Il Riformista, 10 settembre 2020
Referendum costituzionale
No a questa riforma
I 5s vogliono un Parlamento fatto da dipendenti delle oligarchie
COSÌ IL
POTERE PARLAMENTARE È SOTTO ATTACCO
La riforma costituzionale farà crollare un fondamentale
dello Stato di Diritto: la separazione dei poteri. Il Movimento 5 Stelle sta disegnando
un Parlamento fatto da dipendenti delle oligarchie che non saranno in grado di fare
attività politica
Maurizio Turco e Irene Testa,
Segretario e Tesoriere del Partito Radicale
A meno di fatti nuovi ed eclatanti è evidente che un mese di tribune referendarie,
con risposte da 1 minuto e gong finale, non potranno mai recuperare due anni di
propaganda che fanno seguito a cinque anni di propaganda antipolitica anticasta
da parte dei media, a cominciare da quelli del servizio pubblico. Anni nei quali
i monologhi senza contraddittorio, a volte nemmeno quello del giornalista, hanno
cancellato confronti, dibattiti e approfondimenti
Sulla base di queste considerazioni nella notte di lunedì 21 settembre dovremmo
assistere a un plebiscito a favore della riduzione del numero dei parlamentari;
ma non è escluso che vi possa essere un rovesciamento del risultato sulla base di
diverse variabili, dal peso dei votanti nelle regioni dove ci sono le elezioni regionali,
al peso del voto estero, al numero di coloro che alla fine andranno a votare.
Non è la prima volta che il Parlamento rinuncia masochisticamente e in modo così
eclatante alla difesa delle proprie prerogative e della difesa dello Stato di diritto,
è già accaduto intorno agli anni ’90. Prima, sul referendum Tortora per la giustizia
giusta - promosso dai partiti Liberale, Radicale e Socialista - per introdurre la
responsabilità civile dei magistrati (votanti 65,11%; SI 20.770.334 pari all’80,21%.)
voto tradito reintroducendo l’immunità e ripristinando il codice a come era prima del referendum.
Successivamente, durante la stagione di tangentopoli, quando il Parlamento mise
frettolosamente mano alla riforma delle immunità parlamentari.
Con questi atti, che fanno parte di una serie di cedimenti, il Parlamento sta facendo
crollare un fondamentale dello Stato di Diritto: la separazione dei poteri.
Noi che stiamo con Montesquieu (e non con Rousseau) non possiamo non registrare
che il potere parlamentare è sotto attacco da parte … del Parlamento.
Incidentalmente: del potere giudiziario abbiamo già detto, del potere esecutivo
che ormai ha preso il sopravvento su quello legislativo bastino i decreti omnibus
e i voti di fiducia a go-go.
Il Parlamento (e non solo) non ha mai preso in considerazione poi definitivamente
dimenticato il richiamo del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che lamentava
che la scelta di sottoporre per la promulgazione al presidente della Repubblica
un decreto in prossimità della scadenza non consente al capo dello Stato l'esercizio
dei poteri di garanzia che la Costituzione ha previsto per la prima carica dello
Stato. Ricordando che è al Presidente della Repubblica che la carta costituzionale
affida il compito di verificare i requisiti di necessità e urgenza, così come di
valutare se intervengano oneri aggiuntivi.
* * *
Ringraziamo il Riformista e Piero Sansonetti per averci ospitato e dato la possibilità
di approfondire adeguatamente il tema del referendum per rivedere la decisione di
amputare il Parlamento da parte … del Parlamento.
In quel po’ di dibattito pubblico che comincia ad esserci, spesso fuggono all’analisi
gli “atti preparatori” di questo referendum. Che non sono le ragioni di chi si è
accodato ai proponenti ma le ragioni dei proponenti, del M5S.
Dovremmo riascoltare i comizi di Grillo da Santoro (con quest’ultimo che nel dicembre
scorso riteneva che il primo “qualche
debituccio, a essere onesti, dovrebbe sapere di averlo); i comizi di Grillo nelle piazze convocati
a reti unificate; rileggere i programmi elettorali del M5S.
Insomma, arrendersi all’evidenza dei fatti: il taglio dei parlamentari è uno dei
tre capisaldo del M5S nella logica del superamento della democrazia rappresentativa,
insieme all’affermazione del vincolo del mandato dei parlamentari e la riduzione
dei loro emolumenti.
In altre parole, il M5S sta disegnando un parlamento fatto di poche persone, dipendenti
dalle oligarchie di quello che resta dei partiti sia al momento della candidatura
che nel corso della legislatura, e con emolumenti tali da non consentirgli di avere
una attività politica. Quando non erano al parlamento inseguivano i parlamentari
ricordandogli che erano dipendenti del popolo e non dei partiti; oggi che i parlamentari
sono loro pretendono di essere dipendenti dal partito e non del popolo.
E non ci soffermiamo su tutte le proposte moralizzatrici che facevano quando erano
fuori dal parlamento e che, come tutti i moralisti, hanno smentito quando avrebbero
dovuto attuarle.
Per concludere, nel nostro NO prevale la ragione politica: è in corso un assestamento
del regime italiano attraverso il riposizionamento del M5S e del PD. Gli uni e gli
altri a rivedere le loro ragioni costitutive; il PD era fondato sul bipolarismo,
il maggioritario e l’uninominale, o no?
Il NO è un voto politico che non mira a far cadere il governo, o a mantenerlo in
piedi; ma mira a lasciarsi spazi per riformare la Costituzione. Prima che finisca
com’è finita con la riforma del Titolo V della Costituzione, allora voluta in fretta
e furia dal (P)DS per inseguire la Lega, riforma che da tempo è oggetto di critiche
ma che risulta praticamente impossibile rivedere.
Oggi forse risulta più
chiaro quello che veniva considerato un delirio di Marco Pannella: “Non c’è differenza
antropologica tra destra e sinistra, anche se questo non significa che siano uguali.
Sessant’anni di partitocrazia antifascista, venuti dopo venti di partitocrazia fascista,
sono la metamorfosi del male”.