Maurizio Turco, deputato, rappresentante legale e Vicepresidente vicario del Senato del Partito radicale
Questa riunione
del Consiglio generale è l’ultima prima del Congresso: appuntamento che avevamo
previsto ed organizzato sin dal novembre dello scorso anno e approfondito nella
riunione del maggio scorso.
In questi tre
giorni dovremmo quindi procedere ad organizzare il Congresso che avevamo
previsto di tenere tendenzialmente nella prima settimana di novembre.
Già a partire da
questo primo aspetto è necessaria una approfondita riflessione che va estesa ad
una serie di aspetti apparentemente organizzativi ma sostanzialmente politici:
in particolare dove tenere il congresso cioè decidere quale è il continente e
quindi il paese e la città in cui riunirci, cioè un luogo che abbia anche un
aspetto politico interessante per le nostre lotte e però che sia compatibile
con le nostre risorse finanze. La questione delle risorse economiche, o meglio
della mancanza di risorse economiche, impone che questo consiglio faccia delle
scelte, si ponga degli obiettivi concreti con i quali ciascuno di noi debba e
possa misurarsi.
Come ho detto
nel Consiglio di maggio con l’attuale autofinanziamento non siamo assolutamente
in grado di organizzare un Congresso.
In quella sede
avevo già quantificato in non meno di 650mila euro il costo di un Congresso
come quello di Tirana, alle condizioni di Tirana di otto anni fa. A conti
fatti, cioè alle condizioni di oggi e dovendo necessariamente mettere in conto
il costo delle attività preparatorie, a cominciare dalla stessa convocazione, e
il conseguente follow up, la tenuta di un Congresso, direi di un Congresso
degno di questo nome cioè che non sia l’equivalente di una riunione allargata
di questo Consiglio, deve prevedere una spesa nell’ordine di un milione di
euro.
Il reperimento
dei fondi necessari a finanziare le lotte radicali così come lo abbiamo sinora
voluto e siamo riusciti a farlo e come vogliamo continuare e riusciamo a fare,
cioè in modo pubblico e trasparente, non può che essere frutto di un’iniziativa
politica di cui parlare innanzitutto in questa sede. Il primo, evidente obiettivo
è quello delle iscrizioni. Questo Consiglio deve porsi un obiettivo concreto ed
un obiettivo concreto nelle condizioni attuali è necessariamente ambizioso.
Obiettivo ambizioso per una semplice evidenza: a fronte dell’attuale
autofinanziamento che per il 2010 ammonta a 530mila euro proveniente dai 1.134
euro. E deve essere ambizioso non solo per le necessità economiche in senso
stretto, ma soprattutto per le necessità politiche cioè per le lotte politiche
che riteniamo necessarie ed urgenti sulla base delle nostre analisi.
* * * * *
Non è possibile
più ignorare quello che sappiamo e che ci appare tanto evidente al punto da
essere accecante : l’illegalità, la violazione del diritto, della legge, delle
regole del gioco democratico non sono più il dato caratterizzante dei soli
paesi non democratici o totalitari.
Noi radicali che
viviamo in Italia lo sappiamo bene. Lottiamo da oltre mezzo secolo contro la
degenerazione democratica, contro la democrazia reale, una simulazione
democratica dove di davvero democratico non rimane nemmeno l’apparenza. Abbiamo
cercato di creare un argine in Europa cercando di far conoscere il caso Italia
per evitare di doverci presto trovare di fronte ad un caso Europa. Oggi è
evidente che anche in diversi paesi europei e nella stessa Europa il morbo
dell’illegalità, della violazione della legge dilaga e rischia di essere la
nuova “legge”.
Io sono
d’accordo con quanto abbiamo deciso e cioè che sia necessario ed urgente,
organizzarsi e lottare - anche e sopratutto per chi vive in paesi a-democratici
per non dire di coloro che vivono in quelli anti-democratici – per ripristinare
la legalità ed oggi lo strumento da attivare contro l’illegalità sono gli
strumenti giurisdizionali. Per esempio io penso che al congresso dovremmo
invitare ed assicurarci la presenza di coloro che presiedono le Corti e
comitati sovranazionali e dell’ONU per il rispetto dei diritti umani e porre il
problema - scusate il gioco di parole - del diritto alla legalità.
Infine credo che
sottovalutare o peggio tollerare le violazioni della legalità nei paesi
democratici porti inevitabilmente ad ignorare le violazioni nei paesi non
democratici.
Questo non vuol
dire che noi dobbiamo scegliere se lottare per il ripristino della legalità nei
paesi democratici o l’affermazione in quelli non democratici. Noi continueremo
a lottare come abbiamo sempre fatto per la libertà ovunque e per tutti.
* * * * *
Parallelamente
vi è un problema diffuso di legalizzazione a fronte del dilagare del
proibizionismo. Tra le tante lotte che hanno caratterizzato il Partito radicale
nonviolento transnazionale e transpartito in questo mezzo secolo, vi è quella
della legalizzazione delle droghe. In seguito ci saranno delle relazioni
approfondite su questo tema. Tengo solo a rilevare che tutte le nostre analisi
si sono rivelate esattissime non perché fossimo dei veggenti ma per il semplice
fatto che il proibizionismo di per sé anziché ridurre non solo amplifica ma
crea nuovi problemi. Gli stessi proibizionisti ne sono consapevoli ma hanno
sempre rifiutato sinanche di prendere in considerazione la legalizzazione sulla
base di presunte questioni etico-morali, questioni che perdono di importanza
quando c’è da valutare il frutto delle loro politiche. Non è un caso che
ovunque, aldilà dei confini, dei regimi politici, delle usanze religiose, delle
tradizioni culturali si sia passati dalla commistione all’amalgama tra
criminalità politica e criminalità comune con la conseguenza che le politiche
proibizioniste sono sempre più diventate una questione di interesse e di potere
contro la legalità e la democrazia.
Insieme a coloro
che rifiutano le politiche antiproibizioniste che in questi ultimi tempi si
manifestano attraverso appelli e dichiarazioni, il congresso deve essere
l’occasione per riunire tutti coloro che nel corso dei decenni hanno condiviso
con noi le analisi e le conseguenti lotte per la legalizzazione delle sostanze
oggi proibite, legalizzazione quindi quale antidoto alla proibizione e alla
liberalizzazione.
* * * * *
I principi alla
base della proibizione di alcune sostanze sono alla base anche di politiche in
altri campi, a riguardo non solo di cose ma anche di persone, mi riferisco in
particolare alle politiche migratorie. L’Italia, chiedo davvero scusa per il
riferimento ma ancora una volta è obbligato, ha risolto il problema
dell’immigrazione e dell’asilo politico lasciandone la gestione alla Libia un
paese che è un baluardo della lotta contro la democrazia e la libertà. Questa
iniziativa italiana è in patente violazione non solo con tutta una serie di
principi generali sui diritti umani ma in particolare in violazione con gli
articoli 13 e 14 della Convenzione dei diritti dell’Uomo, più tutta una serie
di impegni – che dovrebbero essere sanzionati se violati - sottoscritti in
ambito di Consiglio d’Europa e Unione europea. Subito dalla Commissione europea
si sono orientati più che a sanzionare l’Italia ad imitarla e a preannunciare
l’intenzione di sottoscrivere un più ampio accordo con Gheddafi: evidentemente
devono aver valutato che il contrasto all’immigrazione e alle richieste di
asilo costa meno ed è più efficace! Visto però che l’Unione europea non è
efficace come la Libia, l’altro giorno Gheddafi ha presentato il conto:
l’Unione europea davanti a milioni di immigrati potrebbe diventare Africa per
evitare questo sono necessari almeno 5 miliardi di euro l’anno.
Questa vicenda
ha un epicentro, l’Italia, ma in poco tempo è già diventato problema europeo.
Ci vuole poco
per distruggere quello che si è da poco tempo cercato di costruire. Se pensiamo
che queste vicende accadono a poco più di duecento anni dalle prime forme di
organizzazione democratica dello stato e dalla dichiarazione francese dei
diritti dell’uomo.
* * * * *
Concludo
riprendendo quello che Marco Pannella spesso ci ricorda: l’importanza nella
storia del nostro partito, direi delle radici che affondano infine in un’isola
del mediterraneo dove due confinati dal regime fascista – Ernesto Rossi ed
Altiero Spinelli – mentre scontavano una pena di alcuni decenni immaginavano e
lanciavano il manifesto per gli Stati Uniti d’Europa. Proprio in quegli anni e
precisamente nel 1941 il Presidente americano Roosevelt teneva il famoso
discorso sulle quattro libertà: libertà di parola, libertà di culto, libertà
dal bisogno e libertà dalla paura.Due visioni,
quella dei confinati antifascisti e del Presidente americano, che dobbiamo
continuare a far vivere in una situazione – se possibile – ancora piu’
difficile di allora.
Sono queste la
ragioni per le quali nonostante le difficoltà, siamo qui non solo a perseguire
ma a rilanciare le lotte nonviolente per la democrazia e la legalità.