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2016 11 22 * Partito Radicale * Comunicazione alla Presidenza * Maurizio Turco

Care/i tutte/i,

come preannunciato, è arrivata la sentenza sulla causa relativa a quello che noi riteniamo essere il mancato rispetto degli accordi elettorali del 1996, causa che vedeva contrapposta la Lista Pannella al Polo delle Libertà. La sentenza rigetta la nostra richiesta di 2milioni di euro e quella del Polo nei nostri confronti per 800mila euro.
Pur non avendo sinora fatto conto sulla possibilità di dover ricevere questo denaro, sono stato prudentemente in attesa della sentenza perché, come possiamo tutti comprendere, in caso di esito a nostro favore, avrei avuto più tempo per prendere delle decisioni e per prenderle in un senso decisamente diverso da quelle che sono costretto a prendere in una condizione che è ormai di patente necessità ed urgenza.

Per riflettere su quanto si dovrà fare una premessa è d'obbligo, e la premessa è di stabilire quali sono gli obiettivi del Partito Radicale, della Lista Pannella e quindi di Radio Radicale.

Gli obiettivi del Partito Radicale sono i tre, tutti politici, stabiliti dalla mozione adottata dal congresso:
- stato di diritto e diritto alla conoscenza
- giustizia giusta, amnistia
- Stati Uniti d
Europa
ed uno che definirei strutturale, quello del raggiungimento di 3000 iscritti entro il 2017 riconfermati nell'anno successivo.
A questi, va aggiunto l'obiettivo della Lista Pannella della creazione di una
Fondazione Marco Pannella o strumento giuridico equivalente volto a conservare e tramandare il pensiero e le lotte di Marco Pannella e di quanto ha concepito, creato e fatto vivere. 

* * *

Qualsiasi decisione che riguardi il Partito Radicale, la Lista Pannella, quindi ed anche la sede di Via di Torre Argentina 76 e Radio Radicale, di cui è organo della Lista Pannella insieme a Notizie Radicali, è subordinata al raggiungimento di questi obiettivi.
Per questo sarebbe un grave errore ritenere che le difficoltà siano unicamente di tipo economico-finanziario, perché se così fosse queste si potrebbero facilmente risolvere vendendo pezzi di patrimonio.
Sarebbe altrettanto grave ritenere che ci troviamo unicamente di fronte a una stretta del regime che sempre più si regge sull'utilizzo parziale e deviante dei mezzi di informazione volti a garantire il potere, a partire dalla negazione di dibattiti pubblici sui grandi problemi del nostro tempo, così condizionando le deliberazioni dei cittadini.
Infatti, mentre tutto ciò accade, che chi si adopera per  voler far credere che la scelta congressuale sia fortemente criticata; può darsi da qualcuno che si agita tanto, ma non certamente dalla stragrande maggioranza degli iscritti al Partito a cui per decenni abbiamo chiesto l'iscrizione, continuando a farlo per le stesse speranze e le stesse ragioni.
Le critiche vengono esplicitamente da parte di chi non è convinto dell'analisi che ci porta a ritenere necessaria una forza politica nonviolenta-transnazionale-transpartita; da chi non è mai stato iscritto o si iscrive solo durante i congressi, e sinceramente mi paiono più che critiche un conflitto di interessi, non solo interiore o metafisico, con obiettivi radicalmente alternativi al partito transnazionale-transpartita non essendo la nonviolenza ancora (o non ancora, o non apertamente) messa in discussione. 

* * *

Ritengo altresì sia necessario prendere atto degli estremi tentativi di riscrivere la storia di Marco e del Partito, a partire dagli ultimi anni della sua vita.
Non suoni paradossale che chi oggi anima e benedice questa operazione era nel gruppo dirigente e tra i protagonisti della stagione che portò il Partito Radicale ad essere - questo ha deliberato la maggioranza del Congresso - quel che vuole continuare ad essere, ripeto: nonviolento-transnazionale-transpartito.
Non mi interessa sapere se sia buona o cattiva la fede che anima queste operazione; se si tratti di tentativi di rivalse postume o di psicologicamente "uccidere il padre" ed oggi che il padre non c'è più si infierisce sul suo cadavere.
Dobbiamo prendere atto che questa operazione è in atto e che lo è da tempo ed è tesa a delegittimare il Partito così delegittimando la storia di Marco che nel partito nonviolento-transnazionale-transpartito ha il suo più alto punto di elaborazione.
La nostra analisi, che altro non è che una banale fotografia di quello che ci circonda, parte dalla presa d'atto che i paesi occidentali, i paesi che sono stati culla del diritto, dei diritti umani civili sociali e politici, oggi sono diventati - ben che vada - paesi a "democrazia reale". A partire da questi paesi noi lottiamo per la transizione verso lo Stato di diritto democratico laico federalista; per il diritto umano alla conoscenza; per l'universalità dei diritti umani. 

Noi abbiamo gli strumenti per riconoscere un regime e siamo attrezzati per lottare contro di esso, ed anche contro i suoi cecchini.

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Come dice Angiolo Bandinelli c'è un periodo della nostra storia che andrebbe approfondito, quello tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90. Fu allora che il Partito decise di non presentarsi più alle elezioni, prima a quelle municipali e poi a tutte le altre. È il periodo in cui furono gettate le fondamenta del Partito qual è oggi e che noi ci siamo assunti con volontà manifesta la responsabilità di voler tentare di continuare a far vivere.
C'è un passaggio abbastanza importante di quel periodo, che viene spesso richiamato ma non approfondito, da alcuni magari per citare a mo' di barzelletta un lungo intervento in francese di Pannella. Forse perché ci si è dimenticati cosa si è ascoltato o si sarebbe potuto ascoltare e, per alcuni e alcune, anche quello che si è detto: mi riferisco all’intervento di Marco al Consiglio generale del Partito che si tenne tra Trieste e Bohinj, in Slovenia, dal 2 al 6 gennaio 1989.
Certo, sono passati ventisette anni. E se dalla lettura di quegli atti c'è nutrimento per l'oggi due sono le cose:
1) Pannella era troppo avanti (o il Partito era troppo indietro);
2) Pannella presagiva quello che sarebbe avvenuto di lì a poco in Italia e quindi coglieva l'opportunità per una grande riforma americana delle istituzioni, dell'economia, della giustizia per liberare e legalizzare l'Italia (o il Partito non riusciva a vedere al di là dell'ombelico di ciascuno).
Il Pannella che decideva tutto, padre padrone inflessibile, eccetera eccetera, come mai non riuscì a portare a compimento quel progetto? Perché Marco - ancora una volta, per l'ennesima e non ultima volta - scelse di "avere torto con il Partito che ragione da solo".

* * * 

Pannella, la sera del 4 gennaio 1989 a Bohinj, in Slovenia, fece anche un intervento in italiano, incomprensibile solo per chi non fosse stato d'accordo con quello che diceva o proprio non era in grado di capire. Da quel momento ad oggi c'è stato un continuo tentativo di negare quell’evoluzione del pensiero di Pannella e tornare alle origini, una ortodossia quasi ideologica e romantica del tempo andato. Rimembranze che paiono senili, sebbene promosse da donne e uomini di una mezza età che non volevano prendere atto del fatto che un certo periodo fosse definitivamente finito.

Non a caso Pannella concluse il suo intervento affermando:

"Io però torno a dirvi, non chiedetemi una sola cosa, perché non sono in condizione di darla a voi: non chiedetemi di andare avanti senza rottura di continuità. Raddrizzare le gambe storte ai cani non è possibile: possiamo, posso serenamente accettare di far parte di un altro partito ma deve essere un altro partito, transnazionale, transpartito ... ma certe vecchie storie dobbiamo lasciarle. Ci siamo riusciti per 15 anni, poi abbiamo smesso. Altrimenti siamo quelli che hanno fatto l'autofinanziamento, ma figuratevi! E' un'altra cosa, un'altra vita, un'altra storia; allora eravamo radicali, pochi, il corpo, le teste, le mani che si univano; era un altra cosa. Più bella? Per carità! Ma era quella. Lo stipendio, il non stipendio, la moglie, il marito: tutte erano cose diverse. Meglio? No, per carità! Dico che erano quelle."

Una conclusione le cui premesse affondavano nella carne viva del dibattito che il gruppo dirigente di allora non affrontò mai più, che i superstiti di quel gruppo oggi rigettano e trasmettono come loro lascito alle nuove generazioni … "radicali”.
Affermava Marco:

(…) Noi abbiamo nel nostro statuto quello che, in un certo gergo politico intellettuale di sinistra, è un segmento di teoria della prassi di tale semplicità e forza che diventa la vera spiegazione del miracolo per cui mille o cento persone nel modo di stare insieme riescono ad essere produttori di cose immense o immensamente più produttori o creatori degli altri, spazzando via il democraticismo per l'essenzialità democratica. (…) Quando avevi consigli federali ogni due mesi, un congresso straordinario un anno sì e un anno no per cui facevamo tre congressi in 24 mesi! E' evidente che l'esigenza di discutere ancora fra di noi era il democraticismo istintivo di cui muore la democrazia. E' la concezione maledetta pluripartitica proporzionalista della democrazia continentale dove ci si associa per essere rappresentati e non per governare un obiettivo, governare una scelta e realizzarla. (…)

Era il 1989 e sembra oggi, se non domani:

Crepiamo di ragione, di buone ragioni e tutto è chiaro. Non solo, se ci distraiamo cinque mesi dalle carceri succedono degli arretramenti grossi sul piano della vita e della realtà delle carceri. Per due anni non parliamo di sterminio per fame nel mondo e quel povero pontefice è come se non ne parlasse più, non esistesse più. Sicuramente egli ne parla, ma i giornali non lo riferiscono.
Noi abbiamo avuto l'esaurimento dell'attualità di quel segmento di teoria della prassi, il segreto del fatto che noi siamo l'azienda che ha prodotto nel modo più incredibile rispetto al rapporto costi e ricavi; siamo un'azienda che in 500 abbiamo prodotto quello che in un milione e mezzo e con grande storia altri non hanno prodotto, e questo lo dobbiamo al fatto che abbiamo saputo cogliere l'essenziale nel convivere e nell'organizzarci, nel fare fronte alle rabbie, alle disperazioni, alle mode.
Questo strumento, sto dicendo da anni, quest'utensile, non è più adatto.
Già nell'80 abbiamo escluso per sempre la presenza del partito nelle municipali, e lo dobbiamo alla segreteria Rippa; poi, insieme approviamo il preambolo e quella decisione, ma teorizzandola.
(…) Forse ce l'abbiamo fatta a fare questo percorso o, per mio conto, ce l'ho fatta. Per me questa è un po' la tragedia di questo partito; una tragedia minore, ma lo è: si è deciso a febbraio dell'anno scorso che alle elezioni nazionali e alle europee non ci si presenta? Per me si è deciso quello, e dall'indomani ho cominciato a pensare e a muovermi (…) ci ho messo quattro mesi a convincere la maggior parte del gruppo dirigente che non c'erano più le doppie tessere. Prima avevamo due pere, adesso abbiamo una pera e una mela, quindi non è più doppia tessera: si è anche radicali, non puoi sommare. A marzo mi sono impuntato: la transpartiticità dobbiamo sempre abbinarla alla transnazionalità, altrimenti non si capisce niente! (…) Prima uno se era doppia tessera, al momento delle elezioni doveva scegliere … io ci ho messo molto tempo per affrontare un aspetto che ci si buttava addosso. Il problema è quello dello strumento, è quello dell'utensile. Se quando ho cominciato a dire di lasciare l'utensile lo avessimo fatto, probabilmente ne avremmo già ricostruiti altri cinque, con un atto di laicità. Ma la maledizione del cretinismo istituzionale, che è tipico, nel quale cado anch'io... poi quando l'occasione si presenta corro lì … Niente! Non giustifica nemmeno il tempo perso. Niente! Sì, abbiamo ottenuto un po' di leggi, abbiamo fatto questo e quell'altro; ma che significa? ma per questo uno deve campare? Essere deputato o no, senatore o no, sottosegretario o no, ministro... abbiate pazienza!
(…) L'utensile non va. Io non sono d'accordo, io non ho inteso la questione del finanziamento pubblico come l'ha intesa Sergio. Sergio lo ha detto per i motivi che ci ha spiegato, io l'ho raccolto per altri motivi: non raccontatevi cazzate, ma proprio non raccontatevele per niente, ma smettete di mentire su voi stessi, su ciascuno di noi! Per un anno, due, tre, quattro, cinque va benissimo, c'erano i soggetti autonomi e lo erano davvero, c'era stata la separatezza del gruppo parlamentare e di quegli altri. Ma adesso abbiamo dovuto accettare una legge elettorale per la quale Radio Radicale diveniva organo di partito, cessava di essere soggetto separato per dargli i soldi come organo di partito, perdio! Accettando una legge che era diversa da quella che ci è stato detto che era quando ci è stata presentata, perché in realtà rappresentava un finanziamento di ben altra natura. Una legge vomitevole quella sull'editoria! Non vi raccontate cazzate e balle: l'utensile se va mantenuto comporta l'uso del finanziamento pubblico indiretto e di quello diretto! Poi raccontatevela come vi pare.
(…) ve l'ho già detto altre volte, facciamo un altro partito. Abbiate l'interruzione di un minuto, ma abbiatela! perché quel segmento di teoria della prassi, quel partito è morto. Non c'è e continuiamo ad averlo così. Poi lasciamo fottere le sensibilità diverse, gli amori diversi di ciascuno di noi per questa o quell'altra cosa (…) Occorre un momento di rottura della continuità e dire "siamo un altro partito", quello lì ha fatto il suo tempo ed è stato grande. (…) se tutti noi avessimo condotto con maggiore consapevolezza l'azione degli ultimi otto, nove mesi, non solo faremmo nascere il transnazionale, il nuovo partito transnazionale, ma faremmo nascere in Italia il transpartito; se noi superiamo la scadenza delle elezioni europee nell'assoluto rispetto della mozione dell'anno scorso - mai l'emblema del nostro partito, né l'emblema né l'equivalente, in elezioni nazionali ed europee che siano - se noi superiamo quella scadenza e poi molti di noi, 10, 20, 30, 2 sono eletti al Parlamento europeo - con gente che è anche radicale, con quella lista che si inventa - se siamo uniti, se non siamo tanto diversi da essere in fondo dei separati in casa, allora certamente avremo un gruppo di deputati federalisti, radicali, nonviolenti al Parlamento europeo più numeroso e senza aver avuto bisogno di essere stati eletti nelle stesse liste. (…)

E Marco concluse l'intervento con quanto riportavo all'inizio

"Io però torno a dirvi … non chiedetemi una sola cosa, perché non sono in condizione di darla a voi: non chiedetemi di andare avanti senza rottura di continuità. Raddrizzare le gambe storte ai cani non è possibile: possiamo, posso serenamente accettare di far parte di un altro partito ma deve essere un altro partito, transnazionale, transpartito ... ma certe vecchie storie dobbiamo lasciarle.

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Siamo qui, compagne e compagni, in un tempo in cui ciascuno non deve far altro che decidere, in un momento storico in cui le analisi radicali di Marco Pannella trovano - drammaticamente - sempre più conferme, se impegnarsi o meno nel perseguire quel modello di partito che Marco non ha potuto costruire. Non gli  stato possibile perché fino alla fine è rimasto fedele a se stesso e, per comunque poter continuare a seminare, ha innalzato il suo "preferisco avere torto con il partito che ragione da solo", lasciando ad altri di raccogliere. Sono tante e con il tempo riaffioreranno, come un fiume carsico, le idee incompiute di Marco che sono sempre più una risposta politica ed organizzata concreta ai problemi del nostro tempo.
Non ripeterò quindi quanto già detto nelle assemblee di Roma e Teramo, nel Congresso di Roma Rebibbia e nella lettera "I furbetti del partitino (consulenza per i compagni espulsi o in via di espulsione).
Non posso però esimermi, lo vivo come un obbligo necessario, dal commentare le ultime notizie che ci giungono forse come smentita ad alcune mie affermazioni ma che sono degli aggravamenti dell'analisi sulla situazione che un tempo avremmo definito d'area o interna.
Mentre noi per giorni, settimane, mesi, anni eravamo qui ogni giorno a cercare un bandolo della matassa e Marco continuava a battere il ferro in modo così pressante sul nostro essere e sulla necessità che noi – quelli che siamo e nelle condizioni in cui operiamo – fossimo attivatori della transizione verso lo stato di diritto democratico laico federalista, del nuovo diritto umano alla conoscenza, dell'universalità dei diritti umani, dell'amnistia, della giustizia giusta, di una vita nelle carceri dignitosa, della dignità civile e della dignità della legalità, gli assenti erano in tutt'altro impegnati.
Accendere i fari sulla nostra situazione, quella nota e quella ignota ma che va illuminandosi, è opera di rifiuto radicale della ragion di partito. Che non è necessariamente (o non è solo) il fatto che per il “bene del partito” si nasconde una malefatta o un reato. Ma è anche la ragione per la quale un partito non è venuto a conoscenza di quello che a suo nome o dentro di se accadeva e che, quando tutto ciò viene alla luce viene sminuito, sdrammatizzato, negato e non dibattuto.
Marco ha pagato prezzi molto alti per non aver voluto cedere a questa ragione. Ha rotto con persone che per lui erano molto più che amici, penso a Franco Roccella.
Marco ha continuato a fare il "pazzo" andando in radio a sollecitare dialogo. E' andato a proclamare “amore, amore, amore” nei confronti di coloro che, se non lo volevano seppellire al più presto, facevano di tutto per radicarne il desiderio e l’opportunità tra compagni e frequentatori della sede e della radio.

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Solo oggi apprendiamo che nei giorni in cui Marco, nel famoso dialogo domenicale con Massimo Bordin parlò della sua propensione al jet set internazionale, Emma si apprestava a diventare organica alle Fondazioni di George Soros. Il che non è la stessa cosa di una interlocuzione. Non credo che Marco fosse scandalizzato della scelta. Quanto della modalità, come d’altronde disse in più di un’occasione.
E mentre io comunicavo a Vincenzina Antonelli, a Mimmo Curto, a Marco Imperioli, Maria Grazia Mattioli, a Pietro Migliorati, ad Alessandro Pagliari, a Daniele Sabiu, a Roberta Spina, a Marina Scarcello, ad Alessia Caramanica, a Riccardo Cecchi, a Paolo Ciotta, a Elisa D'Ippolito, a Fabio Martines, a Silvia Massari e ad Alessandra Rota che dovevo licenziarli, alcuni soggetti cosiddetti "costituenti" erano impegnati ad incrementare il loro tasso di autonomia e benessere.
Provo ad essere ancora più chiaro. Per dieci anni il Partito Radicale ha messo in discussione i propri averi a favore dei soggetti costituenti, mettendo in gioco l'esercizio della sua vita politica o l'essere protagonista in quanto tale fino ai limiti di rischiare la sua esistenza. Con Marco abbiamo continuato a perseguire questo disegno anche oltre il ragionevole. Era una decisione politica, che ha retto fino a quando "abbiamo saputo cogliere l'essenziale nel convivere e nell'organizzarci, nel fare fronte alle rabbie, alle disperazioni, alle mode.". Nel frattempo altri facevano altro, di tutta evidenza non nell’interesse del Partito.
E' un caso ed è una felice coincidenza che Marco non debba assistere a tutto questo, non abbia assistito alle elezioni comunali a Roma e Milano, ad alcuni congressi, ad alcune sceneggiate. E che ci abbia lasciato invece qualcosa di grande ed importante, che si è intravisto alla Marcia per l'Amnistia. Lo abbiamo solo intravisto, ma c'è.

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Concludo tornando all'origine e alle ragioni di questa comunicazione, che consiste nel portarvi a conoscenza delle prime linee guida che seguirò per il raggiungimento dei nostri obiettivi.
A)  per quanto riguarda la sede, non avendo ancora stipulato il contratto di affitto con la TAS (che è una spa e non un istituto di beneficenza) il Partito coprirà anche l'affitto per il 2016.
B)  di conseguenza si farà il bilancio dell'iscrizione a pacchetto per il 2005-2016 e sarà predisposto un progetto di ripianamento del debito.
C)  dovendo ridurre le uscite, sarà chiuso l'archivio/magazzino al pianterreno.
D)  entro dicembre si darà corso alle formalità per la costituzione della "Fondazione Marco Pannella" o soggetto giuridicamente equivalente.

Parallelamente dovrà essere avviata la ristrutturazione editoriale di Radio Radicale puntando subito su tre obiettivi:
1. completare la digitalizzazione e potenziare le attività di archiviazione;
2. rendere fruibili le 3000 ore di comizi di marco per integrarle nell’archivio;
3. indicizzare le riunioni "riservate" del Partito Radicale, per renderle subito fruibili per motivi di studio.
Si interverrà anche per un utilizzo logico e razionale del palinsesto che tenga conto della situazione attuale delle lotte e degli obiettivi del Partito Radicale. Colgo l'occasione per ringraziare i giornalisti, i tecnici, gli amministrativi e chi lavora in archivio e coloro che saranno chiamato a nuove e più gravose responsabilità.
In una riunione precedente avevo già preannunciato che si sarebbero rivisti i consigli di amministrazione di cui la Lista Pannella è socio maggioritario, cioè la TAS e il centro di Produzione.
Sotto questo aspetto si è proceduto con somma prudenza. Sono infatti trascorsi tre mesi dalla tenuta del Congresso a Rebibbia. Ma questo non vuole dire che non sarà un processo con tempi certi e rapidi. Per questo è necessaria una accelerata, dovendo fare i conti con la scadenza dell'obiettivo del Partito radicale dei 3.000 iscritti nel 2017, da riconfermare nel 2018.
Concludo ringraziando la Professoressa Carla Rossi che, anziché godersi la meritata pensione, ha accettato di essere la capo delegazione del Partito Radicale presso la sede di Vienna all'Onu dove c'è l'Ufficio contro la droga e il crimine. Carla Rossi, come voi ben sapete, ha un lungo curriculum da ordinaria universitaria prima assistente di Bruno De Finetti; da eletta per 5 volte dal Parlamento europeo nel consiglio di amministrazione dell'Osservatorio delle droghe di Lisbona; da militante radicale sin dagli anni '70, nonché consigliera provinciale antiproibizionista a Roma, segretaria del CORA, eccetera.
Ringrazio infine chi si è già iscritto, chi ha deciso di farlo al più presto, chi sta lavorando per il raggiungimento di questo obiettivo vitale.