Il Partito radicale transnazionale e transpartito ha svolto dall’1 al 3 settembre nel carcere di Rebibbia il proprio 40esimo Congresso, straordinario perché indetto da un terzo degli iscritti. Maurizio Turco è stato riconfermato nella carica di tesoriere dopo una lunga lotta tra le due anime della “galassia” che si sono delineate subito prima della morte di Marco Pannella e subito dopo sono entrate in palese conflitto. Turco in questa intervista ci elenca i risultati di queste assise congressuali.
Maurizio
Turco, che bilancio si può tracciare per questo quarantesimo congresso
straordinario del Prt?
Che è stato letteralmente
straordinario. E straordinari sono state le compagne e i compagni. Il “fu stato
segretario” del partito, Roberto Cicciomessere, aveva detto che avrebbero
partecipato cinquanta sfigati. In tre giorni siamo stati poco meno di 500. Poi
aveva detto che si sarebbero dovute portare 150 persone per vincere, e sono
state solo 79 quelle che hanno votato la mozione per cui è intervenuto a
favore. Infine che in palio c’era il brand radicale e se la sua mozione lo
dimostrava, quella che ha ottenuto 178 voti è tutta politica. Al precedente
congresso, quello che a differenza di questo si diceva che era stato preparato
per tempo e ben organizzato parteciparono all’ultima votazione 140 iscritti. A
quest’ultimo, organizzato frettolosamente e in luogo scomodo erano quasi il
doppio: 270. Si può dire che questi numeri dimostrano che non capiscono nulla
del partito? E che questo è ulteriormente dimostrato dal fatto che il 69 per
cento ha votato la mozione politica e non quella del vuoto pneumatico?
Si
eviterà una scissione con il gruppo di Cappato e Magi?
Ho già detto e ripetuto e sono disposto
a farlo finché sarà necessario che il tempo del chiagn ‘e fotte è finito con Marco perché era l’unico
che “preferiva avere torto con il partito che ragione da solo”, lo diceva e lo
faceva, ma questo era parte della sua unicità non di un dovere del partito!
Intanto non so cosa sia il gruppo di Cappato e Magi e comunque siccome al
Partito radicale si può iscrivere chiunque e nessuno (persona, non gruppo) lo
può mandare via per nessun motivo non ci può essere tecnicamente una scissione.
Siccome la questione della “scissione” l’ho sollevata io, ho voluto usare un
termine che desse dignità ad un comportamento che dal mio personalissimo punto
di vista ho ritenuto molto antiradicale nei confronti di chi l’ha compiuto, non
certo del partito. Insomma un tradimento di quello che fino al giorno prima si
professava. Oggi si fa finta di non capire qual è la questione e la si ribalta
in un contesto improprio qual è il Congresso stra-ordinario del Partito
Radicale. Ho detto prima e l’ho ripetuto dopo che la “scissione” con il
congresso e con il partito non c’entrava nulla. Ed è una questione tanto chiara
da essere accecante.
All’incirca due anni prima del 19
maggio, data della scomparsa di Marco, una parte di quello che è considerato
nel partito e pubblicamente il gruppo dirigente del partito comincia a non
dialogare più con Pannella e, nel migliore dei casi, a evitarlo. Metà marzo,
Roma, Via della Panetteria. Viene preannunciata a Marco la visita di un
compagno… mi pare una ingiustificata voglia di riconoscimento politico che non
ha alcun tipo di fondamento… all’incirca il suo commento. È chiaro, Marco ha
ancora una enorme forza morale con una innata tensione politica, ma non quella
di sostenere o contrastare una lista alle elezioni. Pronti? Via!
Primo aprile, Roma, sede del Partito
Radicale. Quattro persone senza alcuna consultazione nota convocano la stampa e
comunicano che si presenteranno alle elezioni con il simbolo Radicali. 19
maggio, Roma, Piazza Navona. I funerali di Marco si trasformano in un palco
elettorale, naturalmente per omaggiarlo.
Di fronte a questi fatti ho detto, e
qui lo ripeto, che si era realizzata una scissione.
Nella
sua relazione ha usato toni a dir poco durissimi, qualcuno come Spadaccia
invece si è commosso e ci sono state molte petizioni degli affetti. Pannella
sarebbe stato ugualmente severo contro chi ha presentato le liste alle scorse
elezioni amministrative?
Innanzitutto Pannella fino all’altro
giorno c’è stato, diciamo che è stata l’onda lunga della sua presenza fisica.
Dopo può solo orientare con quello che ha fatto e ha lasciato: scritti,
discorsi, comportamenti. E io credo che ci sia ancora molto da scoprire,
capire, far conoscere. Ma soprattutto Marco non può essere confinato nell’agone
“radicale” o peggio ancora “dei radicali” può dare ancora molto a chiunque. È
quello che ha sempre fatto. Sui toni, l’ho già ricordato, Giovanni Negri quando
era segretario del partito ed era molto giovane, non un quarantenne, era spesso
criticato dagli altri dirigenti per i toni che usava; al che Marco chiedeva
pressappoco, vi interessa come lo dice ma su quello che dice non avete nulla da
dire? Quindi, d’accordo sui toni ma la mia è stata una relazione vera con
rarissimi punti di vista personali. E non so se Gianfranco Spadaccia si sia
commosso e se è avvenuto, ma escluderei che sia stato per la mia relazione.
Ricordando Sergio Stanzani ho fatto presente che tra i pochi fondatori del
“Partito fu stato” anche Spadaccia. Ma è un dato di fatto non una mia opinione.
Non sono mica uno che come accadeva nella Russia comunista sbianchetta dalle
foto, e poi dalle foto della storia del partito! chi ha deciso altrimenti di se
stesso. Mi ritengo un militante che ha ancora tanto da apprendere dalle
compagne e dai compagni. Per quanto riguarda le liste, che è solo il naturale
epilogo della loro assenza volontaria e cercata per due anni dalla vita del
partito e di Marco, ho già detto e comunque Marco, in quel momento era vivo, ci
si era solo premurati di verificare che non si pronunciasse. E sulla durezza
racconto un episodio. Durante il congresso mi si avvicina una militante di
lunga data che ho intravisto varie volte. Mi chiede scusa, mi da un biglietto,
il giorno dopo mi spiegherà che lei è timida. Il biglietto è per me
imbarazzante, si conclude chiedendomi di non essere duro come Marco. Ma io non
sono Marco, sono semplicemente quello che i compagni, e soprattutto Marco, dopo
Giovanni Negri, hanno sempre conosciuto.
I
soldi, “la roba”, sono stati sicuramente al centro del congresso: il Partito
Radicale è creditore verso numerosi soggetti costituenti come Radicali
italiani. Si uscirà da questa situazione di stallo?
Il Partito è creditore perché Radicali
italiani da anni trattiene denaro che ha ricevuto sui suoi conti per iscrizioni
al Partito Radicale. E poi, se un comune conoscente mi dà dei soldi per lei e
li trattengo per un qualsiasi motivo, lei che farebbe? Anche se non ho bisogno
della risposta le dico semplicemente: dopo alcuni anni è quello che è rimasto
da fare.
L’obiettivo
dei 3mila iscritti nel 2017 e poi anche nel 2018 è realizzabile con quote
associative da 200 euro?
Pensi un po’ che la quota consigliata è
di 500 euro. E comunque 200 euro l’anno non sono 55 centesimi al giorno,
nemmeno un caffè; due-tre sigarette eccetera, due film al mese. Quindi la
risposta è realizzabilissima a parte che sia conosciuta. Non so se le dice qualcosa
“diritto all’informazione”, “diritto dei cittadini a conoscere per deliberare”
è un diritto tanto pericoloso che fa più nessuno quello che faceva il nostro
Centro d’Ascolto sull’informazione radiotelevisiva nel frattempo chiuso per
mancanza di risorse. E così tutti hanno l’alibi di non rilevare che Matteo
Renzi va in televisione molto più di Silvio Berlusconi. Durante “l’occupazione
delle tivù da parte di Berlusconi” il Parlamento europeo nel 2004 con una
risoluzione emise letteralmente un lamento, ”lamenta le ripetute e documentate
ingerenze, pressioni e censure governative nell’organigramma e nella
programmazione del servizio televisivo pubblico Rai”. Oggi nemmeno un gemito da
parte di chi urlava all’occupante Berlusconi, anzi salamelecchi, sia mai ci scappi
qualcosa… se ne potrebbe fare un libro anche corposo. Ma nemmeno un lamento
dagli occupati, dalle vittime di questa violazione, a cominciare dalle
opposizioni. Per non dire del diritto del cittadino ad essere informato per
poter giudicare, che si è mutato nel dovere a giudicare sulla base
dell’informazione che riceve. Se solo il presidente Fico facesse qualcosa che
assomigliasse a quello che fece il presidente Marco Taradash (portò i libri in
tribunale, ndr)… o anche Forza Italia riuscisse a rimettere in piedi il Centro
d’Ascolto…
La
diatriba che più preoccupa è quella con l’Associazione Luca Coscioni. Tu ne hai
parlato a lungo nella relazione introduttiva. Esiste la possibilità di una road
map di pace?
Non c’è Pace senza Giustizia!
Qualcuno
aveva proposto di lasciare aperto il congresso, anche lo stesso Della Vedova
nella mozione per l’astensione. Perché era impraticabile questa cosa?
Ho una formazione culturale magari
datata, pane al pane e vino al vino, separare il grano dal loglio, e via
dicendo. Se da una parte c’è un programma politico non condivisibile e
dall’altra l’attesa, il vuoto, io non ho dubbi: faccio una proposta
alternativa.
Il
gruppo di Magi e Cappato con la propria arbitraria decisione, appoggiata da
Emma Bonino, di presentarsi alle elezioni amministrative con il logo dei
Radicali italiani ha di fatto espresso un desiderio che esiste tra molti
militanti e simpatizzanti, quello di rivedere i radicali nelle istituzioni
locali, nazionali ed europee. Basteranno le cosiddette liste di scopo per
questo? Il fallimento di Amnistia giustizia e libertà non insegna nulla?
Insegna tanto il processo attraverso il
quale nel dicembre 2012 – dopo ampio dibattito, forse pure troppo – siamo
passati dalle liste Bonino alla Rosa nel pugno, finendo per presentare una
lista di scopo: Amnistia Giustizia e Libertà. D’altronde le nostre sono state
sempre liste di scopo: non ci siamo mai preparati all’appuntamento elettorale
ma abbiamo usato l’appuntamento elettorale per le iniziative politiche. I
partiti di potere già dal giorno dopo pensano alle elezioni successive e così
non si pensa più a incardinare lotte forse perché non c’è tempo per pensare
alle idee. Per esempio le prime Liste Verdi, che promuovemmo noi radicali e che
il giorno dopo le elezioni lasciammo alla Federazione delle Liste Verdi,
all’origine non erano liste di scopo? Il problema è che quando hai raggiunto lo
scopo, che per noi era introdurre l’eco-ambientalismo nell’agenda politica dei
vari schieramenti, dovresti chiudere e non insistere, va a finire che ti
burocratizzi. Il Partito Radicale è per sua libera scelta, confermata da questo
Congresso, per la non partecipazione in quanto tale, cioè in quanto radicale,
alle elezioni. Ritengo che sul piano della legittimità, su quello politico, su
quello giuridico e infine sul piano della logica che la presenza in quanto
tale, cioè di liste radicali, sia una presenza che mette in discussione la
forma di partito non concorrenziale e quindi la possibilità di avere una vita
propria. Questo è quello che è accaduto il primo aprile con la presentazione di
liste radicali. È accaduto. Non è un esempio astratto.
Come
giudichi il tentativo di Giovanni Negri con Marianna?
Per questione di curriculum sono
arrivato al partito a Roma chiamato da Giovanni nella sua segreteria. Sebbene
lui fosse giovane ho imparato molto da lui, avevamo una vita parca ma molto
intensa. Non ci passava nemmeno per la testa, comunque a me, di affermare con
Marco “povertà come forza” ma la vivevamo. Io ho continuato a vivere così. Lui
ha cambiato vita e sarebbe cosa lunga da spiegare che non se l’è cercata.
Giusto per evitare equivoci non mi sottraggo: ha scritto cose non solo non
condivisibili ma brutte sul partito, come tanti altri ma non tutti, altri non
le hanno scritte ma dette o fatte e comunque non sono il tribunale della sua o
altrui coscienza. So bene di tanti di noi, poco di chi vivendo tra di noi da
anni, si è iscritto al Partito da quattro mesi o il giorno delle votazioni in
congresso, e quindi anche lui fino a poco prima evidentemente sapeva poco di
noi. Ma so che c’è tempo per apprendere, io per esempio ne ho investito tanto.
So solo che il tentativo di Giovanni è nel solco di quello che intendevamo
dovesse essere fatto dai radicali nel momento in cui decidevano di essere un
partito che non si presentava più alle elezioni. Radicali Italiani l’abbiamo
costituita, alimentata politicamente ed economicamente, perché facesse politica
radicale e non per promuovere liste radicali. Diciamo che al congresso è stato
ribadito che siamo stati, siamo e vogliamo continuare ad essere “Il” partito
dell’alternativa e non “Uno” dei partiti di potere. E che continueremo a
dialogare con il potere perché le lotte radicali possano entrare nella loro
agenda politica.
Hai
altro da dire ai lettori de “L’Opinione” dopo questo congresso?
Sì. E vale anche per te: Dimitri,
ricordati di rinnovare l’iscrizione perché se non raccogliamo 3000 iscritti nel
2017 e altrettanti nel 2018 il Partito Radicale si scioglierà.