La nave rischia di affondare e Massimo D’Alema tenta di alleggerire il carico. Nuovi segnali di crisi si addensano sulla Bicamerale, nella settimana di pausa dei lavori parlamentari e il segretario del Pds tenta un’ardita operazione di salvataggio: togliere dal piatto delle riforme le portate più indigeste, per cercare di salvare l’accordo traballante tra Polo e Ulivo e, soprattutto, tenere insieme la coalizione di sinistra, dove riemerge il conflitto con i popolari. «La Costituzione regge – dichiara D’Alema – se alla base c’è una buona legge elettorale, che consenta ai cittadini di scegliere una maggioranza per governare».
Posizione legittima, da parte di chi sul successo delle riforme ad ogni costo ha giocato la propria credibilità politica, ma dalla quale D’Alema trae a sorpresa una conclusione sorprendente: “Ritengo sia saggio lasciare il tema della legge elettorale per ultimo, anche perché la legge elettorale merale. Non credo – aggiunge – che il tema della giustizia sia il più importante. Il cuore della riforma è rappresentato dall’elezione diretta del Presidente della Repubblica, e dal federalismo». Fra i primi a reagire proprio i popolari, che considerano “inaccettabile” la proposta del segretario pidiessino. All’attacco anche Rocco Buttiglione, che parla di «dichiarazioni sconcertanti». Ambiguo invece l’atteggiamento di Forza Italia.
II capogruppo Pisanu, fa sapere che «la legge elettorale è preliminare ad ogni altra intesa e che l’ordine del giorno che la delinea costituisce un documento vincolante» ma tace sulla questione giustizia. Ed è proprio questo silenzio degli azzurri a sollevare i dubbi di Rolando Fontan, referente leghista nel comitato dei 19.
«Le dichiarazioni di D’Alema – spiega Fontan – confermano quanto diciamo da tempo, che le riforme istituzionali non sono altro che una copertura per arrivare ad una legge elettorale su misura del Pds e di Forza Italia. Quale risultato venga fuori dalla Commissione, riguardo al federalismo o alla forma di Governo, è del tutto indifferente ai comunisti come alla destra. Ciò che conta è creare un sistema che permetta loro di spartirsi, in nome di un bipolarismo irreale, il potere».
In quest’ottica, la proposta di rinviare il nodo della giustizia, riducendolo a questione non strategica, assume il valore di un’offerta proprio a FI, che sul tema della giustizia è più sensibile. «Per gli uomini di Berlusconi – osserva infatti Fontan – il problema non è discutere di giustizia all’interno di un progetto di riforma della Costituzione, che avrà comunque tempi lunghi. Il nodo reale è rappresentato dai processi imminenti. Meglio per loro ricorrere a provvedimenti ordinari, che si possono approvare in breve tempo. Ecco quindi che, all’offerta di D’Alema, Pisanu non reagisce, anzi sposta il terreno del confronto.
La separazione delle carriere non risolve i problemi di Berlusconi, una modifica per via ordinaria di una legge scomoda sì. Basti pensare a quanti processi sono saltati con la modifica dell’articolo 513».