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a. Marco TARADASH
Deputato radicale al parlamento europeo, segretario del CORA

antimafia? ANTIPROIBIZIONISMO!

Antiproibizionismo sulla droga e politica criminale contro la mafia dopo l'assassinio di Libero Grassi a Palermo

Atti della sessione speciale del Consiglio generale del Cora

Bologna, 14 settembre 1991

SOMMARIO: Tra le svariate proposte per sconfiggere la mafia che ogni commentatore, magistrato, ministro o persona di buona volontà ha cercato di avanzare in questi giorni, dopo l'omicidio a Palermo di Libero Grassi, assassinato perché era un cittadino e non un suddito, ne manca una. E' l'unica direttamente risolutiva, ma per una ingiustificata rimozione, o per un comprensibile effetto di autocensura indotto dalla volontà silenziatrice di tutti i governi del mondo, resta un tabù. Si tratta della proposta antiproibizionista, volta a sottrarre alle tre mafie territoriali italiane, e a tutte le altre organizzazioni criminali di varia stazza sparse per l'Italia, gli enormi profitti del traffico di droga e i benefici accessori che esso produce.

Dopo Palermo, Milano. Ma anche Torino (19 omicidi mafiosi nei primi mesi dell'anno) e Genova e Roma, senza dimenticare Napoli. C'è la mafia in Italia, incredibile. La sorpresa è sorprendente. Già nell'agosto di due anni fa la CONSOB denunciava che grazie ai legami stretti con certi ambienti finanziari, la mafia era in grado di determinare l'oscillazione dei tassi di cambio e d'interesse, di minacciare la vita delle imprese, di falsare la libera concorrenza, sconvolgere il mercato borsistico. Non era poco. Due anni sono passati, e la legalità è ulteriormente deperita. Tra le svariate proposte per sconfiggere la mafia che ogni commentatore, magistrato, ministro o persona di buona volontà ha cercato di avanzare in questi giorni, dopo l'omicidio a Palermo di Libero Grassi, assassinato perché era un cittadino e non un suddito, ne manca una. E' l'unica direttamente risolutiva, ma per una ingiustificata rimozione, o per un comprensibile effetto di autocensura indotto dalla volontà silenziatrice di tutti i governi del mondo, resta un tabù. Si tratta della proposta antiproibizionista, volta a sottrarre alle tre mafie territoriali italiane, e a tutte le altre organizzazioni criminali di varia stazza sparse per l'Italia, gli enormi profitti del traffico di droga e i benefici accessori che esso produce. E quali profitti! Le stime realizzate dagli organismi della repressione o da settori della magistratura pongono il fatturato della mafia della droga allo stesso livello di quello della Fiat e della Olivetti messe insieme. Esagerazioni? Non credo, ma dividiamo pure la cifra per due o per tre: resta che nel giro degli ultimi dieci anni è defluita verso il mondo criminale una cifra di alcune centinaia di migliaia di miliardi, destinata a moltiplicarsi negli anni a venire. Quanto ai benefici indiretti, basta pensare che il traffico di droga crea una rete di complicità fra clienti e piccoli rivenditori tale da coinvolgere un esercito di alcune decine di migliaia di persone, per lo più giovani e giovanissime, fra le quali è facile selezionare il personale più efficiente e con meno scrupoli. E' un esercito di conquista, che spara eroina e cocaina, e si fa pagare ad altissimo prezzo le pallottole. Di fronte a questa situazione non è possibile né la politica dello struzzo (non guardare la realtà in faccia non aiuta a sfuggire alle partite di caccia mafiose) né la scettica alzata di spalle di chi dice 'tanto troveranno qualcos'altro al posto della droga'. Non è così. Ciò che differenzia il traffico di droga da ogni altro settore criminale è il fatto che esso non viene ne limitato né ostacolato dalla repressione. Gli assalti alle banche, i furti negli appartamenti, i reati di violenza sessuale, il peculato, trovano nella legge penale e nell'azione di polizia un freno, in misura più o meno incisiva a seconda dell'efficienza degli organi repressivi e della volontà politica di attivarle. Questo non è vero per il narcotraffico. La proibizione genera il mercato nero della droga, la repressione lo dinamicizza, lo affina, produce quell'effetto di espansione e regolazione che il mercato legale affida alla concorrenza. Questo vale anche per qualche altra attività criminale, se incontra una seppure marginale domanda sociale (vedi il gioco d'azzardo o la prostituzione, che non a caso sono in parte legalizzati o controllati dallo Stato in varie forme). Ma la proibizione sulla droga sviluppa una sua economia infinitamente più complessa, più sofisticata, più redditizia. Le analisi sui mutamenti avvenuti nella struttura e nei modi di operare delle organizzazioni mafiose e criminali negli ultimi venti anni lo confermano: il traffico di droga ha permesso la costante espansione del mondo criminale all'interno dell'economia legale. La mafia vi opera sia con mezzi legali, grazie alla liquidità di cui dispone, sia con forme di pressione illegale (dal ricatto, all'estorsione, alla corruzione). Ma l'effetto tonificante del denaro della droga si è fatto sentire anche nei tradizionali ambiti criminali: difficilmente avrebbe potuto svilupparsi una così capillare attività di predazione degli stanziamenti pubblici nel Sud ma non soltanto nel Sud senza l'infrastruttura creata accumulando negli anni, coi capitali sporchi, anche un enorme patrimonio di relazioni (e di controllo) nei settori bancari, della finanza, della consulenza legale. Se oggi il racket delle estorsioni opera in presunzione di impunità, è perché fa parte di un circuito criminale che attraversa tutta la società. Pensare di aggredire la mafia senza sottrargli questa fonte inesauribile di potenza è illusorio. Nel Mezzogiorno d'Italia abbiamo da tempo ben più che i segni di un nuovo regime: la narcocrazia. Il miglior codice di procedura penale del mondo, la più trasparente legislazione bancaria, la più efficiente polizia di cui il nostro paese possa dotarsi, potranno conquistare una vittoria importante sul mondo del crimine soltanto dopo che il nemico sarà stato ridotto di dimensione e di forza. Alcuni fra i più autorevoli studiosi del fenomeno sono convinti di questo e si ritroveranno sabato prossimo a Bologna in una sessione speciale sulla mafia organizzata dal Coordinamento radicale antiproibizionista. Il problema può essere risolto solo a livello internazionale, per cui spetta al Governo italiano di aprire ur, dibattito sul destino del proibizionismo, all'interno della Comunità europea per cominciare. Ai più alti livelli della magistratura, della polizia, dell'economia, la discussione è già aperta. E' ora che si al larghi all'opinione pubblica.