Il 41bis sta per essere applicato in via definitiva. A La7 si discute del perché e di come questa legge dovrebbe essere modificata.
Roma, 4 ottobre 2002 - Questa sera a "8 e mezzo", trasmissione de La7 condotta da Giuliano Ferrara e Luca Sofri, si parla di 41bis, il regime penitenziario che viene applicato per reati di mafia, detto anche "carcere duro", che, dopo il voto unanime della Commissione Giustizia del Senato, verrà applicato in via definitiva e non più rinnovato anno dopo anno.
Ospiti della trasmissione: Giuseppe Lumia, deputato di Ds e membro della Commissione Antimafia, Luigi Bobbio, deputato di An, primo firmatario della nuova Pdl, Tiziana Maiolo, assessore al Comune di Milano, e Maurizio Turco, eurodeputato della Lista Bonino, impegnato da tempo sul fronte carceri.
Il regime carcerario 41bis pone molte riserve dal punto di vista dei diritti umani, per questo motivo la faccenda dell'imminente approvazione definitiva, fa molto discutere.
Il regime 41bis
Basti pensare che le 645 persone detenute, di cui 79 ancora in attesa del primo processo devono subire le seguenti restrizioni: 1 solo colloquio al mese con i famigliari attraverso un vetro divisorio, non possono ricevere più di 2 pacchi al mese, la corrispondenza in arrivo o in partenza viene aperta, in cella non si possono tenere oggetti, solo pochi libri, niente giornali né fotografie, non si ha accesso alle palestre o alle scuole interne, si può passeggiare all'aria 2 ore al giorno in cortili stretti con recinzioni e griglie tutte intorno, le finestre, oltre alle barre vere e proprie, hanno una rete a maglie strette e una tapparella di ferro che i detenuti chiamano gelosia.
Il 41bis serve impedire ogni comunicazione con l'esterno
Lumia e Bobbio si sono dichiarati favorevoli all'applicazione definitiva del 41bis, spiegando che il problema risiede nell'impedire qualsiasi contatto con l'esterno, perché "si tratta per lo più di detenuti di mafia - afferma Lumia - visto che quando sono condannati non perdono l'appartenenza alla mafia, anzi, loro ci tengono moltissimo ad esservi ancora collegati, a rimare boss e a dare ordini, che significa chi uccidere e chi non uccidere".
"I metodi per far entrare e uscire cose e massaggi dal carcere - spiega Bobbio - sono sempre più ingegnosi, per quanto esso ristretto sia, lo scopo della legge è di restringere sempre di più la maglia di comunicazione ed è un tentativo doveroso".
"Il 41bis - prosegue Bobbio - ha diritto di cittadinanza nel nostri paese a pieno titolo, purchè la innegabile natura affettiva sia finalizzata e abbia lo scopo preciso di garantire l'interruzione di collegamenti con l'esterno. Se accettiamo e non possiamo non accettare questo punto di partenza, il vetro divisorio si spiega in questa logica".
"In 41bis non c'è nessuna disumanità - afferma poi Lumia - c'è solo un regime severo e duro, che una democrazia deve applicare quando la mafia attacca il cuore della democrazia ed è una norma che ci mette a riparo di quello che storicamente i boss hanno sempre fatto".
Il 41bis lede i diritti costituzionali dei detenuti
Tiziana Maiolo fa però notare che la questione riguarda i diritti costituzionali del carcerato, che con il 41bis vengono disapplicati: "La Costituzione dice che il carcere deve avere anche funzione di portare alla rieducazione del condannato. Il trattamento non può mai essere sospeso definitivamente, quindi se si arriva a: non poter avere più di 2 magliette al mese anche d'estate, non poter andare a messa, non poter partecipare ad attività lavorative; quando il quadro è tutto questo sembra tutto finalizzato non solo alla sicurezza, ma soprattutto a piegare la persona, perché non c'è alternativa", dichiarando questa decisione come la sconfitta da parte dello Stato nei confronti della Mafia.
Maurizio Turco rincara la dose, affermando che, secondo la legge, dal 41 bis si può uscire "solo nei casi in cui i detenuti internati collaborano con la giustizia", confermando la volontà dello Stato di piegare i carceri con un regime quasi di tortura.
Gli interlocutori della trasmissione sono tutti d'accordo sul fatto che lo Stato debba garantire la sicurezza dei propri cittadini, ma questo, secondo chi le carceri le ha veramente visitate a tappeto, come ha fatto Maurizio Turco, ciò non deve ledere i diritti costituzionali - e umani - delle persone detenute.