Sulle amene
colline che si distendono sul Reno, nei dintorni di Bonn, Magonza o Colonia,
l'aria è meno fredda che nella grigia Berlino. Placida, come nei romanzi che Heinrich
Böll ambientò in queste valli renane. «Un'atmosfera estremamente cattolica»,
sintetizza Bernadette Knecht, 47 anni, ex direttrice di un asilo religioso a
Königswinter, a12 chilometri dall'ex capitale tedesca. «Dopo dieci anni di
lavoro, lo scorso autunno l'amministrazione mi ha licenziato».
Il motivo?
L'insegnante si è separata dal marito e trasferita nella casa del nuovo
partner. Commenta Ulrike Keller, portavoce della diocesi di Bonn: «L'abbandono
del tetto coniugale è incompatibile con i principi della nostra fede». E
sufficiente, nella Germania del 2013, a sbattere per strada un lavoratore.
Nonostante lo Stato laico, che dovrebbe garantire uguaglianza di diritti tra
tutti i cittadini, spenda ogni anno, tra contributi alle Chiese e finanziamenti
alle scuole e agli ospedali delle istituzioni cattoliche e protestanti, 65
miliardi di euro.
La
disavventura di Frau Knecht non è un caso isolato. E il proliferare di casi
simili sta provocando un acceso dibattito in Germania non solo sui "costi
di Dio" ma anche sul prezzo da pagare in termini di ingiustizia sociale.
Nina Lockmann e Sarah Lühamn erano due insegnanti della "Liebfrau
Schule", una scuola elementare cattolica a Kleve, nel Nordreno-Vestfalia.
«Ho dovuto rinunciare all'incarico», dice la Lockmann «perché sono
protestante». Identica ragione per cui anche la Lühmann, maestra di musica,
oggi non è più di ruolo. «Per noi presidi», spiega Heribert Feyen, della scuola
di Kleve, «trovare insegnanti con la "giusta" confessione è
difficile».
Con fede e
sacramenti - specie con il matrimonio - il clero tedesco non scherza. Nel
Nordreno-Vestfalia (il Land più grande in Germania) un terzo delle scuole
dell'obbligo sono religiose. In Renania-Palatinato e in Bassa-Sassonia oltre
1.300 scuole sono gestite dalla Chiesa, cattolica o protestante. Il quadro non
cambia se dall'istruzione si passa alla Sanità. Dallo scorso settembre, ad
esempio, Uwe Schmidt può rimetter piede nella sua clinica a Düsseldorf ma solo
dopo una dura battaglia giuridica.
Per anni la
direzione dell'ospedale (cattolico) ha provato a licenziarlo perché, nel 2008,
l'ex-primario si è risposato. Ma la storia che più ha scioccato i tedeschi è
successa all' "Heilig Geist", un ospedale di Colonia. Lo scorso
Natale la clinica cattolica ha rifiutato il soccorso a una 25enne che, vittima
di violenze sessuali, voleva abortire.
«Per
interventi del genere», ha spiegato Sylvia Klauser, portavoce dell'ospedale,
«il paziente deve rivolgersi altrove». Quel nosocomio, a Colonia, è una delle
10 cliniche (e 16 ospizi) in mano a uno dei tanti Ordini religiosi alla
conquista del sistema sanitario tedesco. «In Germania», commenta Eva Müller,
«un ospedale e un ospizio su tre sono gestiti dalle onnipotenti Caritas o
Diakonie».
Sono le due
associazioni che amministrano la fitta rete di scuole, ospedali, ospizi e
servizi sociali che le due Chiese hanno steso sulla società. Una rete così
capillare «da trasformare la Repubblica federale in una democrazia pastorale»,
aggiunge la Müller. Non è una esagerazione. La giornalista ha pubblicato un
libro dal titolo "Dio ha costi molto alti". Emerge quanto «il famoso
Stato sociale tedesco sia sempre più in mano ai preti», riassume la Müller.
La
penetrazione ecclesiastica del welfare è sistematica. Nei 16 Länder federali
solo la chiesa cattolica vanta 10 mila asili-nido. In cui lavorano 100 mila
insegnanti per 600 mila bambini. Altri 500 mila crescono in uno degli 8.500
asili-nido luterani, che danno lavoro ad altri 80 mila insegnanti. A livello
universitario, in Germania c'è l'offerta di 17 facoltà teologiche (e nella
bavarese Eichstätt, c'è la sede dell'ateneo cattolico). Tra elementari e licei,
si contano 3.300 istituti religiosi. Attualmente,168 mila ragazzi sono iscritti
a una delle 1.100 scuole evangeliche.
«Stiamo
crescendo specie all'Est», dice Frank Olie, responsabile delle scuole
protestanti di Berlino e Brandenburgo. Solo nella capitale, gli istituti
protestanti sono 16.
Nulla in confronto all'invasione del clero nel campo
della Sanità. Solo la Caritas cattolica, gestisce 405 ospedali (cioè, una clinica
su quattro), dando lavoro a 365 mila dipendenti. Tra personale medico e non,
altri 405 mila sono impiegati negli ospedali della (protestante) Diakonie.
Se a questi
sommiamo gli insegnanti e il personale vario, si arriva a 1 milione e 300 mila
persone che hanno un contratto con le Chiese. Conferma Jan Jurczyk, portavoce
di Ver.di sindacato del pubblico impiego: «Dopo lo Stato sono le Chiese il più
grande datore di lavoro nel settore. Ed è uno scandalo perché nonostante
abbiano raggiunto, per fatturato e dipendenti, dimensioni da Bmw o Lufthansa,
vescovi e pastori protestanti se n'infischiano di ogni norma sindacale e i
sindacalisti sono banditi».
La parola
"streik", sciopero, è vietata. Spiega Georg Bier, docente di diritto
canonico a Friburgo: «Dipende da motivi storici e giuridici. Per le comunità
religiose valgono diritti più estesi che in qualsiasi altro paese della Ue.
L'articolo 140 della Costituzione sancisce l'auto-determinazione delle Chiese
nella gestione dei loro enti».
Il risultato
è quello che è successo di recente a Ulm in Baviera. Dove, dopo 14 anni di
servizio, una scuola cattolica ha licenziato un'insegnante perché lesbica. L'autodeterminazione
ha riflessi negativi anche nella busta paga. I dipendenti del gruppo
protestante Bethel (catena di 25 cliniche della Diakonie con 10 mila
dipendenti) sono scesi in piazza a Bielefeld e il perché lo spiega Roland
Prehm, rappresentante del locale ospedale: «Il salario è inferiore di 400 euro
rispetto ai colleghi statali».
Eppure non
sono le preghiere ma i miliardi del contribuente a mantenere le istituzioni del
clero. Tramite la "Kirchen Steuer", la tassa per la chiesa, «alle due
confessioni entrano 10 miliardi l'anno», ha calcolato Carsten Frerk, il
politologo che ha scritto un "Libro Viola" sui finanziamenti statali
alle Chiese (vedi box a pagina 80). Quei 10 miliardi coprono solo la
manutenzione delle chiese, e le prebende di parroci e pastori.
E dei 45
miliardi che servono per mandare avanti ogni anno scuole e ospedali, le Chiese
sborsano appena 800 milioni di euro l'anno, il 2 per cento del totale di spesa:
al resto ci pensa lo Stato. E il totale dei finanziamenti tocca la mirabolante
cifra di 65 miliardi. Esempio limite: nella ricca Amburgo non sborsano neanche
un centesimo. Ancora Eva Müller: «È il colmo. Le chiese discriminano i
dipendenti, non tollerano sindacati, e i costi di Dio li pagano i cittadini». E
Frerk rincara: «Sono l'istituzione più arcaica in Germania, che non corrisponde
più né ai tedeschi di oggi né alle norme europee».
Eppure il
potere delle chiese cresce. A causa, secondo il sociologo Norbert Wolhfahr,
della riforma del welfare dell'era-Schröder: «Più lo Stato, per risparmiare, si
è ritirato da scuole e sanità più vi sono entrate le chiese». C'è poi un altro
elemento che spiega la crescita delle scuole confessionali. Dopo i pessimi
risultati delle scuole pubbliche ai test-Pisa, «le iscrizioni ai nostri
istituti sono cresciute del 30 per cento perché noi diamo un sigillo di
qualità», quantifica il protestante Frank Olie.
Sono solo un
relitto arcaico, e non democratico, gli istituti e gli ospedali religiosi? «Di
sicuro», risponde il socialdemocratico Carsten Scheider, «non è accettabile
nella Germania del 2013 che se non sei cattolico o protestante, non lavori in
una scuola o ospedale. Ma è una triste realtà, non getta buona luce sul nostro
Paese». E nemmeno sui partiti. All'interno della Spd, Carsten Scheider è uno
dei pochi a denunciare lo stato delle cose. Persino i Verdi tacciono. «L'amara
verità», conclude Schneider, «è che nessun partito osa inimicarsi la Chiesa».
Muove ancora oggi, dicono i politologi, il 5 per cento dell'elettorato.
AL CLERO PIÙ SOLDI CHE IN ITALIA
Secondo i
dati del politologo Carsten Frerk ogni anno, tra sovvenzioni dirette e
indirette, le Chiese tedesche accumulano finanziamenti per 19 miliardi di euro.
All'interno dell'Unione europea è un record. Il clero di Germania dispone di 8
miliardi in più degli 11 incassati, in media, dalla Chiesa cattolica in Spagna.
Persino 10 miliardi in più del volume di finanziamenti percepiti dalla chiesa
italiana. E vanno aggiunte le decine di miliardi (45 annui, secondo Frerk) che
la cattolica Caritas e la protestante Diakonie ricevono dal governo tedesco per
le loro strutture ospedaliere e ospizi.
Tra i più
curiosi oboli statali a loro favore (oltre ai 2 milioni annui per l'assistenza
spirituale degli agenti di polizia) le centinaia di milioni per le missioni
all'estero delle Chiese. Ogni anno il ministero degli Esteri di Berlino versa
113 milioni sui conti dell'"Eed", l'ente che cura i circa 1.500
progetti della chiesa evangelica in Africa, Asia, America del sud o sul
Caucaso.
Sempre
spulciando nei bilanci, qualche milione in più, per l'esattezza 161, va alle
attività ecumeniche di "Misereor", la potente organizzazione mondiale
dei cattolici tedeschi. Mentre sono 83 i milioni che ogni anno Ard, Zdf e le
altre pubbliche emittenti spendono per trasmettere, via tv o radio, la parola
di Dio. Solo negli asili-nido confessionali, i comuni, i 16 Länder e il governo
di Berlino investono 4 miliardi l'anno.
La
metà, 2,2 miliardi, per finanziare i licei religiosi. E altri 1,7 miliardi per
pagare, nelle scuole statali, le ore di religione. Si capiscono i 18 milioni
elargiti dal governo Merkel per il restauro di chiese e monumenti storici. Ma
sono davvero necessari, si chiede allibito Frerk, «tutti quei milioni statali
per i ‘Kirchen-Tagen?». Sono i due raduni e festival di cultura dei protestanti
e dei cattolici: al contribuente tedesco costano, ogni anno, 7 milioni.