui. Ci sono
già stati importanti sequestri di beni. Io porto con me una lunga esperienza di
lavoro al Sud, che ora s’intreccia con quella di validissimi colleghi che ho
trovato in questo ufficio, con specializzazioni e culture diverse, insieme ai
quali speriamo di conseguire risultati importanti».
Questa è
la città del potere, dei ministeri, dei partiti. È più difficile indagare in
questi ambienti o nelle città dominate dalle cosche mafiose o di ‘ndrangheta?
«L’importante
è lavorare ovunque con indagini a 360 gradi, sul presupposto che non esistono
santuari inviolabili. Ci sono difficoltà diverse tra un ambiente e l’altro, ma
l’idea di fondo è la stessa. Non ci sono soggetti "colpevoli a priori"
o, al contrario, "intoccabili". Le nostre inchieste devono essere
finalizzate a fare processi e ottenere sentenze, possibilmente di condanna dal
nostro punto di vista, non ad esaurirsi in sia pur interessanti articoli di
giornale».
Dopo il
suo arrivo è stato arrestato l’ex tesoriere della Margherita Lusi, che però
appena ha provato ad «alzare il tiro» s’è ritrovato accusato di calunnia...
«La
calunnia è scattata perché sulla base di elementi concreti riteniamo falsa
l’affermazione che alti esponenti del suo ex partito avessero condiviso la
decisione di comprare beni per sé e i suoi familiari, e di procedere a false
fatturazioni. Ma la verifica sui movimenti finanziari della Margherita secondo
gli "indici di anomalia" è ancora in corso, e vedremo dove ci
porterà. Il nostro compito non è sindacare le spese di natura politica come
l’organizzazione di convegni, cene elettorali, finanziamento della stampa o
altro, ma di concentrarci su fatti di appropriazione indebita e
sull’associazione per delinquere. Credo sia questo il limite dell’accertamento
penale».
A Roma
c’è anche il Vaticano con la sua banca, lo Ior, al centro di altre vostre
indagini.
«Anche qui, noi indaghiamo su episodi specifici di riciclaggio sul
territorio italiano, e di recente è stato arrestato un parroco che ha
utilizzato un conto di quella banca per fini ritenuti illeciti. Su altri fatti
proseguono gli accertamenti».
La Procura di Roma si porta dietro la brutta
fama di «porto delle nebbie». Che situazione ha trovato?
«Ripeto
che ho trovato magistrati di grande e a volte eccezionale professionalità, che
in alcuni settori stavano già svolgendo un ottimo lavoro. Ritengo poi
fondamentale la collaborazione con le altre Procure; con diversi uffici
giudiziari stiamo realizzando collegamenti proficui, cito solo Milano e Napoli
perché per motivi diversi sono quelli con cui abbiamo rapporti più intensi.
Certo, le risorse sono sempre più scarse. Le ultime assunzioni di personale
amministrativo risalgono al 1999, e se la ristrettezza di mezzi continuerà finirà
per incidere sulla qualità del servizio che dobbiamo rendere. La sfida è
trasformare questa situazione di crisi nell’occasione di ripensare
l’organizzazione della Procura, in modo da guadagnare in razionalità ed
efficienza. Per questo ho costituito una commissione composta da magistrati e
personale amministrativo che possa individuare le criticità e proporre nuove
soluzioni per un migliore e trasparente funzionamento dell’ufficio».
Lei che c’è stato per tanto tempo, che cosa
pensa delle recenti vicende che coinvolgono la Procura di Palermo?
«Mi
scusi, ma su procedimenti e problemi che riguardano altri uffici preferisco non
esprimere opinioni».
**** Chi è Lusi Tra i casi più delicati su cui lavora la Procura di Roma c’è sono quello che coinvolge il senatore Luigi Lusi, che la settimana scorsa è stato iscritto nel registro degli indagati per il reato di calunnia (ai danni di Francesco Rutelli), nell’ambito delle indagini sulla sottrazione di denaro dalle casse della Margherita.
Orlandi Di grande rilevanza mediatica anche il caso di Emanuela Orlandi (la ragazzina rapita a Roma il 22 giungo 1983 e mai più ritrovata) che ha portato nei giorni scorsi all’apertura della tomba di Enrico De Pedis (uno dei boss della banda della Magliana) nella basilica romana di Sant’Apollinare.
Caso Ior La Procura di Roma indaga anche sullo Ior, la Banca vaticana. In particolare, dalla fine giugno, grazie anche alle indicazioni dell’ex presidente Ettore Gotti Tedeschi, i pm sono sulle tracce di un possibile riciclaggio di denaro La carriera Giuseppe Pignatone, figlio del deputato dc Francesco, è entrato nella magistratura nel 1974. È stato pretore di Caltanissetta fino al 1977, quando è stato trasferito alla Procura di Palermo. I successi Per molto tempo è uno dei più fidati collaboratori di Piero Grasso alla Dda di Palermo. Numerosi i successi nella lotta alla mafia, come l’incriminazione dell’ex sindaco Vito Ciancimino e dell’ex governatore Totò Cuffaro (entrambi condannati), ma anche l’arresto di Bernardo Provenzano. Nel 2008 è nominato procuratore capo a Reggio Calabria