Spesso siamo stati criticati perché privi di una proposta politica. Oggi lo siamo perché ne abbiamo avanzate due. Ma sono, queste due, in contraddizione tra loro? Dimostrerò che non è così. Anzi cercherò di dimostrare che averne una sola é quanto mai pericoloso. Proviamo a ragionare politicamente.
Perché la Rosa nel pugno? Perché i radicali pannelliani sono sempre stati al nostro fianco. E questo fin dai tempi delle meravigliose vittorie sui diritti civili attraverso quel magico binomio Fortuna-Pannella che ha regalato all’Italia le leggi sul divorzio, l’aborto, l’obiezione di coscienza, la responsabilità civile dei magistrati, purtroppo svuotata dalla legge Vassalli, che i socialisti votarono per ragioni di scuderia, e i radicali con Mauro Mellini in prima fila giustamente contestarono. Poi, ancora, nel corso di Tangentopoli, quando solo da Marco Pannella si levò una voce di protesta contro il giustizialismo e il dipietrismo. Fino ai giorni nostri, quando da via di Torre Argentina sono arrivati solidarietà e appoggio a seguito dell’incomprensibile veto di Emma Bonino all’alleanza della sua lista con Psi e Verdi.
La Rosa nel pugno cos’è? Per ora é un’alleanza. Non è un soggetto politico (personalmente sarei favorevole a studiare forme e modi per costruirlo a breve), e neppure una lista elettorale, anche se potrebbe essere utilizzata a questo fine. La Rosa nel pugno è il primo cerchio, e meno male che c’è, di un cerchio molto più grande che non sappiamo però se verrà tracciato. Intanto é un’ottima occasione per stilare un programma comune e un calendario comune di lotte politiche, a cominciare con le due più urgenti: quella per la difesa e l’ulteriore sviluppo della democrazia, oggi in discussione a causa dei graffi pesanti che le sono quotidianamente inferti da questo governo, e quella per gli Stati uniti d’Europa, cioè per un’Europa politica solidale, capace di superare le ingiustizie e le disuguaglianze esistenti.
Il cerchio più grande è rappresentato dalla proposta di Carlo Calenda, relativa a un’unica lista di tutti gli europeisti, contro il sovranismo e il populismo che, se vincenti, potrebbero decretare la fine di un lungo percorso immaginato da Altiero Spinelli, da Ernesto Rossi e dal socialista Eugenio Colorni, estensori nel confino di Ventotene del Manifesto per un’Europa libera e unita. E’ evidente che un’unione che si configuri come reductio ad unum presuppone che il Pd, col suo nuovo segretario, sia disponibile a rinunciare al suo simbolo e riconosca a tutti gli interlocutori pari dignità politica e poi naturalmente implica che anche il nuovo partito di Più Europa decida di farne parte. Una lista Pd più indipendenti sarebbe una risposta inutile e sbagliata.
Oggi non siamo in condizione di prevedere che questo cartello abbia probabilità di nascere. Lo scetticismo di Martina, l’opposizione di Letta, i ripiegamenti all’egoismo di Più Europa non inducono all’ottimismo. Per questo oggi dobbiamo ben tenerci stretta la Rosa nel pugno, il cerchio più piccolo, che è assai meglio del nostro isolamento elettorale e politico. Meglio del solo Psi perché si avvale di compagni di viaggio coerenti e coraggiosi, dotati di strumenti di cui i socialisti non dispongono e perché ci consente di fissare un itinerario di successive e possibili unioni. Polemizzare con tutto questo, e parliamo di un percorso approfondito nel corso dell’ultima segreteria del Psi, ha un senso se gli si oppone un altro percorso del quale non siamo a conoscenza o se gli si contrappone la suggestiva ma già sperimentata e fallita via dell’isolamento in nome di una astratta e fumosa unità socialista in cui non si precisano gli interlocutori né si riesce a intravvedere la loro reale, concreta esistenza.