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1994 92 09 * La Repubblica * 'CONTRO LA DROGA NIENTE SCORCIATOIE' * Claudio Gerino

ROMA - Il ministro della Sanità, Maria Pia Garavaglia, è contraria alla distribuzione controllata di sostanze stupefacenti ai tossicodipendenti così come si sta sperimentando, in questi giorni, in Svizzera. Ma non lancia anatemi contro l' esperienza condotta Oltralpe. "Le sperimentazioni hanno significato solo se sono realmente tali e non, invece, delle scorciatoie per aggirare il problema che si trovano davanti - ha spiegato il ministro - Se di fronte ad un certo numero di casi di drogati irriducibili, lo Stato decide di percorrere questa strada, occorre che essa sia davvero sperimentale, e che quindi al termine se ne verifichino i risultati". Del resto, sostiene la Garavaglia, un esperimento come quello svizzero, in Italia è vietato dalla legge 162 che "non prevede il mantenimento della tossicodipendenza, bensì la realizzazione di terapie antidroga". Per il segretario nazionale del coordinamento radicale antiproibizionista (Cora), Maurizio Turco, "la somministrazione controllata di eroina non deve essere una scorciatoia, ma deve essere davvero considerata una sperimentazione basata su dati scientifici e non etici. La realtà dei tossicodipendenti - ha aggiunto - è variegata e non ci possono essere risposte univoche. Sarebbe già un passo avanti - ha detto Turco - se dall' abuso si passasse all' uso e se questo avvenisse sotto controllo medico. La minaccia di tenere fuori dal circuito legale i tossicodipendenti non disponibili a smettere ha il solo effetto di far aumentare i danni sociali e sanitari dell' individuo". E il deputato antiproibizionista Marco Taradash critica la Garavaglia: "La sua posizione è isolata all' interno dello stesso governo, poichè contraddice la strategia di riduzione del danno che è oggi la posizione ufficiale italiana sulla droga". Don Luigi Ciotti, fondatore del "Gruppo Abele", guarda con interesse all' esperimento svizzero: "Ha senso nella misura in cui, effettivamente, riduce i costi umani e sociali della tossicodipendenza. Se contribuisce a limitare i rischi di contagio dell' Aids e di altre malattie, se evita il ricorso alla delinquenza e alla prostituzione, se impedisce le morti per overdose, se limita le sofferenze inutili, compresa quella del carcere, se avvicina ai servizi pubblici e toglie dalla clandestinità e dall' emarginazione, se consente al tossicomane uno spazio di riflessioni ed opportunità di pausa a chi vive solitamente nella disperata e totalmente assorbente ricerca della sostanza, se, infine, contrasta il peso della criminalità connessa al narcotraffico, allora è senz' altro vero che questa proposta può servire". Ma Don Ciotti non nasconde i rischi: "Se l' esperimento si riduce ad una ' narcotizzazione' dei problemi che stanno a monte della scelta della tossicodipendenza, se si riduce ad una resa, allora, certamente gli aspetti negativi prevarrebbero. Non c' è una ricetta valida per tutti o una bacchetta magica. Il vero nodo è rendere compatibili e complementari tra loro risposte diverse a bisogni differenti. Risposte al disagio del singolo, ma anche risposte più complessive sul piano delle politiche sociali e giovanili, delle risorse ed opportunità che consentano ai giovani, a chi fa più fatica, una vita dotata di senso e dignità". Il fondatore del "gruppo Abele" sottolinea come queste riflessioni non siano solo di questi giorni: "Da anni il nostro gruppo ribadisce la necessità di strategie e di politiche che mettano al centro la persona, non le sostanze, che tengano conto dei contesti, che privilegino la prevenzione ed il rapporto di aiuto a fronte della repressione e dell' emarginazione". Don Ciotti mette in guardia contro un rischio: "Se verrà avviata, in Italia, una sperimentazione simile a quella svizzera non vorrei che le comunità e i gruppi venissero ad assumere un ruolo di supplenza, anzichè di collaborazione con le strutture pubbliche. Il vero problema è come questo servizio saprà intrecciarsi (e verrà fornito delle risorse e degli strumenti necessari) ad altri complementari percorsi di natura non strettamente medica: solidarietà, politiche sociali, percorsi educativi e accoglienza. Su questo terreno si può e si deve realizzare la più ampia collaborazione tra servizi pubblici e comunità".